Ho scritto quest’articolo su suggerimento della dott.ssa Adele d’Antoni, specialista in Gastroenterologia all’Istituto Mediterraneo Trapianti di Palermo che da qualche anno si occupa nello specifico di malattie epatiche. Con uno scambio di messaggi ci siamo confrontate sull’importanza svolta dall’alimentazione nella cura (e nella prevenzione!) della steatosi epatica, una patologia che spesso si correla alla sindrome metabolica. Un aggiustamento delle abitudini alimentari in pazienti con fegato grasso aiuta a diminuire alcuni fattori di rischio che si correlano a malattie cardiovascolari, senza l’impellenza di ricorrere ai farmaci.
Grazie al suo prezioso aiuto ho potuto consultare la bibliografia recente sulla steatosi epatica, che mi è stata fondamentale per scrivere l’articolo che vi propongo. Come mio solito vi ho evitato le spiegazioni biochimiche alla genesi della patologia, passando direttamente ai consigli pratici: non avete più scuse per mangiare male!

Buona lettura, e grazie di cuore ad Adele.

Il fegato grasso non alcolico (NAFLD) è una patologia che consiste in un accumulo di grassi a livello del fegato superiore al 5% non dipendente da nessuno dei tre fattori tradizionalmente legati alla steatosi: dipendenza da alcol, uso di farmaci o disordini ereditari.
Ad un esame istologico la NAFLD può presentare epatociti normali o infiammati: in questo secondo caso viene definita NASH (steatosi epatica non alcolica). Si stima che il 20% della popolazione mondiale abbia il fegato grasso, e che il 3-5% sia colpito da NASH; la differenza tra le due patologie è di non poco rilievo, dal momento che l’infiammazione delle cellule epatiche rappresenta il primo passo verso una degenerazione cirrotica, condizione patologica irreversibile che predispone a tumore al fegato e che spesso necessita di trapianto.

Nei pazienti che soffrono di NAFLD il fegato grasso si correla a fattori di rischio metabolico, vale a dire obesità, ipertensione, dislipidemia (alti valori di colesterolo e trigliceridi) e diabete di tipo II.
L’obesità è fortemente predisponente a sviluppare steatosi non alcolica: il 70% dei soggetti obesi ne è colpito; anche un semplice sovrappeso che però abbia una prevalenza di accumulo adiposo a livello addominale è un importante fattore di rischio: il grasso che si accumula sulla pancia viene più facilmente inglobato dalle cellule del fegato, che si infarciscono di trigliceridi e danno avvio alla malattia. Dal momento che gli uomini sono più predisposti delle donne a sviluppare un cosiddetto “addome a mela”, il sesso maschile è più colpito da steatosi di quello femminile; tra le donne, quelle che soffrono di ovaio micropolicistico sono a maggior rischio. Altre patologie predisponenti alla NAFLD sono ipotiroidismo, apnea notturna, ipopituitarismo, ipogonadismo e resezione pancreato-duodenale.

Un dato preoccupante riguarda i bambini e gli adolescenti: si stima che il 9% dei ragazzi obesi sotto i 18 anni soffra di NAFLD, spesso non diagnosticata perché difficilmente ci si aspetta di trovare questa patologia in una popolazione giovane. Valori elevati delle transaminasi dovrebbero essere il primo campanello di allarme, soprattutto se il sovrappeso si associa ad alti livelli di glucosio nel sangue.
Il problema è della massima serietà: contrarre una patologia epatica in giovane età significa avere più tempo per sviluppare cirrosi, malattia che come ho detto prima è irreversibile e comporta un elevatissimo rischio di cancro al fegato con esito mortale. La quasi totalità dei bambini affetti da NAFLD è obesa: se si corregge tempestivamente il loro eccesso ponderale è possibile proteggerli e garantire loro una migliore qualità della vita. Esiste una bassissima percentuale di bambini non sovrappeso con NAFLD: in questi casi la causa della patologia è dovuta a difetti dell’ossidazione lipidica o malattie da accumulo lisosomiale.

Inutile dire che avere il fegato grasso e ancor di più essere malati di steatosi è correlato a un maggior rischio di mortalità, soprattutto a causa di complicanze cardiovascolari.

