L’ho preannunciato a dicembre: una psicologa che stimo molto ha accettato di collaborare con me nella stesura di articoli a quattro mani su tematiche relative al complesso legame tra cibo e psiche.
Ve la presento: lei è la dott.ssa Martina Migliore, psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoterapia cognitivo comportamentale; si occupa principalmente (ma non solo) di aiutare pazienti con problemi di stati d’ansia e dipendenza, siano essi legati a fumo, alcol, cibo o altro. Lavora in Umbria, ad Umbertide (PG): sotto trovate i suoi contatti qualora voleste un consulto con lei.
Gli articoli che via via pubblicheremo tratteranno i disturbi alimentari più insidiosi perché non diagnosticati o declassati a “mancanza di volontà” o “fissazioni mentali”. Lei si occuperà dell’analisi psicologica, io dei consigli alimentari.
Il primo argomento che tratteremo sono le abbuffate, ossia quei momenti di blackout mentale durante i quali ci si ritrova a ingurgitare qualsiasi cosa presente in cucina, in quantità molto superiore da quella giustificabile da una semplice ‘fame’ e con un sentimento di disagio verso ciò che si sta facendo. In questo primo articolo Martina ci parlerà del carico emotivo e dei rischi che accompagnano le abbuffate soggettive, spesso frequenti quando ci si mette a dieta. Lascio la parola a Martina, mentre noi ci risentiamo tra qualche giorno per i consigli alimentari.
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Chi di noi non si è trovato a divorare un cioccolatino dietro l’altro fino a trovarsi con una scatola vuota in mano? Chi non ha aperto il frigo in un raptus di nervosismo arrivando a ripulirlo da ogni avanzo commestibile? Chi di noi, in regime di dieta ferrea, non è andato incontro a crisi depressive dalle conseguenze catastrofiche semplicemente dopo aver mangiato due biscotti in un momento di sconforto?
Sentiamo parlare di “fame nervosa” e di cibo che riempie un qualche vuoto emotivo, ma difficilmente ci soffermiamo a pensare alle implicazioni per la nostra alimentazione, per la nostra salute e per il nostro equilibrio psicofisico.
Dietro ad ogni abbuffata si nasconde un “diabolico” circolo vizioso che ci porta a peggiorare sempre più la qualità complessiva della nostra alimentazione anche laddove si stia attenti ad avere una dieta sana e salutare al di fuori dell’abbuffata stessa.
Le abbuffate sono eventi limitati nel tempo, ciclici e recidivi poiché a causa del circolo vizioso che ne è alla base, tendono ad aumentare la probabilitá che, dopo una prima, se ne verifichi una successiva.
Gli specialisti distinguono tra abbuffate oggettive e soggettive. Durante le abbuffate oggettive, piú di interesse clinico, viene effettivamente ingerita una quantità abnorme di calorie (stimate generalmente oltre le 3000) in un lasso di tempo molto limitato (1 ora o meno) in modo ripetuto nel tempo; le abbuffate soggettive, invece, assumono una connotazione molto personale: la persona vive come ‘abbuffata’ il consumo di qualsiasi alimento possa deviare da schematiche dietetiche autoimposte, per cui si arriva a vivere con estremo disagio psicologico l’aver fatto incetta di ogni leccornia disponibile ad un ricco buffet di matrimonio, l’aver mangiato un piatto extra di lasagne dalla nonna, aver sgranocchiato due biscotti al cioccolato durante la sit-com preferita o addirittura un solo frutto qualora “non fosse nei programmi”.
La maggior parte di noi ha probabilmente fatto esperienza di abbuffate soggettive, ed è di questo che trattaremo nell’articolo.
Generalmente gli episodi di abbuffata avvengono con maggior frequenza durante rigidi periodi di regimi alimentari prefissati, nella maggior parte dei casi “tristi” nella scelta degli alimenti concessi. Tendono inoltre ad essere più frequenti in persone che abitualmente tengono sotto controllo il proprio peso e la propria alimentazione, spesso facendone un pensiero fisso e invalidante nelle attività quotidiane (ortoressia, ci torneremo successivamente). E’ proprio questa attenzione continua a calorie, pesi e composizione degli alimenti che trasforma ciò che potrebbe essere un evento isolato e recuperabile, in una pericolosa e incontrollabile abitudine.
