Ortoressia: chi di voi ne ha sentito parlare? La parola deriva dal greco, e potremmo tradurla con “eccessiva attenzione al cibo sano”.
Definire l’ortoressia un disturbo dell’alimentazione è un azzardo, poiché il confine tra (iper) salutismo e ossessione è quantomai labile. Tutte le persone che stanno attente a mangiare sano potrebbero essere definite ortoressiche da coloro che, al contrario, non fanno minimamente attenzione a quello che si ha nel piatto: la cura nello scegliere alimenti biologici, naturali e non processati potrebbe essere ironicamente classificata come fissazione, ossessione o mania, soprattutto quando i principi di un’alimentazione bilanciata vengono applicati anche quando ci si trova a mangiare fuori dalle quattro mura domestiche.
La maggior parte delle volte le scelte alimentari salutiste vengono confuse con una preoccupazione per l’introito calorico, e ci si sente magari dire che “puoi permetterti tutto tu, sei già magra!”. Sembra quasi che il cibo sia diviso in due categorie: quello insipido, ipocalorico e triste da dieta, e quello ricco, elaborato e godereccio di chi “si gode la vita”. A molti risultano inconciliabili questi due aspetti dell’alimentazione, ed ecco dunque che l’attenzione alla salute diventa qualcosa di strano, anormale, addirittura contrario alla convivialità.
Sappiamo bene che il cibo può essere allo stesso tempo delizioso e sano, e che non esistono categorie vietate di alimenti quando ci si avvicina ad un’alimentazione naturale.
Tuttavia, è vero che negli ultimi dieci-quindici anni si è assistito ad una nuova patologia psicologica associata al salutismo alimentare: l’ortoressia appunto, che sembra nascere soprattutto in quelle persone già predisposte ad altri disturbi alimentari o al disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.
Ma quand’è che l’attenzione a quello che si mangia diventa un vero e proprio disturbo?
La dott.ssa Martina Migliore, psicologa e psicoterapeuta, risponderà a questa domanda nel suo articolo, mentre io settimana prossima darò qualche consiglio alle persone con tendenza all’ipercontrollo per lasciarsi gradualmente andare, senza dover pianificare il lunedì quello che si mangerà il venerdì e senza aver paura dei cibi che non rientrano nella propria lista di “alimenti assolutamente proibiti” (non per un fattore calorico, ma di attribuzione di naturalità e sicurezza).
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A cura di
Martina Migliore
Psicologa psicoterapeuta
Specializzata in psicoterapia cognitivo comportamentale
Studio a Umbertide (pg) in via martiri dei lagher 4/b
Tel. 3429068590
martina.migliore@gmail.com
Vuoi per il bombardamento antiobesità mediatico, vuoi per una sempre maggiore consapevolezza rivolta verso il cibo, in questi ultimi anni si è assistito ad un fiorire di prodotti, aziende, comunicazione, blog e ricette rivolte alla divulgazione cibi naturali e alla comunicazione dei danni causati da un’alimentazione industriale e consumistica. I “nuovi diavoli” portano il nome di conservanti, solfiti, coloranti, pesticidi e ogni tipo di sostanza aggiunta durante la coltivazione o il processo di raffinazione degli alimenti, nonché l’allevamento degli animali. Termini quali “senza conservanti aggiunti”, “allevamento a terra”, “OGM free” fanno ormai parte di un panorama ben conosciuto tra gli scaffali dei più grandi ipermercati. Tale consapevolezza ha un’importanza cruciale nella lotta contro la mala-alimentazione, dietro la quale si nascondono molti dei disturbi che assediano la società occidentale.
Ma cosa succede quando un’attenzione scrupolosa si trasforma in un’ossessione perfezionista? Quando la ricerca e la preparazione di cibi giudicati sani, si dilunga per ore e giorni, riempiendo letteralmente la vita?
In questo caso ci troviamo di fronte ad una disagio noto come Ortoressia, letteralmente dal greco “appetito corretto”; chi è vittima di questa forma di ossessione infatti è assillato da continui pensieri, valutazioni e ruminazioni sulla sanità del cibo. Tale ossessione dà origine a comportamenti compulsivi e pressanti di ricerca e selezione di cibi considerati puri e non contaminati. I comportamenti compulsivi rivestono anche la sfera della preparazione di tali cibi, poiché la paura della contaminazione si estende anche ad ogni materiale con il quale essi vengono a contatto.
