Per le future (o neo) mamme le indicazioni dei pediatri sono chiari: l’allattamento al seno è, se non tassativo, quantomeno auspicabile per i primi mesi del bimbo; lo svezzamento, secondo le più recenti direttive, può avvenire tra il 5° e il 6° mese: non prima, perché l’intestino non è ancora perfettamente funzionante, e non dopo, per ridurre il rischio di allergie. Le prime pappe del bambino dovrebbero essere integrate all’allattamento materno, senza che esso venga di colpo sospeso: questo agevola l’accettazione da parte del bimbo dei nuovi alimenti che gli vengono proposti, e rende meno traumatica la rottura di un legame tanto simbiontico con la madre come solo l’allattamento può essere.
Riguardo l’alimentazione del bambino nei primi anni di vita ci sarebbe molto da dire: è un argomento estremamente affascinante, almeno secondo il mio punto di vista, perché è durante questi primi approcci con il cibo che si pongono le basi non solo per lo sviluppo del gusto, ma anche per il proprio assetto metabolico. Non solo: il modo in cui si vive l’alimentazione durante i primi anni segna il bambino anche dal punto di vista psicologico, in quanto il subconscio è carica di significati allegorici quanto sta nel piatto e deve passare per la bocca, diventando parte di noi.
Ma prima di affrontare queste tematiche, voglio partire dalle basi: perché allattare?
Esistono situazioni per le quali la mamma non può allattare al seno il bambino, ma le uniche motivazioni concrete nelle quali l’allattamento è sconsigliato si contano sulla punta delle dita: quando la madre non ha latte, quando la madre è sieropositiva o fa uso di droghe, quando il bambino soffre di galattosemia (malattia metabolica diagnosticata alla nascita). In questi casi è il pediatra stesso a consigliare il ricorso a formule, ossia a latti in polvere. Tutte le altre giustificazioni sono motivazioni “di comodo” che, per quanto reali, non sollevano vere controindicazioni: spesso, ad esempio, la madre non allatta perché non ha tempo.
L’allattamento al seno materno è importantissimo per il corretto sviluppo del bambino. Prescindiamo dalla connotazione psicologica che è intrinsecamente legata a quest’atto, e focalizziamoci invece sui vantaggi che il bambino ne può trarre.
I bambini allattati al seno…
Si ammalano meno. Il latte materno, oltre ad essere perfettamente sterile, è ricco di anticorpi e anti-infettivi che danno al bambino difese immunitarie di cui alla nascita è sprovvisto.
Crescono più lentamente. Il latte materno contiene circa 10 g di proteine ogni litro: i latti in polvere ne contengono almeno 12-15 g (il latte vaccino ben 34 g!). La quantità può sembrare esigua, ma immaginate la differenza che può fare il minimo eccesso proteico su un esserino tanto minuto!
Hanno meno rischi di sviluppare obesità. Si ricollega a quanto detto sopra: nel primo periodo di vita un’alimentazione iperproteica agevola la formazione di grasso; in seguito sarà l’eccesso lipidico a essere pericoloso.
Hanno un QI più elevato. Lo studio che ha dimostrato quest’importante riscontro non è recente, risale al 1999, ma è quantomai attuale: i bambini allattati al seno hanno un quoziente intellettivo superiore di 3 punti rispetto a quelli allattati artificialmente.
Da adulti avranno meno rischio di sviluppare sindrome metabolica. Uno studio condotto su ampio range di persone tra i 17 e i 65 anni ha dimostrato che tra coloro i quali erano stati allattati al seno si registravano valori inferiori di pressione arteriosa e colesterolo.