In una situazione di attenzione e attivazione costanti -così come può essere durante una dieta rigida- il nostro cervello si trova in allarme continuo, versando in uno stato di stress leggero ma perenne che favorisce un continuo rilascio di adrenalina nel sangue. Tale condizione di stress viene autosostenuta dai rinforzi positivi che ci vengono ad esempio dallo scoprirci più magri e in forma, o dal ricevere complimenti; vale a dire: più ci guardiamo allo specchio e ci piacciamo, più avremo paura che un singolo sgarro possa vanificare i nostri sacrifici, e pertanto saremo stressati da qualsiasi invito fuori a cena, aperitivo o imprevisto che ci impedisca di seguire il nostro schema alimentare.
Questa situazione di stress-gratifica-stress logora l’intero sistema, creando alla lunga anche una carenza costante di stimoli positivi e appaganti: prima o poi le defaillances alimentari saranno inevitabili.
Ecco allora che in una giornata particolarmente stressante, o anche ricca di emozioni positive capita distrarsi più facilmente poiché la nostra attenzione deve dividersi su diversi fronti. Il maggiore carico attentivo ed emotivo peggiorano il logoramento di cui sopra, spingendoci magari ad addentare velocemente quella fetta di pane e formaggio così invitante, mentre siamo prese dalla preparazione della cena. Oppure ci ritroviamo a ripulire il piatto nutriente e super energetico di nostro figlio, innervosite dal suo rifiuto dello stesso, mentre lui corre a giocare, naturalmente finendo gli avanzi appena prima di mangiare anche il nostro insipido pranzo dietetico, già pensando che “abbiamo ecceduto”.
Tutto ciò capita anche nella situazione completamente contraria, quando c’è una completa assenza di stimoli e versiamo nella noia più assoluta. Durante questi momenti ci troviamo in una condizione mentale facilitante per l’intrusione di preoccupazioni e pensieri ansiogeni: e così problemi economici, scadenze e stress relazionali arrivano in massa a peggiorare il quadro attentivo, distraendoci dai nostri buoni propositi, e anzi dandoci una scusa per consolarci perchè “ne abbiamo certamente bisogno” visti tutti i nostri problemi.
Quasi immediatamente dopo questi -diciamocelo, in sé innocenti– sgarri veniamo colti dai peggiori sensi di colpa, e la nostra mente corre frenetica, più abile di un premio nobel in matematica, a fare sottrazioni multiple al nostro piano alimentare per il resto della giornata che ci consenta di tornare in riga nel più breve tempo possibile, ovviamente anche fustigandoci emotivamente e facilitando irritabilità ed ansia.
Comprensibilmente il resto della giornata sarà velato di rabbia e tristezza, due emozioni che conducono spesso ad una stasi emotiva e comportamentale.
Le emozioni originano dalla nostra valutazione di un dato evento, che sia esso esterno a noi o faccia parte del nostro intimo; esse hanno componenti di attivazione fisiologica (come il rossore nella vergogna) e componenti cognitive (come il pensiero di aver subito un torto ingiusto nella rabbia).
Seguendo un regime alimentare restrittivo e povero di stimoli piacevoli, si va facilmente incontro ad uno stato di irritazione costante, il quale fa sì che -come animali in gabbia- ci muoviamo in uno spazio claustrofobico di bilance, divieti e rinunce. In questo caso pensieri come “perchè altri possono mangiare ciò che vogliono senza ingrassare, mentre io devo far attenzione ad ogni grammo? Non è giusto!” celano il torto subito ingiustamente del non potersi concedere quello che al momento ci sembra un piacere meritato, magari vista anche la giornata triste o stressante.
Il comportamento cui conduce la rabbia assume tipicamente la forma della voglia di rivalsa, per recuperare l’ingiustizia che ci sembra di aver subito. E’ a questo punto che perdiamo facilmente di vista l’obiettivo a lungo termine dei nostri sforzi, e rischiamo di concederci troppo… dopo esserci concessi, di fatto, troppo poco!
Passato il momento rabbioso, e colmata l’ingiustizia con l’abbuffata, facilmente verremo colti da sconforto, e da tristezza. Dietro di essa si cela la percezione di aver irrimediabilmente perso un’occasione, nel caso specifico di tornare in forma, per colpa della nostra mancanza di volontà con pensieri come “Ecco lo sapevo, ci sono caduta anche stavolta, non ce la farò mai a dimagrire e star bene, sono condannata!”: ci si sente prostrati e afflitti, aumentando lo stato di frustrazione con una rabbia che a questo punto si rivolge non solo contro noi stessi, ma rischia anche di aumentare di intensità aggiungendo stress a stress, rendendo sempre più probabile una nuova abbuffata.
