Nel precedente articolo abbiamo iniziato a parlare di svezzamento, individuando quelle competenze cognitive e motorie che ci permettono di capire se il nostro bimbo sia pronto o meno ad accettare il cibo.
Ora, il grande cruccio: se il bimbo è pronto, come si procede? Qual è lo schema di svezzamento migliore? Iniziamo dalla frutta? Proseguiamo con il brodo? Prosciutto sì o prosciutto no? Omogeneizzato confezionato o fatto in casa?

Esistono due modi di svezzare un bambino: lo svezzamento tradizionale, fatto di pappe e bimbo che viene imboccato, e l’autosvezzamento, di cui parlerò diffusamente in un articolo a sé (e su cui, credo, scriverò un ebook per entrare nei dettagli). Oggi tengo solo a sottolineare che l’autosvezzamento non è, come molti credono, un “lasciar fare al bambino”, assolutamente! L’autosvezzamento asseconda le inclinazioni e i gusti del bambino, ma non lo lascia libero di fare, men che meno di prendere dal piatto di mamma e papà quello che preferisce. Ma avremo modo di tornare sull’argomento.

Un po’ di storia… 

La parola “svezzamento” significa “togliere il vezzo (del seno)”: e già qui, ci sarebbe da chiedersi perché l’allattamento (al seno o artificiale) sia visto, dopo il raggiungimento dei 4-7 mesi, come un “vizio” e non come una necessità. Ma glissiamo su questo punto e andiamo oltre.
Lo svezzamento inteso come introduzione di cibo “da adulti”, da che mondo è mondo, è sempre stato un passaggio naturale, che non necessita di alcuno schema di introduzione consegnato dal pediatra o da qualsiasi altra figura professionale, né tantomeno di ricette da alchimista per la preparazione delle pappe (40 g di carne + 1 cucchiaino di olio + 15 g di tapioca…). 
Per millenni i cuccioli di uomo venivano svezzati nel modo più naturale possibile: abituati a stare in tavola con i genitori, iniziavano a mettere le mani nei loro piatti e a portarsi alla bocca il cibo; oppure, le mamme proponevano loro qualche boccone morbido preso dal proprio piatto. Con gradualità, il bambino imparava a capire che quella cosa strana che si mastica ha anche un buon sapore, può essere deglutita e riempie il pancino proprio come il latte di mamma o del biberon.

E’ solo nell’Ottocento che i trattati pediatrici cominciano a proporre pappe per lo svezzamento: si consiglia zuppa di malto e farina lattea; da allora e per tutto il Novecento è stato un susseguirsi di indicazioni su abbinamenti per le pappe, individuazione dell’età giusta (prima 8 mesi, poi 6, poi 4, poi di nuovo 6…) e veti religiosi e sociali più o meno fondati (“se la donna rimane incinta prima dei 2 anni del primo figlio deve assolutamente smettere di allattare per non compromettere la seconda montata”, e dogmi scientificamente non validi di questo livello). 
Leggere con cosa si consigliava di svezzare i bambini negli anni ’30 del Novecento ci farà sorridere e storcere un po’ il naso: a 8 mesi zuppa di pane e aglio, e poco più avanti fegato di vitello.
Dagli anni ’60/’70 agli anni ’90 le indicazioni sullo svezzamento hanno largamente risentito delle pressioni fatte alle madri per non allattare i piccoli, preferendo il latte in formula: si consigliava di svezzare sempre più presto, abbinando i latti di crescita a omogeneizzati e a puree di frutta. Gli anni ’80 e ’90, visti retrospettivamente, sono stati il clou della follia: schemi rigidissimi per lo svezzamento (fino ai 7 mesi niente yogurt, fino ai 12 mesi niente albume, a 5 mesi solo mela-pera-banana…), i cui presupposti scientifici lasciavano un po’ a desiderare, e, soprattutto, con contraddizioni interne da non sottovalutare. Ad esempio, veniva imposto di non aggiungere sale alle pappe per i neonati, ma veniva usato abbondantemente il Grana e il Parmigiano, formaggi abbondatemente salati e ricchi di istamina; oppure veniva usato il prosciutto cotto, che di nutrizionalmente valido ha poco o nulla; oppure, si sconsigliavano gli zuccheri ma non si ponevano limiti agli yogurt di frutta (dall’elevato tenore zuccherino) dopo i 10-12 mesi.
Insomma, un bel caos.
E, purtroppo, alcuni medici, dietisti e nutrizionisti sono ancora fossilizzati su questo tipo di svezzamento, che, tra le altre cose, mira a portare il bambino a nutrirsi esclusivamente di cibo “da adulti” entro gli 8-10 mesi. Ciò significa che nel giro di 2-3 mesi il bambino deve essere in grado di gestire sapori e consistenze diverse, con gradi di complessità diversi a seconda della ricetta che la mamma propone; ovviamente, se in linea teorica sembrerebbe tutto normale e scontato, le mamme sanno che è pura fantascienza: anche prescindendo la componente emotiva (che pur è centrale nello svezzamento), il modo in cui il bambino si approccia al cibo dipende da fattori molto concreti, tra cui, ad esempio, la presenza (e il numero) dei dentini, e la capacità di stomaco e intestino di processare la fibra vegetale.
Un bambino arriverà a mangiare “tutto” verso i 2-3 anni, ma fino ad allora è necessario assecondare le sue capacità di masticazione e di digestione.
Di seguito vedete una vedete una vecchia tabella di svezzamento (cliccate per ingrandire).