Si potrebbero individuare due macro-distinzioni di comportamenti ortoressici: da una parte il terrore per l’igiene del cibo, che porta alcune persone a preferire gli alimenti confezionati a quelli naturali in quanto “sterili”, esenti da contaminazioni batteriche; sull’altro versante abbiamo gli ortoressici che rifuggono in ogni modo tutto ciò che è industriale, votandosi al biologico ad ogni costo. Nel mezzo, un’infinita varietà di gradazioni di grigio: chi teme la parola ‘colesterolo’ o ‘grassi saturi’, chi evita qualsiasi tipo di zucchero, chi mangia qualsiasi cosa a patto che solo lui l’abbia maneggiata.
La vita di queste persone diventa pian piano sempre più stressante e povera, isolata socialmente a causa degli sforzi continui di tenersi alla larga da cibi “pericolosi”, e l’intollerabilità di una possibile svista. Gradualmente non si condivide più la pizza con gli amici, o si porta la verdura biologica al pranzo della domenica, si evita come la peste la più piccola festicciola di compleanno e si rimane vittima di schematismi alimentari frutto a volte di credenze sbagliate, che tuttavia diventano dogmi.
L’ortoressia non viene attualmente riconosciuta come patologia psichiatrica dal DSM IV, probabilmente anche per la sua sovrapposizione diagnostica tra disturbi alimentari e disturbo ossessivo-compulsivo. Si tratta di una forma di disagio “nuova”, figlia proprio dei nostri tempi consapevoli. Ognuno di noi è infatti bombardato dai media circa i pericoli di un’alimentazione poco sana, al punto che persino le grandi multinazionali del junk food per eccellenza come la McDonald’s si son sforzate di arricchire i loro menu di piatti e materiali più sani, o pubblicizzati come tali, per attirarsi un bacino più ampio di clientela. Chi invece proprio non ha potuto modificarli, come la Nutella, ha puntato l’accento sulla presunta qualità sempre maggiore delle materie prime. Che poi un junk food rimanga tale a prescindere dal contenuto di fibra aggiunta o omega-3 addizionati sembra quasi essere un dato marginale…
Insomma, il fatto è che ormai esiste una vera e propria base di vergogna associata ai cibi considerati non sani. In soggetti predisposti all’ansia e alle idee ricorrenti e intrusive, è facile che in questo clima di ricerca di ‘purezza’, si sviluppi una vera e propria ossessione.
L’ansia è un’emozione fisiologica e adattiva, che ha consentito all’uomo di sopravvivere ai pericoli prefigurandoseli in un prossimo futuro: evoluzionisticamente l’ansia ha permesso di trovare soluzioni a problemi che ancora non si sono verificati, per semplificare molto la faccenda.
Ma quanto deve essere ‘prossimo’ tale futuro per essere giusto preoccuparsene non ci è dato saperlo; al contrario noi psicologi clinici osserviamo spesso un’esagerazione in questo senso, che vede come estremamente probabili catastrofi in realtà rare e alle quali contribuiscono i fattori più disparati, impossibili da prevedere.
La preoccupazione dalla quale parte l’ortoressico è più che sensata: l’ingestione sistematica di cibi inquinati da metalli pesanti, contaminati da pesticidi, carichi di grassi saturi, conservanti o sale è indubbiamente dannosa per l’organismo sul lungo termine, provocando i disturbi e le patologie più disparate. Ma dov’è il confine tra un’alimentazione sana e l’ossessione per essa?
L’ortoressico impegna le sue giornate in una ricerca costante di cibi di volta in volta considerati ‘più sani’, di stoviglie, pentole e contenitori sempre più neutri, di metodi di cottura che lascino sempre più inalterate le proprietà dei cibi; la sua mente è invasa da ogni sorta di catastrofe che riguardi allevamenti e coltivazioni, che producano danni irreversibili sui cibi. E’ alla ricerca costante di nuove informazioni che confermino le proprie paure e le aumentino, selezionando accuratamente le notizie più sensazionali di disastri ecologici e generalizzandone enormemente il raggio di azione: una perquisizione dei NAS ad un’azienda che produce marmellata nella quale sia stato trovato botulino diventa motivo per non consumare più marmellata, l’aver letto che i cereali integrali contengono antinutrienti è il presupposto per interrogarsi circa i propri livelli di minerali circolanti. La vita sociale diventa un incubo dal quale difendersi con ogni mezzo: persino una gioviale cena tra amici diviene fonte di terrore e dubbi senza fine.
