“A me sembra che di giorno mangi ancora troppo poco, e di notte continui a svegliarsi perché ha fame, infatti se gli offro il biberon/il mio latte poi si riaddormenta”
Il cruccio di tantissime mamme, di tantissimi genitori! Non è che il bambino in epoca di svezzamento si sveglia ancora spesso durante la notte perché ha fame? E se sì, come fare a migliorare questo aspetto della neogenitorialità così sfiancante?
Andiamo per punti!
Accompagnare al sonno
Premessa: non sono una figura specializzata in sonno neonatale, quindi le informazioni che vi darò sono frutto della mia ricerca come mamma (mamma di un bambino che per i primi due anni e mezzo si svegliava ogni 40/90 min, e che ha letto tutto quello che era possibile leggere sul sonno neonatale appena ha avuto il test positivo della seconda, ndr!), di consulenze fatte con consulenti specializzate, e di approfondimenti legati alla mia professione (perché, come vedremo, svezzamento e nanna si intersecano spesso).
Se aveste bisogno di una consulente del sonno io vi consiglio di cuore le due con cui mi sono confrontata direttamente, Martina Parisi e Valentina Marco; non ho fatto una consulenza diretta, ma ho avuto feedback positivi da amiche e pazienti anche per Little Angels Sleep Consulting.
Partiamo da un dato di fatto: imparare a dormire tutta la notte è una competenza che i neonati sviluppano gradualmente, e che va *appresa*. Apprendono a dormire come apprendono a parlare, camminare, mangiare, interagire. Pertanto, i bambini vanno accompagnati a imparare a rilassarsi, ad addormentarsi e a dormire “tutta la notte” (metto tra virgolette perché non è proprio così: i risvegli notturni sono fisiologici, anche gli adulti li hanno: il bambino non impara propriamente a dormire tutta la notte, ma a gestire in autonomia i risvegli notturni).
Accompagnare il bambino a dormire un sonno riposante, rigenerante e soddisfacente non significa piantarlo in una stanza al buio e lasciarlo piangere finché non stramazza nel lettino sfiancato dalla paura: così come accompagnarlo a mangiare non significa piantarlo sul seggiolone con davanti a sé una vasta scelta di alimenti. Sottolineo la parola: “accompagnare”. Ogni famiglia troverà le modalità che sono più funzionali ed efficaci per il proprio equilibrio interno, partendo comunque da alcune informazioni fondamentali sul sonno neonatale che valgono per tutti i bambini: ad esempio, io ho trovato utilissimo conoscere le finestre di veglia per fascia d’età (con il primogenito non sapevo cosa fossero), e ho trovato altrettanto utile sapere che alla fascia oraria delle 4 del mattino può corrispondere un disagio intestinale (e quindi è meglio fare più attenzione a cosa si propone per cena). Parimenti, mi è stato fondamentale capire come termoregolare opportunamente la secondogenita, cosicché non si svegliasse per il troppo freddo/troppo caldo, e capire come aiutarla ad addormentarsi nel lettino e non in braccio, con me comunque vicina a lei.
Il sonno dei neonati può essere disturbato da molti fattori, interni ed esterni, tra cui: rumori ambientali (soprattutto in certe fasi del sonno, mentre in altre non li svegliano nemmeno le cannonate), presenza di luce, fastidi digestivi o intestinali, accumulo di eccessiva stanchezza, sonnellini diurni troppo lunghi.
Conoscere tutte le variabili in gioco è utile a modulare i fattori modificabili su cui è possibile agire, e migliorare la qualità del sonno del bambino (e quindi dei genitori).
0-6 mesi – Sonno notturno, frequenza delle poppate e necessità calorica
Nei primi mesi di vita i neonati mangiano anche durante la notte, indicativamente ogni 2-4 ore: la frequenza delle poppate dipende dal loro ritmo di crescita, dal peso corporeo che vanno accumulando e dalla qualità delle poppate diurne. È quindi del tutto fisiologico che i neonati si sveglino per mangiare: anzi, se dormissero troppo a lungo il consiglio di ostetriche e pediatri è quello di svegliarli per dare loro da mangiare, perché non possono oggettivamente permettersi di passare troppe ore a digiuno.
