La dieta vegetariana è positiva o negativa in relazione alla fertilità femminile?

La domanda potrebbe sembrare assurda, per chi non conosce le varie correlazioni tra alimentazione e supporto alla fertilità, quindi cerco di spiegarmi meglio.

Alimentazione e fertilità
Gli studi dimostrano che la dieta è una delle variabili che possono influenzare la fertilità femminile sotto diversi punti di vista; in particolare è stato dimostrato che:
1. L’alimentazione può agire a modulare l’ossidazione, e l’ossidazione è un parametro che determina la qualità ovocitaria.
Una dieta estremamente ricca di alimenti pro-ossidanti determina un proporzionale danno ovocitario, creando problemi che si riflettono in ovociti di bassa qualità, che vanno più difficilmente a maturazione e che sono più difficilmente fecondabili. Al contrario, un’alimentazione ricca di antiossidanti è favorevole, ed è anche stato dimostrato che una supplementazione mirata ed opportuna di alcuni specifici booster (in particolare CoQ10, folato e melatonina) può migliorare l’esito in gravidanza clinica sia in percorsi di procreazione assistita sia nella ricerca naturale.

2. Gli estremi del peso corporeo sono negativi per la fertilità.
Esiste un dialogo molto stretto tra gli estrogeni (ormoni protagonisti del ritmo del ciclo mestruale) e la percentuale di grasso corporeo nella donna; variazioni del peso che la portino ad essere troppo distante dal proprio peso naturale determinano spesso e volentieri scompensi dell’ovulazione, diminuendo la finestra fertile.

3. L’alimentazione è in grado di influenzare l’ovulazione.
Questo è l’aspetto più interessante, soprattutto all’interno della tematica che oggi sto affrontando.
L’ovulazione è un evento indispensabile nella ricerca di gravidanza: niente ovulazione significa niente ovulo fecondabile. Una donna con un ciclo regolare di 28 giorni ha l’ovulazione al 14mo giorno: la cosiddetta “finestra fertile” consiste in giorni in cui i rapporti mirati possono andare a buon fine; la finestra fertile si apre 3-4 giorni prima dell’ovulazione e termina il giorno stesso: gli spermatozoi sopravvivono in vagina fino a circa 72 ore (se sono di ottima qualità), quindi un rapporto non protetto avuto fino a 3 giorni prima dell’ovulazione stessa potrebbe comunque esitare in una gravidanza. Invece i rapporti avuti dopo l’ovulazione non hanno, purtroppo, alcuna chance: l’ovulo è andato, se ne riparla il mese successivo.
Come ben sappiamo, molte donne non hanno un ciclo regolare di 28 giorni: potrebbe essere di 35, 40 o anche più di 50 giorni. In questi casi prevedere l’ovulazione (e quindi, la finestra fertile) potrebbe essere più complicato. Gli studi dimostrano che attraverso l’alimentazione è possibile modulare il ritmo dell’ovulazione, anticipandola, accorciando i cicli e rendendo più prevedibile il ritmo degli ormoni. Nello specifico, è stato dimostrato che una dieta focalizzata sulla modulazione del carico glicemico è positiva: andrebbero distribuiti opportunamente i carboidrati durante l’arco della giornata, evitando picchi di glicemia e insulinemia.
Ottenere questo risultato con una dieta onnivora è piuttosto semplice: la co-presenza di fonti di carboidrati, fonti di proteine e fonti di grassi in uno stesso pasto è la soluzione ideale, che permette di minimizzare il rialzo glicemico postprandiale e assicura una secrezione di insulina armonica ed opportuna. Questo si traduce con un dialogo particolarmente positivo tra gli ormoni che regolano l’ovulazione (in particolare LH ed estrogeni)
In caso di alimentazione vegetariana, invece, potrebbero presentarsi delle limitazioni aggiuntive, poiché le fonti proteiche utilizzate richiedono una calibrazione più puntuale:
– I legumi contengono anche carboidrati, quindi, all’interno di una dieta che richiede una riduzione degli stessi, non possono essere usati in scioltezza come carne e pesce (che, invece, non ne contengono).
– I formaggi implicano un richiamo considerevole di insulina.
– Tutte le fonti proteiche vegetali presentano lo stesso problema dei legumi: contengono anche carboidrati. E, inoltre, potrebbero essere stati prodotti con materie prime non particolarmente d’aiuto per il fattore antiossidante (in particolare, a causa dell’uso di oli vegetali che non siano l’extravergine d’oliva).