Evitamento dopo evitamento, l’ortoressico giunge ad un vero e proprio isolamento sociale con annesso senso di solitudine ed impotenza nei riguardi di tutti i pericoli che è possibile immaginare: alla fine non vi è salvezza nemmeno nelle proprie coltivazioni o allevamenti, poiché acqua e aria sono incontrollabili.
Di seguito un esempio dello schema di ragionamento tipico di un ortoressico:
In modo analogo alle restrizioni dietetiche delle bulimiche, anche nell’ortoressico il regime rigido improntato alla ricerca della purezza assoluta porta facilmente a sgarri e vacillamenti vissuti in modo tragico e compensati con successive restrizioni ancora maggiori, volte alla ‘purificazione’ dal danno. Tale circolo vizioso non fa che aumentare la soglia di intolleranza verso ogni potenziale fonte di non sanità o contaminazione, fino al completo isolamento dalla realtà sociale, per sua natura ‘impura’.
La valutazione, nei momenti di relativa tranquillità, della propria ossessione e delle privazioni che impone, porta il soggetto ad uno stato di depressione reattiva che può essere invalidante come l’ossessione stessa. Nella sfera ossessiva la ricerca della certezza è fondamentale: si richiede la completa assenza di dubbi, di fatto impossibile nella vita reale.
La ricerca della “giusta misura” in un argomento così importante e spinoso come quello dei cibi sani non è cosa da poco: molti degli alimenti ‘non sani’ sono anche contornati da tutto un corollario piacevole e spesso sociale da rendersi irresistibili (la pizza, il vino, il gelato…). Ed è anche vero che una vita vissuta nell’evitamento, mangiando sempre meno cibi per timore della loro provenienza e possibile contaminazione, potrebbe esporre ad un effetto ‘campana di vetro’ predisponente a diverse intolleranze, persino a forme allergiche: non sono rari i casi di intolleranza al glutine o al lattosio o a determinati alimenti che si scatenano per il semplice fatto di aver ristretto troppo la varietà del cibo che ci si concede.
Una giusta attenzione alle fonti di contaminazione conosciute e ai fattori alimentari che causano patologia si rivela di indubbia utilità al giorno d’oggi; tuttavia è importante non perdere il piacere dello sgarro in compagnia, per sua definizione saltuario, che non pregiudicherà certamente la nostra salute.
In definitiva, un comportamento ortoressico può cominciare a diventare motivo di preoccupazione quando preclude diverse forme di vita sociale, quando scatena enormi sensi di colpa e di insicurezza di fronte ad ogni sgarro (sgarri che al progredire del disturbo vanno via via amplificandosi in quantità, frequenza e portata emotiva consequenziale) o quando va ad aumentare i livelli di ansia della persona al punto da farla cadere nella depressione reattiva.