Ecco quindi riassunto il circolo vizioso che non solo favorisce, ma contribuisce a rendere l’abbuffata un fenomeno abituale e auto-aggravante.
Dopo uno sgarro alimentare vissuto soggettivamente come abbuffata siamo arrabbiati con noi stessi per non esser riusciti a rispettare il programma stabilito, e ci sentiamo doppiamente colpevoli non solo per aver disatteso le nostre stesse aspettative, ma anche perché tali aspettative sono legate ad una dieta che dovrebbe farci star meglio. Il pensiero che ricorre è quello di non riuscire a portare a termine nulla, di non volersi sufficientemente bene; ci sentiamo tristi perché la strada per il benessere, ai nostri occhi, si allunga a dismisura, diventando una tela di Penelope infinita… quindi tanto vale concedersi qualche altro piacere! Ci avviciniamo al frigorifero, lo riapriamo e prendiamo un’altra fetta di formaggio. O un cioccolatino. E poi qualche biscotto. Ecco lo sbaglio: la fetta di formaggio iniziale può diventare mezza forma, pezzo dopo pezzo, e il biscotto diventa una scatola intera. Perché? Perché “tanto ormai il danno per oggi è fatto”, chi di noi non l’ha mai pensato? Tra l’altro rendendoci anche conto che non percepiamo come piacevole il gusto stesso dell’alimento che ingeriamo, e perciò pensando che “sto buttando via l’occasione di mangiare qualcosa di buono”.
Ovviamente questo comportamento non fa che alimentare la rabbia verso lo scopo “perso” del programma alimentare stabilito: ci condurrà a limitazioni ulteriori, che avranno come risultato una spirale di sgarri e restrizioni potenzialmente infiniti.
Il vero legame da spezzare è quello che ci lega alla restrizione alimentare rigida e alla successiva abbuffata, agendo sulla qualità e sulla consapevolezza del piano alimentare programmato: tale programma dovrebbe prima di tutto evitare la deriva verso emozioni costanti “stagnanti” come rabbia e tristezza, che creerebbero solo un ambiente favorevole per l’abbuffata soggettiva. In questo caso di sicuro aiuto sono i diari alimentari, strumenti non solo di diagnosi ma di auto-aiuto, nei quali annotare ciò che si mangia, l’orario, la situazione e come ci si sente in relazione a quel particolare pasto, segnando anche quelli che secondo noi sono eccessi con un asterisco, scrivendo le motivazioni per cui lo valutiamo tale. Facendo un’analisi così capillare è possibile individuare le situazioni ‘facilitanti’ a livello emotivo, e pian piano diventa possibile intervenire con comportamenti alternativi al buttarsi sul primo alimento che capita. Torneremo a parlare del diario alimentare-emotivo in un articolo a sé stante.
Nell’analisi dei comportamenti istintivi disregolati, mi capita spesso di osservare uno scarsissimo investimento in attività piacevoli a livello generale. La vita diventa contrassegnata dai vari ‘DEVO‘, mentre i ‘voglio‘ assumono solo caratteristiche negative e pericolose che li relegano nel proibito. Un discorso questo che vale tanto più se abbiamo a che fare, come in questo caso, col cibo. Generalmente prescrivo una lista di dieci attività e passatempi davvero piacevoli, consigliando di ritagliarsi un’ora per completarla, mentre si ascolta la musica che si preferisce; si dovrà scrivere inizialmente di getto, senza preoccuparsi della fattibilità immediata, del costo o di eventuali limiti fisici. Successivamente si passa ad esaminare la lista mettendo in ordine le attività secondo un criterio, che può essere la fattibilità o il carico economico. Queste attività potranno diventare una valida alternativa, in base al tempo o la possibilità che si ha al momento, all’assunzione impropria di cibo. Tra le alternative possibili è certamente possibile annoverare una buona cena al ristorante, che preveda magari un’ottima e abbondante grigliata di pesce fresco: le attività non devono distrarci dal buon mangiare, ma riportarlo alla sua natura più equilibrata. Altre idee: fare la manicure, cercare idee per regali online, preparare un collage di fotografie, o fare un bagno caldo.
