Che pentole usate in cucina?
Personalmente non ho mai fatto troppo caso al pentolame, fino a che non sono andata a vivere da sola: lì mi sono resa conto di quanto una buona pentola potesse fare una concreta differenza nella riuscita di una ricetta. Inoltre, le pentole sono uno strumento che è a stretto contatto con il cibo ad alte temperature: bisognerebbe porre massima attenzione ai materiali di cui sono fatte, per evitare che particelle derivate da plastica e petrolio possano finire in quello che mangiamo.
Possiamo dividere in due categorie i tegami da cucina: quelli antiaderenti, e quelli non antiaderenti.
Prima di scendere nel dettaglio, ricordate una regola fondamentale: maggior peso = maggior prezzo = maggior qualità e durata. Ecco, non fidatevi dei tegami troppo leggeri o a prezzi stracciati: quanto ci scommettete che il cibo facilmente si brucia al loro interno, e/o che dovete cambiarle frequentemente?
Padelle antiaderenti
L’antiaderente è un rivestimento di una pentola o padella costruita in lega metallica (tendenzialmente alluminio); tale rivestimento è costituito da un numero variabile di strati di PTFE (politetrafluoroetilene, ossia carbonio + fluoro): maggiori sono gli strati, migliore è la qualità del tegame (empiricamente si può valutare dalla pesantezza della vostra padella: più pesante è, maggiore sarà il numero di strati di PTFE e migliore sarà la qualità del metallo di cui è costituita). Il PTFE è conosciuto con il nome commerciale di Teflon, Fluon, o altri; è erroneamente associato ad una presunta pericolosità della padella a contatto con il cibo: in realtà la situazione è più complessa. Le pentole antiaderenti non sono di per sé pericolose: lo diventano quando usate in modo improprio, ossia quando la superficie non è integra ma è scalfita, e quando le temperature a cui le si porta sono troppo elevate.
Il discorso andrebbe ampliato ulteriormente: il rischio concreto di cancerogenicità delle padelle antiaderenti è legato all’uso di un componente presente nel processo il lavorazione, lo PFOA: attualmente la legislazione europea ha fatto sì che sia sempre meno presente a livello industriale, quindi un futuro credibile è quello di una produzione di padelle e pentole completamente prive di PFOA. Il problema ulteriore è che non è ancora stata accertata la non-cancerogenicità di altre sostenze utilizzate per la creazione degli stati antiaderenti, quindi chissà: magari in futuro si scoprirà che quello finora ritenuto sicuro non lo è al 100% (d’altronde, è una dinamica verificatasi in moltissimi casi, come quelli relativi all’inquinamento delle falde acquifere o all’uso di bisfenolo nella produzione di materiale plastico).
Prima di chiederci se sia possibile fare un utilizzo sicuro delle padelle antiaderenti, sarebbe meglio chiederci se si possa farne completamente a meno.
In linea teorica, sì. Nella pratica – a mio parere – no. Le padelle antiaderenti sono estremamente comode per diverse preparazioni: l’alternativa sarebbe usare analoghi in metallo (ghisa, ferro, alluminio), aumentando però in modo significativo l’uso di un grasso (olio o burro) che eviti che il cibo si attacchi alla superficie calda. Al di là dell’apporto calorico maggiore (che personalmente non vedo come particolarmente problematico!), maggiore quantità di grasso in cottura significa anche minore digeribilità dell’alimento: una situazione non propriamente ottimale.
Quindi, ben vengano le padelle antiaderenti!
Per poterle usare in sicurezza i miei consigli sono:
– Preferite padelle antiaderenti in acciaio inox e non in alluminio.
– Valutate la pesantezza del tegame: se è troppo leggero, significa che il rivestimento ha pochi strati, e si scalfirà facilmente.
– Se la superficie è scalfita, buttate e sostituite il tegame perché non è assolutamente più sicuro (per evitare di segnare la superficie interna, usate solo cucchiai o posate in legno o silicone al suo interno: niente coltelli, forchette e simili).
Una buona alternativa alle padelle antiaderenti è la ghisa vetrificata. A breve parlerò della ghisa grezza: la variante vetrificata è leggermente più leggera e maneggevole, di più facile manutenzione, e più adatta a cotture in umido o che richiedano pochi grassi. Esiste la ghisa con vetrificazione chiara (adatta a cotture in umido, come per esempio arrosti e brasati) e la ghisa con vetrificazione scura (adatta a grigliature e spadellature). Questo articolo di Le Creuset chiarirà i vostri dubbi.
La ghisa grezza
La ghisa grezza (non smaltata/non vetrificata) è un’opzione meno costosa della vetrificata, ma più adatta a lunghe cotture e cotture in forno: io mi sono innamorata dell’uso delle padelle in ghisa dopo aver seguito un corso di cucina one-to-one con Alessandra del Sole, che me ne ha decantato le virtù e i vantaggi. Essendo un’amante di cotture dolci e prolungate, ho acquistato sia una padella in ghisa che una pentola; alcune preparazioni, a parità di ingredienti usati, non reggono assolutamente il confronto: vengono dieci volte meglio nella ghisa grezza. Ad esempio: il ragù di manzo o di lenticchie, le preparazioni con legumi (curry vegetale, minestroni, dahl…), gli spezzatini e gli arrosti, le melanzane, le zucchine e in generale gli ortaggi che devono formare una deliziosa superficie arrostita aromatica.
Gli aspetti negativi della ghisa grezza sono:
– Il peso! Sono tegami molto pesanti e non propriamente maneggevoli, non vanno in lavastoviglie e vanno puliti senza uso di spugne abrasive.