Alimentazione in equilibrio - Svezzamento

E il latte?
E’ utile continuare a proporre il latte materno (o il biberon) per diversi mesi dopo lo svezzamento. Se il bimbo è svezzato in modo classico (imboccandolo) sappiamo bene che sputacchia la metà di quello che gli si propone, e che quindi non potrà essere veramente sazio con un pasto fatto di pappa. Se invece si opta per l’autosvezzamento, inizialmente per il bimbo il cibo rappresenta un gioco: se lo porta alla bocca come si porta alla bocca i suoi giochini; ci metterà un po’ a capire che va deglutito, e che può saziarsi con quanto gli si propone. 
Quando il bambino passa dall’essere un lattante all’essere svezzato, ci sono inevitabilmente alcuni mesi di transizione durante i quali la sua fonte di sostentamento principale continuerà ad essere il latte.
Alcuni pediatri propongono di passare gradualmente dal latte di mamma/artificiale al latte di mucca allungato con acqua, da proporre da una a tre volte durante la giornata al posto di una poppata, magari aggiungendo dei biscottini liofilizzati o solubili: io sono contraria a queste indicazioni. In primis, dare a un bambino che non conosce il sapore dolce i biscotti è assurdo: lo zucchero contenuto causa la rottura della sua capacità di autoregolazione, e non ha senso aggiungerli al latte “per dare un po’ di sostanza”. Per farvi un paragone, è come se consigliassi a voi di mangiare qualche cucchiaino di zucchero puro “per dare sostanza”… 
In secondo luogo, il latte di mucca è molto più proteico e meno grasso (e con grassi diversi) rispetto al latte di mamma: se può essere uno dei tanti alimenti che si propongono ai bambini durante lo svezzamento, non deve però essere visto come quel cibo indispensabile da sostituire al latte materno (o in formula).

In buona sostanza: quando svezzate vostro figlio mettetevi bene in mente che per diversi mesi lui avrà ancora bisogno del vostro latte (sia fisicamente che emotivamente); se usate il latte artificiale, continuate a proporre il biberon in almeno due momenti della giornata, e, soprattutto inizialmente, non esitate a offrirgli il biberon per saziarsi se vedete che di pappa non ne vuole proprio sapere.