Sempre indicativamente e sempre in assenza di patologie, intorno ai 3-4 mesi il neonato potrebbe essersi assestato a fare una poppata prima di dormire, un’altra a distanza di 4-5 ore e un’altra intorno all’alba/di prima mattina. Si comincia a considerare la poppata notturna non strettamente necessaria quando il neonato raggiunge almeno i 7-8 kg di peso.
Va sottolineato che il neonato richiede più latte durante la notte se non ci sono le condizioni ambientali ideali e ha troppo caldo (e quindi sete), o in periodi di malattia (fosse anche un “banale” raffreddore).
Colgo l’occasione per dare un altro paio di informazioni importanti.
Per il neonato l’atto della suzione (da seno o da biberon) è estremamente rilassante e tranquillizzante: per questo motivo spesso diventa difficile capire quando sta succhiando per concreta fame, e quando invece sta succhiando per rilassarsi a sufficienza da riuscire a riaddormentarsi. Uno dei problemi del latte notturno è proprio questo: succhia perché ha fame, o succhia per riaddormentarsi? Quando un bambino ha frequenti risvegli notturni e ogni volta poppa, potrebbe essere il caso di monitorare meglio la situazione: si rischia di creare una potente associazione poppata-sonno, tale per cui la poppata diventa l’unico metodo che il bambino conosce per riaddormentarsi. In questi casi è utile sia valutare se il neonato copra a sufficienza il proprio fabbisogno calorico durante il giorno (e, in caso negativo, andrebbe incrementato proprio per ridurre i risvegli), oltre che provare a creare diverse associazioni con il riaddormentamento che non siano esclusivamente la poppata.
Altra cosa importante da sapere (di quelle cose che se mi fossero state dette con il primogenito la mia vita sarebbe stata molto più semplice, ndr): l’allattamento materno esclusivo a richiesta è sacrosanto. Ma ci sono delle situazioni in cui oggettivamente il bambino si attacca al seno “troppo” di frequente, e che richiederebbero una valutazione più approfondita da parte del pediatra: mi riferisco, nello specifico, al reflusso neonatale. I bambini con reflusso fisiologico o con la vera e propria malattia da reflusso gastroesofageo *potrebbero* (non è una regola) richiedere latte molto più spesso del fisiologico, perché tale poppata aiuta temporaneamente a sedare il fastidio acido che sentono in gola, “spingendo giù”, dall’esofago allo stomaco, il rigurgito acido. La posizione orizzontale che assumono durante il sonno peggiora il reflusso, e peggiora di conseguenza la richiesta di latte come strumento che tampona il loro dolore.
Se avete il dubbio che il vostro bimbo di 3/4-6 mesi chieda latte non per fame vera e propria, ma per altro (dolore, fastidio, associazione al sonno), rivolgetevi a un’ostetrica o una consulente dell’allattamento che possa darvi i giusti strumenti di valutazione.
Sonno notturno e svezzamento
Quasi tutti i bambini che si avvicinano all’epoca dello svezzamento potrebbero aver raggiunto un fabbisogno calorico e un peso che permetta loro di tirare almeno 6-8 ore durante la notte senza necessità del latte.
