Chi mi segue da un po’ di tempo sa che su questo sito non compare mai (se non un paio di volte nei primissimi articoli) il suggerimento di consumare prodotti a base di soia, di qualsiasi tipo si tratti. Sono contraria al consumo di soia, o per meglio dire:
Sono contraria al dilagante consumo di soia in diverse forme e formati, tanto peggio quando tali prodotti sono accompagnati da messaggi pseudo-salutistici fortemente fuorvianti.
Avevo parlato degli interrogativi legati al consumo di soia in questo articolo, e sono mesi che prometto un seguito senza aver avuto il tempo di dedicarmici. Mantengo ora l’impegno preso, con una serie di tre articoli riguardo ai rischi legati al consumo di soia.
Le informazioni che vi darò sono in buona misura mutuate dal libro di Kaayla Daniel, The whole soy story, purtroppo edito solo in lingua inglese: si tratta comunque di un inglese molto comprensibile, perciò ve lo consiglio qualora vogliate approfondire. Altre informazioni le ho prese da alcuni studi scientifici che riporterò in un’unica bibliografia prima di chiudere la serie di articoli.
Prima di iniziare ritengo indispensabile fare una premessa.
Come non mi stancherò mai di ripetere, un singolo alimento non è in grado da solo di provocare la malattia né di donare la salute: lo stato di benessere psicofisico di una persona va rapportato al suo stile di vita, al suo modus pensandi (lo sapete che le emozioni influenzano il nostro sistema immunitario, e che da ormai 20 anni ci sono studi scientifici che lo dimostrano?) e -inevitabilmente- alla sua genetica.
Tenendo conto di questi fattori, va comunque sottolineato che esistono esposizioni a determinate sostanze che, quando ripetute nel tempo, sono in grado di influenzare positivamente o negativamente il nostro benessere. Per avere tale effetto è necessario che l’esposizione sia continua e reiterata nel tempo: aver fumato qualche sigaretta a 15 anni non aumenta in modo significativo il nostro rischio di tumore ai polmoni, ma averlo fatto ogni giorno per vent’anni sì. Mangiare mirtilli selvatici per due settimane in agosto non aumenta significativamente le nostre difese antiossidanti, ma un consumo regolare sì.
A complicare l’effetto terapeutico o patogenetico del cibo ci si mettono poi altre variabili, come l’età (i bambini e gli anziani sono più suscettibili a ciò che fa male), lo stato ormonale, l’inquinamento dell’ambiente in cui viviamo e via dicendo.
Questa serie di articoli sulla soia non vogliono essere volti a fare terrorismo riguardo quest’alimento, ma a ridimensionare il fenomeno “soy-food” che imperversa ormai da almeno tre decenni, accompagnandosi sempre ad un’aura di salutismo e di naturalità che non è affatto propria di quest’alimento. Complice campagne pubblicitarie volte al profitto (…sapevate che le sementi di soia, anche qualora biologiche, sono in mano a un numero di colossi multinazionali che si contano sulle dita di una mano?) la disinformazione dilaga.
Moltissime persone sono convinte che un consumo regolare di prodotti derivati dalla soia sia un toccasana per il colesterolo o per la prevenzione di tumori, oppure che la soia sia un valido sostituto alle proteine animali in regimi alimentari vegetariani. Queste informazioni sono solo parzialmente vere, e non tengono in considerazione gli effetti collaterali della soia che -di fatto- è uno degli alimenti più ricchi di antinutrienti e di sostanze che rompono l’equilibrio endocrino.
Se da un lato sconsiglio il consumo regolare di soia, è naturale che non possa demonizzare un utilizzo sporadico della stessa: usare di tanto in tanto il latte di soia per preparare un dolce o del tofu da grigliare per un’insalatona mista non vi causerà alcun effetto collaterale.
In sostanza, quello su cui vorrei far aprire gli occhi è l’effetto miracolistico che si associa alla soia, e che ha spinto numerose persone ad utilizzarla quasi quotidianamente, con effetti opposti agli attesi sulla propria salute.
Ripeto: la quantità e la frequenza di consumo (oltre che la qualità del prodotto scelto) fanno differenza.
Detto questo, ci sono alcune categorie di persone che dovrebbero stare molto più attente di altre a verificare la presenza di soia in ciò che mangiano: si tratta di bambini in età prepubere, donne con disregolazione endocrina (amenorrea, ovaio policistico, endometriosi), persone che soffrono di patologie autoimmuni (celiachia, psoriasi, diabete I, etc) o patologie tiroidee e soggetti allergici o asmatici.
