Qualche giorno fa vi ho promesso che vi avrei parlato di alcune fasi di produzione dell’olio extravergine, spiegandovi come e perché incidano sulla sua qualità. Ecco a voi tutte le informazioni, grazie alla collaborazione con Giorgio Tonti, titolare della *consapevolissima* azienda agricola Colle Nobile.

I punti critici nella produzione di un olio sono quattro: raccolte delle olive, estrazione dell’olio, filtrazione, conservazione del prodotto.

La raccolta delle olive per la produzione dell’extravergine può essere fatta in modi differenti: battendo i rami con bastoni e facendo cadere i frutti sulle reti, oppure usando abbacchiatori meccanici che scuotono i rami (ma danneggiano la pianta), oppure ancora utilizzando appositi bastone-pettine che permettono una caduta più dolce delle olive. Per il suo olio Giorgio ha scelto quest’ultimo metodo, poiché meno traumatica è la caduta delle olive migliore sarà l’olio: provate a immaginare se per raccogliere le pesche scuotessimo l’albero violentemente! I frutti sarebbero inevitabilmente ammaccati, e questo comprometterebbe il gusto: stessa cosa vale per le olive; la raccolta deve essere dolce, non traumatica.
Tradizionalmente la raccolta delle olive avveniva dopo la festività dei morti a novembre: era l’ultimo lavoro che si faceva in campagna prima di ritirarsi in casa per l’inverno. In realtà, dice Giorgio, alcune varietà di oliva andrebbero colte fin da metà ottobre per poter assicurare un olio di pregio: le moderne apparecchiature tecniche ci permettono di stabilire quando sia il momento più adatto, ossia quello di piena maturazione; di queste strumentazioni Giorgio si avvale per decidere quando procedere alla raccolta.
Fate sempre un paragone con la frutta: le pesche raccolte a giugno saranno acidule, quelle di settembre poco succose, ma quelle di luglio e agosto saranno perfette. Anche per le olive è lo stesso: ce ne saranno alcune già pronte a ottobre (e sarebbe un peccato lasciarle sugli alberi!) e ce ne saranno altre varietà per cui vale la pena aspettare novembre.

Altro punto critico per la produzione dell’olio extravergine è il momento della lavorazione: le olive che vengono portate al frantoio entro qualche ora dalla raccolta sono quelle che daranno un olio migliore. Più si aspetta (comunque non più di 48 ore) più si rischia che le olive inizino a fermentare, formando alcoli alifatici che inficiano la qualità dell’olio.
Giorgio porta le sue olive al frantoio direttamente il giorno stesso: finisce la raccolta alle 18, e alle 19 è già al frantoio, e non tornerà a casa prima che il processo di estrazione si sia concluso. In questo modo ha anche la garanzia che l’olio estratto sia davvero ed unicamente delle sue olive; cosa intendo dire? Purtroppo spesso i frantoi vengono messi in azione solo per grossi quantitativi di olive: un piccolo coltivatore difficilmente riesce ad arrivare al quantitativo minimo con il suo raccolto, e deve aspettare che si aggiungano le olive di un altro piccolo coltivatore come lui. Ovviamente in questo caso l’olio estratto non sarà completamente suo, ma sarà un misto; se le olive dell’altro sono state coltivate o raccolte con meno cura, il difetto offuscherà la qualità di quelle del primo coltivatore.

Un olio extravergine deve essere per legge estratto a freddo: ciò significa che la temperatura di estrazione dell’olio dalle olive non deve mai superare i 27°C.
Se questo è un obbligo comune a tutti gli oli extravergini, il metodo di estrazione può accrescere o diminuire la qualità del prodotto: ad esempio non è raro che si usi acqua calda (permessa per legge) per accelerare l’estrazione, ma che va a scapito della qualità.

Dopo l’estrazione un olio deve essere sottoposto a filtrazione: non è un passaggio obbligatorio per legge, ma è auspicabile che sia fatto. La filtrazione è necessaria per eliminare quel deposito (chiamato morchia) che deteriorerebbe il prodotto: quando vedete degli oli con un residuo di sedimento in fondo alla bottiglia non compratelo! Non è una caratteristica di pregio, come invece il marketing vuole farci credere: sebbene la morchia potrebbe dare un’idea di genuinità (olio “grezzo”, olio “naturale”), non è affatto così. Anzi, la morchia è responsabile di un irrancidimento precoce dell’olio: se è presente il sedimento, la vita dell’olio non si protrae per più di 3 mesi, dopodiché si può star sicuri che sia irrancidito.
Il processo di filtrazione può avvenire in due modi: quello più comune -e meno costoso- è quello per pressione, che porta tuttavia l’olio a uno snervamento che ne accorcia la vita (fino a 6-8 mesi). La tecnica preferibile -utilizzata da Giorgio- è quella della filtrazione per caduta attraverso un cotone idrofilo: più lunga e costosa, ma di maggior pregio.