13 Comments
Questo articolo mi ha toccata molto. Perche’ accanto al mio disordine delle abbuffate notturne, si unisce l’ortoressia, che come ben spiegato qua, e’ molto molto molto varia. Il confine tra l’ortoressia e la semplice ‘personal attitude’ e’ labile. Per quanto mi riguarda la mia ortoressia e’ nello sport, nel non mancare mai un allenamento, cosa che se succede, mi provoca una sorda rabbia dentro. Lunedi’ ad esempio non sono riuscita ad arrivare in palestra per il mio solito circuit training, visto che diluviava, e io ero a piedi (in ufficio e senza ombrello). Questo mi ha sconquassato -termine che dovrei appurare se esiste realmente o e’ solo un piemontesismo- , e ancora oggi, mercoledi’, ho dentro di me una rabbia. Questa rabbia mi ha portato stanotte ad alzarmi e fare ‘colazione’ alle due e mezza. E mi ha portato ieri sera a essere vicinissima a un’abbuffata, alla quale pero’ ho resistito, ricordando i consigli del vostro articolo precedente, prendendo contatto col mio corpo e facendo passare il tempo. Il fatto e’ che stanotte ci sono ricaduta. Quindi e’ proprio vero che l’ortoressia si lega all’alimentazione e ai suoi disturbi. Nella mia esperienza, l’essere ortoressica mi porta a stress immane se non riesco a rispettare tutti i miei piani. Se corro 4km960m perche’ il percorso finisce proprio a 960m e non mi permette di fare i 5km numero tondo, anche perche’ l’amica con me chiaramente non e’ matta/ortoressica/malata-di-sport e per lei la corsa finisce alla fine di quel circuito, mi sento incompleta, e colpevole. Va beh, insomma questo piu’ che un commento e’ una confessione. Ma il clou del mio discorso, che forse non emerge come vorrei, e’ che i vostri articoli sono utili per capire le dinamiche. Persone come me che hanno un disturbo alimentare, contro cui combattono, e hanno qualche tendenza in qualche campo dell’ortoressia, traggono benefico dal *leggere* cose del genere, dal vedere scritto nero su bianco che questi problemi sono reali, che qualcuno li considera ben piu’ di un “non ti sai contenere tu”, come spesso ti liquidano le persone intorno a te, che non sanno le voragini interne che causano questi scompensi di cibo e comportamento. Importante per me e’ sapere che queste cose (=disturbi alimentari meno noti e meno comuni di anoressia/bulimia, e ortoressia) sono reali, sono studiate a fondo da qualcuno, e sono riconosciute come disturbi e malattie. Questo e’ veramente fondamentale per me. Ricordo difatti la prima volta che ho confessato del mio mangiare di notte a una cara persona. La sua risposta e’ stata: “ti stai comportando da bambina, dovresti vergognarti”. Perché, caro amico, secondo te non mi vergogno? Non lo so che c’e’ qualcosa che non va? Per fortuna, ripeto, esistono articoli di questo tipo e persone competenti che parlano di queste problematiche, cosi’ serie da minare l’anima.
Grazie insomma 🙂
Ciao. Se vuoi possiamo scambiarci le nostre esperienze…
Scusate. Spero di non essere andata off topic col mio articolo. Perche’ stavo pensando che io definisco come ortoressia la mia tendenza ossessiva a fare lo sport deciso nei momenti decisi, ma non so se propriamente questa sorta di ossessione sullo sport rientri nel campo definito come ortoressia, visto che in effetti l’articolo si riferisce solo al cibo. Nel caso di off topic, mio messaggio nel cestino senza problemi eh 😉
Direi che Martina ha pienamente risposto per entrambe, e io ti ho già scritto privatamente per qualche frase che necessita di un po’ di privacy :*
Penso di parlare a nome di entrambe dicendoti intanto grazie del tuo toccante e per nulla inadeguato commento. Cosí come ci vuole molto coraggio per affrontare ogni giorno critiche e giudizi sulle nostre debolezze, cosí ce ne vuole per aprirsi..tanto piú se in un contesto “pubblico” come questo.
L’ortoressia é, come spiegavo, un male dei nostri tempi, ma che affonda le sue radici in disturbi ben conosciuti come il perfezionismo patologico, la bulimia nervosa e il disturbo ossessivo compulsivo. Profilandosi come ‘non clinico’ fa fatica ad esser riconosciuto e di fatto esiste pochissima letteratura sull’argomento.
Ció che tu sperimenti é in realtá una perfetta variante del meccanismo tutto o nulla di cui parlavo nel precedente articolo: “se non faccio 5km é come se non avessi fatto neanche un metro-quindi non valgo nulla, non sono stata capace di contenermi-tanto vale che mi butto su quello che mi va”.
In un articolo successivo parleremo di abbuffate notturne, che spesso si distinguono da quelle diurne sia per epidemiologia (sono un fenomeno spesso maschile) che per struttura cognitiva.
