Nel pieno stato di salute il corpo è caratterizzato da un perfetto equilibrio, che viene definito omeostasi organica. Tale equilibrio non è da intendersi come una condizione statica: è al contrario caratterizzato da una raffinata dinamicità tale per cui ad ogni azione corrisponde una reazione adeguata a bilanciarla.

La nostra omeostasi viene quotidianamente scossa non solo da eventi traumatici quali malattie o stress psicofisico, ma anche dai più banali atti giornalieri, come il semplice nutrirsi, fare un lavoro di fatica, correre, esporsi all’aria fredda ambientale o del climatizzatore. Se è in salute il nostro corpo è perfettamente in grado di far fronte a queste piccole sfide, e a bilanciare in modo ottimale le perturbazioni che scuotono l’equilibrio omeostatico. Tuttavia, quando le difese immunitarie sono basse o quando le condizioni perturbanti durano nel tempo il nostro organismo è meno efficiente, ed è in questo modo che possono prendere avvio fenomeni che se trascurati possono portare all’instaurarsi di patologie. Mi riferisco ad esempio a infiammazione cronica e all’acidosi metabolica. L’infiammazione tissutale è quel fil rouge che unisce diversi tipi di malattia – dal cancro al diabete, dall’obesità all’aterosclerosi; ma non è di questo che voglio parlarvi oggi. Affronterò invece l’argomento dell’acidosi metabolica, che -esattamente come l’infiammazione- si può instaurare a seguito di uno stile di vita poco equilibrato.

Che cos’è l’acidosi e le sue cause
I sintomi che possono far suonare un campanello d’allarme sono molteplici e molto diffusi nella popolazione: stanchezza cronica e apatia, ottundimento mentale, nervosismo, facilità di insorgenza di crampi muscolari, dolori a ossa e articolazioni, ritenzione idrica e cellulite diffusa, borse scure sotto gli occhi, secchezza della cute e fragilità dei capelli.
Una condizione cronica di acidosi può essere causa di invecchiamento precoce, sonnolenza, episodi di calcolosi renale, perdita di minerali ossei (osteopenia) e -cosa assai temuta dagli atleti- catabolismo muscolare (ossia perdita di massa magra).

Di fatto l’acidosi metabolica è un accumulo di scorie metaboliche provenienti da attività fisica intensa, stress psicofisico, esposizione costante a inquinanti ambientali, (ab)uso di farmaci, droghe e alcol, scarso apporto di liquidi, sedentarietà e abitudini alimentari scorrette. Normalmente il nostro corpo è in grado di pulire l’organismo dalle scorie grazie ai cosiddetti organi emuntori (depurativi): pelle, polmoni, intestino, reni. Tuttavia, quando lo stimolo scorretto di protrae nel tempo la capacità del corpo di ri-equilibrarsi subisce un rallentamento, che porta all’accumulo costante di sostanze acide nei tessuti. Un buon modo di misurare lo stato di acidosi è la misurazione del pH urinario attraverso appositi kit che si comprano in farmacia: valori auspicabili sono di 6.5-7, valori inferiori a 5.0 indicano forte acidosi.

Alimentazione e acidosi
La dieta e il modo di alimentarsi incidono in modo significativo sullo stato di acidosi metabolica, per diversi motivi. Innanzitutto bisogna considerare che a seconda della specifica composizione biochimica un alimento può essere acidificante o alcalinizzante (ovvero in grado di contrastare l’acidosi): le proteine e i carboidrati creano acidosi, i grassi sono pressoché neutri, i sali minerali sono alcalinizzanti (in particolare potassio, magnesio, calcio e fosforo, mentre zinco, fosforo e cloro sono leggermente acidificanti).

Al di là del potere acidificante o alcalinizzante del cibo preso di per sé stesso, anche il modo in cui ci nutriamo incide e contribuisce all’acidosi metabolica. L’esempio classico è quello della dieta dimagrante: la perdita di peso corporeo porta -così come è auspicabile- alla liberazione di acidi grassi conservati nel tessuto adiposo; questi acidi grassi liberi (FFA, free fatty acid) comportano tuttavia un peggioramento dell’acidosi organica: è per questo motivo che diete fortemente ipocaloriche e sbilanciate compromettono lo stato di salute. La persona sarà deperita, non dimagrita. Nel contesto di una dieta ipocalorica è indispensabile che siano presenti alimenti alcalinizzanti in grado di contrastare l’acidosi: frutta, verdura, erbe aromatiche fresche e spezie.

