Le verdure fermentate: chi di voi le conosce? Beh, scommetto che chiunque di voi avrà -se non assaggiato- almeno sentito parlare dei crauti: non sono altro che cavolo cappuccio tagliato fine e lasciato fermentare per mesi. Oltre al cavolo cappuccio si possono fermentare molti altri ortaggi: sedano, zucchine, finocchi, cavolfiori, ravanelli, carote… La preparazione casalinga è molto semplice, ma prima di spiegarvi come si fa, è meglio che vi dica perché farlo.

Cosa sono i prodotti fermentati, e perché fanno bene
Il prodotto fermentato più conosciuto in Italia è sicuramente lo yogurt, ma se diamo un’occhiata al mondo asiatico scopriamo che ne esistono moltissimi altri, come ad esempio il kefir (latte fermentato con batteri diversi rispetto a quelli dello yogurt), il tempeh (soia fermentata), il kombucha (tè fermentato) o il kimchi (verdure fermentate).
Grazie al diffondersi della cultura e della cucina orientale in Europa durante gli anni Settanta, le proprietà dei prodotti fermentati hanno cominciato a farsi conoscere anche da noi, sebbene ce ne fossero già alcuni che facevano parte della nostra tradizione, come appunto i crauti, l’aceto o -ehm- il vino!

Una bottiglia di kombucha, tè fermentato
Una bottiglia di kombucha, tè fermentato

Il processo di fermentazione è molto semplice: avviene ad opera di batteri o microrganismi che trasformano zuccheri o aminoacidi presenti nel cibo per poter ottenere energia di cui vivere; la trasformazione consente la liberazione di vitamine, minerali e micronutrienti che diventano disponibili per l’uomo. La fermentazione avviene in assenza di ossigeno. 
Più o meno è quello che avviene all’interno della nostra flora batterica intestinale, dove i batteri si nutrono di ciò che arriva all’intestino (principalmente fibra) e lo trasformano in vitamina K, vitamine B, acido butirrico (prezioso antitumorale) e altre sostanze.

Esistono diversi tipi di fermentazione: quelli più significativi per noi sono la fermentazione lattica (per la produzione di crauti, verdure fermentate, yogurt e kefir) e la fermentazione alcolica (per poter produrre aceto, vino, birra, pane a lievitazione naturale).

Gli alimenti fermentati sono molto ricchi di micronutrienti e vitamine, in misura molto superiore rispetto al prodotto di partenza.  Sono preziosi per chi soffre di carenze vitaminiche e minerali, per chi segue una dieta vegetariana ed è carente di ferro, per chi ha problemi di disbiosi intestinale o meteorismo o colon irritabile e per chi ha qualche problema digestivo. Un consumo abituale di prodotti fermentati permette anche il rafforzamento del sistema immunitario, cosa da tenere in particolare considerazione ora che ci avviciniamo all’autunno!

Fermentazione industriale
Il problema degli alimenti fermentati che troviamo in commercio è duplice: da un lato, le materie prime che vengono utilizzate; dall’altro i tempi di fermentazione a livello industriale.
Come più volte ribadito nel mio sito, la qualità delle materie prime è indispensabile per ottenere un prodotto che sia non solo buono, ma anche salutare: se per fare i crauti usiamo cavoli irrorati di pesticidi, o se per fare lo yogurt usiamo latte di mucche sfinite da mungiture innaturali, non possiamo pensare che i vantaggi della fermentazione superino gli svantaggi intrinseci alla materia prima scelta. Risulta quindi indispensabile scegliere ingredienti *consapevoli*, possibilmente bio.
C’è poi da considerare la tipologia di fermentazione utilizzata: questo processo è lungo, dura settimane (se non mesi!), tempistiche non certo amiche dei dictat industriali di massimizzazione della produzione. Per accelerare i tempi l’industria alimentare ha diversi espedienti: può essere la banale aggiunta di zucchero ai crauti (ricordate? I batteri fermentano zuccheri… Nei crauti ce ne sono sicuramente meno rispetto a una generosa cucchiaiata di zucchero bianco!), oppure lo sfruttamento di reazioni di idrolisi enzimatica che avvengono in laboratorio, oppure ancora l’aggiunta di sostanze volte a mimare l’aspetto dell’alimento fermentato per davvero (ad esempio l’aggiunta di coloranti nell’aceto balsamico).