E’ importante, prima-durante-dopo un’abbuffata, non perdere il contatto con il proprio corpo. Non negarlo, nascondendolo sotto tute sformate e capelli sfatti. Massaggiarsi, lavarsi, specchiarsi: riconoscere che il nostro corpo è parte di noi, ma che non non siamo escluivamente il nostro corpo.
Riferimenti bibliografici
C.Castelfranchi “Che figura, emozioni e immagine sociale” ed. Il Mulino 2005
M.Sartirana R.Dalle Grave “La restrizione dietetica cognitiva nei disturbi dell’alimentazione” Art.sci. Positive Press 2009
R.Dalle Grave “Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità” Positive Press 2002
Martina Migliore
Psicologa psicoterapeuta
Specializzata in psicoterapia cognitivo comportamentale
Studio a Umbertide (PG) in via Martiri dei lagher 4/b
Tel. 3429068590
martina.migliore@gmail.com
37 Comments
Io avevo queste abbuffate di notte. Le ho avute per un anno. Il meccanismo era proprio quello. Iniziavo, mi dicevo che tanto oramai avevo iniziato, che la prossima volta non l’avrei fatto ma che tanto oramai…
Ora e’ qualche che riesco a tenere a bada la cosa. Ho avuto solo una ricaduta (o una e mezza, insomma) e non so nemmeno il giorno preciso in cui il tutto e’ finito. Perche’ mi si e’ accesa una lampadina nella testa e ho capito che quello che facevo non era normale. I post it su tutto cio’ mangiavo, con su scritto *mangialo domani Valentina* oppure *vai di nuovo a letto, ora non hai realmente fame*, mi hanno aiutato. E’ stata dura all’inizio, ma poi e’ subentrata anche una cosa molto importante. Vale a dire la consapevolezza che prima di tutto devo volere bene a me stessa. E cosi’ ho anche iniziato un percorso col cibo (con Arianna) e ogni giorno cerco di cambiare me stessa. Piccoli passi. Ma prima di tutto ora MI VOGLIO BENE. Prima non sono certa di avermene voluto, sapete?
Ad ogni modo questo articolo e’ bellissimo. Attendo con ansia gli altri, visto che ora mi sento un pochino piu’ forte di prima, ma so che le ricadute (sia per il mio disturbo alimentare che per il mio nuovo percorso col cibo) sono possibili, se non certe. E quindi attendo gli articoli, sicura che ci saranno indicazione su come fronteggiare le ricadute e le maledette spirali 🙂
Grazie per il bellissimo commento e per la tua testimonianza, Valentina! Sono sempre più felice che grazie al percorso che stiamo facendo insieme tu abbia trovato un nuovo benessere psico-fisico, e sarà sempre in crescendo… 🙂 Il primo passo è stato il tuo: renderti conto che quello che facevi di notte era un problema. In tanti non lo ammettono, e si fossilizzano nel loro abisso.
Un abbraccio!
…è proprio così che succede…è uno degli articoli più interessanti che abbia letto sull’argomento (e le assicuro che ho letto molto a riguardo) ma esprime in sintesi più aspetti diversi ma da considerare insieme! Aspetto con ansia di leggere i prossimi…soprattutto quello sul diario alimentare!!!
Grazie mille Michela, sono certa che Martina sarà felice del tuo commento! 🙂
Per l’articolo sul diario alimentare ci sarà da aspettare un po’… Ma arriverà 🙂
Grazie mille anche da me per il belissimo complimento: prometto che tenteremo di accelerare il nostro lavoro il più possibile 🙂
Ho pazienza…aspetterò….e nel frattempo seguirò il blog che è veramente interessante!!! Complimenti ad entrambe!!!