L’indice PRAL
Il PRAL (potential renal acid load) esprime la misura potenziale del carico acido renale, ovvero il potere acidificante dei cibi. I valori sono calcolati in base al contenuto proteico e minerale degli alimenti: valori positivi indicano cibi acidificanti, valori negativi indicano cibi alcalinizzanti.
Come per l’indice glicemico, ha poco senso prendere il considerazione il PRAL di un alimento svincolandolo dal contesto: quello che conta è il potenziale acidificante totale di un pasto. Ad esempio un pasto a base di carne o pesce sarà certamente acidificante, ma se fosse ben bilanciato da un contorno di verdura cruda il carico PRAL verrebbe abbassato notevolmente.
Bisogna inoltre tenere in considerazione i processi industriali che un dato alimento può aver subito: più un alimento è processato, più sarà acidificante. Per esempio, i grassi animali e gli oli vegetali hanno valori PRAL prossimi alla neutralità: andiamo da un massimo di +0,4 dell’olio di cocco a una media di -0,2 degli oli vegetali (colza, mais, lino, soia, girasole). I processi industriali cui sono sottoposti questi oli portano tuttavia alla formazione di un maggior quantitativo di acidi grassi liberi e di acidi grassi trans, che rendono i prodotti più acidificanti. Tali oli sono usati in moltissimi prodotti dell’industria: zuppe pronte, merendine, biscotti, barrette di cereali, cornflakes da prima colazione, pizze, fritti, patatine, crackers…

Dal momento che sono ricchi di sali minerali, frutta verdura sono categorie alimentari dal potere alcalinizzante, ma è importante tenere in considerazione il tipo di agricoltura da cui gli ortaggi provengono, il metodo di conservazione e la stagionalità.
Tipo di agricoltura: purtroppo l’agricoltura tradizionale usa fertilizzanti e pesticidi che aumentano il potenziale acidificante di frutta e verdura. Quando possibile, meglio affidarsi ai prodotti biologici o alla piccola distribuzione non bio ma *consapevole*: non smetterò mai di ripetere che è preferibile una piccola azienda agricola -pur senza certificazione biologica- con un occhio di riguardo alla coltivazione sostenibile, piuttosto che la grande distribuzione biologica.

Metodi di conservazione: le aziende agricole hanno trovato un escamotage per fare in modo che sulle nostre tavole arrivino prodotti esteticamente perfetti. Frutta e verdura vengono colte prima della completa maturazione, di modo che non vadano a male nel giro di pochi giorni, per poi essere conservate per lungo tempo in celle refrigerate in atmosfera controllata. Prima di passare sui banconi del supermercato, i vegetali vengono trattati con sostanze chimiche che ne accelerano la maturazione e conferiscono un aspetto apparentemente sano e impeccabile. Questo è un fattore che aumenta il potere acidificante di materie prime che di per sé sarebbero alcalinizzanti. Ma non è tutto: i prodotti di IV gamma, ossia quelli pronti al consumo confezionati in busta o appositi imballi alimentari, vengono trattati con soluzioni al cloro per impedire la crescita batterica. Come ho scritto prima, il cloro è un minerale acidificante: meglio evitare insalate in busta e altri vegetali “pronti da mordere”, ed essere disposti a perdere poco tempo in più per mondarli e lavarli. In fondo, quanto ci si mette a pulire e centrifugare un cespo di insalata?
Stagionalità: un alimento coltivato fuori stagione inevitabilmente è stato trattato con qualche concimante particolare (mi riferisco anche all’agricoltura bio, poiché anche in essa sono consentiti alcuni tipi di sostanze chimiche). Provate a coltivare zucchine e pomodori in pieno inverno senza l’uso di alcun fertilizzante: dal vostro orto non potrà spuntare nulla, proprio perché è contro natura. In rete si trovano molte tabelle di stagionalità dei vegetali: perdete cinque minuti per stamparle e consultarle all’occorrenza.

Alimenti e PRAL
Carne: tutta la carne è acidificante; lo sono maggiormente selvaggina e fegato, a causa dell’elevato contenuto di purine.
Pesce: come la carne, anche il pesce è un alimento proteico molto acidificante (in particolare tonno, spada, anguilla e molluschi ricchi di zinco).
Cereali e legumi: tutti i legumi e gli alimenti a base di carboidrati (raffinati o integrali) sono acidificanti, anche se in misura inferiore rispetto a carne e pesce. Tra i cereali, sono le varietà minori ad avere valori di PRAL più bassi: miglio, quinoa, amaranto, grano saraceno. Il riso integrale, l’orzo e il farro hanno valori medio-acidificanti.
Dolci: a causa dell’alto contenuto di zuccheri, grassi raffinati e farine, i dolci sono acidificanti. Ci sono delle eccezioni, come il cacao amaro puro e il cioccolato fondente: l’alto contenuto di pasta di cacao ne abbassa l’acidità. Ovviamente se li consumiamo in forma di cioccolata calda o come dolce (cookies, snack di cioccolato, torte…) il discorso cambia visto che entrano in gioco altri ingredienti!
Frutta secca: i semi di zucca, lino e girasole sono acidificanti, così come arachidi e sesamo. Sono invece alcalinizzanti mandorle, noci e nocciole.
Grassi: tutti i grassi, animali o vegetali, sono mediamente prossimi a valori neutrali. Se il grasso è raffinato, fritto o processato (margarine) i valori di acidità salgono.
Uova, latte e latticini: le uova, il latte e i formaggi sono fortemente acidificanti; lo yogurt intero bianco, il latte di capra e il siero del latte (ricotta) sono lievemente alcalini.
Bevande: gli alcolici, i succhi confezionati e le bevande gassate sono acidificanti. Il caffè e il tè sono mediamente acidificanti, ma è bene tenere in considerazione che il caffè in grani di buona qualità è lievemente alcalino, così come il tè in foglie: la macinatura dei grani e lo spezzettamento delle foglie aumenta l’acidità. Meglio quindi preferire infusi da foglia intera e non da bustina, e caffè appena macinato.