Repetita iuvant: questo non significa che *effettivamente* non richiedano latte di notte; potrebbero ricercarlo per altri motivi: e non per questo è sbagliato proporlo! L’importante è capire le differenze della richiesta, e trovare un proprio equilibrio familiare tra la cura del piccolo e dei suoi bisogni, e la qualità del sonno [esperienza personalissima con la secondogenita: lei ha preso il mio latte di notte, verso le 3-4 di mattina, fino a 11-12 mesi; sapevo che “non ne aveva bisogno” e sapevo che lo faceva per tranquillizzarsi che io fossi lì con lei: mi andava bene così e la assecondavo. Quando capitava che mi chiedesse latte in altri orari, ho cercato dei metodi diversi per non mantenere un’associazione stretta seno/sonno, ad esempio accarezzandola e tenendola vicino a me nel lettone: erano comunque orari in cui riuscivo a farlo, non ero tramortita dal sonno come invece in piena notte, dove mi era comodissimo il riaddormentamento rapido del seno]
Con il passaggio da latte al cibo “vero” è comprensibile che i neogenitori facciano più fatica a stimare i fabbisogni del bambino, e quindi a interrogarsi se i risvegli più frequenti del solito possano essere dovuti a fame: per me è impossibile darvi una risposta certa, perché bisogna prima fare una valutazione di quanto il bambino mangia (e beve, perché il latte è ancora l’alimento prevalente!) durante il giorno. Quando i miei pazienti si presentano da me con questo interrogativo, faccio compilare un diario alimentare di qualche giorno per prendere le informazioni che mi sono necessarie circa i fabbisogni del bambino: mi serve sapere quanto, come e quando mangia. Sono tutti dati fondamentali per capire se i risvegli siano per fame, o per altro.
Risvegli per fame. Il bambino può svegliarsi per fame quando le sue calorie quotidiane non sono sufficienti, o quando passano troppe ore tra l’ultimo pasto (o poppata) della giornata e l’addormentamento notturno. In questi casi è utile accompagnare i genitori ad incrementare l’apporto calorico quotidiano del bambino, sempre e comunque favorendo la sua naturale autoregolazione. Gli errori più frequenti sono quelli di offrire troppi pochi carboidrati e grassi, o caricare troppo di verdura il pasto serale. Un altro sbaglio frequente è quello di offrire frequenti mini-spuntini di pomeriggio: il bambino arriva con poco appetito la sera, non mangia molto a cena, e torna a sentire lo stimolo della fame di notte.
Risvegli per altri aspetti dello svezzamento. L’inizio dell’alimentazione complementare comporta un grosso impegno per il bambino, sia da un punto di vista cognitivo che da un punto di vista fisico: a volte i risvegli sono dovuti al fatto che sta apprendendo qualcosa di nuovo, che il suo cervello elabora proprio durante la notte.
I risvegli nelle prime 2-3 ore dopo l’addormentamento serale potrebbero dipendere da una cena che non è stata ben digerita, e che causa un po’ di fastidio gastrico: cercate di far passare almeno 45-60 minuti tra la cena e l’addormentamento notturno (un po’ di più per i bambini con malattia da reflusso). Inoltre, provate a vedere se il bambino dorme meglio spostando a pranzo la proposta di carne, pesce e uova, lasciando la cena con una proposta proteica derivante da legumi decorticati e formaggio fresco. Le fonti animali hanno una digestione più lenta che può interferire con il sonno, lo stesso dicasi per la presenza nella cena di grassi cotti ed eccesso di fibra.
I risvegli verso le 4-5 del mattino potrebbero invece dipendere dalla riattivazione dell’intestino tipica di quella fascia oraria: in questo caso c’è poco da fare perché il transito intestinale è una situazione del tutto fisiologica e necessaria! Al più, provate a vedere se ridurre la proposta di vegetali fermentanti a cena può contribuire a migliorare la qualità del sonno all’alba, e provate a introdurre la proposta di nuovi alimenti a pranzo più che a cena.
Ricordate: se vi serve l’aiuto di un professionista, non esitate a chiederlo! Quanto spesso si sente dire che “è normale che i bambini si sveglino spesso, non ti lamentare, tutti i neogenitori passano 1 o 2 anni problematici!”? Ecco, è vero: il sonno dei bambini non è come quello degli adulti. Ma conoscere le variabili che lo aiutano a riposare meglio fa bene a lui/lei, e a tutta la famiglia!
2 Comments
Grazie dottoressa, come sempre un articolo interessante ed esaustivo (per quello che si può visto l’argomento vasto).
Grazie mille!