Ma non è tutto! Se queste motivazioni non fossero sufficienti, il latte materno ha anche altri vantaggi: è economico, sempre alla temperatura ideale, ed è fisiologicamente e costantemente adattato alle necessità del bambino. Il latte della mamma non è sempre uguale: inizialmente è più ricco di proteine, ma poi la composizione chimica si modifica a vantaggio dei lipidi, indispensabili per la costruzione delle sinapsi nervose del bimbo. La composizione varia anche in una stessa poppata: cambia la concentrazione dei nutrienti, e cambia il sapore, diventando meno dolce verso fine poppata per indurre il bambino a staccarsi. Una simile regolazione non potrà mai essere imitata da una formula…
I vantaggi per il bambino sono dunque innumerevoli, ma ce n’è uno anche per le mamme! Allattare al seno aiuta a recuperare la forma fisica pre-gravidanza, incentivando la perdita dei chili in più rimasti dopo il parto. Durante i nove mesi di attesa, infatti, il grasso è stato deposto soprattutto a livello di fianchi e gambe: si tratta di grasso sottocutaneo, che il corpo utilizza a scopo energetico. Allattare costa molta energia, mediamente 550 kcal al giorno, che il corpo preleva proprio dalle antiestetiche scorte lipidiche accumulate durante la gravidanza.
Quindi, future mamme in lettura, se potete allattare fatelo: si apre un nuovo capitolo della vostra vita, ed è importante mettere le giuste fondamenta. Per voi e, naturalmente, per il vostro bambino.
11 Comments
Ho smesso di allattare da poco (maggio di quest’anno) e al di là dell’esperienza personale meravigliosa che è allatare il proprio figlio (ma qui si tratta di empatia e sentimenti, tutta un’altra sfera) sono ovviamente d’accordo con quello che hai scritto su tutta la linea. Allattare non solo è bello, ma è anche comodo: sai che palle dover mettere su l’acqua a bollire e preparare il biberon alle 4 del mattino?? Ecco, la tetta alla spina è una gran cosa! 🙂
Però una cosa, che sicuramente è personale e individuale, non è proprio come dici tu: quando allatti bruci tante calorie, ma ti viene una fame che ti mangeresti un bufalo. Con pelo e corna annessi.
Io non sono riuscita a dimagrire mentre allattavo… o meglio: i fianchi e le cosce sono diminuiti, sì, ma la pancia fatica a rientrare fino alla fine dell’allattamento. Io poi, avendo subito un parto cesareo, sono un caso ulteriormente a parte. I miei muscoli addominali, dopo la gravidanza, un travaglio infinito e alla fine l’intervento, si sono presi un anno sabbatico 🙂
Anche mia mamma in effetti mi dice che quando si allatta si ha una fame spaventosa, e se non la si asseconda ci si sente sempre stanche… Beh, quantomeno è un mangiare di più senza ingrassare ulteriormente, suvvia 😉 Per quanti mesi sei riuscita ad allattare?
Mi piace! 🙂 Per dirla alla FB! 😉
Comunque mi piace molto questo articolo e con questo nanetto prossimo prossimo all’arrivo spero di riuscire ad allattare anche più della prima… Anche se la vedo difficile… Non sono di quelle mamme mucche che devono far i salti mortali per smettere di allattare. A me ad un certo punto il latte è semplicemente finito.
Grazie mille per l’approfondimento, ti seguo sepre interessata!
Non è una colpa: ad alcune il latte finisce prima che ad altre, è fisiologico 🙂 Se ti può interessare, ho in mente di scrivere un articolo anche sull’alimentazione che dovrebbe avere la madre che allatta, ma ne ho così tanti in mente che non so quando lo pubblicherò. Cercherò comunque di metterlo tra i primi in lista d’attesa, di modo che ti possa essere utile! 🙂
Magari!!! 🙂 Considera che alla visita di ieri il ginecologo mi ha fatto “Che dici, riusciamo ad aspettare almeno altri 10 giorni?”. Quindi qui è probabile che questo nanerottolo lo scodelli presto! 😀
Il prossimo lo farò ad hoc per voi neo-mamme, promesso 🙂
Ho allattato fino a cinque mesi completamente, poi ho cominciato lo svezzamento riducendo a 2 poppate al giorno, fino a 8 mesi. Poi ho smesso per 2 motivi: il mio latte aveva perso di sostanza (infatti da lì a poco mi ha detto ciao) e il nano aveva già 4 denti e puoi immaginare che goduria…
Mi interesserebbe un bel dibattito futuro sull’alimentazione della prima infanzia (oltre a quella della mamma in allattamento) prima o poi 😀