Le Linee Guida dell’OMS
Fortunatamente, se vogliamo attenerci a delle linee guida valide, esistono quelle formulate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità:
– E’ consigliabile iniziare lo svezzamento dal 6° mese di vita, quando il latte materno quando il latte materno comincia ad essere carenziale di alcuni nutrienti importanti per la crescita.
– Se la madre lo desidera, l’allattamento al seno può continuare dal secondo semestre di vita fino al secondo anno e anche oltre [cito testualmente: “il bambino allattato oltre il secondo anno di vita non va visto come un bambino viziato e la mamma non deve temere di limitare la sua maturazione e la sua autonomia”].
– L’ordine con cui gli alimenti semisolidi e solidi vengono introdotti non ha più l’importanza che un tempo si credeva avere: può variare a seconda delle preferenze del bambino e della realtà sociale della famiglia.
– Il momento della giornata in cui inserire le prime pappe è ininfluente, purché sia comodo ai genitori.
– L’unica raccomandazione importante è di non esagerare a proporre cibi ad alto contenuto proteico e salati/zuccherati.
– Si suggerisce di cominciare con: vegetali cotti e tritati (patate, carote), banana o pera o mela grattugiata, crema di riso nel latte; si può proseguire con carboidrati (in crema o frullati) e proteine.
– Alcuni pediatri consigliano di anticipare lo svezzamento con qualche cucchiaino di purea di frutta, e dopo qualche giorno proporre la pappa.
Da evitare: zucchero, miele (rischio di botulino), cibi a ridotto contenuto di grassi (niente alimenti “low-fat” per i bambini, è fondamentale!).
Si tratta sostanzialmente di indicazioni di buon senso, un’ottima mediazione tra il rigido schematismo proposto dai pediatri negli anni ’80-’90 e l’autosvezzamento vero e proprio.

Allergie e svezzamento
I vecchi schemi di svezzamento prevedevano un’introduzione tardiva degli alimenti considerati allergizzanti, come uova, crostacei e frutta secca. Tuttavia, tutti gli studi scientifici fatti dal 1994 ad oggi hanno dimostrato che questa precauzione è infondata, e che anzi esiste una finestra propizia per l’introduzione di molecole allergizzanti: tra i 4 e gli 8 mesi l’organismo del bambino è malleabile, fluido, pronto ad accogliere alimenti che al di fuori di questo lasso di tempo potrebbero invece creare una risposta immunitaria. 
Ho già spiegato qui perché svezzare un bambino a 4 mesi è preoce: è dunque possibile sfruttare il periodo 6-8 mesi per proporre al piccolo una gran varietà di cibo senza paura di risposta allergica.

Tuttavia, le linee guida dell’OMS raccomandano di proporre sempre un cibo per volta, allergizzante o meno che sia, di modo da valutare la risposta in modo puntuale e preciso. Inoltre, raccomandano di fare particolare attenzione qualora la mamma o il papà siano soggetti allergici: in questo caso è bene proporre al bimbo minime quantità del cibo verso cui i genitori non sono tolleranti. Da ultimo, l’OMS sottolinea che continuare ad allattare al seno durante tutta la fase dello svezzamento rappresenta un fattore di protezione per il bambino: il latte materno rafforza il sistema immunitario, e un bambino potenzialmente allergico con tale protezione potrebbe non sviluppare mai alcuna idiosincrasia.

Svezzamento tradizionale – Le indicazioni pratiche
Posto che lo schematismo degli alimenti di introduzione è ormai obsoleto, come è bene orientarsi quando si decide di svezzare il proprio bimbo in modo tradizionale (e non, quindi, con autosvezzamento)? Ecco alcune regole pratiche.
– Il momento in cui offrite la pappa al bimbo è indifferente, purché coincida con un pasto in cui voi non abbiate fretta; inutile farlo a pranzo se avete i minuti contati!
– Potete iniziare con della frutta grattugiata o spappolata: mela, banana, pera sono l’ideale. Essendo alimenti morbidi e dolci, il bambino capirà più facilmente che deve deglutirli. Proponetene giusto qualche cucchiaino all’ora della merenda.
– Dovendo scegliere tra omogeneizzati e pappe fatte in casa, è bene optare per queste ultime: potete scegliere voi le materie prime utilizzate, con sicurezza circa la loro provenienza. Potete conservare un paio di giorni la pappa in frigorifero in un contenitore di vetro, oppure surgelarla.
– Per la preparazione della pappa potete usare questa ricetta generale:
* 180-200 ml di brodo vegetale (fatto con sedano-carota-cipolla) + 2-3 cucchiai delle verdure usate per il brodo, frullate
* 3-4 cucchiai di cereale (crema di riso o mais o tapioca, semolino, riso, pastina… a seconda delle capacità di masticazione e deglutizione del bambino)
* Carne o pesce o legumi secondo il fabbisogno
* 1-2 cucchiaini di olio extravergine
– Man mano che il bimbo prende confidenza con il cibo, potete offrirgli consistenze diverse.