Entriamo nel vivo dell’argomento, con una breve presentazione delle motivazioni che hanno spinto l’industria alimentare ad incentivare il consumo di soia dagli anni ’50 ad oggi.
Cercherò di essere il più concisa possibile perché vorrei focalizzarmi su altri aspetti, ma credo che sia importante farvi capire dove ha avuto inizio il tamtam salutistico sulla soia, ovvero… dal profitto di certe aziende.
La soia è una pianta erbacea appartenente alle Leguminose; nasce in Oriente, dove è conosciuta da millenni, ma dove non è sempre stata utilizzata a scopo alimentare, anzi! Originariamente la soia veniva piantata nei campi solo per la sua capacità di fissare azoto nel terreno, rendendolo più fertile e fecondo per i raccolti degli anni successivi: le altre coltivazioni (ad esempio di riso, segale, orzo) “mangiavano” il nitrogeno, esaurendo il terreno; la soia veniva piantata per ri-arricchirlo e prepararlo ad un nuovo ciclo produttivo, ma non veniva essa stessa mangiata.
La popolazione Cinese iniziò a usare la soia a scopo alimentare solo nel 500 a.C. circa, e badate bene: si trattava esclusivamente di soia fermentata.
Purtroppo, quando gli americani scoprirono l’enorme resistenza della pianta di soia alle intemperie e ai batteri iniziarono ad utilizzarne in misura cospicua l’olio che se ne ricavava, un materiale vegetale di bassissimo costo (e bassissima qualità) che poteva essere raffinato e usato in ogni dove dall’industria alimentare, con un’impennata intorno agli anni della crescita economica post-secondo dopoguerra. Di pari passo la soia cominciò ad essere usata anche per la produzione di foraggio animale: il ricco contenuto di proteine di questo legume sembrava essere perfetto per gli allevamenti intensivi.
Piccola parentesi: di fatto la soia è molto ricca di proteine, più di qualsiasi altro legume o vegetale, e per questo viene soventemente introdotta nelle diete vegetariane/vegane. Il problema è che questa ricchezza si porta con sé anche parecchi problemi, che analizzeremo con calma.
Dicevamo. Intorno agli anni ’50 l’America si ritrovò con un eccesso di soia da far girare la testa, e pensò bene di modificare, plasmare, raffinare e distorcere il legume per metterlo in quasi ogni prodotto commestibile, in modo più o meno manifesto. Da una parte abbiamo i cosiddetti succedanei vegetariani (latte, bistecche, yogurt, spezzatino, formaggio, tutto di soia); dall’altra abbiamo i derivati della soia usati come emulsionanti o integratori: proteine isolate dalla soia, lecitina di soia, fibra di soia e così via.
Il tutto è stato sovvenzionato da studi scientifici poco rigorosi ma molto enfatizzati (in The whole soy story trovate tutte le critiche agli studi di maggior rilievo), così da fare il favore anche dell’industria farmaceutica, che a suon di integratori di soia per ogni esigenza ha fatto -a dir poco- i miliardi.
Il dato più preoccupante è però quello riguardante i bambini, o per meglio dire gli infanti. La soia è stata sfruttata per la produzione di latte sostitutivo a quello materno, causando in bambini che ne hanno fatto uso le problematiche più disparate: dalle coliche intestinali alle patologie autoimmuni, passando per le più svariate forme di allergia e problematiche nella sfera sessuale.
A mio parere, questo è il crimine più grande operato dall’industria della soia: prima di commercializzare latte di soia per infanti sono stati fatti studi scientifici approssimativi e di breve termine, non ci si è minimamente chiesti se l’esposizione a quest’alimento fin dalle prime settimane di vita potesse comportare problemi dopo 10-20-40 anni. Anzi: all’epoca, pur di fare profitto, si è anche fatto in modo di disincentivare l’allattamento al seno in favore di quello artificiale o dello svezzamento precoce. In Italia tali raccomandazioni sono state marginali (eppur presenti negli anni ’60-’70), ma in America si era davvero diffusa la convinzione che il latte della mamma fosse ormai obsoleto, e che ci fossero alternative più comode (…questo è sicuro) e salutari (…) per dar da mangiare ai bambini.
Tutti i problemi correlabili alle formule infantili con latte di soia sono ampiamente trattati nel libro che vi ho consigliato.