Spero che i nostri articoli potranno continuare ad esserti di ispirazione 🙂
articolo molto interessante. volevo innanzitutto complimentarmi perchè il sito è veramente ben fatto e pieno di argomenti stimolanti!! sono una ragazza di 19 anni che da due anni circa ha sofferto di anoressia. in questi ultimi mesi ho cercato di uscire dalla tentazione di “restrizione” che caratterizza il mio disturbo alimentare. come ho fatto? guardando il cibo con un’ottica diversa. ho cercato in tutti i modi di non vederlo più come un nemico ma come il principale alleato per la salute, per guarire. ho cominciato dunque a documentarmi su tutti quei cibi di cui avevo paura ma che dovevo necessariamente introdurre nella mia alimentazione (come ad esempio l’olio, i carboidrati ecc), e ho notato davvero molti miglioramenti tanto che ad oggi davvero pensare di restringere l’alimentazione o contare le calorie mi sembra proprio inutile e controproducente. dall’altra però, ecco il risvolto della medaglia. La mia ossessione sul controllo del cibo e delle calorie si è inevitabilmente riversata sulla QUALITA’ del cibo: ha grassi saturi? ha zuccheri aggiunti? ha conservanti/additivi/grassi idrogenati ecc? insomma, ho cominciato ad eliminare qualsiasi cosa avesse anche solo pochi grammi di zuccheri per paura di rovinare la mia alimentazione sana. io vorrei semplicemente trovare una via di mezzo. si può assumere un quantitativo moderato di zuccheri aggiunti o di grassi non sani (provenienti da cibi industriali) che non danneggino la nostra alimentazione e che non rendano impossibile ed eccessivamente stressante la nostra vita? non capisco davvero come certe persone non abbiano minimamente cura della propria alimentazione, assumendo spesso più zuccheri o grassi del dovuto, eppure sono in perfetta forma, sono magre oppure normopeso, mentre io che addirittura dovrei acquistarne di peso, mi faccio mille problemi. vuol dire che ognuno di noi ha un metabolismo diverso e quindi ognuno ha un suo personale quantitativo di zuccheri grassi ecc da assimilare senza compromettere la salute? perchè il mio terrore più grande è varcare i limiti, esagerare, ed aumentare la massa grassa più del dovuto. la mia nutrizionista mi ha dato un piano alimentare che prevede cibi industriali sia a colazione che a merenda, ma io facendo il conteggio sforerei indubbiamente nei limiti degli zuccheri specialmente. Tralasciando il mio caso particolare (devo prendere peso, ma ormai sono alla fine del mio percorso dato che mi mancano 2-3 kg non di più) se una persona (che deve mantenersi) mangia in quel modo si rovina la salute? io non so più come fare ho la testa nel pallone.
Cara Arianna, la tua domanda richiede una trattazione molto lunga; per forza di cose devo essere sintetica.
Tu stai confondendo ALIMENTAZIONE SANA E SALUTARE e ORTORESSIA.
Un’alimentazione sana dovrebbe ridurre al minimo gli alimenti industriali, processati e raffinati: principalmente a causa del contenuto di pericolosi grassi vegetali (se invece ti informi sui grassi saturi, scopriresti che non sono così diabolici come ce li hanno dipinti nell’ultimo ventennio, anzi…). Al contempo, un’alimentazione sana non va a risicare all’osso grassi o zuccheri: i grassi sono fondamentali per noi e per l’equilibrio dei nostri ormoni (il 90% dei nostri ormoni è prodotta a partire dal colesterolo, un grasso; una donna che non assume abbastanza lipidi avrà squilibri del ciclo mestruale, calo della libido, scarsa vitalità, stanchezza e gonfiore frequente); gli zuccheri basta che siano introdotti con equilibrio. Chiaramente mangiare dolci tutti i giorni non fa bene, ma non mangiarne affatto quando si soffre di ortoressia significa andare ad alimentare la propria patologia.
Dovresti forse provare a contattare una psicologa esperta in DCA che ti possa aiutare a districarti nel groviglio in cui ti trovi. Dal punto di vista alimentare hai (quasi) tutte le informazioni che ti servono per stare bene, ma ti manca quel quid in più per avere un bel rapporto con il cibo, senza averne il terrore.
Ad ogni modo, da alcune cose che mi hai scritto noto che hai ancora qualche pregiudizio, per esempio sui grassi: pensi che meno ne introduci meglio stai, ma in realtà non è così. Dipende dal tipo di grassi che introduci: c’è un baratro tra i grassi di frutta secca, olio extravergine, burro di alta qualità, e grassi da olio vegetale raffinato (di palma, colza, mais, girasole, cotone…).
