L’aumento di peso è una condizione che può venir innescata da moltissimi fattori, psicologici e organici, che quasi sempre operano in sinergia gli uni con gli altri. Alcuni di essi dipendono esclusivamente dal grado di golosità della persona: la forza di volontà che crolla di fronte a una succulenta fetta di Sachertorte o di un tagliere misto di affettati e formaggi. Altre volte entrano in gioco condizionamenti più complessi che innescano reazioni biochimiche a cui non ci si può sottrarre, nemmeno con la più strenua volontà: è come se si muovesse una pallina su di un piano inclinato, che comincia inevitabilmente la sua discesa.
Senza però rifarmi a condizioni psicopatologiche vi chiedo: non vi è mai capitato di aver di fronte un pacchetto di patatine fritte, e cominciare a mangiarne una dopo l’altra ritrovandovi a stomaco pieno e sacchetto vuoto quasi senza rendervene conto?
Avevo cominciato a parlare qui del cibo che diventa una dipendenza. Con questo articolo mi focalizzo in particolare sul ruolo dei grassi del creare assuefazione.
Il sospetto che l’eccesso di grassi alimentari possano creare condizionamenti a livello cerebrale era presente da tempo nella comunità scientifica, ma lo studio che ne afferma il legame è piuttosto recente, risale infatti all’estate scorsa. La scoperta è da attribuire all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova in collaborazione con la statunitense Irvine University; il team di ricerca, capeggiato dal professor Daniele Piomelli, ha dimostrato che i grassi stimolano la produzione di endocannabinoidi a livello intestinale. Queste sostanze interagiscono con recettori cerebrali, stimolando ad assumere altri grassi, in misura progressivamente maggiore.
Si tratta di un meccanismo biologico che crea un automatismo: non basta limitarsi a una patatina fritta, ma se ne vuole un’altra e un’altra ancora. Sottrarsi a quest’istinto non è tuttavia impossibile: basta chiudere il pacchetto e dedicarsi ad altro. Più difficile -per non dire impossibile- è fermarsi quando si soffre di disturbi dell’alimentazione quali binge e bulimia: durante un attacco bulimico entrano in gioco numerosi altri fattori che creano una vera e propria irrefrenabile compulsione. Spesso l’unico modo per evitare una crisi di binge è non dare il primo morso: purtroppo in questi casi chiudere il pacchetto di patatine non è sufficiente.
Rimaniamo però in una situazione di normalità. Gli studiosi hanno osservato che la produzione di endocannabinoidi viene stimolata solo dai grassi, non da zuccheri e proteine: esiste una motivazione biologica valida a questo fenomeno?
Sembrerebbe di sì. I grassi sono fondamentali per il nostro organismo, ma sono nutrienti piuttosto scarsi in natura: l’impulso a introdurre grandi quantità di lipidi alimentari pare quindi essere dovuto alla loro scarsa disponibilità. Il nostro organismo si comporta come una mamma premurosa, che fa scorta di cibo in previsione di una carestia.
L’assuefazione ai grassi ha dunque una causa evoluzionistica che tuttavia non deve essere presa come un alibi a scorpacciate pantagrueliche! Se per i nostri progenitori la carestia era una catastrofe ben concreta, la proliferazione odierna di bar, ristoranti, supermercati e distributori automatici dovrebbe rassicurare: non moriremo di fame anche se non ordiniamo una porzione maxi di patatine, e anche se ci teniamo alla larga dai fast-food e dal fritto misto. La carestia, per noi, non è imminente.
Una curiosità: non tutti i grassi sono uguali, e questo lo sappiamo. Esistono grassi trans (derivati da oli di frittura e oli industriali), grassi saturi (formaggi, carne, oli vegetali di palma e cocco) e grassi insaturi (olio d’oliva, frutta secca, pesce). Mentre i grassi trans favoriscono in modo molto consistente l’insorgere di patologie cronico-degenerative e mortali (infarto, ictus, Alzheimer…), recenti studi sembrano assolvere parzialmente i grassi saturi, di cui è comunque bene non abusare. I grassi insaturi, al contrario, proteggono dal rischio cardio-vascolare.
Dal momento che i tre tipi di grassi hanno effetti ben diversi sull’insorgere di patologie, non deve stupire che abbiano anche conseguenze diverse sulla produzione di endocannabinoidi. I maggiori responsabili sono, senza sorpresa, i grassi trans: in altre parole, è più difficile avere una dipendenza da noci sgusciate che non da patatine fritte!
6 Comments
Proprio ieri sera guardavo alla tv un programma di Real Time (Malattie imbarazzanti XXL, se non sbaglio).
Una delle dottoresse si è sottoposta ad una risonanza magnetica dopo 15 ore di digiuno. Il test è durato un’ora e voleva verificare quali parti del cervello si attivassero a seconda delle immagini che le venivano proposte: cibi ipocalorici come insalata, verdure e piatti sconditi oppure hamburger, waffles, patatine fritte e compagnia bella.
Ne è emerso che di fronte all’insalata e ai cibi “light” si attivava solo la parte del cervello deputata alla vista, mentre osservando tutti quei cibi ipercalorici si attivavano diverse parti del cervello.
In pratica nell’essere umano è innato il bisogno di alimenti ipercalorici, soprattutto se digiuno, perché è portato alla sopravvivenza che questi ultimi gli possono garantire. Perciò è naturale che una persona, specialmente dopo 15 ore di digiuno, si orienti verso alimenti ipercalorici.