– La manutenzione: per mantenere perfetta la superficie della ghisa bisognerebbe tenerla regolarmente oliata. In pratica, si pone un giro di olio (evo, di cocco, o semplice burro) sulla superficie del tegame in ghisa, si porta a scaldare sul fornello e si distribuisce uniformemente il grasso su tutta la superficie. Si spegne il fuoco e si lascia completamente raffreddare: il grasso verrà assorbito dalla superficie porosa della ghisa, promuovendo sempre di più la sua resistenza, la sua capacità di distribuire uniformemente il calore e la sua proprietà antiaderente (che, ai primi usi, non è assolutamente presente).
La ghisa è inscalfibile ed eterna: non dovrete mai cambiare una pentola in ghisa, quindi si tratta di un investimento per la vita. Ha anche il vantaggio di riuscire a distribuire uniformemente il calore, e di mantenere a lungo la temperatura: a seconda dell’uso che se ne fa, questi possono essere grandi vantaggi.
Tegami non antiaderenti
Tra i materiali usati nella categoria non-antiaderente abbiamo acciaio, acciaio inox (più robusto e resistente), alluminio, materiale naturale in coccio o terracotta.
Tra tutti, io consiglio l’acciaio inox a doppio fondo: è più costoso e pesante, ma, come la ghisa, è inscalfibile, è sicuro da un punto di vista salutistico, è duraturo; al contrario della ghisa, praticamente non richiede manutenzione e può essere messo agevolmente in lavastoviglie. Lo svantaggio è che non distribuisce uniformemente il calore e non mantiene la temperatura: utile per preparazioni rapide o comunque non lunghe, e che debbano essere consumate al momento. Ad esempio: non userei mai la ghisa per preparare un primo piatto, e non userei mai l’acciaio per uno spezzatino o una cottura in umido.
Questione alluminio nei tegami: onestamente, lo sconsiglio. L’alluminio non conduce bene la temperatura, causando un surriscaldamento della superficie che rischia di far bruciare il suo contenuto: oltre a non essere d’aiuto nella riuscita di una ricetta, la bruciatura del cibo causa la formazione al suo interno di idrocarburi policiclici aromatici, che sono dannosi per la salute. Le pentole di acciaio possono essere adatte per cotture con acqua (ad esempio per la pasta), ma non per cotture che prevedano il contatto diretto del cibo con la superficie, e soprattutto mai per cotture che presentano alimenti acidi o salati (l’alluminio del tegame può migrare nel cibo). L’alluminio può essere più maneggevole dell’acciaio, ma non potrebbe essere lavato in lavastoviglie perché aumenterebbe il rischio di formazione di ruggine.
Insomma, è poco costoso, ma poco utile in cucina.
I tegami in coccio o terracotta sono a mio parere un equivalente naturale della ghisa: ottimi conduttori di calore, permettono di cuocere uniformemente il cibo, e mantengono a lungo la temperatura. Ottime per i legumi, i minestroni, gli stufati. Tuttavia, a differenza della ghisa, presentano due svantaggi:
1) Sono materiali porosi, pertanto hanno una traccia del sapore del cibo (mai cucinare in un tegame di coccio il pesce, e il giorno dopo la verdura: saprà di pesce).
2) Bisogna prestare attenzione allo shock termico, che rischia di rompere la padella.
Come la ghisa, non possono essere posti in lavastoviglie e bisogna fare attenzione a non usare detersivi aggressivi o spugne abrasive al loro interno.
I miei indispensabili
Volete sapere cosa ho io nel cassettone delle pentole e delle padelle?
Detto fatto!
– Due pentole in acciaio inox con doppio fondo e coperchio, una più alta e stretta e una più bassa. Le uso per la pasta, il riso e i sughi espressi, o per scaldare cibo già cotto.
– Una padella ampia in ghisa grezza, a un manico con coperchio in vetro; la uso per le verdure arrosto (che faccio spessissimo perché deliziose), polpette al sugo di manzo/tacchino/vegetali.
– Una padella ampia in ghisa vetrificata scura, a un manico con coperchio in vetro (lo stesso di cui sopra); la uso per la maggior parte delle verdure (non arrostiscono benissimo come nella ghisa grezza, ma ci mettono meno a cuocere), per le uova e le frittate, per la carne e il pesce, per le piadinette di farro o di ceci, il risotto. E’ il tegame che uso più spesso.
– Una pentola media in ghisa con coperchio, che uso per sughi di lunga cottura, ragù, arrosti, spezzatini, minestre e minestroni, legumi e preparazioni umide con legumi.
– Un wok in ghisa vetrificata scura, che uso per le verdure saltate in padella e per alcune preparazioni di uova che richiedono una certa sofficità.
Che non uso praticamente mai…
– Una pentola con coperchio grossa, che uso per quando devo preparare *tanta* pasta (magari quando ho ospiti o cucino doppio).
– Due pentole in coccio, che un tempo usavo spesso per il legumi, ora sostituite con la ghisa (ho notato che anche il sapore è diverso).
Poi, sapete che ho anche una Instant Pot a cui sono profondamente affezionata! Ne avevo parlato in un paragrafo qui. La uso ancora spesso perché avere una pentola elettrica è comoda: posso avviare le cotture che proseguono da sole nottetempo, senza doverle seguire; spesso la uso anche in funzione di pentola a pressione (per piovra e molluschi, per cuocere velocemente patate e legumi). Come riuscita finale preferisco sicuramente la ghisa: l’Instant Pot ha lo svantaggio di far rimanere le preparazioni troppo acquose, bisogna calibrare benissimo la quantità di liquido, mentre invece nella ghisa i sughi rapprendono e diventano deliziosamente cremosi e densi. Ma come praticità, direi che l’Instant Pot è sempre una salvezza!