Come scritto in apertura dell’articolo, il nostro corpo è caratterizzato da un equilibrio dinamico: il segreto per avere una corretta alimentazione non è eliminare gli alimenti acidificanti, bensì bilanciarli con la giusta dose di alimenti alcalinizzanti. In termini pratici:
1. Mai far mancare un contorno di verdura a ciascun pasto, e frutta durante la giornata
2. Preferire cibi freschi e locali, non inscatolati o prodotti di IV gamma
3. Prediligere cotture dolci che non portino ad una perdita di minerali dalle verdure (cottura al vapore, scottatura, vegetali crudi)
4. Consumare alimenti non industrializzati, a basso contenuto di farine e zuccheri, senza coloranti o conservanti
5. Usare olio extravergine d’oliva a crudo come condimento, e piccole quantità di burro di centrifuga scaldato a basse temperature

Acidosi e acidità gastrica
E’ importante sottolineare che acidosi metabolica e acidità gastrica sono due cose distinte: nel primo caso si ha un accumulo di residui acidi nei tessuti corporei, condizione che può portare a ristagno di liquidi, infiammazione e catabolismo muscolare. L’acidità gastrica è invece un problema che insorge a livello di stomaco e che si manifesta con bruciore e reflusso: dal punto di vista dietoterapico è bene evitare tutti gli alimenti che possano risultare irritanti. Fanno parte di questa categoria anche alcuni cibi che sono al contrario indicati in caso di acidosi metabolica, come ad esempio gli agrumi o le spezie (pepe, peperoncino, curcuma, curry).

Nota postscritta
Nei commenti a quest’articolo Gabriele, nutrizionista, mi ha lanciato una provocazione chiedendomi in che modo proteine, carboidrati e sali minerali possano produrre acidificazione o alcalinizzazione.
Mi scuso con i lettori perché mi rendo perfettamente conto di aver sbagliato a non cercare preventivamente del materiale in letteratura circa il potenziale acidificante del cibo, così come sono consapevole che quest’argomento è oggetto di un acceso dibattito in ambito nutrizionale. Personalmente non sono a favore della cosiddetta “dieta alcalina” o “dieta del pH” (di cui a essere sincera non ho nemmeno mai letto il libro), ma in letteratura ci sono numerosi riscontri che dimostrano come un’alimentazione ricca di frutta e verdura sia in grado di migliorare i valori di ipocitraturia, iperossaluria e iperuricuria (connessi a un pH urinario non fisiologico). Nei prossimi giorni non avrò molto tempo per consultare Pubmed (portale di riferimento per chi cerca materiale bibliografico medico): qui sotto pubblico i riferimenti ad alcuni studi che ho guardato stamattina, a posteriori rispetto alla stesura del mio articolo.
Preso atto di questa mia mancanza, e del fatto che l’acidità/alcalinità degli alimenti sia un argomento controverso, credo comunque che possiate essere tutti (quasi?) concordi nel ritenere validi i consigli che ho dato in quest’articolo: mangiare verdura ad ogni pasto, condire con grassi e oli non cotti, non eccedere nel consumo di proteine (che producano scorie azotate è un dato di fatto) e preferire alimenti non industrializzati e non trattati.

G.K.SchwalfenbergThe alkaline diet: is there evidence that an alkaline pH diet benefits health? – J Environ Public Health 2012
I.F.RobeyExamining the relationship between diet-induced acidosis and cancer – Nutr Metab 2012
M.M.Adeva, G.SoutoDiet-induced metabolic acidosis – Clin Nutr 2011
A.Kanbara, Y.Miura, H.Hyogo, K.Chayama, I.SeyamaEffect of urine pH changed by dietary intervention on uric acid clearance mechanism of pH-dependent excretion of urinary uric acid – Nutr J 2012