Come promesso fin da quando aspettavo Mattia nel mio pancione, ecco il primo articolo di una breve serie sullo svezzamento dei piccoli cuccioli.

Quando Mattia aveva 3 mesi abbiamo fatto il consueto bilancio pediatrico, e la dottoressa mi ha istruita su come procedere con lo svezzamento: a partire dal quarto mese pappe di frutta, e dal quinto mese introduzione di pappe con carne e cereali.
Io non ho nemmeno provato a oppormi, o anche solo a instaurare un dialogo; ho detto: “Va benissimo, ci rivediamo per il bilancio del sesto mese!”.
Purtroppo, per quanto un pediatra possa essere preparato e competente, lo svezzamento rimane un argomento su cui si continuano ad avere notizie scientifiche contrastanti: la classe medica è la prima ad essere in confusione, figurarsi le mamme!

Le contraddizioni dello svezzamento
Molti pediatri sono a favore dello svezzamento precoce, poiché alcuni studi hanno dimostrato che tra i 4 e i 6 mesi l’esposizione del bambino verso molecole potenzialmente allergizzanti potrebbe rivelarsi protettiva; in estrema sintesi, il sistema immunitario del bambino non è ancora completamente formato, e sembrerebbe essere maggiormente prono ad accettare l’allergene senza mettersi in subbuglio.
Tuttavia, altri studi dimostrano che prima dei 5-6 mesi l’intestino di un bambino è ancora completamente permeabile: una sorta di colabrodo incapace di fare da filtro tra ciò che deve essere espulso perché pericoloso e ciò che invece può (e deve) passare in circolo per nutrire tutto l’organismo. Gli stessi studi dimostrano che l’esposizione precoce a sostanze alimentari propriamente dette (ossia, qualsiasi cosa di diverso dal latte di mamma) può essere tra le concause di leaky gut in età adulta, con tutto ciò che ne consegue: sembrerebbe quindi esserci una stretta correlazione tra allergie, intolleranze, boom di sindromi autoimmuni dei 30-40enni di oggi e le raccomandazioni pediatriche degli anni ’80 e ’90 (vale a dire: preferenza per il latte in formula e per lo svezzamento a 4 mesi).

Un altro motivo che spesso si usa come giustificazione verso lo svezzamento precoce è che ad un certo punto il latte della mamma non è più sufficientemente nutriente per le richieste del bambino, in particolare comincia ad essere carente di ferro rispetto ai fabbisogni del piccolo.
Questo è indubbiamente vero, ma il problema si verifica dai 6-7 mesi di allattamento esclusivo in poi: svezzare un bambino a 4 mesi perché “il latte non è più nutriente” non ha alcun fondamento scientifico. Oltretutto, a 4 mesi si propongono pappe di frutta, notoriamente ricca di zuccheri e di fibra, ma povera dei veri nutrienti utili a un bimbo in veloce crescita: ferro, proteine e grassi. In questo modo non si sta compensando alcun gap nutrizionale, anzi: si sta sottraendo al bimbo un alimento prezioso e completo (il latte) per sostituirlo con pappe che fanno volume (quindi saziano “per finta”, un po’ come quando ci si rimpinza di verdura durante le diete dimagranti) ma che non danno alcun valore aggiunti.

NB. Discorso diverso se la mamma non sta allattando a richiesta, ma si attiene a orari precisi (“dagli da mangiare ogni 3 ore, altrimenti non si stacca più!”). Il neonato è perfettamente in grado di autoregolarsi, calibrando la produzione quali-quantitativa di latte della sua mamma a seconda di quante poppate fa durante la giornata e della loro singola durata. La prolattina, responsabile della produzione di latte, è un ormone che risponde alle richieste di suzione del bambino: allattare a richiesta permette di assecondare perfettamente le esigenze del piccolo; viceversa, se si tarda la poppata al fine di diradarle (soprattutto di notte, quando, me ne rendo perfettamente conto, è dura continuare a svegliarsi ogni 2-3 ore per mesi e mesi) si va a discapito della montata lattea stessa. La mamma inizia concretamente ad avere meno latte, insufficiente a sopperire alle necessità del figlio.
Per questo motivo è importante che l’allattamento sia a richiesta, almeno fino a che è esclusivo.
“Eh ma a volte sta attaccato anche 10 minuti”. “Eh ma a volte chiede latte ogni quarto d’ora”.
Beh: voi mangiate sempre allo stesso modo? No. A volte vi va di gustarvi una pietanza facendone piccoli bocconi o chiedendo il bis. Altre volte piluccate durante tutto il pomeriggio. Altre volte mettete qualcosa in bocca in fretta e furia giusto per riempire un buco. Perché vostro figlio dovrebbe fare diversamente?

Il bambino deve essere pronto!
Ma prima di addentrarci nei meandri degli studi scientifici a favore e contro lo svezzamento precoce, perché non osserviamo semplicemente il nostro bambino?
Mattia ora ha quasi sei mesi, e ha iniziato da poche settimane a mettersi in bocca qualsiasi cosa gli capiti a tiro (ahimè, piastrelle del pavimento comprese…). Quando aveva 4 mesi l’unica cosa che ogni tanto si portava alla bocca era il suo pollice: non aveva ancora iniziato a usare la bocca come strumento di conoscenza del mondo che lo circonda, figuriamoci se poteva capire la complessità di una pappa di frutta, che andava deglutita (con modalità ben diverse rispetto alla suzione!) e che doveva saziarlo (insomma, sarebbe come quando leggiamo che per alcune popolazioni gli insetti sono cibo: più che lecito, ma su un’altra dimensione rispetto alla nostra realtà quotidiana!).
Inoltre, a 4 mesi ancora non reggeva bene la testa com’è invece adesso; un bambino pronto alle pappe è un bambino che riesce a stare semiseduto, perché altrimenti c’è il concreto rischio di soffocamento: avete mai provato a deglutire qualcosa nella classica posizione di un neonato, con la testa incassata tra le spalle, seduti su una sedia inclinata a mo’ di sdraietta o addirittura sdraiati a terra perché non avete forza nei muscoli per stare seduti? …appunto.
Se questo non bastasse, c’è da considerare che i neonati, fino a quasi 6 mesi, hanno il cosiddetto riflesso di estrusione: tirano fuori la lingua quando gli si tocca il labbro inferiore. E’ un riflesso innato per la suzione, che però è antagonista alla masticazione e alla deglutizione del cibo: un altro fattore che aumenta il rischio di soffocamento.

Prima di essere svezzato un bambino deve:
1. Essere in grado di stare seduto, magari non autonomamente (ossia, non è in grado di mettersi a sedere da solo, competenza che in genere acquisisce verso gli 8 mesi), ma riesce a stare in quella posizione con facilità e soprattutto reggendo bene la nuca.
2. Aver perso il riflesso di estrusione: se gli toccate il labbro inferiore non butta fuori la lingua.
3. Avere interesse verso il cibo: quando masticate vi imita, e se è a tavola con voi cerca di mettere le mani nei vostri piatti. Attenzione: questo è solo segno di interesse, non di appetito! Il bambino non sa che quello che state mangiando lo sazia, quindi lui di fatto non ha fame guardandovi mangiare. Solo, è incuriosito da quello che state facendo e vorrebbe fare come voi.

Osservate vostro figlio: vi dimostrerà lui di essere pronto.

Nel prossimo articolo vi parlerò dello svezzamento “tradizionale”: cosa è, i pro, i contro.