Focalizzando la nostra attenzione sul consumo di soia da parte di adulti, quali sono le sostanze che ne rendono il consumo quotidiano tanto problematico?
– Allergeni: la soia è uno degli 8 alimenti più allergizzanti, a cui i bambini dovrebbero essere esposti come minimo dai 3 anni in avanti.
– Sostanze gozzigene: danneggiano la tiroide o peggiorano patologie tiroidee già in atto.
– Lectine: sostanze antinutrienti che da un lato sono tra le maggiori cause alimentari di patologie autoimmuni, dall’altro danneggiano i globuli rossi (che portano ossigeno a tutto il nostro organismo).
– Galattani: si tratta di oligosaccaridi che causano meteorismo, gas e flautolenza.
– Ossalati: interferiscono con l’assorbimento di calcio.
– Fitati: diminuiscono l’assorbimento di zinco, ferro e calcio.
– Isoflavoni: danneggiano il sistema riproduttivo e nervoso.
– Inibitori delle proteasi: peggiorano la digestione.
– Saponine: sono le sostanze che da un lato abbassano il colesterolo, dall’altro danneggiano la mucosa intestinale (come ossalati, fitati e lectine, sono antinutrienti).
Queste sono sostanze rischiose legate alla soia in quanto tale; tra le sostanze pericolose da dover annoverare ci sono anche quelle generate dai vari processi industriali cui questo legume è sottoposto: si tratta di sostanze tossiche, neurotossiche o addirittura pro-cancerogene. Più un prodotto della soia è manipolato, più contiene queste sostanze. Per farne un veloce excursus: nitrosamine, tiramina (contenuta in larga quantità nella salsa di soia), eccitotossine (glutammato e aspartato, con azione neurotossica), ammine eterocicliche, furanoni, cloropropanoli, esani.
Dopo questa panoramica generale vi aspetto settimana prossima, quando analizzeremo tutti i prodotti derivati dalla soia, con pro e contro del metodo di produzione; quella ancora successiva parleremo dei rischi per la salute dati da un consumo regolare di questa leguminosa.
39 Comments
Un articolo utilissimo e molto interessante! Comprerò decisamente il libro per saperne ancora di più. Grazie Arianna.
Grazie mille a te Izabela!
Ciao Arianna, come sempre hai postato un ottimo articolo, sono sicura che anche i due che seguiranno saranno ricchi di informazioni utili come questo.
Chissà se il mio litro e mezzo di latte di soia al mese sarà da bandire dalla mia tavola a colazione!!!
Vedremo al termine della serie di articoli se ti avrò convinta 🙂
Io non consumo soia, fondamentalmente perchè amo tantissimo i legumi e avendone noi nel nostro paese una varietà eccezionale, non ho mai sentito la necessità di consumare un prodotto che viene da “Lontanilandia” 🙂
L’unica forma il cui di tanto in tanto la utilizzo è sotto forma di salsa di soia (per condire il sushi o altre preparazioni orientali che faccio a casa): rigorosamente bio e da soia fermentata. 😉
Allora quella salsa di soia te la approvo al 100%! 🙂
Ho seguito il corso di alimentazione naturale di Cascina Rosa (Istituto tumori di Milano) e lì la soia veniva osannata e messa in ogni piatto (fagioli, tofu, salsa, miso…). Mentre venivano bandite quasi tutte le proteine animali. Stessa cosa in un corso tenuto da una dietista. Ma perché neanche a questi livelli si fa vera informazione, spiegando anche gli effetti negativi di certi alimenti?
Come scriverò nell’ultimo degli articoli sulla soia, effettivamente sembrerebbe che per le donne che hanno già avuto cancro al seno la soia fermentata sia protettiva verso le recidive: ecco perché Berrino la usa tanto; nessuna correlazione significativa per la protezione cancerogena in senso più generale.