Sarebbe veramente interessante anche un articolo sui nostri “amici” autosabotatori….i miei faccio veramente fatica a scardinarli….nonostante siano più anni che sono in terapia…..a volte mi sembra una lotta contro i mulini a vento….sigh
Parleremo anche del rapporto con i famigliari, più che degli amici 🙂
Anche io ti ringrazo profondamente Valentina per la bella e toccante testimonianza: questi meccanismi sanno essere diabolici soprattutto nell’allontanarci dal nostro benessere, vero bersaglio degli eccessi incontrollati, i quali prima ancora di attaccare il nostro peso forma, attaccano il nostro equilibrio e la nostra autostima. Un bbraccio anche da me 🙂
bellissimo articolo,interessante e veritiero…molte persone leggendolo,si saranno trovati nella descrizione della dottoressa….personalmente usavo le abbuffate(1 o 2 volte al mese ma devastanti)per riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa di mia madre,mangiavo quantita’ esagerate di cibo nn sentendo ne’ il sapore ne’ la sensazione di pienezza anzi,la maggior parte delle volte stavo fisicamente male con dolori di stomaco e nausea…per nn parlare dei sensi di colpa e a frustrazione appunto!Cercavo di controllare il mio peso e quello che mangiavo,controllavo le calorie e gli ingredienti,controllavo la mia vita perche’ quella di mia madre nn ero riuscita a controllarla!grazie ad Arianna con le sue mail e l’aiuto di una brava psicologa sto uscendo dal tunnel,percorso ostile e pieno di tentazioni,perche’ e’ facile ricadere negli errori passati che cmq ti facevano trovare una valvola di sfogo,ma c’è la sto’ mettendo tutta!il mio consiglio?capite prima di tutto perche’ vi state facendo del male poi cercate la cura,nn vergognatevi di chiedere aiuto e soprattutto cercate di amare il vostro “involucro”,la vostra “casa” e fate camminare paripasso il vostro cuore e la vostra mente…
Non sempre è semplice… a volte è indispensabile avere un aiuto: tu l’haiavuto sosoprattutto dalla psicologa, in tanti però sono frenanti nell’intraprendere questo percorso, invece come tu ben dici bisogna “trovare la cura” anche con l’aiuto di professionisti che trattino propriodi ququesti problemi!
quello che leggo è vero solo in parte e se non si ha un DA. quindi se parliamo di abbuffate saltuarie l’articolo può ritenersi valido, invece nel caso di disturbi alimentari bisogna curarsi in modo serio visto che è una malattia.
Infatti, Elena, abbiamo scritto che trattiamo di rapporto conflittuale con il cibo e non di DCA di rilevanza clinica… speravo fosse chiaro, ma visto che non lo è specificherò meglio la prossima volta: sarebbe assurdo dare consigli su DCA veri e propri, sono d’accordo con te.
Ciao, ho 50 anni e da piu’ di 20 soffro di abbuffate compulsive, senza alcuna forma di compensazione, ho fatto e sto facendo ancora terapia, colleziono tutte le distorsioni cognitive e sono consapevole dei meccanismi che precedono un’abbuffata (i cari pensieri sabotatori!) insomma, le strade per uscirne fuori le so tutte, perchè non riesco mai a metterle in pratica?? Mi è proprio così impossibile imparare a volermi bene??
p.s.: scusate mi stavo dimenticando il commento: è un articolo interessante e “completo”, in tante si riconosceranno e senza vergogna!!! Bravissime Dottoresse!!!!
Cara Antonella, in psicoterapia cognitiva questo dilemma è noto come “paradosso nevrotico”: se conosco la strada per stare meglio, perchè non la seguo? Purtroppo la consapevolezza, benchè sia un primo passo indispensabile verso il cambiamento, non è certo risolutiva in sè poichè solitamente son presenti altre dinamiche “sotterranee” che fanno da sfondo alla resistenza che opponiamo allo star meglio. Uno dei meccanismi a mio avviso più disfunzionali, in questo senso, è proprio la critica che così sapientemente e di frequente crudelmente poniamo a noi stesse: il tuo “mi è proprio così impossibile volermi bene” la dice lunga in questo senso.
Sono felice che l’articolo ti sia piaciuto 🙂
Grazie Martina, hai perfettamente ragione sono una “ragazza” che resiste a tutto quello che per lei sarebbe “meglio”….
Aspetto speranzosa i Vs. prossimi articoli!!!!!
Ciao Antonella, credo che Martina abbia saputo risponderti meglio di me… Mi chiedevo, sei seguita solo dal punto di vista nutrizionale o anche psicologico? In un disturbo di lunga data come il tuo sarebbe importante per dietista e psicologo lavorare in team, magari con un approccio cognitivo-comportamentale…
(Ti ringrazio per i complimenti, ma stavolta vanno davvero tutti a Martina!)
Grazie Arianna per la risposta! Si sono seguita da entrambi presso il centro delle dipendenze dell’ospedale della mia città, purtroppo ci sono le limitazioni del servizio “pubblico” ed io mi trovo ad avere tanta confusione. Ti avevo espresso le mie perplessità sul percorso che sto seguendo, dopo aver letto un tuo articolo (dove mi rispecchiavo totalmente) riguardo il nesso tra spuntini ed abbuffate compulsive…
I complimenti te li meriti…anzi ve li meritate!!!!