Alimentazione veg, ossidazione e fertilità
Uno studio molto interessante che ha indagato le correlazioni tra dieta vegetariana o vegana e fertilità ha dimostrato che, sotto l’aspetto antiossidante, la dieta plant-based è genericamente positiva… a patto che sia di qualità!
Lo studio ha suddiviso in tre categorie la dieta veg, in base alla frequenza e quantità di consumo di alcuni specifici alimenti che potessero farla propendere come “più virtuosa” o “meno salubre”. Gli alimenti valutati sono stati 18: cereali integrali, frutta, verdura, frutta secca, legumi, oli vegetali, caffè/tè, succhi di frutta, cereali raffinati, patate, bevande zuccherate, dolci, oli vegetali simil-margarina, latticini, uova, carne e pesce (questi ultimi sono stati inseriti perché si è valutato anche l’effetto di una dieta maggiormente polarizzata sui vegetali anche all’interno di regimi onnivori).
I risultati sono stati prevedibili: le donne che seguivano un’alimentazione plant-based più virtuosa erano anche quelle più fertili, con cicli più regolari e maggiori possibilità di gravidanza nel più breve tempo possibile dall’inizio della ricerca.
Il fattore che fa la differenza è proprio lei, l’ossidazione: confondere “vegetariano” con “sano” sarebbe gravissimo. Un’alimentazione ricca di fritture, prodotti confezionati, bevande zuccherate e succhi di frutta, dolci e pasta/pane raffinati può tranquillamente essere vegetariana, e insana. Un’alimentazione vegetariana consapevole, invece, si traduce in un maggior consumo di frutta e verdura, oli e grassi positivi, cereali integrali e legumi: queste differenze si riflettono su tutti gli stati di ossidazione e infiammazione organica, comprese le reazioni che portano ad avere un ciclo regolare, e la maturazione di ovuli di buona qualità.
Quindi, in teoria, si può avere una dieta vegetariana di qualità che sia di supporto e non di ostacolo alla fertilità.
Eppure non è sempre così…

Alimentazione veg, ovulazione e fertilità
Come abbiamo visto, un altro legame importante tra alimentazione e fertilità è l’ovulazione.
Laddove siano riscontrati problemi di ovulazione, l’alimentazione può venire in aiuto. In che modo? L’ho brevemente citato prima, ma riprendo i punti salienti:
– Distribuzione dei carboidrati durante i pasti della giornata di modo che il rialzo di glicemia e insulinemia sia adeguato, dolce e non a picco;
– Predilezione per i cereali in chicchi;
– Uso abbondante della fibra vegetale, preferibilmente da verdura cruda, in seconda battuta da verdura cotta, marginalmente da frutta;
– Uso consapevole degli zuccheri e dei dolci: senza eliminazione, e senza abuso;
– Incremento dei grassi buoni, che minimizzano il rialzo glicemico: olio evo, avocado, piccole porzioni di frutta secca;
E fin qui, ci siamo anche all’interno di una dieta vegetariana o vegana.
Il punto critico potrebbero essere le proteine: sappiamo benissimo che una dieta veg può provvedere in modo adeguato e sufficiente al fabbisogno proteico, e infatti il problema non è il rischio di una carenza proteica!
La presenza di fonti proteiche ai pasti (magari non solo pranzo e cena, ma anche colazione) è utile, diciamo, a “far quadrare il cerchio”: aumento della sazietà pur con una riduzione dei carboidrati; diminuzione dei picchi di glicemia e conseguente secrezione di insulina; ottimizzazione del lavoro metabolico (livelli di colesterolo, glicemia e transaminasi) ed endocrino (grelina, leptina e insulina in primis); apporto di micronutrienti utili al nutrimento e alla maturazione degli ovociti (in particolare ferro, zinco, vitamina A, vitamine del gruppo B, iodio).