Mi sono fatta un’opinione molto personale riguardo la perplessità che tu esprimi: spesso ci si limita a prendere in considerazione i risultati degli studi, astraendoli dal contesto e non ponendosi interrogativi su eventuali ‘controindicazioni’. Ci si interroga poco anche sulle motivazioni economiche che stanno dietro determinate ricerche scientifiche. E si fa di tutta un’erba un fascio: come nel caso delle proteine animali, che sembrano essere diventate il sommo male. Qui, se può interessarti, avevo spiegato il mio punto di vista 🙂
Invece a mia cognata che è stata operata per un tumore al seno hanno PROIBITO di assumere soia. Quanto è complicato…
Bel articolo apre gli occhi su come si vuol fa credere che qualcosa faccia meglio di un altra per commercializzare un prodotto ( latte mucca vs latte soia) una domanda personale ma quindi quando si va al ristorante giapponese non pisolerebbe mai intingere il nighiri nella salsa di soia? e del wasabi e del zenzero in foglie che mi dice?? io sono un amante dia usta cucina e la mangerei ogni giorno per questo le ho fatto questa domanda 🙂
Starei attenta a mangiare di frequente nei ristoranti giapponesi più che altro per la molto bassa qualità del loro pesce: per i prezzi a cui vendono in questi luoghi, è ben difficile che siano *veri* giapponesi e che le materie prime siano completamente esenti da qualsiasi interrogativo (ad es. su mercurio e presenza di residui di farmaci).
Ad ogni modo, limiterei il possibile la salsa di soia: ne parlerò settimana prossima.
Wasabi, questi gli ingredienti. Rafano 31,7%, agente umidificante: E420, olio di riso, sale, destrina, erba aromatica giapponese 4,5%, amido di patata, acqua, aromi, coloranti: E100, regolatore di acidità: E330, addensanti: E415, coloranti: E133.
Onestamente, eviterei 🙂
mi è bastato leggere i primi 3 ingredienti per cambiare idea 🙂 ringrazio per i chiarimenti.
ancora una cosa, anche il sashimi di salmone o branzino (lasciando stare il tonno perché e pieno di mercurio) e da evitare ?? amo il pesce crudo 🙂 so che è meglio farselo da se ma per questioni lavorative e di tempo mi concedo il ristorante sushi nota catena italiana di cibi pseudo giapponesi perché come lei ha giustamente detto questo e un italy giapponese 🙂
A e le alghe wakame ( i filamenti verdi già conditi ) ?? Sono da lasciar stare anche quelle ?? Immagino la risposta 🙂
Fai attenzione alla qualità del pesce: il pesce crudo deve essere costoso se è di qualità: se costa poco, è pesce di allevamento infarcito di farine e omega-6. Non è da consumare di frequente (crudo o cotto).
Per quanto riguarda le alghe: visto l’ancora recente disastro di Fukushima, mi farei qualche domanda circa la provenienza delle alghe servite nei ristoranti giapponesi…
il wasabi è una pasta di rafano, esiste pura al 100% (io uso quella); tutto dipende dalla qualità, nella soia come nel resto.
Matteo si riferiva al wasabi dei ristoranti giapponesi, ho risposto per quel che ha chiesto 🙂
Se ha letto la seconda parte sulla soia, capisce quanto anche io tenga alla qualità di ciò che si compra.
studio la soia da qualche anno, mi spiace ma tutto questo non corrisponde affatto alle evidenze, infatti l’articolo manca completamente di bibliografia.
la soia è un legume, tutti i fagioli contengono lectine, che vengono disattivate in gran parte dal calore. sono state fatte accuse solo teoriche all’immunogenicità e cancerogenicità della soia, mentre valanghe di studi su centinaia di migliaia (forse piu’) di soggetti non hanno mai evidenziato tali effetti, al contrario: la soia sembra avere un ruolo protettivo verso cancro al seno, alla prostata e ai polmoni, persino verso la sindrome metabolica.
purtroppo la gente non sa distinguere la letteratura “condivisa” da un articolo del tutto sconnesso dalla “evidence based science”.
Cara Anna,
come ho scritto metterò una bibliografia unica al termine degli articoli dedicati alla soia.
Ci tengo a precisare che non ho mai accennato alla sua cancerogenicità.
E ci tengo a sottolineare che il libro da cui ho tratto ispirazione per l’articolo (A Whole Soy Story) è stato redatto da una ricercatrice ed è corredado da una bibliografia lunga sei pagine.
Basterebbe comunque andare su PubMed (che, come forse saprà, è il database scientifico usato in Medicina) e digitare “soy endocrine disruptor” per avere fior fiore di studi a riguardo dell’interferenza soia-ormoni.
A presto!
conosco la bibliografia sulla soia, gli unici studi disponibili riguardo la sua azione come interferente endocrino sono solo teorici, non esistono studi (su larga scala) dove queste accuse teoriche siano constatate in vivo, tranne piccoli studi non confermati da meta analisi. gli effetti sono registrati solo su modello animale e solo con estratti di soia, non con l’alimento intero.
saro’ curiosa di leggere la bibliografia che supporta questa tesi, anzi, che la dimostra sulla popolazione.
la soia è utilizzata su vasta scala da un gran numero di persone, se avesse gli effetti che commentate li vedremmo in vivo, basti pensare ai bambini che prendono le formule a base di soia;
mano alla bibliografia allora! a presto.