Per questo è importante mangiare spesso, regolarmente e non saltare i pasti! 😀
Per quanto riguarda il fritto… credo di essere una di quelle poche persone che lo evitano come la peste, e non per la dieta, i grassi o le calorie! Ogni tanto me lo concedo, ma conosco già le conseguenze: bruciore ed acidità di stomaco, reflusso e mal di pancia a non finire…
Aggiungiamoci che molti cibi fritti non mi piacciono per niente (quando vado al ristorante cinese salto direttamente le voci dal menu. Una sola volta mi sono azzardata a lanciarmi sul fritto: non ho digerito NULLA e sono stata male 2 giorni!).
Tempo fa mi capitava di svuotare interi sacchetti di patatine fritte senza accorgermene… ora non più. Non chiedermi perché 😀 è una di quelle cose che non mi so spiegare nemmeno io!
Forse perché, appunto, l’ultima volta che ho “esagerato” col cibo spazzatura (era parecchio che non succedeva, il mio stomaco non era più abituato) sono stata così male che ho dovuto vomitare per trovare sollievo…
I tuoi post sono sempre più interessanti.
Continuo a seguirti, dottoressa! 😛
Grazie per le preziose informazioni che condividi ♥
Grazie per i complimenti 🙂
Conosco l’esperimento che hai citato: le neuroscienze negli ultimi anni hanno aiutato a vederci più chiaro in moltissimi aspetti legati alla nutrizione.
Per quanto riguarda il fritto: probabilmente quello che ti crea problemi è l’acreolina, che è una sostanza tossica e gastroirritante che si forma quando l’olio raggiunge e supera una certa temperatura, alla quale si cominciano a formare in modo consistente radicali liberi. Per evitare problemi come quelli che tu hai ricordato esistono alcune regole del “buon fritto”: prima di tutto olio abbondante, in modo che il cibo da friggere non faccia un effetto spugna impregnandosi completamente di unto. Poi l’olio deve essere d’oliva, preferibilmente extravergine, o al massimo d’arachide: meglio evitare oli di semi. E da ultimo, l’olio non andrebbe mai rabboccato, né tantomeno riutilizzato per seconde fritture.
Piccoli accorgimenti che è bene ricordare, visto che ormai siamo sotto Carnevale e il fritto impera in cucina!
Ma io invece sono diventata dipendente dalle noci…ma proprio dipendente. Ho cominciato con tre noci al giorno per contrastare il colesterolo, poi ho cominciato a mangiarle a metà mattinata ed a metà pomeriggio ed ora ho raggiunto una quota di: due noci e tre nocciole verso le 11 del mattino, due noci e tre nocciole verso le quattro e mezza del pomeriggio e due noci dopo cena, verso le dieci di sera. Se sono fuori casa la voglia mi assilla il cervello una volta passata l’ora in cui di solito assumo la mia dose. Mentre le mangio non provo lo stesso piacere che provo mangiando gli altri cibi, ma è più come quando fumi una sigaretta. Sono longilinea ed ho un rapporto col cibo equilibrato: mangio di tutto, ma raramente esagero nelle quantità. E’ possibile che nelle noci sia contenuta qualche sostanza che da dipendenza?
Onestamente è la prima volta che sento una cose del genere… Nelle noci non ci sono sostanze psicotrope. Hai provato a sostituirle con altro per verificare che siano proprio le noci e non il “rito”…?
Credo di avere un rapporto equilibrato con il cibo (trascurando pero’ l’attività fisica); mangio tanta frutta, verdura, bevo molta acqua….ma quando si tratta di noci …..credo di avere una vera dipendenza!!!!!
Posso finirne mezzo chilo anche in una giornata!
Per questo evito di comprarle.
E adoro gli anacardi, che per fortuna non sempre si trovano al supermercato.
Esercitando la professione di psicoterapeuta da circa dieci anni, e come psicoimmunologa, sono convinta che le emozioni abbiano un ruolo rilevante nelle tematiche legate al cibo, e credo che, nella mia storia, “le noci” siano legate ad un’associazione inconscia che si è impressa nella mia memoria corporea.
In ogni caso, è’ possibile stabilire una soglia quantitativa di allerta, oltre la quale l’organismo puo’ subire uno ‘scompenso’?
Grazie
Ciao Mara! Sono completamente d’accordo su quello che hai scritto: che le emozioni abbiano un ruolo rilevante nelle tematiche legate al cibo, mi trovi davvero completamente in sintonia con questo pensiero.
Per quanto riguarda la domanda che mi hai posto: l’eccesso di noci determina più che altro un eccesso di grassi in generale, e di grassi polinsaturi nello specifico. Seppur siano essenziali, abbiamo bisogno di piccole quantità di polinsaturi al giorno: l’eccesso è stato correlato a un maggior rischio di ossidazione delle membrane cellulari, specialmente quando questi grassi siano ossidati già all’origine (noci malconservate, ad esempio). Tuttavia, non credo che ci siano pericoli per la salute a meno che tu quotidianamente non mangi tantissime noci: diciamo che in una condizione di normopeso, vita moderatamente attiva e buone condizioni di salute si possono consigliare 4-5 noci al giorno. L’abbuffata di noci una tantum ci sta, ma quando diventa qualcosa di frequente farei scattare qualche campanello d’allarme…