E’ in agenda anche questo, don’t worry! I bambini mi piacciono, se si tratta di parlare della loro alimentazione con i genitori… Quando invece si deve convincerli a mangiare cose sane *sorvoliamo sulle mie capacità di portare pazienza*… 😛
Ciao Arianna,
la mia bambina ha 17 mesi ed io ancora non riesco a smettere di allattare. Ultimamente la sto vivendo con un po’ di stanchezza, soprattutto per le limitazioni su farmaci/integratori che per disturbi vari dovrei/vorrei prendere. Però mi rendo conto che non siamo ancora pronte. Lei me lo chiede (anche più spesso di prima) ed io non riesco a negarglielo e soprattutto mi rendo conto che traggo ancora un immenso piacere dai quei momenti di intimità che viviamo mentre la allatto. Rispetto a quello che hai scritto vorrei aggiungere un paio di cose. Innanzitutto vorrei dire che se ho potuto allattare ed allatto ancora è stato solo perché sulla mia strada ho incontrato una consulente del consultorio iscritta all’AICPAM (Associazione italiana consulenti professionali allattamento materno): i primi tempi, infatti, ho avuto molti problemi (ingorghi, mastite, coaguli di latte) e sono andata avanti, con caparbietà, solo perché mi rendevo conto di cosa avrei negato alla mia bambina passando alla formula, sopportando dolori fortissimi. La sua preparazione tecnica e la sua assistenza, però, mi hanno permesso di superare queste crisi ed andare avanti. Non avessi incontrato lei avrei mollato pensando di essere una delle sfortunate che “non possono” allattare (una volta, fuori città, sono dovuta andare all’ospedale, dove mi hanno letteralmente massacrata). Aggiungo infine che sono una mamma con un lavoro, ahimè, faticosissimo e assorbente e che sono dovuta rientrare quando la bambina aveva 4 mesi. Sono andata avanti a tirarmi il latte finché la bimba non ne ha avuti 10. Anche in questo caso è stata solo la mia forza di volontà a farmi andare avanti.
Credo che l’allattamento sia una delle esperienze più belle che si possano fare, ma se ci sono problemi o se si lavora molto diventa diventa un percorso estremamente faticoso che solo la consapevolezza della sua importanza può farti decidere di percorrere (o di “non abbandonare”).
Grazie di cuore per la tua testimonianza cara Alina… Dico davvero, penso che possa essere d’aiuto e di esempio a tante altre donne che capiteranno sul mio sito alla ricerca di informazioni di come allattare in caso di difficoltà alla montata lattea. Anzi, appena ho un attimo di tempo aggiorno questo articolo e tutti gli altri sull’allattamento segnalando il sito AICPAM, intanto comincio a metterlo su Facebook!
tasto molto dolente per me.
Il mio bambino è nato lo scorso 31 dicembre.
Gia prima che nascesse avevo delle perplessità sull’allattamento al seno. Ero spaventata dai racconti di mastiti, ingorghi, sangue, dolori lancinanti che durano mesi, stanchezza cronica; dall’idea di essere insostituibile e non potermi allontanare per più di due ore, a meno di tirare fuori le tette in pubblico, cosa che mi faceva avvampare alla sola idea. E sapevo di avere un’anatomia del capezzolo non favorevole: piatto e introflesso.
Probabilmente me la sono tirata, perché mio figlio non si attaccava, è calato troppo di peso ed è finito sotto la lampada per ittero, per cui sono stata dimessa con la famigerata aggiunta. devo ammettere però che tornata a casa dall’ospedale ad attaccarlo non ci ho proprio più riprovato, complice anche un po’ di pressione da parte di mia madre – che non ha allattato ne me ne mia sorella – che sotto sotto mi faceva capire che era meglio così: più libertà, meno stress, meno fatica..che volevo di più? Mi sono tirata il latte per un po’, ma è andato via in breve tempo senza bisogno di farmaci.
Adesso che il mio bambino ha quasi due mesi però ho capito che la vera ragione per cui ho rinunciato così presto è perché non ho avuto fiducia in me stessa: avevo il seno ‘sbagliato’, non sarei stata capace, non avrei avuto latte, sarei stata male. Insomma, mi sono convinta che non ce l’avrei mai fatta per cui tanto valeva non provarci proprio più.
Mio figlio cresce benissimo e sta bene, ma mi rimane il rimpianto di non aver fatto quel che è meglio per lui a causa della scarsa fiducia nelle mie capacità.