Per quanto concerne la suddivisione quotidiana dei pasti, potete usare questo schema come linea-guida (cliccate per ingrandire).

Alimentazione in equilibrio - Svezzamento

Le proteine

Nello schema di preparazione della pappa che vedete sopra ho indicato “carne o pesce o legumi secondo il fabbisogno”: come per l’adulto, anche nel lattante il fabbisogno proteico è individuale, e dipendente dai ritmi di crescita e dal peso del bambino. Gestire la quantità di proteine con lo svezzamento tradizionale è complicato, perché si rischia di perdersi in calcoli astrusi che, sul piano pratico, ci danno poco: se anche andassimo a calcolare puntualmente quanti grammi di pollo piuttosto che di merluzzo è bene offrire al nostro bimbo (senza dimenticare che anche riso, mele e alimenti vegetali contengono piccole quantità proteiche che su un bimbo fanno la differenza), a cosa ci sarà mai servito se poi il birbante sputacchierà metà di quanto gli offriamo? E se lo stiamo allattando al seno, come possiamo sapere quante proteine assume dal nostro latte, e quindi quanto compensare con il cibo solido?


Insomma, rischiamo di romperci la testa senza motivo, a maggior ragione pensando a due fatti molto importanti:
1) I bambini hanno una particolare autoregolazione per l’introito proteico “puro” (non mi riferisco a cotolette, crocchette e cibi molto palatabili); rifiutano le quantità eccedenti il proprio fabbisogno. E’ per anche per questo che tanto più un bimbo prende latte materno, tanto meno avrà appetito di alimenti altamente proteici (carne, pesce, uova).
2) Il fabbisogno proteico del bambini è strettamente connesso al livello di movimento e al suo ritmo di crescita: nelle fasi di gattonamento (9 mesi come media) e camminamento (12 mesi) vedremo che il bimbo mangerà più volentieri proteine, così come quando lo vedremo crescere di qualche centimetro nel giro di poco tempo.



Se volete avere giusto una linea guida per preparare le pappe al vostro bimbo, potete prendere come riferimento la tabella qui sotto, ricordando che:
1) *Grossomodo* il fabbisogno proteico di vostro figlio è pari a una volta e mezza il suo peso (esempio: se pesa 8 kg il suo fabbisogno è di 8+4=12 grammi di proteine)
2) Durante lo svezzamento il bimbo continua a poppare circa 400-700 ml di latte (materno o in biberon), pari a 5-8 grammi di proteine.

Alimentazione in equilibrio - Svezzamento

(Cliccate sull’immagine per ingrandire)
Facendo un calcolo veloce e approssimativo, possiamo renderci conto che se il nostro bimbo prende ancora molto latte, già solo 10 grammi di formaggio o carne nella pappa gli permetterebbero di raggiungere il fabbisogno. E, dal momento che è in grado di autoregolarsi, ora forse capiamo perché ingoia giusto un paio di cucchiaini di quello che gli proponiamo, e il resto lo sputacchia.

Gli omogeneizzati

Gli omogeneizzati e le pappe acquistate pronte non hanno valore aggiunto rispetto alle pappe fatte in casa. I vasetti pronti hanno indubbiamente il vantaggio di essere comodi e pratici, ma presentano numerosi svantaggi:
– Sono costosi: 1.3-1,9 € per ogni vasetto, da soli 80 grammi… equivale a un prezzo di 16-23 euro al kg…
- Sono generalmente iperproteici.
– Contengono spesso addensanti, oli vegetali e amidi, cose tutt’altro che naturali per un bambino! Ad esempio un vasetto di omogeneizzato di vitello riporta tra gli ingredienti: “acqua di cottura; 30% carne di vitello; amido di mais; farina di riso; amido di riso; olio di semi di girasole; succo di limone”.
– Non si ha garanzia circa la qualità delle materie prime usate: preparando le pappe in casa, invece, si ha certezza di quello che si propone al bimbo.

Sperando di avervi dato spunti utili, vi aspetto alla prossima puntata dove parleremo di autosvezzamento!

Bibliografia
– Beyer K – Infant Feeding: Foods, nutrients and dietary strategies to prevent allergy
– Palmer DJ – Update on timing and source of allergenic foods
– Meyer R – Infant feeding in the first year. 2: feeding practices from 6-12 months of life