Arriva la bella stagione, e la classica domanda che in molti pongono ai nutrizionisti è: “Posso mangiare un gelato al posto di un pasto?”.
Non vi risponderò subito: preferisco prima darvi tutti i dati per poter intuire da soli la risposta.

La qualità del gelato
Iniziamo ad analizzare la qualità del gelato, e a capire cosa si intenda per “gelato artigianale”.
Secondo la legislazione italiana, una gelateria può fregiarsi del titolo di “artigianale” qualora la lavorazione delle materie prime avvenga in un laboratorio annesso al punto vendita. Non ci sono restrizioni o regole per quanto riguarda le materie prime usate: per i termini di legge, una gelateria “artigianale” può mischiare latte a lunga conservazione (o acqua) a miscele aromatizzate con aggiunta di emulsionanti, e farvi pagare 2-4 euro la nuvoletta chimica, senza essere accusata di frode. Siamo ben lontani dalla romantica idea di un gelato fatto con materie prime freschissime: in pratica la vostra coppetta può essere “artigianale” ma avere ingredienti identici a quelli di una vaschetta acquistata al supermercato, solo con un po’ di aria in più. Sì, avete letto bene: aria. Spesso infatti l’unica cosa che fa la differenza tra un gelato di gelateria e uno di supermercato è la quantità di aria che viene insufflata; esistono emulsionanti chimici in grado di far inglobare al composto enormi quantità di aria, per cui la vostra crema gelato risulterà sofficissima ed eterea: già questo parametro è indice di scarsa qualità del gelato. Se invece il vostro gelato è più compatto, più “pesante”, potete avere un buon margine di sicurezza che non siano contenuti emulsionanti.

Da qualche anno a questa parte, grazie alla fortuna fatta dalla catena Grom, si tende a pensare che il gelato nei pozzetti sia “veramente artigianale”: anche in questo caso, fate attenzione. Nulla vieta alla gelateria di vendere illusioni: gelato “chimico” venduto nei pozzetti; è ad esempio il caso della catena La Romana, che ha emulato la strategia di Grom, ma utilizzando preparati chimici. Vi siete mai soffermati a leggere gli ingredienti del loro gelato? Vi riporto io gli ingredienti del fiordilatte, ossia del gusto che è considerato il golden standard per valutare una gelateria: “Latte fresco intero biologico, panna fresca liquida con aggiunta di saccarosio, latte magro in polvere, glucosio, destrosio, farina di semi di carruba, farina di guar, fibra vegetale, aromi”. In altri gusti trovate aggiunta di mono- e di-gliceridi degli acidi grassi, proteine della soia o del latte in polvere, pectina, diversi tipi di grassi vegetali, oli essenziali ad esaltare i sapori (in mancanza di alte percentuali di frutta contenuta); qui trovate l’elenco completo.

Secondo i dati del 2016, oltre il 65% delle gelaterie “artigianali” italiane utilizza in realtà basi pronte di semilavorati, ossia un mix di emulsionanti e stabilizzanti a cui la gelateria ha il compito di aggiungere gli altri ingredienti (latte, frutta, cioccolato…). Quindi, meno della metà delle gelaterie italiane prepara il prodotto partendo da zero: già questo potrebbe fare la differenza a farvi capire se la gelateria è di buona qualità o meno.
Scendiamo più nel dettaglio: un conto è usare una “base”, un altro è usare il “neutro”.
I neutri sono polveri contenenti emulsionanti (mono e digliceridi degli acidi grassi) e addensanti (gomme o fibre vegetali), e rappresentano al massimo il 10% del gelato finito: potremmo quindi chiudere un occhio, a patto che tutti gli altri ingredienti siano di ottima qualità (e sperando che la gelateria non usi neutro ad alta grammatura, ovvero neutri più spinti che garantiscono maggiore stabilità e sofficità, ma anche tanta chimica in più nella vostra coppetta).
Le basi, invece, sono miscele che contengono sia emulsionanti e addensanti, sia vari aromi che caratterizzeranno il gusto del gelato; il produttore può decidere di usare “solo” il 50% di base (aggiungendo poi altri ingredienti), oppure usarne il 100%, limitandosi quindi ad aggiungere acqua nel mantecatore per ottenere il gelato che poi venderà (e magari a decorare con fettine di frutta le vaschette esposte dietro il vetro, a dare una falsa parvenza di naturalità).