E’ importante sottolineare che nella quasi totalità dei casi del paziente adulto la patologia è asintomatica: talora si può avvertire un vago dolore al fegato, ma niente che lasci pensare ci sia necessità di indagare clinicamente. La diagnosi risulta quindi essere occasionale e spesso fortuita: magari ci si accorge di avere le transaminasi alte a seguito di un controllo di routine, oppure un medico scrupoloso che abbia richiesto una visita ecografica si trova l’esito del cosiddetto “fegato brillante”, primo campanello d’allarme per la NAFLD.
Un fegato grasso o steatosico è una condizione silente, spesso trascurata o sottovalutata: se vi siete ritrovati in più d’uno dei fattori di rischio sopra citati (in particolare obesità, dislipidemia, intolleranza glucidica o diabete) chiedete al medico di farvi valutare la transaminasi nei vostri prossimi esami del sangue. Ricordate che può si trascura la patologia, più il rischio dell’irreversibile cirrosi diventa una possibilità non remota.

Studi scientifici hanno dimostrato che in pazienti affetti da NASH la modifica delle abitudini alimentari e l’incremento dell’attività fisica sono in grado di migliorare il quadro infiammatorio: la perdita del 5-10% del peso corporeo iniziale può diminuire del 40% il grasso depositato nel fegato; se il cambiamento dello stile di vita è veramente radicale, tale percentuale sale addirittura all’80%!

Dunque, il primo passo per proteggersi da una degenerazione della steatosi in gravi complicanze è quella di impegnarsi in un percorso di dimagrimento.
La dieta per chi soffre di NAFLD e di NASH dovrebbe prevedere una perdita di peso di 0,5-1 kg a settimana nel primo mese e mezzo di terapia alimentare, e deve necessariamente essere associata ad un incremento dell’attività fisica. La sola dieta non si è dimostrata essere efficace sul lungo termine: il paziente perde peso, ma lo recupera facilmente quando passa al mantenimento; al contrario, se ad una corretta alimentazione si accosta anche del movimento in più si sarà in grado di evitare un nuovo peggioramento del profilo infiammatorio epatico. Le linee guida per il trattamento della steatosi e del fegato grasso suggeriscono circa 30-40 minuti di camminata per 4-5 volte a settimana: un obiettivo assolutamente non impossibile da raggiungere, a meno di essere completamente sedentari.

Fate attenzione: per guarire dalla NAFLD non è sufficiente “perdere peso”, ma anche farlo nel modo corretto! Un dimagrimento conseguente a una dieta sbilanciata ed eccessivamente restrittiva va a sovraffaticare il lavoro epatico, sarà controproducente e non migliorerà le vostre condizioni di salute; è indispensabile intraprendere un cambiamento delle abitudini alimentari che preservi la funzionalità del fegato e che bilanci in modo adeguato i nutrienti.

Vediamo insieme le raccomandazioni dietetiche per chi soffre di fegato grasso o di steatosi:
1. Ai fini del dimagrimento si raccomanda una restrizione calorica di almeno 500 kcal giornaliere rispetto all’introito abituale, da associarsi ad un’aumentata attività fisica.
2. La dieta deve essere in primo luogo a basso contenuto di carboidrati: si consiglia di non superare il 40% dell’introito energetico quotidiano; parimenti non si dovrebbe eccedere oltre il 30-35% di grassi.
3. Le fonti dei carboidrati devono essere a basso carico glicemico: si limitino il più possibile i farinacei (pane, pizza, prodotti da forno) e si preferiscano i prodotti integrali.
4. Vanno esclusi i dolci e va limitato il consumo quotidiano di frutta: il fruttosio è lo zucchero che maggiormente determina l’accumulo di grassi nel fegato. Non va assolutamente usato come dolcificante.
5. L’apporto giornaliero di fibra insolubile derivante da cereali e da legumi deve essere di almeno 25 g.
6. I grassi alimentari devono provenire il larga maggioranza da grassi monoinsaturi (olio extravergine, avocado) e polinsaturi (pesce selvaggio, frutta secca) per il loro potenziale antinfiammatorio; devono essere aboliti i grassi trans (oli e grassi usati dall’industria), le margarine e i condimenti diversi dall’olio extravergine. Si faccia un uso moderato e non quotidiano di fonti di grassi saturi (carne, burro, formaggi).
7. Le proteine devono prevenire in larga parte da pesce, pollame e legumi. A causa della correlazione con il cancro al colon vanno aboliti gli insaccati e gli affettati (prosciutto, bresaola, speck, salame…); va moderato il consumo di carne rossa fresca per l’elevato contenuto di ferro: spesso il fegato malato presenta difficoltà nello stoccaggio di questo minerale.
8. Benché la NAFLD e la NASH non siano causate dal consumo di alcol, va comunque sconsigliata l’assunzione di vino, birra, liquori e alcolici: l’etanolo contenuto peggiora il quadro patologico.

In termini pratici, in cosa si traducono queste indicazioni?