Insalatina con verdure fermentate
Insalatina con verdure fermentate

Fermentazione casalinga
Non disperiamoci: la fermentazione può essere facilmente fatta anche in casa, dobbiamo solo prestare attenzione a un paio di cose. Oggi vi spiego come preparare le verdure fermentate: iniziate con verdure semplici e con una fermentazione breve, non puntate subito ai crauti… I crauti necessitano di mesi di riposo, bisogna evitare che si formino muffe, e bisogna prendere un po’ la mano con il processo.

Ingredienti
Verdura a piacere per un totale di 600 g (consiglio: zucchine, carote, porri, finocchio, sedano, cavolo cappuccio)
2 cucchiai di sale marino integrale
5 tazze di acqua
A piacere: foglie di alloro, cumino, coriandolo

Preparazione
Tagliate le verdure sottili sottili. Portate ad ebollizione l’acqua con il sale, spegnete il fuoco e lasciate raffreddare. Ponete le verdure in un recipiente di vetro capiente (una ciotola), aggiungete gli eventuali aromi e ricopritele con l’acqua completamente raffreddata.
Ora dovete creare un peso che schiacci le verdure: esistono degli appositi macchinari nei negozi biologici, utili se volete fare i crauti veri e propri, ma per una fermentazione breve potete sfruttare pesi casalinghi. Io, ad esempio, metto un piatto sulle verdure, e sopra al piatto pongo un sasso pesante o altri pesi (batticarne, barattoli di vetro pieni di marmellata).
Lasciate riposare dalle 5-6 ore fino a qualche giorno: più lunga sarà la fermentazione, più gli ortaggi saranno piccantini e saporiti.

Metodo alternativo
Se volete evitare il passaggio con l’acqua bollita, potete optare per lavorare gli ortaggi con sale e aceto. Dovete semplicemente tagliare le verdure sottili e massaggiarle a lungo con il sale (1-2 cucchiai per circa 500 g di verdura). Aggiungete quindi un cucchiaino di aceto a vostro piacimento, purché non sia industriale: aceto di vino, di mele, di riso o di umeboshi biologico. Ponete sotto pressione.

Fermentazione casalinga
Fermentazione casalinga

Un vademecum per un’ottima fermentazione
– Attenzione al rischio di botulino, una tossina che si può sviluppare in alimenti conservati non cotti con un basso grado di acidità (come, appunto, le verdure fermentate): iniziate con una fermentazione breve, ad esempio dal mattino alla cena, o al massimo di 1-2 giorni. L’ideale per le conservazioni più lunghe sarebbe la sterilizzazione dei contenitori in vetro (come si fa per la marmellata).
– Potete aggiungere ingredienti che aiutano ad abbassare il rischio di contaminazione, come ad esempio cumino, coriandolo o alloro. Ottime anche le fettine di zenzero, che però daranno un gusto estremamente piccante alle vostre verdure.
– Più sale aggiungete, più le verdure saranno croccanti. Usate sale marino integrale, vi ricordate uno dei miei primissimi articoli?
– La fermentazione accentua la piccantezza di alcuni ortaggi: se non amate il piccante cercate di usare più verdure dolci, come zucchine o carote o sedano, limitando invece ravanelli, rucola e cavoli.
– Potete fermentare anche le alghe, che arricchiranno i vostri insalatini di ferro e omega-3.
– Se soffrite di disturbi digestivi o di colon irritabile, consumate solo un cucchiaino al giorno di verdura fermentata, da sola o mischiata alla normale insalatona o verdura cotta. Se avete problemi digestivi usate verdura non piccante: inizialmente anche solo carote e zucchine. 
Gli enzimi contenuti nella verdura fermentata vi aiuteranno nella digestione, ma fino a che la mucosa gastrica non sarà completamente disinfiammata potrebbero causare bruciore. Se invece avete problemi intestinali con una forte disbiosi o soffrite di candida dovrete valutare voi stessi se i sintomi migliorano o peggiorano con l’uso di prodotti fermentati: molti ne traggono beneficio, ma non è così per tutti. Il consumo deve essere quotidiano per poter dare una valutazione.

Bibliografia
– Abuajah CI, Ogbonna AC, Osuji CM – Functional components and medicinal properties of food: a review – J Food Sci Technol. 2015 May;52(5):2522-9
– Wolfe BE, Dutton RJ – Fermented foods as experimentally tractable microbial ecosystems – Cell. 2015 Mar 26;161(1):49-55