Appunto, la invito a leggere The Whole Soy Story dove la bibliografia in merito alle formule sui bambini è ampiamente documentata: io chiaramente non riporterò tal quale quella del libro, sarebbe inutile e fuorviante visto che non l’ho approfondita di persona. La metterò comunque settimana prossima 🙂
Ad ogni modo, per come intendo io l’alimentazione, il solo fatto che la soia faccia il fatturato di due sole grandi multinazionali e che sia all’80% OGM (anche più, tenendo conto delle contaminazioni tra coltivazioni) me la fa essere antipatica a prescindere dagli aspetti nutrizionali. Lei probabilmente non sarà d’accordo con questa mia affermazione, ma ci tengo a sottolinearla…
se avete redatto questo articolo suppongo siate in grado di sostenerlo con la bibliografia, siete voi a proporre questa tesi, sta a voi sostenerla…
serenamente: conosco la bibliografia sulla soia, gli studi ai quali si puo’ riferire sono quelli che ho elencato.
se la soia fa cosi’ tanti danni (e tanto facilmente) non vi sarà difficile trovare studi che parlino di questi danneggiati (su numeri rilevanti, dato che la bibliografia che sostiene l’opposto riguarda numeri impressionanti).
ho avuto discussioni come questa decine di volte, non mi è mai stata portata alcuna evidenza.
questo è un documento autorevolissimo: “rapporto del NTP-CERHR sulla tossicità delle formule a base di soia” http://ntp.niehs.nih.gov/ntp/ohat/genistein-soy/SoyFormulaUpdt/FinalNTPBriefSoyFormula_9_20_2010.pdf
sono piuttosto sicura che gli studi che menzionate riguardano meno di 100 bambini e si riferiscono alla tiroide.
le uniche due evidenze, per precisione, sull’uso delle formule riguarda (allergici a parte) i bambini nati pre-termine e i bambini predisposti a problemi tiroidei.
non gli altri.
Va poi scisso il discorso sulle multinazionali (oltre l’80% della soia coltivata è destinata all’alimentazione animale, nella quale sono ammessi gli OGM, a differenza, in Italia, di quella umana, dove è tollerata una contaminazione massima dello 0,09%, oltre la quale deve portare la scritta “contiene OGM).
Faccio presente che le multinazionali sono ovunque e che, come per mille altri prodotti, è possibile aggirare il problema acquistando soia italiana garantita “non ogm” (nessuna contaminazione tollerata).
Grazie per il documento, lo leggerò con piacere non appena avrò tempo! 🙂
Come scritto nell’articolo e in un altro commento, gran parte delle informazioni qui riportate si rifanno a The whole soy story (disponibile in inglese) la cui bibliografia è riportata direttamente nel libro passo passo.
Quanto alle multinazionali: so che sono presenti ovunque, è anche in questo che faccio educazione alimentare. Circa la soia nello specifico: se ha letto quest’altro articolo capisce meglio quel che intendo, quindi non mi ripeto.
per capire (ho visto la prima parte, e anche li ho idea che non abbiate controllato i dati disponibili)
avete fatto il sunto di un libro senza controllare personalmente la bibliografia?
nella “Evidence Based Science” un’ipotesi (un alimento provoca x o y perchè contiene A o B) deve risultare in una dimostrazione. ossia se io testo contro qualcosa un alimento, o una sostanza, quel qualcosa si deve produrre un numero di volte sufficiente a limitare l’errore (statistica, la famosa “t” che si vede negli studi pubblicati).
E non basta un solo studio, ne servono tanti e devono essere fatti soddisfacendo una serie di criteri (es. “variabili” legate allo stile di vita, clima, sport, inquinamento etc).
Quello che voglio dire è che tutte le tesi che avete esposto nei due articoli (antinutrienti, sostanze tossiche, interferenti endocrini, goitrogeni e quant’altro, non si producono poi nella realtà.