Il ruolo dei carboidrati
Il consumo eccessivo e smodato dei carboidrati, soprattutto se raffinati o provenienti dai dolci, è tra le cause principali della steatosi non alcolica. Il fegato trasforma i carboidrati in eccesso in trigliceridi che vengono stoccati nell’organo stesso, determinando una perdita delle sue funzionalità e l’avvio del processo infiammatorio. La compresenza di resistenza insulinica, diabete e ipercolesterolemia fa sì che i carboidrati diventino il nemico numero 1 del malato di fegato.
L’impegno che si chiede al paziente è duplice: da una parte limitare l’introito quantitativo, sull’altro versante di migliorare la scelta qualitativa.

Le diete a basso contenuto di carboidrati hanno dimostrato efficacia nel ridurre i livelli di triglicerici e di glucosio, nel migliorare la risposta insulinica e nell’aumentare i livelli di colesterolo protettivo HDL. Al contrario, pazienti che assumevano circa il 60% di carboidrati (pur in presenza di dieta ipocalorica) avevano livelli di aminotransferasi particolarmente elevati, segno inequivocabile di affaticamento epatico.

Diversi studi clinici hanno dimostrato che la dieta più efficace a detossificare il fegato è a bassissimo contenuto di carboidrati, meno del 10% del contributo calorico quotidiano: praticamente una quota che si copre solo con verdura e poca frutta. Sebbene questa sia la dieta migliore dal punto di vista dei risultati, non lo è per quanto riguarda la fattibilità sul lungo termine: un paziente obeso con NAFLD si trascina anni e anni di cattive abitudini alimentari, da correggere per gradi e da ottimizzare in modo da permettergli di risolvere i suoi problemi di salute senza troppi sacrifici. Pertanto, più che azzerare il contributo di carboidrati si rivela migliore un approccio che ne preveda una diminuzione (circa il 40% delle calorie totali) con una modifica della loro qualità.
Il suggerimento è quello di sostituire i prodotti raffinati con quelli integrali: si preferisca il pane integrale e il pane di segale, si sostituisca la pasta bianca con quella integrale (biologica, poiché quella non bio viene fatta con crusca aggiunta che non è utile a fini salutistici) e il riso bianco con quello semi-integrale; è consigliabile introdurre come fonti di carboidrati anche farro e orzo.

Non sono da consumare (nemmeno se integrali) gallette di riso o di mais, pane in cassetta, grissini, taralli, crackers, pizza e focaccia. Da abolire anche le bevande zuccherate: succhi di frutta, tè in bottiglia, bevande gassate dolci; il consumo di queste bibite va disincentivato anche qualora fossero “sugar-free”: diversi studi dimostrano che la sostituzione dello zucchero con dolcificanti chimici non si correla ad una perdita di peso e anzi pare aumentare la fame.

Vanno assolutamente escluse le calorie vuote (ossia caramelle, gelato, torte…). I dolci sono da riservare alle occasioni speciali, come compleanni e festività.

Fibra vegetale
Per aumentare la sazietà e per avere un maggiore apporto di vitamine e nutrienti si deve aumentare il consumo di legumi, frutta e verdura.
Le linee guida suggeriscono di introdurre un giorno sì e uno no i legumi, di non dimenticare ad ogni pasto una porzione di verdura (cotta o cruda) e di inserire la frutta a colazione o come spezzafame, senza superarne le due porzioni al giorno (circa 400 g).
Ricordate che alcuni ortaggi hanno un tropismo spiccatamente epatico, ossia svolgono un’azione tonica e detossificante sul fegato: carciofi, catalogna, erbe amare e cicoria in primis.

Frutta secca
Inserire anche quotidianamente noci, mandorle e nocciole aiuta ad abbassare i fattori di rischio cardiovascolare, a cui un malato di NAFLD è più soggetto rispetto alla media della popolazione: gli acidi grassi insaturi della frutta oleosa a guscio contribuiscono ad abbassare i livelli di trigliceridi e di colesterolo totale, segnali di infiammazione circolatoria.
Fate attenzione a non eccedere con la frutta secca, poiché potreste sforare il quantitativo giornaliero di grassi, una percentuale da tenere ben controllata se si soffre di fegato grasso. Inoltre vi suggerirei di comprare frutta secca solo se a guscio e non tostata: la tostatura va a deteriorare i preziosi acidi grassi contenuti, e talvolta addirittura a irrancidirli rendendoli molto difficili da metabolizzare per un fegato affaticato.

Olio extravergine d’oliva
La particolare ripartizione tra acidi grassi monoinsaturi, polinsaturi e saturi dell’olio extravergine rende questo condimento il più adatto sia da usare in cottura che da aggiungere a crudo: l’olio extravergine non si deteriora a meno che si raggiunga il punto di fumo (fritture) o venga mal conservato. E’ un preziosissimo alleato della nostra salute: è protettivo nei confronti di malattie cardiovascolari, regolarizza i livelli di colesterolo nel sangue e -grazie alla presenza di vitamina E e tocoferoli- svolge un effetto antiossidante.
Il malato di NAFLD non dovrebbe mai usare altri oli all’infuori dell’extravergine.