Posto il fatto che una gelateria che usa un neutro a bassa grammatura è migliore di una che utilizza una base (…ma che ancora meglio è la gelateria che assembla in loco tutte le materie prime), a fare ulteriormente la differenza c’è la scelta delle materie prime stesse.
Ad esempio: un conto è usare latte e panna freschi, magari (magari!) a km0 o biologici; un altro è utilizzare proteine del latte in polvere allungate con acqua o latte UHT a lunga conservazione. Un conto è scegliere di usare frutta fresca (anche in questo caso, meglio se biologica e di stagione), un altro è ricorrere a puree di frutta concentrata a cui si aggiungono colorati e aromi chimici che ne esaltino il sapore. Un conto è preferire un cioccolato di alta qualità o un pistacchio di Bronte o una mandorla italiana, un altro è usare cacao in polvere (riconoscibile dal colore molto scuro del gelato) o un pistacchio iraniano o il latte di mandorla. E via dicendo.
Considerando che il costo del gelato “artigianale” è pressapoco lo stesso (circa 16 euro al kg), è importante informarsi su cosa stiamo acquistando: acqua mista a polvere (il cui costo di produzione stimato è ben inferiore ai 5-6 euro al chilo), o una crema di migliore qualità? Per accertarsene è sufficiente consultare l’elenco degli ingredienti, che la gelateria, come qualsiasi altra attività di ristorazione, è obbligata a esporre in luogo visibile all’interno del locale.

Al di là della lista ingredienti, potete riconoscere un gelato artigianale “vero” da uno preparato con le polveri valutandone la consistenza: se è troppo eterea e ariosa e se le vaschette in vetrina sono stracolme di crema, allontanatevi da quella gelateria! 
Controllate anche il colore del gelato: se è troppo acceso, difficile che non contenga coloranti chimici; il classico gusto “puffo” degli anni ’80-’90, ma anche un cioccolato troppo scuro o una menta troppo verde (la menta naturale è bianca!). Ricordate che l’aggiunta del latte o della panna tende a sbiadire il colore: se è possibile avere un sorbetto al pistacchio (gelato senza latte) di un bel verde acceso, soprattutto se si usa un ottimo pistacchio siciliano, non è possibile avere lo stesso colore in un gelato-crema (ossia con latte o panna).
Da ultimo, almeno per i gusti frutta, chiedetevi in che stagione siamo… E’ possibile avere gusto fragola a dicembre, o castagna a ferragosto…?

Piccolo appunto sugli zuccheri
Vi siete mai chiesti che tipo di zucchero contiene il gelato veramente artigianale? Difficilmente troverete zucchero comune, bianco o di canna che sia; o meglio: non trovate esclusivamente questo tipo di zucchero. Spesso nel gelato sono contenuti anche destrosio e sciroppo di glucosio. La motivazione ha a che vedere con il fatto che il gelato è… gelato, appunto! Ossia: quando si prepara una crema e la si porta a temperature basse bisogna tenere in considerazione anche il punto di congelamento degli ingredienti: il prodotto finale deve essere morbido, non congelato, e non deve liquefarsi troppo in fretta. Affinché vengano soddisfatte queste richieste può essere utile miscelare diversi tipi di zucchero con caratteristiche differenti a livello di solubilità e congelamento; non è impossibile ottenere un gelato con il solo zucchero comune (saccarosio), ma la consistenza potrebbe non incontrare la soddisfazione del pubblico.
Assolutamente impossibile, invece, è dolcificare con l’esclusivo utilizzo di dolcificanti naturali, quali miele, malto di riso o d’orzo, concentrato di datteri o succo d’uva: questi ingredienti possono essere miscelati ad altri zuccheri più raffinati, ma non utilizzati in via esclusiva.

