Settimana scorsa vi ho parlato delle proteine in polvere e di come possono applicarsi ad un’integrazione sportiva. Vi ho accennato che la loro fruibilità va oltre all’ambito sportivo, infatti sono ampiamente utilizzate anche in clinica: prima di dedicarmi ad articoli riguardanti altre supplementazioni sportive volevo spendere qualche parola su questo argomento.

Di tutte le proteine in polvere, quelle che hanno maggior materiale scientifico a sostegno sono le Whey, ossia le proteine del siero del latte; come abbiamo visto precedentemente, esse possono essere di tre tipi:
Concentrate; più ricche di lattosio e grassi, hanno una minor tolleranza intestinale.
Isolate; il lattosio è presente in piccolissime percentuali e anche i grassi sono quasi trascurabili. Sono generalmente ben tollerate e digerite.
Idrolizzate; si tratta di Whey di ultima generazione, trattate con enzimi idrolitici che ne permettono una digeribilità ottimale, un’altissima biodisponibilità e un vantaggio salutistico anche a livello di fegato, intestino e funzioni cognitive.

Whey e dimagrimento

Non è una novità che le proteine in polvere siano usate per far dimagrire: quasi tutte le diete “commerciali”, le iperproteiche e le chetogeniche utilizzano shaker proteici e/o succedanei proteici (pasta, biscotti, crackers e via dicendo). Disquisire sulla loro efficacia è poco utile. Si potrebbe riassumere dicendo che, fatta eccezione per pazienti con ipotiroidismo e/o iperaldosteronismo, tali diete funzionano quasi sempre perfettamente per ottenere la perdita di peso tanto auspicata, e che questo avvenga proprio grazie all’aumentato intake proteico. Il problema non è quello della perdita, quanto quello del mantenimento del peso perso: nella quasi totalità dei casi la persona pian piano recupera i chili che aveva perso con enorme sacrificio. In parte questo accade perché, senza un supporto di educazione alimentare adeguato, si scivola inevitabilmente in vecchie abitudini; in parte perché quando queste “diete da shaker” non sono applicate correttamente possono provocare una netta diminuzione del metabolismo, e quindi una maggior facilità ad accusare ogni singolo sgarro esattamente nei punti critici: sedere, fianchi, addome.
Personalmente non sono contraria alle diete d’impatto iperproteiche, ma solo qualora non funzionassero altri protocolli alimentari o solo nel momento in cui ci fosse urgente necessità di un dimagrimento rapido (ad esempio per poter permettere un intervento chirurgico importante su un paziente obeso).

Oltre che per l’applicazione di protocolli dietetici specifici, come appunto le diete chetogeniche o PSMF o VLCD, le Whey possono avere un loro perché anche in aggiunta a regimi dimagranti “normali”, in particolare quando il peso da perdere è considerevole.
Come più volte ribaduto sul sito, il fabbisogno proteico individuale è dipendente dal peso corporeo.
 Se il peso del paziente fosse di 80-100-120 kg il fabbisogno proteico quotidiano potrebbe corrispondere a 80-100 g di proteine, o anche di più: una quantità inferiore al fabbisogno permetterebbe comunque la perdita di peso, ma anche la netta diminuzione del metabolismo, la sollecitazione del sistema immunitario e lo sbilanciamento degli assi endocrini (ne avevamo parlato qui, se volete approfondire). 
Tenendo in considerazione che, mediamente, 100 g di carne e pesce contengono 20 g di proteine, ne risulta che per sopperire al fabbisogno sopra indicato bisognerebbe mangiare mezzo chilo di merluzzo, pollo o altri secondi piatti al giorno. Poco fattibile, per problemi di organizzazione, gusto, soldi e piacevolezza della dieta.
In questi casi può essere consigliabile mangiare quantità normali di carne, pesce e altre fonti proteiche a pranzo e a cena, sopperendo allo scarto proteico attraverso l’uso di proteine in polvere.

Quando si decide di aggiungere proteine in polvere alla propria dieta è comunque bene servirsi dei consiglio di figure professionali adeguate: le proteine devono essere introdotte rispettando certi criteri di abbinamento ad altri cibi per evitare un indesiderato effetto pro-insulinemico che sarebbe limitante il dimagrimento stesso. Sbagliatissimo, ad esempio, abbinare le proteine a fonti di carboidrati, mentre più saggio potrebbe essere introdurre finestre di cosiddetto “digiuno metabolico” al mattino e la sera, facendo consumare al paziente uno shaker di proteine in abbinamento ad una piccola dose di grassi.