Nella realtà, come dice Berrino, Veronesi, SSNV e altre autorevoli istituzioni, enti, ricercatori, oncologi etc e com’è possibile constatare singolarmente facendo ricerche indipendenti, la soia non da alcuna carenza, non è goitrogena (forse – forse limita l’assorbimento degli ormoni tiroidei nella terapia sostitutiva quindi va distanziata l’assunzione e questa è la sola misura da prendere) ma manifesta virtù nutrizionali per la ricchezza in nutrienti, e soprattutto manifesta effetti positivi conferendo (pare) un certo grado di protezione verso un numero interessante di neoplasie e malattie cardiovascolari.
Non mi pare irrilevante…
e se davvero persistete nella tesi che non è cosi’… dove sono i danneggiati da soia? ce ne saranno… è consumata da miliardi di persone ed è studiatissima! e non parlo di topi o di poche decine di persone in uno studio poi smentito da altri molto più importanti…
La realtà?
La soia: tante accuse tutte rimaste teoriche.
Per favore non rimandatemi al libro: l’articolo l’avete scritto voi, non l’autore del libro.
Altrimenti dimostrate di non avere in mano niente…
Visto che l’argomento mi interessa e visto che il tempo che riesco a ritagliare dall’ambulatorio è ben poco per rispondere doverosamente tramite sito, le chiederei di sentirci magari via Skype per un confronto che non lasci passare giorni e giorni tra un commento e l’altro: strumento più immediato 🙂 A luglio mi ritaglierò qualche giorno di pausa dal lavoro, e sarei disponibile. In questo modo avrei l’opportunità di spiegarle il mio punto di vista, dal momento che a quanto sembra non sono riuscita ad esprimerlo in modo comprensibile negli articoli.
Tra i contatti trova il mio indirizzo.
A presto!
vorrei capire una cosa: la bibliografia è spesso reperibile in rete, perchè tanta difficoltà?
Pubmed ha un motore di ricerca online, fare un copia e incolla è molto semplice e non ho chiesto di vedere mille studi, ma almeno qualche studio di un certo spessore, una meta analisi su almeno una delle accuse sollevate… so quanto è semplice linkare uno studio.
esempio questo: una META-ANALISI dimostra che nè l’assunzione di soia, nè l’assunzione di isoflavoni di soia, altera il livello di testosterone nei maschi. (valutati 39 documenti, 36 gruppi di persone) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19524224
uno studio del genere l’hai trovato che dimostri il contrario? uno solo?
io sono disponibile solo dopo le 23:30, un orario improponibile per un discorso del genere.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8142044
http://europepmc.org/abstract/MED/7884537
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7884560
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19919579
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9217716
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12270219
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22324503
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24440006
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21175082
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11103227
Le chiedo una cosa, mi creda non è una provocazione ma una curiosità… Lei si sentirebbe tranquilla a dare formule di soia o latte di crescita di soia a suo figlio? Si è partiti a commercializzare il latte di soia molto, molto, molto prima di poter avere studi degli effetti in età adulta: da che mondo è mondo i bambini (e gli animali) nei primi mesi sono sempre stati nutriti con il latte della mamma, o male che andasse di una nutrice (pratica che, “grazie” alla modernizzazione è caduta in disuso nel mondo occidentale).
O ancora: si sentirebbe sicura a dare soia a una sua paziente con ipofertilità, endometriosi, PCOS o ipotiroidismo/sintomi da ipotiroidismo?
In un precedente commento mi aveva chiesto “dove sono tutti i ‘malati di soia’?” o qualcosa del genere; le rispondo con una premessa sulla quale spero concorderà: è ovvio che un alimento da solo non fa né bene né male (a meno che non andiamo a prendere funghi velenosi o simili, ma non divaghiamo), ed è ovvio che sulla nostra salute incide moltissimo anche lo stile di vita e l’ambiente di crescita/vita. Si tratta di fattori cumulativi. Ma dal momento che esistono studi che puntano il dito anche contro alla soia, perché non prenderli in considerazione? Perché non diffonderne il contenuto, cercando comunque di dare un’opinione oggettiva al lettore, tale da renderlo capace di decidere per sé?
Lei mi cita Berrino e Veronesi. L’IEO di Veronesi è sovvenzionato anche dalla Vallè, nota marca di margarine e prodotti di soia, ad esempio. Il dott. Berrino, che stimo molto, sta portando avanti lo studio DIANA che si occupa di donne già colpite da cancro al seno (e, se non sbaglio, i risultati di DIANA-4 e DIANA-5 erano un po’ sconfortanti).