Personalmente, al contrario della tua nutrizionista, non ti metterei prodotti industriali in dieta, ma cercherei di educarti a quello che è un’alimentazione sana, equilibrata, colorata e anche gustosa. E, perché no, preveda sgarri di tanto in tanto: meglio se “salutari” (ossia fatti con materie prime *consapevoli*), ma con quella sferzata di gusto che accende il sorriso e quieta il malumore!
Questo commento mi ha tranquillizzata molto. Leggendo l’articolo mi è sembrato di riconoscermi in alcuni atteggiamenti descritti, ma mi ritrovo anche di più nell’alimentazione sana a cui fai riferimento. Se fino a un po’ di tempo fa ero ben cosciente di quanto gli olii contenuti nella frutta secca fossero salutari ma mi tenevo a debita distanza da mandorle etc.perché molto caloriche, adesso proprio non mi interessa un fico secco ( tanto per stare in tema ;-). E sono altrettanto contenta di me stessa quando riesco a fare la scarpetta con il pane nel piatto perché è buono – soprattutto se col su ghetto dei pomodori! Ecco. Non voglio togliere le scarpe da una patologia e metterle in un’altra, dal momento che la serenità non la porta nemmeno lei. Ora sono solo un po’ preoccupata sulle proteine animali, che ultimamente non mangio volentieri proprio perché “animali” sebbene indispensabili per fissare il calcio nelle ossa – sì, sono la Martina della mail 🙂
Ti collego adesso alla Martina della mail, non ci avrei mai pensato (vuoi anche perché sia di mail che di commenti me ne arrivano davvero tanti!). Se ti può interessare qui avevo scritto quel che penso circa il consumo di carne 🙂
A presto!
Ciao ragazze,
ho letto i vostri articoli su questo argomento e sto prendendo in considerazione le mie abitudini alimentari per capire se devo iniziare a preoccuparmi.
Dopo anni di alimentazione “disattenta” (carne e formaggi tutte le sere, fritture frequenti, salumi a profusione, vino tutti i pasti…) ho deciso di iniziare a volermi bene.
Ho cominciato cercando di uniformarmi il più possibile alle linee guida trovate sul sito dell’INRAN a suo tempo. Alimenti consentiti, frequenza di assunzione e porzioni.
Fin qui tutto abbastanza semplice visto che mangio di tutto e non ho problemi con nessun tipo di alimento, e sono normopeso.
Dovendo però cucinare anche per mio marito (il quale rifiuta categoricamente pesce, verdura e legumi…) e avendo a disposizione poco tempo, ho iniziato a redigere uno schemino su base settimanale che tiene conto:
– per me dei vari nutrienti e del numero di porzioni (carne 2/3 volte alla settimana, uova 2 volte alla settimana e così via – i legumi li mangio a pranzo quasi tutti i giorni con la pasta)
– della variante da preparare per mio marito (esempio: per me filetto di platessa al forno e per lui cotoletta impanata)
In questo modo sono riuscita a gestire la preparazione dei pasti senza spaccarmi la testa giorno per giorno e facendo in modo di non dover andare al supermercato più di un paio di volte alla settimana.
PS: il mercoledi è la serata dello “sfogo alimentare”, ecco cosa ho mangiato l’altro ieri: pizza accompagnata da prosecco bello ghiacciato e un tortino di cacao con il cuore morbido (diviiiiiino!).
Ecco il campanello di allarme: mi sono accorta che cerco continuamente di aggiustare il tiro sullo schemino settimanale, il quale è sempre nella mia borsa, pronto per modifiche e/o aggiunte… sono alla costante ricerca di combinazioni di alimenti che mi consentano
a) di non dover cucinare due piatti diversi se possibile
b) di non essere ripetitiva (alterno carne, pesce, uova in modo da evitare di mangiare due volte di fila lo stesso alimento)
Inoltre visito molto spesso siti di cucina alla ricerca di ricette nuove da sperimentare, sempre nell’ottica di mangiare abbastanza sano – oppure di trovare pietanze “devastanti” tipo tortilla di patate da preparare una volta ogni tanto (da mangiare il mercoledì)…
Ragazze, sono diventata ortoressica o secondo voi è solo puro e semplice istinto di sopravvivenza domestica?