Strategie di marketing… 

Nell’ultima decade i consumatori sono più attenti a tutto ciò che è materia prima di alta qualità, e anche le gelaterie si sono adattate al trend: si è partiti con Grom (su cui bisognerebbe scrivere un articolo a parte) e si è via via arricchito il panorama, con sponsorizzazione di prodotti IGP o presìdi Slowfood (come la nocciola del Piemonte, il pistacchio di Bronte, il limone di Amalfi o la mandorla di Toritto), uso di latte biologico, e persino l’uso di olio di oliva come materia grassa del gelato (peccato che l’olio si comporti molto male alle basse temperature raggiunte dalla crema gelato, e che pertanto quello usato non è affatto extravergine, ed anzi è parecchio raffinato).
Fate attenzione a non farvi ingannare da strategie di marketing più o meno furbe.

Come accennato in precedenza, l’uso dei pozzetti è il classico esempio: molto vintage, molto “lo conserviamo qui perché sennò si rovina”, ma in realtà molto… inutile. Un gelato in vaschetta non è peggiore di uno nel pozzetto; i pozzetti possono essere concretamente utili a una pasticceria che tenga giusto 4-5 gusti gelato, e che quindi non abbia una grossa richiesta e necessiti di preservare per più giorni il gelato stesso. Ma se una gelateria è solo gelateria, il ricambio delle vaschette è talmente rapido che una vaschetta “aperta” non può causare alcun danno alla materia prima.
Un’altra strategia di marketing, ben conosciuta a chiunque lavori nel settore del food, è trovare strategie per riempire il locale di clienti, di modo da renderlo più appetibile: se vi trovate di fronte a due ristoranti, uno pieno e uno vuoto, verso quale vi sentite attratti? …appunto. Ecco quindi che le catene di gelaterie inventano strategie per allungare la coda alla cassa, per fare folla: ad esempio, studiando un esatto numero di secondi per spatolare il gelato e mettervelo nel cono (no, “spatolare” non serve ad ammorbidire una crema priva di conservanti, bensì a… perdere tempo!), oppure facendovi due o tre domande in cassa (“Con panna o senza panna? Vuoi il biscotto? Vuoi anche una bottiglietta d’acqua?”) così da bruciare un paio di secondi in più, oppure ancora non avendo diversificazione tra personale in cassa e personale dietro il bancone (chi vi fa lo scontrino è anche chi vi prepara il cono, con perdita di tempo e, aggiungerei, uno svantaggio igienico: si sono manipolati i soldi e poi si è toccato il cono…!).
Altre strategie di marketing sono l’arredamento dei locali con colori tenui, che danno un’idea di purezza e le indicazioni ridondanti nei gusti (“cioccolato belga 70%”: l’aggettivo ‘belga’ dovrebbe far pensare ad una qualità superiore, ma qualcuno ha mai avuto notizia di piantagioni di cacao in Belgio?; oppure “crema di nocciole aromatizzata con cannella dello Sri Lanka e scorzette di limone di Amalfi caramellato”: tanto fumo, ma l’arrosto?).

Valori nutrizionali a confronto
Arriviamo ora a parlare dei valori nutrizionali del gelato, per capire se possa effettivamente essere un’alternativa per i vostri pasti estivi.
Vi riporto la tabella nutrizionale relativa ai contenuti medi di macronutrienti e calorie di quattro gusti esemplificativi; ricordate che si tratta di una media: i valori possono discostare leggermente da quelli indicati.

Alimentazione in equilibrio - Gelato

I valori sono riportati per 100 g di gelato; mediamente, una pallina in gelateria pesa circa 60-70 g. Nella tabella qui sotto trovate quindi i valori medi di gelato per pallina, da moltiplicare per il numero di palline che scegliete (cono o coppetta piccolo/medio/grande).

Alimentazione in equilibrio - Gelato

E’ importante sottolineare che:
– I carboidrati indicati sono solo ed esclusivamente zuccheri, quindi il carico glicemico di una coppetta è molto elevato.
– I grassi contenuti possono essere naturali (ad esempio quelli di panna o latte o frutta secca nei gusti crema) o idrogenati (ad esempio quelli contenuti nei gusti frutta: la frutta di per sé non contiene grassi, dunque quelli eventualmente contenuti sono provenienti dagli emulsionanti della polvere con cui il gelataio lavora).
– Il contenuto calorico è variabile a seconda della complessità del gusto: ad esempio un gusto “ricotta con fichi caramellati” o “amaretto con caramello” sarà molto più zuccherino e calorico rispetto ad una crema semplice.

