In principio fu la piramide alimentare.
Sì, ricordate forse da lezioni scolastiche di 15-20 anni fa: “alla base della piramide ci sono gli alimenti che vanno consumati più spesso, cioè frutta, verdura, cereali integrali; e poi via via quelli che devono essere consumati meno frequentemente, fino al vertice dove sono collocati gli alimenti che praticamente ti mandano in via espressa ad uno dei gironi infernali: carne rossa, carne processata, burro, alcolici e dolci”.
Dite che l’ho estremizzata? Non troppo: uno dei motivi per cui la piramide alimentare è stata sostituita con un sistema diverso di educazione alimentare è stato proprio il messaggio fuorviante che trasmetteva, e che creava un’aura di demonizzazione riguardo alcuni alimenti.

Da diversi anni l’infografica della piramide alimentare è stata sostituita con il più virtuoso piatto sano: ne avevo parlato qui.
In effetti, il piatto sano risolve diversi problemi perché dà informazioni immediate ed intuibili rispetto alla modalità più equilibrata di strutturare i pasti: “metti tanta verdura, abbina una fonte di proteine a una fonte di carboidrati, e abbina il tutto a fonti di grassi buoni e acqua”. Informazioni chiare e semplici, che poi possono venire corredate di una serie di nozioni più specifiche: rotazione dei secondi piatti, fonti di carboidrati da preferire, metodi di cottura migliori, e via discorrendo.

Il piatto sano risolve l’interrogativo che chi non è avvezzo di nutrizione si pone due volte al giorno: “come posso mangiare in modo equilibrato, come unisco gli alimenti?”.
Le giustificazioni sottese sono almeno due:
1. Equilibrare il carico glicemico del pasto; abbinare carboidrati, verdura, proteine e grassi permette di migliorare il profilo di glicemia e insulinemia, due parametri che sono centrali nella prevenzione di molte patologie, e nel controllo di quelle già diagnosticate.
2. Porzioni; dare un’idea visiva di quanto spazio nel piatto dovrebbero occupare le singole fonti permette di orientare in modo efficace l’alimentazione della maggior parte della popolazione (spoiler, per alcune categorie, come adolescenti o sportivi, le porzioni visive sono sottostimate).

Tuttavia, come tutti gli strumenti, il piatto sano presenta alcuni limiti se lo si usa in modo scorretto: il compito del professionista della nutrizione dovrebbe essere quello di esaltarne i pregi (ossia, le informazioni semplici e alla portata di tutti che è in grado di trasmettere con un semplice impatto visivo) ma anche sensibilizzare proprio a quei limiti che, se non percepiti come tale, rischiano di irrigidire il comportamento alimentare.

Di seguito vi espongo brevemente quelli che per me sono dei limiti, e spero di chiarirvi alcuni concetti.

Co-presenza carboidrati e proteine
Iniziamo proprio dalla co-presenza di fonti di carboidrati (pasta, pane, riso, patate…) e di proteine (carne, pesce, uova, legumi, formaggi). Inserire entrambe le fonti ad un pasto permette di “bilanciare il pasto” perché, come ho scritto prima, modula in modo opportuno la glicemia e l’insulinemia postprandiali (fattori importanti per la prevenzione di infiammazione e patologie).
Tuttavia, bisogna interpretare questa co-presenza non come un dogma, bensì come un suggerimento da inserire “spesso” nella propria settimana, non necessariamente “sempre”! Voglio dire, in una settimana abbiamo 14 pasti a disposizione: è *strettamente necessario* che ciascuno di essi abbia proteine e carboidrati? NO! Anche perché, se a questo assunto se ne aggiungono altri di più stringenti (vedi il punto sulla rotazione dei secondi piatti), si rischia davvero di mandare in burnout tutta la buona volontà di organizzazione del menù settimanale!
È assolutamente concesso e lecito fare pasti con solo carboidrati e verdura (pasta con i broccoli, risotto agli spinaci…) o con solo proteine e verdura (pollo con zucca arrosto, insalata di radicchio e uova sode…), o addirittura non mettere affatto la verdura (diciamolo chiaro e tondo: la verdura è importante -fondamentale!- ma durante la settimana potremmo non avere tempo di acquistarla o prepararla, oppure siamo in vacanza e un piatto di verdura costa 7-10 €: non dobbiamo impiccarci per mangiarla!).

