Una delle domande che spesso mi sono posta riguardo il rapporto cibo-salute è uno dei vanti della generazione dei miei nonni: ma come è possibile che, pur avendo mangiato grasso di maiale a volontà e uova quasi quotidianamente, non siano stati tutti colpiti da infarto fulminante a 50 anni? La cucina delle nonne, si sa, è quella del dopoguerra: abbondante, goduriosa, ricca, e infarcita di grassi saturi e colesterolo. Uno dei motti delle famiglie contadine è ancora attuale: del maiale non si butta via nulla (nemmeno il sangue, con cui i miei bisnonni facevano un dolce a base di zucchero e pane raffermo, ma tralasciamo i particolari macabri). Le uova, poi, erano sempre disponibili, e ad un prezzo veramente esiguo al confronto della carne: non era raro che se ne consumassero quotidianamente, anche più d’una. Se al giorno d’oggi adottassimo le stesse abitudini di sessant’anni fa, le nostre coronarie (i vasi sanguigni che nutrono il cuore) si ostruirebbero nel giro di poche settimane, e addio salute…
Dove sta la differenza, quindi?
Ancora una volta, nella qualità del cibo.

Lo scorso 02 agosto sono stati pubblicati sul Journal of Agricultural and Food Chemistry i risultati ottenuti da una ricercatrice israeliana, Niva Shapira, circa il consumo di uova biologiche.
Lo studio ha visto protagonisti due gruppi di persone: il primo gruppo ha mangiato due uova ‘standard’ (equiparabili alle categorie europee 1, 2 e 3) al giorno, e ha registrato un aumento del colesterolo ‘cattivo’ LDL del 40%. A seguito del risultato, i partecipanti hanno mangiato per lo stesso periodo di tempo due uova al giorno prodotte da galline nutrite con mangime particolare (le nostre uova categoria 0, biologiche): i livelli di colesterolo LDL sono rientrati nella norma, al pari di quelli registrati nel secondo gruppo di controllo, formato da persone che hanno consumato solo 2-4 uova alla settimana.

Lo studio ha dimostrato che un mangime a basso contenuto di acidi grassi omega-6 e ad alte concentrazioni di antiossidanti incide sul contenuto di colesterolo delle uova: le uova migliori per la salute sono quindi quelle biologiche (categoria 0), per le quali la legislazione prevede rigidi requisiti circa l’alimentazione delle galline. Il mangime e il foraggio, infatti, deve provenire da agricoltura biologica, e può essere integrato con alimenti tradizionali solo fino a un 20% massimo. Al contrario non è prevista alcuna regolamentazione per le altre categorie, per cui il mangime usato è quello più conveniente al portafogli del produttore: ricco di omega-6, con il risultato di ripercuotersi sulla salute del consumatore con un aumento dell’ossidazione lipidica e della formazione di pericolose placche nelle arterie, vale a dire accumuli che andranno ad ostruire la circolazione sanguigna, causando anche ictus ed infarto.

Le differenze delle diverse categorie di produzione delle uova non si limitano solo al mangime delle galline, ma si estendono alle condizioni di allevamento: mentre ciascun volatile di categoria 0 -uova biologiche- ha a disposizione 10 metri quadrati per razzolare, gli spazi si fanno molto più ristretti negli altri allevamenti. Attenzione a non farsi ingannare dagli “allevamenti all’aperto” o “a terra”: le galline in questi casi non sono comunque libere!
Categoria 1, allevamento all’aperto. Ogni 10 metri quadrati non c’è una sola gallina come nel biologico, ma 4; gli animali sono liberi solo per una parte della giornata, e hanno adibito anche un ambiente esterno.
Categoria 2, allevamento a terra. Ogni 10 metri quadrati ci sono 70 galline, allevate a terra in capannoni senza possibilità di avere ambienti esterni.
Categoria 3, allevamento in gabbia. Ogni gallina ha a disposizione solo 15 cm di spazio.

Al di là di opinioni etico-animaliste, vi lascio immaginare le condizioni di igiene di allevamenti di categoria 2 e 3.
Vi consiglio quindi di scegliere esclusivamente uova di categoria 0 ed 1 e, mi raccomando, di non cuocerle a lungo! Sono spesso viste come alimenti indigesti, ma lo sono esclusivamente se stracotte: ad esempio nelle uova sode e nella frittata le proteine dell’albume vengono denaturate, e il nostro stomaco ci metterà anche più di 3 ore a digerirle! Meglio quindi cotture semplici, come l’uovo alla coque o in camicia.
Sarà poi forse superfluo ricordarlo, ma le uova consumate crude sono uno dei principali veicoli della salmonella: non è raro che un tiramisù fatto in casa abbia mandato al pronto soccorso una famiglia… Sempre meglio pastorizzarle a 60°C.

Ma, consiglio igienico-sanitario a parte, uno dei più golosi ricordi della mia infanzia era il tuorlo dell’uovo sbattuto con lo zucchero la domenica mattina a colazione: uova della nonna, of course!