Direi che è semplice ottimizzazione della gestione domestica Michela 🙂
Lo speravo Arianna! Grazie mille di avermi rassicurata su questa cosa, cominciavo ad essere preoccupata.
Ciao! Articolo interessante e in cui mi ritrovo… (purtroppo?) Al momento non sono ai livelli di evitare qualsiasi cosa che non sia cucinato da me, però nell’ultimo anno ho modificato profondamente la mia alimentazione. Da quasi un anno non mangio zuccheri aggiunti (sto evitando davvero tutto quello che può essere definito come zucchero – saccarosio, destrosio, i vari sciroppi di glucosio-fruttosio, sciroppo d’acero, agave, miele, maltitolo, farine maltate, sciroppo di riso, edulcoranti artificiali etc. quindi non mangio nemmeno i prodotti ‘sugar-free’ perché contengono edulcoranti… ho solo cucinato una volta e mangiato dei biscotti con sola stevia). Poiché prima mangiavo tantissimi cereali e yogurt con vari sapori, aver tolto questi alimenti – oltre a salse, zuppe pronte, ketchup, dado, DOLCI, cioccolato, biscotti, gelato, torte etc. – ha portato ad un evidente dimagrimento. Ho anche eliminato la farina 00 e tutti i prodotti già pronti con farina 00 – ovvio, se capita una pizza o qualcosa di simile ma artigianale ben venga. Per lo stesso motivo, ulteriore peso perso (premetto che al momento non vivo più in Italia quindi evitare determinati cibi di cui ero golosa è diventato più facile). La mia alimentazione si basa principalmente su yogurt bianco greco (di solito 0% di grassi), un po’ di latte o kefir, latte di soia senza zuccheri, porridge di avena con latte di soia la mattina, tonnellate di frutta (kiwi, mele cotte con cannella, fragole, melograno, pere e ananas principalmente), legumi (tanti – ho provato anche la pasta di legumi) e tofu / burger vegetali, al massimo due patate novelle cotte al microonde (e mangiate fredde, perché tutta la mia alimentazione si sta concentrando sull’INDICE GLICEMICO), fiocchi di latte senza grassi (che non si trovano in Italia ma all’estero sì), zuppe di verdure, hummus di ceci fatto in casa con yogurt e senza olio, e verdura in abbondanza, anzi, in quantità industriale (zucchine, cavolini, cavoli, verza, porri, funghi, peperoni, insalata, pomodori, carote, zucca). Mi accorgo di introdurre – forse – pochi carboidrati. È un anno che non mangio la pasta, non mangio mai il riso. E a tutto questo si somma una ossessione compulsiva per lo sport di resistenza. Ecco così che ho perso tantissimo peso (penso 8/9 kg in un anno) ma non ero sovrappeso prima, mentre adesso sono sottopeso… Eppure se leggete quello che mangio a me sembra di mangiare molto, anche perché davvero mi alzo da tavola piena – per la grande quantità di verdure e yogurt che mangio probabilmente. So di essere in un tunnel e di aver paura di mangiare determinati cibi, di uscire dal mio ‘schema mentale’ precostituito, di mangiare fuori per paura di essere ‘intossicata’ a tradimento da zuccheri nascosti… Non è iniziata tanto con la voglia di dimagrire ma di avere più energia per lo sport e per evitare i picchi glicemici. Ero dipendente dallo zucchero, non riuscivo a fermarmi a 2 biscotti ma ne mangiavo a tonnellate, la vaschetta del gelato di solito riuscivo tranquillamente a finirla da sola… Allora mi sono detta ‘basta’ e sapevo di dover tagliare completamente tutto lo zucchero, perché per me era davvero una droga. Solo che adesso ho paura che i miei cari siano preoccupati per il mio calo di peso… Vorrei solo capire se questo calo di peso è dovuto anche – capisco, non solo – ad aver tagliato così drasticamente zuccheri e cibi raffinati… So che dovrei darmi una calmata con lo sport e inserire piano piano un poco più di carboidrati complessi… So che devo lavorare su me stessa… Grazie