In una dieta vegetariana o vegana il fabbisogno proteico viene sopperito da alimenti che hanno effetti diversi e apparentemente contrastanti sulla fertilità femminile; da una parte, diversi studi dimostrano che le fonti proteiche vegetali sono assolutamente positive in confronto a una dieta onnivora (in modo più ampio, anche il consumo di uova e pesce può dirsi superiore rispetto a carne e pollame; lo studio di review è indicato in bibliografia). D’altra parte, se il fine è quello di minimizzare il carico glicemico per il supporto ovulatorio, le fonti vegetariane potrebbero non essere la scelta preferibile:
Uova (che vanno benissimo, ma non si possono certamente mangiare due volte al giorno, sette giorni a settimana)
Formaggi (che comportano un rialzo significativo dell’insulina, che, se reiterato, non favorisce l’LH, ormone che regola l’ovulazione)
Legumi (che contengono anche carboidrati)
Succedanei vegetariani o vegani (veg-burger, veg-cheese, veg-polpette e analoghi: contengono anche carboidrati, oltre che altri ingredienti potenzialmente non favorevoli).

Quindi, se il professionista della nutrizione si trova a dover aiutare una donna vegetariana o vegana con problemi di ovulazione, come può ovviare i limiti che incontra? Chiaramente non si può improvvisare, ma si devono avere delle solide competenze teoriche in ambito di nutrizione e fertilità, così da capire come sia meglio agire.

Qualche spunto di riflessione:
– Si possono utilizzare supplementi utili, ad esempio a base di myoinositolo che supporta l’ovulazione, oppure con acido lipoico + cromo + berberina per il controllo glicemico post-prandiale.
– Si può fare una valutazione complessiva della dieta in atto della paziente, per lavorare ad un miglioramento della stessa senza forzare sulle proteine: ad esempio, ci si potrebbe rendere conto che già una semplice ridistribuzione dei glucidi può avere un effetto positivo, oppure che si può suggerire una rotazione delle fonti di carboidrati già di per sé esaustiva (suggerire di sostituire il riso bianco con quello integrale, la pasta normale con pasta di legumi, le patate con pane di segale…).
– Si possono rendere i pasti più polarizzati verso i lipidi, con una cospicua presenza di olio evo, cocco, avocado e marginalmente uova e formaggi grassi (se la paziente è vegetariana e non vegana), frutta secca non tostata e oli di semi estratti a freddo.
Queste sono solo le prime tre strategie semplici ed efficaci che è possibile attuare, chiaramente da personalizzare nel contesto.

Quello che ci tengo a sottolineare, ovviamente, è che una dieta vegetariana è fattibilissima anche da un punto di vista del supporto alla fertilità: solo, bisogna essere consapevoli di quelli che sono gli eventuali limiti, per proporre congrue modifiche allo stile alimentare della paziente. In realtà, né più né meno di quello che si fa con una dieta onnivora: solo, con limiti diversi. Non solo la salubrità di base, e la scelta di alimenti meno processati possibili. Ma anche il carico glicemico, l’apporto di glucidi, e la possibile doverosa supplementazione di ferro, zinco e omega-3.

Se sei un professionista che lavora a contatto con le donne alla ricerca di gravidanza (dietista, nutrizionista, ostetrica, farmacista), forse potrebbe interessarti approfondire la tematica. Ti posso consigliare due corsi che ho attivato con il mio progetto EquilibrioDonna, e che rimangono accessibili in registrazione fino a fine dicembre 2024:
Fertility Nutrition, corso tenuto da me proprio sulla macro-tematica di alimentazione a supporto della fertilità (in questa lezione parlo anche delle diete plant-based).
Controllo glicemico e ormoni, lezione che verrà tenuta live il 18 settembre (poi disponibile in registrazione) dalla dott.ssa Chiara Priante, esperta di tutto ciò che afferisce, appunto, alla glicemia e alle sue potenzialità di controllo attraverso modifiche dello stile di vita
Le lezioni non sono ECM, ma permettono l’acquisizione di un attestato valido ai fini della compilazione del CV. Vengono fornite slide di supporto e, ovviamente, sono ricche di esempi pratici da poter utilizzare subito nella pratica ambulatoriale.

Il programma completo del progetto “Questione di Estrogeni” è disponibile qui.

Bibliografia
Dietary patterns and fertility – Biologu 2024 Feb; 13(2):131
Prepregnancy adherence to plant-based diet indices and exploratory dietary patterns in relation to fecundability – Am J Clin Nutr 2022 Feb 9;115(2):559-569