Grazie per questo articolo! in effetti mi ci ritrovo in pieno! Ti ho mandato un messaggio per una consulenza attraverso il link “contattami”, spero ti sia arrivato. Grazie Lucia
Ciao Lucia, mi è arrivata la mail e ti ho risposto un paio d’ore fa 🙂
Molto interessante l’argomento che avete trattato e scritto molto bene.
Come gli altri che ho letto fin ora..☺grazie!
Aspetterò con ansia di leggere il seguito riguardo le schede.
Io non mi trovo a farlo. Mi sono state proposte tempo fa per aiuto chiesto ‘on-line’ per un problema simile a quello descritto. Ritengo che il compilare le schede sia molto utile per portare la persona a fermarsi e acquisire consapevolezza. Utile soprattutto per farsi “conoscere” .
Ma .. È l’unica via? Io sono molto consapevole dei miei disagi . Con le schede e diario alimentare ho provato anni fa e recentemente .
Mi piacerebbe una ‘ chiacchierata on voi’ , peccato così lontane!
Grazie per gli argomenti trattati
Ti ringrazio dei complimentie del commento. Con Arianna ci siamo posti l’obiettivo di trattare degli argomenti di comune interesse psico-nutrizionale, potremo dire, ovviamente al di fuori di un ambito piú specialistico il quale richiederebbe necessariamente un contatto diretto.
Come spiegavo in un contatto precedente, la consapevolezza é solo il primo passo per ottenere un cambiamento delle dinamiche disfunzionali nel rapporto col cibo, ed ovviamente non risolutiva. Spesso e volentieri siamo i migliori “mentitori” di noi stessi, e riusciamo ad essere permissivi e tolleranti..almeno quanto in altri contesti diveniamo rigidi e diabolici!! I diari sono un utile strumento laddove sia anche possibile ottenere anche un confronto sugli stessi, che ci ‘rispecchi’ gli errori che non siamo in grado di notare…fino a che non riusciremo a togliere le rotelle e proseguire da soli!
Ciao Giusy! 🙂 Il diario alimentare è lo strumento numero uno per la cura dei disturbi alimentari di ogni tipo, ma non è l’unico: da solo, serve a poco. Deve essere integrato con una terapia più completa, che indaghi sia il lato emotivo che quello meramente alimentare… Spero di dare maggiori informazioni presto 🙂
Complimenti davvero per l’articolo: mi ci sono rivista in pieno! Dopo la nascita di mio figlio avevo perso completamente il contatto con il mio corpo: seno svuotato, addominali devastati dalla gravidanza, dal travaglio lunghissimo e dal cesareo d’urgenza. Mi vedevo orrenda e non facevo altro che guardare le foto di qualche anno prima e dire “qui si che ero bella e magra!”. E non facevo niente per cambiare. E mangiavo poco per poi trovarmi ad abbuffarmi compulsivamente quando il piccolo dormiva.
Se ci ripenso ora non mi sembra nemmeno successo a me, eppure non è passato tanto tempo.
Per fortuna ho un’amica che fa lo stesso lavoro di Arianna e che mi ha seguita con pazienza e che ha insistito proprio sul meccanismo dei “voglio” piuttosto che dei “devo”.
Questa per me è stata la chiave per tornare a stare bene.
Brave!