Whey e sistema immunitario

Sono sempre maggiori gli studi che evidenziano l’importanza della lattoferrina contenuta nelle Whey come agente chelante il ferro: questa straordinaria proprietà, unita all’azione anticatabolica, è il motivo per il quale le Whey sono utilizzate su soggetti patologici con infezioni batteriche o parossitosi o micosi. Da una parte abbiamo il vantaggio del rafforzamento del sistema immunitario, dall’altro la garanzia che la supplementazione proteica impedisca una perdita di massa cellulare, scenario che sarebbe oltremodo nefasto in caso di patologia infettiva.
Importante sottolineare l’azione antivirale delle Whey in relazione all’HIV, patologia nella quale sono ampiamente state utilizzate in passato e continuano tutt’ora ad esserlo.

Whey e diabete di tipo 2

Le Whey possono efficacemente essere utilizzate in pazienti che soffrono di diabete di tipo 2, iperglicemia e sindromi annesse. I vantaggi in questo caso dipendono dalla capacità che le Whey hanno di diminuire i tempi di svuotamente gastrico (promuovendo la sazietà) e di stimolare il rilascio di peptidi intestinali, tra cui le incretine, molecole in grado di stimolare il rilascio armonico dell’insulina da parte delle cellule beta del pancreas. Gli aminoacidi contenuti nelle Whey offrono inoltre uno stimolo diretto sulla secrezione di insulina, che contribuisce alla diminuzione della glicemia postprandiale, e sulla soppressione dell’appetito, grazie all’influenza sull’asse intestino-cervello e sull’ipotalamo. 
Purtroppo individuare il timing e la dose ottimale di Whey per poter ottenere l’effetto terapeutico sul diabete risulta difficile, e necessita di una stretta collaborazione tra dietista o nutrizionista e paziente.

Whey ed effetto antiaging 

Come abbiamo precedentemente visto, le proteine di qualsiasi fonte hanno due importanti vantaggi metabolici: promuovono l’aumento della massa muscolare e diminuiscono il catabolismo proteico durante periodi di restrizione calorica. Leggendo queste frasi si va immediatamente a pensare a chi frequenta le palestre, ma… perché non pensare ad un’applicazione anche in relazione agli inevitabili processi di invecchiamento? A ben pensare, l’invecchiamento comporta una diminuzione dell’appetito, che si traduce con una diminuzione della massa metabolicamente attiva e ad un conseguente calo della forza e della potenza. 
Nella medicina antiaging le Whey vengono utilizzate come integratore proteico ottimamente digeribile al fine di ritardare i processi stessi dell’invecchiamento, che – ricordiamolo – non interessano solo il mero lato estetico, ma anche e soprattutto quello metabolico-funzionale.

In clinica le Whey vengono usate anche anche su soggetti allettati (costretti alla degenza a letto a causa di patologie debilitanti) o addirittura cachettici (la cachessia è un estremo deperimento organico a decorso cronico e, purtroppo, irreversibile, come ad esempio a seguito di alcuni casi di tumore). Trovano una loro utilità anche in caso di inedia, anoressia (non nervosa, ma dovuta a patologie), allergie alimentari che portano a sottoalimentazione.

Whey e cervello

Un promettente campo di utilizzo delle Whey è quello dei disordini cerebrali, con particolare riferimento ad autismo, schizofrenia, disordine bipolare, Alzheimer e Parkinson. Tutte queste malattie sono collegate ad un disequilibrio del glutatione, il maggior antiossidante di produzione endogena: gli studi hanno dimostrato che nel sangue dei pazienti con disordini cerebrali si registrano livelli alterati di glutatione e glutatione ossidato, con la diminuzione del loro rapporto e un’espressione inadeguata degli enzimi collegati al glutatione stesso. La deplezione di glutatione può portare ad anormalità nella metilazione e nella funzione mitocondriale, fattori che si esprimono anche come anormalità neurologiche delle patologie prima descritte. Negli ultimi anni si stanno facendo largo agenti terapeutici per disordini cerebrali, quali N-acetilcisteina, liposomi incapsulati con glutatione, e supplementazione di Whey idrolizzate: queste integrazioni potrebbero prevenire il danno cerebrale in soggetti sani e migliorare la risposta neurologica in soggetti già malati.

Bibliografia

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