Veniamo a parlare della conservabilità dell’olio.
Per legge, sull’etichetta dell’olio è obbligatorio indicare la data di scadenza posta a 18 mesi di distanza dall’imbottigliamento, ma non è obbligatorio indicare la data di raccolta delle olive.
Facciamo due conti: abbiamo detto che il periodo di raccolta delle olive è -di norma- inizio novembre. Tenendo conto che la scadenza viene fissata 18 mesi dopo l’imbottigliamento, se l’olio viene imbottigliato subito a novembre la sua scadenza sarà ad aprile di due anni dopo (esempio: novembre 2013 + 18 mesi = aprile 2015). Eppure, se guardiamo le date di scadenza degli oli non è infrequente che siano indicati come termine massimo di consumazione i mesi di giugno, luglio, settembre: questo è un chiaro segno di cattiva qualità dell’olio in questione, perché significa che l’imbottigliamento è avvenuto 2-3-4 mesi dopo la raccolta, e che le olive hanno avuto tutto il tempo per perdere gusto e sapore, arricchendosi viceversa di radicali liberi.

Fate attenzione quando comprate bottiglie di olio: assicuratevi che la scadenza sia indicata ad aprile! E quando siete al ristorante, date un occhio alla bottiglia che vi mettono in tavola: più è lontana la data di scadenza dal momento in cui siete lì seduti, più fresco sarà l’olio. Ve lo dico perché recentemente mi è capitato di andare in un ristorante il cui olio scadeva a maggio 2014: questo significa prima di tutto che l’olio è stato imbottigliato almeno un mese dopo la raccolta, e che essa è comunque avvenuta l’anno scorso (nel 2012).

Un olio non è come il vino: è più buono quando è giovane; invecchiando perde di qualità.

Quando si compra l’olio direttamente dal produttore non è raro che venga venduto in lattine da 3 o 5 litri: in questo caso, come è bene conservarlo una volta arrivati a casa? L’ho chiesto a Giorgio, che mi ha dato preziosissime informazioni.
* Prima di tutto è bene che l’olio venga travasato in bottiglie di vetro da un litro. Tenete conto che l’olio teme l’aria: quando è a contatto con l’ossigeno atmosferico è più suscettibile all’ossidazione; se voi toglieste di volta in volta un litro dalla latta rischiereste che quello rimasto nel contenitore irrancidisca velocemente proprio perché c’è più aria con la quale si trova a contatto. Se invece travasate direttamente in diverse bottiglie, riempiendo fin quasi all’orlo, questo problema non si presenta.
* Usate bottiglie scure: l’olio teme anche la luce, perché anche questa -come l’aria- innesca l’ossidazione. E quando siete al supermercato non fidatevi affatto dell’olio venduto in bottiglie trasparenti!
* Quando avete finito una bottiglia d’olio pulitela accuratamente con acqua e soda solvay, che aiuterà a sgrassare a fondo: nella bottiglia non devono rimanere residui di olio, che comprometterebbero la qualità del nuovo olio che andreste ad aggiungere in seguito (per la maggiore esposizione all’aria cui vi ho accennato prima). Per sgrassare non usate assolutamente aceto di vino: causerebbe un avvinamento dell’olio, ossia la mal gradita presenza di acido acetico. L’olio è un potente assorbente di odori e aromi: l’avvinamento ne comprometterebbe fortemente il gusto.

Avete visto a quante cose occorre prestare attenzione per produrre un buon olio? Non deve quindi stupire che un extravergine di qualità così anche 11-13 € al litro: dietro al prezzo ci sta una mole di lavoro e una quantità di attenzioni che noi nemmeno ci sogniamo!
Come vi avevo scritto nel precedente articolo, dobbiamo cominciare a considerare l’olio non solo un condimento utile alla cottura dei cibi, ma un vero e proprio esaltatore del gusto: quando andiamo al ristorante siamo disposti a pagare anche 5-7 € per un calice di vino che si sposi perfettamente a quel che abbiamo ordinato, ma difficilmente pensiamo che un connubio altrettanto lodevole può essere fatto tra olio e pietanza.

Usiamo quotidianamente l’olio per cucinare e per condire: allora perché non mettere nella nostra dispensa un olio che sia veramente di qualità? E’ vero: costa di più, ma facciamo due conti.
Poniamo che un litro di *ottimo* olio costi 11 €. Questo significa che 100 ml costano 0,90 centesimi, e che 10 ml (ossia un cucchiaio) costano meno di 10 centesimi (0,9 cent). Tenendo conto del fatto che quotidianamente si consigliano 3-4 cucchiai di olio come fonte di grassi, avremo speso circa 20-35 centesimi al giorno per un “semplice” condimento. Siamo disposti a spendere fino a 2-3 € al giorno per le irrinunciabili tazzine di caffè, e non qualche centesimo per un olio buono?

E non dimentichiamo che oltre ad essere buono per il palato, l’olio sarà buono anche per la salute! Ricchissimo di grassi insaturi, vitamina E che protegge le cellule, polifenoli come antiossidanti, l’olio extravergine d’oliva si è dimostrato essere un utile alleato nella prevenzione di moltissime patologie: infarto e ictus, patologie neurodegenerative, diversi tipi di tumore, aterosclerosi, demenza senile…
Purtroppo, quando un olio è di bassa qualità tutte queste proprietà benefiche pian piano decadono, fino al punto che un olio rancido è addirittura pericoloso per la salute.

Con questo articolo spero di avervi fatto capire quante variabili concorrono a determinare la qualità sia gustativa che salutistica di un olio extravergine: adesso avrete sicuramente qualche nozione in più per fare una scelta consapevole!

collenobile