Grazie Laura, per i complimenti e per averci parlato del tuo periodo difficile. Sono contenta che tu ne sia uscita: questo ti permette di essere una donna migliore, ma anche una mamma migliore… Non è infrequente che alcune donne riversino inconsapevolmente sul bimbo la ‘colpa’ di non riuscire più a riconoscersi…
Anche io ti ringrazio Laura: la nascita di un figlio é un evento gioioso, ma spesso segnato da grandi e piccole difficoltá quotidiane che ci “spingono” oltre un limite magari mai affrontato. La gravidanza e il parto, soprattutto se complicato, mettono a dura prova l’immagine femminile, e per alcune donne puó davvero essere difficile trovare un nuovo equilibrio nel “dopo”, cristallizzandosi piuttosto su tutto ció che hanno “perso”. A tutto ció contribuiscono anche i cambiamenti socio culturali, nel ruolo di donna, che la maternitá comporta. Non é infrequente quindi rifugiarsi nelle calorie, magari durante le ore notturne, durante l’ennesima poppata del piccolo quando i minuti e le ore si moltiplicano. Ritrovarsi può essere davvero difficile, e la strada preferenziale non puó che passare da ció che si desidera, da ció che puó farci stare davvero bene..non solo perché ci riempie 🙂
Io ne soffro solo in inverno e inizio primavera , da dicembre circa a maggio … non capisco come mai … a settembre sono la ragazza piu’ energica del mondo e la mi a vita è piena di voglia di fare e due mesi dopo lotto ogni secondo contro la voglia di fagocitare ogni cosa … prendo regolarmente 4 kg almeno e poi mi massacro in palestra per arrivare in forma all’estate . Ogni autunno mi ripeto che non rissuccederà , ma poi a dicembre / gennaio ecco riapparire lo stato di ansia , tachicardia … vengo come posseduta e l’unico modo per stare meglio è mangiare , mi succede una volta la settimana , a volte anche due , magari posso passare 15 giorni in cui non cedo , ma l’ansia è sempre a fior di pelle e appena la situazione mi coglie impreparata, come aperitivi o serate noiose e tristi a casa da sola, svuoto la cucina …. Non vedo l’ora di leggere il prossimo articolo , ieri ho iniziato il diario alimentare voglio impegnarmi e guarire !
Ciao Mary, non sono medico e non vorrei dire una stupidaggine, però forse che tu risenta dell’abbassamento dei livelli di serotonina che si hanno nella stagione buia? E’ una mia supposizione da totale profana, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo il tuo commento…
Anche a me succede,complice il non lavoro e lo stress di abitare in un posto in cui sto male. Devo iniziare a volermi bene, è quello che mi hanno etto tutti. Non so pero se sia ii caso di rimanere con uno psicologo generico diciamo o CN uno esperto in problematiche anche alimentari. Il fatto che mi si siano scaturite nel giro di un anno allergie alle graminacee, scoperto intolleranze ai latticini e al glutine e il cambio sociale che questo comporta mi ha atterrato,più stress. Ogni volta che torno nel posto dove abita mia madre sto male e mangio glutine anche se non devo e se mi causa sintomi gravi. Basta. Ieri banane, gnocchi una confezione, fette biscottate 20, latte, pane integrale, tonno uovo. Mentre via mangio a giorni alterni. Forse fame per palestra iniziata. Ma non posso più permettere questo.sono esile ma questi episodi mi gonfiano e fanno aumentare anche se di poco Come rimedio concretamente dal punto di vista alimentare, nei giorni successivi? Mi puoi accennare, arianna? Ora è tempo di amarmi.Grazie
Purtroppo non mi è in alcun modo possibile dare consigli su “rimedi alimentari” generici, che sarebbero tanto superflui e banali da gettarti ancor più nello sconforto. Quello che ti serve è un aiuto *di persona*, da parte di una psicologa che possa aiutarti a far fronte alle tue paure e ai tuoi limiti, e da parte di una dietista che ti aiuti a riprendere confidenza con il cibo, il tuo corpo e i suoi bisogni.
Se vuoi, puoi scrivermi privatamente dicendomi di dove sei, provo vedere se ho contatti da passarti per prendere appuntamento.
Ciao, Arianna! Vorrei complimentarmi con te e le collaboratrici con cui scrivi questi articoli. Sono tesori preziosi per quanti stanno ricercando la propria consapevolezza a tavola. Io sono una di questi!