Nella tabella qui allegata trovate invece le componenti nutrizionali di tre diverse proposte di piatti estivi:
Pasto 1: insalata fredda di riso, con 60 g di riso semintegrale + 100 g di piselli + 1 uovo sodo + verdura mista + 1 cucchiaio di olio extravergine
Pasto 2: prosciutto crudo DOP (60 g) + 3 fette di melone + 60 g di pane di segale tostato; di contorno verdure crude miste condite con 1 cucchiaio di olio extravergine
Pasto 3: insalata di piovra (200 g) e patate (200 g) al prezzemolo, condita con 1 cucchiaio di olio extravergine; di contorno verdure grigliate condite con 1 cucchiaio di olio extravergine

Alimentazione in equilibrio - Gelato

In questo caso notiamo che:
– La composizione nutrizionale dei pasti è più bilanciata: pur rimanendo prevalente la percentuale di carboidrati, sono presenti anche proteine e grassi a bilanciare opportunamente il quadro.
– I carboidrati, al contrario che per il gelato, sono prevalentemente amidacei a lento rilascio: la quantità di zuccheri semplici è pressoché irrisoria, e questo garantisce un indice di sazietà maggiore.
– Le proteine sono ad elevato valore biologico, mentre quelle del gelato, provenienti esclusivamente da latte o panna, hanno un alto potere insulinogenico che, ancora una volta, non aiuta il senso di sazietà.
– I grassi sono provenienti da ottime fonti, prevalentemente da olio extravergine di oliva. Sono quindi grassi definibili “buoni”, di supporto alle difese cardiovascolari e al sistema endocrino.

In definitiva… 

Si può dire che persona normopeso mediamente attiva dovrebbe introdurre 400-700 kcal a ciascun pasto (variazioni dipendenti dai fabbisogni personali e dalla struttura generale dell’alimentazione seguita): se guardassimo solo l’aspetto calorico, sarebbe possibile sostituire un pasto con 3-4 palline di gelato artigianale. 
Ma noi sappiamo bene che a fare la differenza non sono le calorie, bensì la ripartizione dei macronutrienti e l’effetto che il cibo ha sul nostro organismo!
Se mangiassimo gelato al posto di pranzo o cena, queste sarebbero le conseguenze:
– Andremmo ad introdurre 40-100 g di zuccheri semplici, tutti in una volta; se consideriamo che le Linee Guida per una sana alimentazione suggeriscono all’uomo adulto di non consumare più di 50 grammi di zuccheri semplici al giorno, e che le fonti di provenienza dovrebbero essere naturali (come la frutta), direi che non ci siamo proprio.
– Le poche proteine e i pochi grassi contenuti sarebbero provenienti da fonti non adeguate, dunque a scarso valore biologico.
– La bassa quota di proteine e grassi presenti nel gelato non aiuterebbe a stimolare la sazietà nelle ore successive al pasto: dopo un’oretta avremmo di nuovo fame.
– La composizione del gelato in sé favorisce ritenzione di liquidi (e quindi cellulite e gonfiore), sete, picco insulinico e rebound glicemico; a causa di questi fattori saremmo vittime di un deficit dell’attenzione nelle ore successive al consumo di gelato al posto del pasto (non utile, se nel pomeriggio lavoriamo!), oltre che di craving di carboidrati: non solo il gelato non ci sazierebbe, ma ci esporrebbe al rischio di piluccare continuamente caramelline e dolcetti.

In definitiva no, un gelato non può essere considerato un degno sostituto di un pasto: perché piuttosto non ci togliamo lo sfizio di un cono o una coppetta con uno o due gusti a mo’ di merenda, oppure nelle sere estive durante una passeggiata con amici o con la dolce metà? In questo modo andremo a soddisfare la nostra voglia di gelato senza sostituire la crema zuccherina ad alimenti ben più importanti per il nostro organismo, ma allo stesso tempo, senza esagerare con le porzioni, non avremo fatto incetta di zuccheri nocivi per la nostra salute. Ci saremmo tolti uno sfizio, né più né meno: nessun senso di colpa (e perché mai?), a vantaggio di un momento di condivisione con gli amici e di sana golosità.

Se poi volete scoprire quali siano le migliori gelaterie in Italia, guardate qui!