Lasciando ora da parte l’aspetto prettamente salutistico, quello di cui davvero non mi capacito è la parzialità con cui spesso si fa informazione alimentare: non mi riferisco chiaramente alla sola soia ma la prendo a titolo d’esempio. Ammettiamo anche che il suo consumo quotidiano sia sicuro al 100% per tutti gli aspetti meno quello intestinale, sul quale -spero- concorderà (la soia come tutti i legumi va trattata con cura per poter essere ben digeribile). Se noi facciamo passare il messaggio “la soia fa bene” senza specifiche tecniche è naturale che si impenneranno i consumi di soia industriale, manipolata e stravolta al punto da diventare irriconoscibile. Questo fa bene al consumatore? Ci sono consumatori consapevoli che controllano gli ingredienti e si interrogano come un prodotto sia stato fatto, ma molti altri semplicemente si fidano del messaggio pubblicitario, e non per ignoranza! Ma semplicemente perché non è il loro ambito di competenza, allo stesso modo in cui io non saprei che fare con un’auto in panne.
Ritengo sia importante, doveroso ed etico fare informazione a riguardo, cosa che ho fatto nel secondo articolo sulla soia.
Tale discorso può essere esteso a qualsiasi altro alimento: promuoviamo il consumo di frutta e verdura, ma se poi le mele che si mangiano sono quelle della Melinda stoccate in atmosfere controllate due anni fa, o conserve di pomodoro dalla Terra dei Fuochi…
Questo sito nasce soprattutto per il desiderio di sensibilizzare verso queste tematiche.
Concordo invece con quanto ha scritto riguardo al latte, anche se -anche in questo caso- sarebbe interessante approfondire le differenze in termini di impatto salutistico tra latte industriale e latte “naturale” (crudo, da fattorie *consapevoli*). Lungi da me consigliare latte crudo a cuor leggero, ritengo molto significativa l’opera portata avanti dalla Weston P. Foundation, che è partita dal latte e poi si è estesa all’alimentazione naturale nel suo complesso.
da dove comincio:
innanzi tutto di studi epidemiologici sulla soia ce ne sono moltissimi, come previsto non è riuscita a produrne che uno, parziale (sul menarca) già smentito in precedenza e ulteriormente smentito proprio in questi ultimi mesi.
Segovia-Siapco G, Pribis P, Messina M, Oda K, Sabaté J. Is soy intake related to age at onset of menarche? A cross-sectional study among adolescents with a wide range of soy food consumption. Nutrition Journal. 2014;13:54.
Physicians Committee for Responsible Medicine. Soy Does Not Affect Puberty. June 13, 2014. Breaking Medical News. PCRM.org –
ora da qui possiamo proseguire.
la soia è un legume, e se lei sta attaccando tutti i legumi (con i quali condivide la digeribilità) allora il discorso si allarga e le diventerà ancora più difficile sostenere che i legumi siano dannosi, tranne che in determinati, rari, casi (non nelle persone sane, dove è noto quanto siano salutari).
ovviamente mi sentirei tranquilla a dare formule a base di soia e di fatto conosco decine e decine di persone (indirettamente), poiché faccio ricerche indipendenti in ambito alimentare, che usano le formule e nessuna di loro ha esperito problemi come la ginecomastia, la peluria o il menarca precoce che sono invece emersi nei casi di consumo di prodotti di origine animale (pollo, grandi quantità di latticini oppure omogeneizzati di carne).
