Sempre per rimanere in tema di pasta e prodotti integrali, volevo portare alla vostra attenzione due paradossi tutti italiani.

Secondo una legge risalente al 1967 e rimasta in vigore fino al 2001, si poteva definire “pasta” solo il prodotto ottenuto da semola raffinata di grano duro: questo per proteggere la pasta italiana da produzioni estere, che utilizzano anche semola di grano tenero. Tuttavia ciò implicava che la pasta integrale (ottenuta cioè da semola integrale) non potesse essere commercializzata come tale. L’alternativa offerta ai produttori era una sola: usare semola raffinata, e aggiungere in seguito crusca e minerali; il prodotto così ottenuto veniva commercializzato come “pasta dietetica tipo integrale” con permesso del Ministero della Salute, cosa che tornava assai comoda al produttore perché -si sa- quando una cosa è “dietetica” vende di più. In realtà il termineindica semplicemente che, essendo stata addizionata di minerali, tale pasta è “indicata a fini dietetici particolari”, non che faccia dimagrire… Tant’è. Fatto sta che chi voleva commercializzare la pasta ottenuta direttamente dal chicco integrale (così come sarebbe saggio fare) era costretto a usare nomi di fantasia: il termine “pasta” era bandito. Va da sé che la grande produzione non si fa scrupoli: i più attenti alla reale qualità nutrizionale del prodotto sono i produttori biologici, gli unici a produrre da semola integrale e non raffinata.
La legislazione finalmente nel 2001 viene aggiornata: da allora è possibile commercializzare la pasta prodotta dal chicco integrale come “pasta di semola integrale di grano duro”; per apportare questa modifica sono stati necessari 34 anni. Tuttavia per il produttore rimane meno costoso produrre la pasta integrale usando la semola raffinata e aggiungendo in seguito la crusca necessaria ad arricchire il prodotto in fibre: la pasta veramente integrale rimane appannaggio del circuito biologico.

Sempre per una legge del 1967 i prodotti da forno (pane, crackers, grissini, dolci) possono essere definiti integrali quando contengono “1,6 parti di cellulosa ogni 100 parti di sostanza secca”: sostanzialmente vale lo stesso discorso fatto per la pasta. Per il produttore è (di nuovo) più conveniente usare farina raffinata a cui in seguito viene aggiunta fibra proveniente dalla crusca di grano, anziché usare direttamente farina macinata dal chicco intero. Senza contare che, legge alla mano, la quantità di cellulosa (ossia di fibra) aggiunta ai prodotti integrali è decisamente risibile: e allora dove stanno i vantaggi dei prodotti integrali?

L’effetto sulla salute che la fibra aggiunta può apportare è sostanzialmente nullo: la fibra, solubile o insolubile che sia, esercita tutti i suoi benefici solo quando è intrinsecamente legata all’alimento, non quando è aggiunta!

Negli ultimi anni la grande produzione ha investito molto in prodotti integrali come biscotti, pane, grissini, crackers e merendine, ma se si va a controllare la letteratura scientifica si scopre che non sono questi gli alimenti la cui fibra è benefica. Si tratta invece di aumentare il consumo di alimenti veramente integrali: i cereali in chicchi (riso compreso, ma anche farro, orzo, kamut, miglio, segale, avena, quinoa, amaranto…); la frutta secca (mandorle, noci, nocciole, semi di zucca o di girasole…); gli ortaggi freschi di stagione e la frutta fresca, anch’essa rigorosamente di stagione.

Un ultimo appunto. Come sappiamo, l’agricoltura non biologica fa spesso uso di pesticidi. Le sostanze chimiche tossiche si annidano nella parte esterna dei vegetali: la buccia di frutta e verdura, e la crusca dei cereali. La stessa crusca che viene aggiunta alla semola o alle farine raffinate per ottenere prodotti “integrali”: a questo punto, forse, meglio optare per la pasta bianca che quantomeno non contiene crusca infarcita di pesticidi. La pasta integrale non biologica non solo contiene crusca aggiunta e non legata alla semola (e quindi, come ho detto prima, salutisticamente ininfluente), ma la stessa crusca potrebbe contenere sostanze potenzialmente dannose!
La pasta integrale biologica, invece, ha la duplice garanzia di essere prodotta dal chicco veramente integrale (niente aggiunte successive), e da grano non intossicato da pesticidi.
Non sono a favore del biologico a tutti i costi (esistono ancora, fortunatamente, realtà di agricoltori locali che, pur non avendo certificazione biologica, non utilizzano prodotti chimici come disinfestanti), ma per quanto riguarda cereali e legumi varrebbe la pena di pensare a quest’opzione commerciale.