Quindi: è importante che *spesso* i nostri pasti siano caratterizzati da carboidrati e proteine insieme. Ma non succede nulla se alcuni pasti sono “sbilanciati”: alla lunga (in termini di mesi) questo sbilanciamento può portare a carenze, ma nell’immediato non crea problemi.
[“Ma come, mi hanno detto che se mangio carboidrati da soli poi avrò più fame!”Nì: la verità è che l’abbinamento proteine+carboidrati aiuta a sentire meno fame rispetto ai carboidrati da soli, ma questo vantaggio è percepito nitidamente da chi passa da un’alimentazione *prevalente* di carboidrati ad una *con anche* proteine. Non è vero l’opposto: se si parte da un’alimentazione bilanciata e secondo fabbisogno proteico, qualche pasto senza proteine non apre il baratro nello stomaco]

Modalità con cui si assemblano le singole fonti
Il piatto sano lascia poco spazio alla fantasia: sembra una semplice questione di assemblaggio di singole fonti. Riso con salmone e spinaci, uova con radicchio e pane, pasta con pomodorini e gamberetti…
In realtà si può (e si deve) avere più fantasia: non ci si deve fermare a mettere insieme singoli alimenti nel piatto, ma si può spaziare a realizzare ricette. Ad esempio: pasta al ragù e contorno di carote arrosto; purè di patate con spezzatino e cavolini di Bruxelles; polpette di legumi e feta con crema di cavolfiore e crostini di pane.

“Ma come? Alcuni degli esempi citati hanno più fonti proteiche insieme, si può fare?!”.
Ecco un altro limite del piatto sano: a guardarlo, sembra di dover pescare *una* singola fonte da ciascun gruppo. Non è così: si possono mischiare le diverse fonti, con il suggerimento di avere un occhio critico verso il proprio fabbisogno (“e come posso stimare il mio fabbisogno, capire le mie porzioni?” – ecco che qui entra in gioco la capacità del professionista della nutrizione di guidare verso una comprensione personalizzata!).

Porzioni di cibo
Appunto, parliamo di porzioni di cibo: il piatto sano è utile perché non vincola a grammature e al peso degli alimenti. Piuttosto dà un’idea visiva di quanto dovrebbe essere presente nel piatto: metà riempito con verdura, un quarto con carboidrati e un quarto con proteine. Questo riferimento piuttosto semplice ed intuitivo deve però essere rapportato al fabbisogno della singola persona e ai suoi pasti quotidiani. Ad esempio è troppo poco per chi fa sport, per chi mangia solo due volte al giorno, per gli adolescenti. Inoltre, va considerato che la verdura può tranquillamente essere più abbondante della porzione suggerita (a meno che non ci siano problemi di fermentazione intestinale o colon irritabile).

Rotazione dei secondi piatti
Il grande cruccio di molte persone: “ho capito quali sono le fonti di proteine; ma come le ruoto durante l’arco della settimana?”. A questo interrogativo generalmente rispondono le Linee Guida Italiane (2-4 volte il pesce, 1-2 volte le uova, 1-3 volte i legumi…), oppure professionisti della nutrizione che forniscono dettagliati menù settimanali con la rotazione perfetta delle proteine (magari tenendo pure conto degli incastri perfetti tra il menù della mensa a pranzo e il menù della famiglia a cena).
Io la taglio molto più sul semplice; date la preferenza alle fonti proteiche che…
1) Trovate di migliore qualità (se abitate in Valtellina e la pescheria più vicina a voi dista 30 km, ma avete regolare rifornimento di uova da galline razzolanti e formaggi di malga, è presto detto cosa privilegiare…)
2) Vi piace di più (se provate ribrezzo all’idea di mangiare carne, inutile insistere!)
3) Vi è di facile reperimento / ha un costo alla portata del vostro budget familiare (il pesce migliore è quello pescato selvaggio, al modico prezzo di 30-50 € al kg… Se le priorità finanziarie sono altre e non siete cultori di piatti ittici, non ne vale la pena…).

Alimenti “fuori” dal piatto sano
Come nella piramide alimentare, anche nel piatto sano non sono citati tutta una serie di alimenti che fanno parte della nostra vita: gli snack da aperitivo, i biscotti, i dolcetti… Vuol dire che devono essere aboliti, se non sono sani, che ci faranno male?
No: vuol dire che non devono essere considerati un pasto.
Come dico da sempre e sempre, il cibo non è “solo cibo”: non ha – e non deve avere – l’unico obiettivo di sostenerci e mantenerci in vita. Il cibo è anche sapore, esperienza, condivisione, emozione e affetto. Nessuna Linea Guida, nessuna infografica alimentare e nessun ente a tutela della salute potrà mai dirci come, quando e quanto mangiare del nostro “cibo dell’anima”. Non esiste una quantità codificata di gelato che può coccolarvi dopo una giornata piena di stress in ufficio, e nessun dietista al mondo può dirvi se due cioccolatini ripieni curino il mal d’amore meglio di dieci.
L’educazione alimentare, di qualsiasi tipo, dovrebbe sempre essere affiancata da questo importante messaggio: i medici, i dietisti, i nutrizionisti sono “tecnici del cibo”, vi possono spiegare cosa fa meglio e cosa fa peggio; ma questo livello base di conoscenze deve essere implementato dalla capacità di auto-ascolto: non solo dei bisogni del corpo, ma anche di quelli della mente, e del cuore.