Le fonti proteiche
Diversi studi condotti sia nel breve (26 settimane) che nel lungo (10 anni) termine hanno dimostrato che un incremento delle proteine in associazione alla riduzione dei carboidrati e ad una dieta a basso carico glicemico sia efficace a permettere il dimagrimento, a migliorare la funzionalità del fegato e soprattutto a mantenere un peso corporeo adeguato quando si fosse raggiunto il normopeso. Si tratta di studi di rilievo, dal momento che hanno interessato un totale di 168.000 persone!
E’ però importante non trarre conclusioni affrettate: gli studi sottolineano che quando l’aumento proteico deriva in larga parte da carne processata i benefici vengono vanificati da un aumento del rischio di diabete e di patologie cardiovascolari.
In termini pratici, si consiglia di non consumare affettati e insaccati, e di limitare la carne rossa a non più di 200-300 g a settimana (due piccole porzioni) preferendo quella magra (ad esempio il filetto anziché la costata). Le fonti proteiche da prediligere sono il pollame (pollo, tacchino, coniglio), il pesce (specialmente quello non d’allevamento, più ricco di omega-3 anti-infiammatori) e -ovviamente- i legumi, da inserire almeno 4 volte a settimana.

L’integrazione di sostanze
La terapia medica per il trattamento della NAFLD prevede anche un’integrazione di vitamina E, vitamina C e vitamina D, per le loro spiccate proprietà antiossidanti e protettive. Non si deve ricorrere al fai-da-te nell’assumere tali integratori, ma ci si deve rivolgere al proprio medico di base o all’epatologo: se i valori ematici non vengono monitorati si rischia di andare in ipervitaminosi, predisponendosi a rischi per la salute. L’eccesso di vitamina E causa aumentato rischio emorragico, quello di vitamina C cancro ai polmoni e quello di vitamina D stenosi e calcificazione.
E’ importante sottolineare che questi effetti collaterali si riscontrano solo a seguito dell’assunzione di integratori: usando fonti alimentari delle vitamine non si corre alcun rischio, poiché ciascuna sostanza viene modulata nella sua azione da tutti gli altri micronutrienti contenuti nel cibo.
Nello specifico, vediamo quali sono buone fonti vitaminiche:
– La vitamina E si associa ai grassi vegetali; la nostra fonte primaria è l’olio extravergine, ma è contenuta anche nella frutta secca a guscio
– La vitamina C è contenuta in kiwi, agrumi, fragole, spinaci e ribes
– La vitamina D si trova associata a grassi animali: ne sono ottime riserve il tuorlo delle uova e il pesce grasso, come il salmone, lo sgombro, il rombo e le sardine

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La prevenzione

La steatosi epatica non alcolica va prevenuta prima di essere curata; come ampiamente discusso all’inizio di questo articolo, la sua genesi si correla a un eccesso di peso (soprattutto a livello addominale) e ad un aumento dei fattori di rischio cardiovascolare (colesterolo LDL, trigliceridi, ipertensione).

In particolare quando in famiglia ci sono casi di fegato grasso è bene tenere a mente questi consigli per la prevenzione:

– Mantenere un peso corporeo adeguato, e perdere peso qualora ce ne fosse in eccesso.
– Fare attività fisica, di qualsiasi tipo purché ci si mantenga attivi!
– Moderare il consumo di carboidrati, preferendo quelli integrali e a basso carico glicemico.
– Evitare i grassi industriali “nascosti”, il che equivale a dire evitare i prodotti confezionati soprattutto quando in etichetta sono riportate margarine e oli vegetali di qualsiasi tipo.
– Variare quotidianamente la fonte proteica principale, preferendo carni bianche, pesce e legumi.
– Introdurre almeno 3-4 voltea settimana -se non giornalmente- della frutta secca a guscio, utile per la prevenzione cardiovascolare.
– Tenere sotto controllo i valori ematici di colesterolo totale e HDL, trigliceridi, enzimi epatici e glicemia.

Bibliografia
– N.Chalasani, Z.Younossi, J.E.Lavine, A.M.Diehl, E.M.Brunt, K.Cusi, M.Charlton, A.J.Sanyal, Liver disease: practice guideline by the American Association for the study of liverdiseases, American College of Gastroenterology and American Gastroenterological AssociationHepatology
– F.Barrera, J.George, The role of diet and nutritional intervention for the management of patients with NAFLDClin Liver Dis 18 (2014) 91-112