La mia storia è molto lunga e complessa, ma posso riassumere. Ho 22 anni e peso 59 kg, sono alta 160 cm. Un peso accettabile, ma… quanta fatica ho dovuto fare per ottenere questi risultati! Quando avevo 15 anni, mi portavo addosso il peso di un disturbo mentale, associato ad un bruttissimo squilibrio dell’alimentazione: non avevo idea di cosa fossero la fame e la sazietà! Sfioravo gli 80 kg. Mangiavo senza fine, senza badare minimamente al peso, non avevo la minima consapevolezza di chi io fossi, del mio peso e di quanto mi stessi facendo male. Per intenderci, sono stata sono stata sovrappeso sin dall’età di 1 anno, e sono stata una bambina assente ed aggressiva. A 13 anni, mia madre iniziò a portarmi (con la forza, ma per fortuna!) dalla psicoterapeuta. Una benedizione! Passata la depressione, a 20 anni sono sbocciata! Ho imparato ad amarmi (non senza ricadute) ed ho iniziato a correre e a cercare la consapevolezza del cibo contando le calorie, per capire quanto e cosa effettivamente mangiassi. L’estate scorsa, a 21 anni, pesavo 55 kg! Un splendida forma, dovuta alla mia adorata mezza maratona, alla quale mi sono preparata da sola per un anno! Dopo la scorsa estate, in vista delle prove fisiche concorsuali, decisi di iniziare la palestra. Contemporaneamente, ho smesso di contare le calorie e ho cercato di affidarmi all’ascolto del mio corpo. Mangiare quando ho fame, ma… E’ passato un anno e ho preso 4 kg con una inarrestabile gradualità. Dico inarrestabile perché questo sta accadendo: ho smesso di andare in palestra e ho da poco ripreso a correre, per questioni economiche, e nella speranza di non riprendere tutti i kg che ho perso con tanti sacrifici. La mia paura è quella di riprenderli in maniera subdola e graduale, infatti ho tentato di tutto, ma non riesco di nuovo a controllare le mie abbuffate! E persino il metodo delle calorie non funziona più. Sono ancora in psicoterapia. Ho tentato il tuo consiglio: un diario e basta. Ha funzionato, purtroppo, per due settimane… ero felicissima, finalmente avevo iniziato a nutrirmi con amore e serenità. Il mio stomaco gioiva e io con lui. Ora però sono in un’altra brutta fase: aumento giorno dopo giorno. Qual è il vostro consiglio? Dovrei insistere con il diario alimentare e aspettare il giorno in cui finalmente avrò imparato ad alimentarmi correttamente?
Il mio sogno è vedere meno kg sulla bilancia, lo ammetto! Ma il sogno ancora più grande è imparare ad alimentarmi con serenità ed equilibrio. Quel giorno potrò finalmente abbandonare diari, abbuffate, sgradevoli sensazioni di sazietà eccessiva e soprattutto la paura di ingrassare! E l’ago della bilancia inizierà a scendere e a stabilizzarsi senza che io vi dia eccessiva premura… 🙂 In ogni caso, sono contenta di essere diventata una persona più serena e consapevole.
Grazie!
Cara Federica, non è mia consuetudine dare consigli su argomenti tanto delicati senza un incontro di persona: spero che tu capisca che c’è una grande differenza tra scrivere un articolo su determinate tematiche e sbilanciarmi a dare suggerimenti senza sapere nulla di te e della tua storia. Ti suggerisco di prendere appuntamento con un collega espero di DCA per farti aiutare in questo momento delicato. In bocca al lupo!
Salve… volevo solo chiedere a cosa può servire un diario alimentare perché non ne ho afferrato l utilità. Sono una ragazza di 25 anni che segue un regime alimentare molto ristretto ma una volta la settimana cedo alle abbuffate. Vivo costantemente nel terrore di ingrassare peso 44 chili e sono alta 1 58 sono disposta a tutto per vivere più serenamente ma non ho capito bene il modo del diario… cioè annotare ogni.giorno cosa mangio non vedo dove mi possa aiutare anzi forse mi butterebbe più giù. So che la terapia è la via più giusta ma una parte di me crede che io non sia a quel punto.magari sbagliando. Se mi spiegaste bene il diario sarei curiosa… grazie mille!
Gentile Ilenia, ovviamente la stesura e il commento del diario dovrebbe essere accompagnato da una persona competente, dietista o nutrizionista con la collaborazione stretta di una psicologa.
Un grande in bocca al lupo!
Ciao arianna, proprio perche non ci conosciamo di persona puoi darmi se puoi un parere esterno oggettivo, da professionista e da persona in gamba: dovendo fare una riabilitazione nutrizionale completa di parte psicologica e nutrizionale (non diro i nomi delle due cliniche) una mi sono sentita dare della pazza dalla referente medico, lo specialista mi è sembrato prendere sottogamba oltre che la segretaria a trattarmi sgarbatamente….nessuna indicazione pre lista d attesa su come gestirmi nel frattempo. L altro, specialista di livello internazionale, percorso fatto da piu piccola ( ma meno consapevole) e qualita che non posso negare, a parte forse lieve carenza nel discriminare sulle intolleranze individuali. A istinto, e anche a buon senso, meglio la seconda opzione? È una decisione importante voglio risolvere per sempre definitivamente
Mi pare che tu abbia già una preferenza: perché non seguire il tuo istinto? 🙂
Lo farò! Sì, è LA strada giusta! Grazie un abbraccio e tanti complimenti e auguri per la tua famiglia.