endometriosi: i fitoestrogeni della soia sono modulatori degli estrogeni avendo un’affinità 30x per i recettori beta degli estrogeni, secondo me se c’è un motivo per evitare la soia nell’endometriosi è per via dll’acido fitico, che comunque non è certo un’esclusiva della soia. ci sono opinioni discordanti perché secondo alcuni professionisti la soia è invece utile a modulare gli estrogeni endogeni e la consigliano nella gestione di questa patologia poco nota, multifattoriale, nella quale sono anche presi in considerazione gli interferenti endocrini, come, ad esempio, le diossine, gli ftalati eccetera
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17474167
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16370224
Alzheimer: le uniche evidenze per la soia come alimento (e non per le peggiori preparazioni a base di soia) riportano un ruolo protettivo o favorevole, il famoso studio del legame tofu-alzheimer è rimasto orfano e curiosamente, nello stesso studio, il tempeh risultava protettivo ed una delle ipotesi è legata all’uso della formaldeide per conservare il tofu.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19146912
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23469956
Credo, da quanto scrive, che non sia al corrente delle conclusioni attuali sull’alimentazione in corso di Alzheimer e comunque nelle linee guida dietetiche per l’Alzheimer si consiglia di evitare grassi saturi e trans (e nel link vedrà raffigurati carni e formaggi) nessun warning per la soia che rientrando nei legumi sarebbe sdoganata come “utile” http://www.pcrm.org/health/reports/dietary-guidelines-for-alzheimers-prevention
ipofertilità: la soia non ha mai dimostrato di ridurre la fertilità che in uno studio sui maschi, dove sembrava ridurre del 5% la mobilità degli spermatozoi ma poi è stato ripetutamente smentito come li legge nel documento del NTP-CERHR e nella metaanalisi linkata in precedenza
PCOS: proprio li riterrei utile la soia e non solo per il suo effetto estrogeno-modulante, io ne ho sofferto in passato, per anni, quando non la consumavo (certo potrebbe essere un caso) e facevo largo uso di prodotti animali, ora nessuna traccia con un consumo sostenuto di soia e derivati, che do a mio figlio sin dallo svezzamento. non ci penserei proprio se avessi dubbi. PCOS spesso nasconde altro, come un’insulinoresistenza, non certo è un tratto tipico dei consumatori di soia o dei vegetariani, che sono tra i maggiori consumatori. volendo, anzi, la soia risulta protettiva verso il DM2, del quale l’insulinoresistenza è l’anticamera. (per questo bibliografia at libitum mettendo in google “soy diabetes ncbi”)
ipotiroidismo: io sono figlia (sana ma sorvegliata) di un hashimoto, e la consumo senza nessuna preoccupazione ma:
come già spiegato esistono due controindicazioni note: formule nei bambini a rischio di ipotiroidismo e persone sotto terapia sostitutiva per il rischio, ancora incerto, che la soia ne limiti l’assorbimento. solitamente la raccomandazione comunque non è quella di evitare la soia ma di consumarla a distanza dalla terapia. questo puo’ confermarlo qualsiasi endocrinologo “aggiornato” http://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/hypothyroidism/expert-answers/hyperthyroidism/faq-20058188
insomma: non è riuscita a produrre alcuna prova, almeno non ancora. faccio parte da anni di un gruppo di studio sulla soia (informale) insieme a medici e biologi nutrizionisti, nonché appassionati di temi come questi… e dalla sua nascita, e nonostante il passaggio di alcuni “esperti” che hanno cercato di dimostrare (dimostrare) la dannosità della soia, in 3 anni, ad oggi, niente studi rilevanti se non piccoli e ripetutamente smentiti.
E per rispondere all’ultima questione, quella sulla varietà degli alimenti dell’industria alimentare, ovviamente sugli scaffali dei supermercati c’è di tutto e c’è da piangere… ma da qui a dire che un alimento è dannoso perché esistono dei suoi derivati falsi e molto adulterati ce ne corre: è come dire che le patate sono dannose perché esistono le patatine di patate finte fritte negli oli minerali, o che i pomodori fanno venire il diabete perché esiste il ketchup. Tra l’altro condivido anche poco il modo con il quale ha trattato i derivati della soia…
Faccio presente che Veronesi è un oncologo di fama internazionale (famoso proprio per il suo contributo alla ricerca sul cancro al seno), possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo su di lui, che ora ha anche i suoi anni, ma nessuno cancellare il suo nome dai libri di storia della medicina.
per concludere: a fronte di queste accuse teoriche ci sono le evidenze: offre un certo grado di protezione verso una parte delle rilevante delle principali cause di morte per patologia in occidente ( a me sembra un punto rilevantissimo), c’è il fatto che si tratta di un legume facile da coltivare, sostenibile (al contrario delle fonti proteiche animali), versatilissimo e che, mi spiace per chi si ostina ad attaccarlo con un uso strumentale della letteratura scientifica (dal momento che le evidenze sono altre): la soia è l’alimento del futuro.
La ringrazio molto per il tempo dedicato a questo confronto. Mi ha citato letteratura che bene o male conoscevo; forse la deluderò o mi darà dell’anti-scientifica, ma non cambio il mio punto di vista sulla soia: continuerò a non consumarla e continuerò a non consigliarne un consumo quotidiano ai miei pazienti, insistendo sulle tipologie di soia di cui preferire il consumo qualora per ragioni etiche o salutistiche fosse difficilmente fattibile eliminarla dalla dieta.
A presto, e in bocca al lupo (di cuore, senza malizia) per le sue ricerche: fare ciò che si ama è un lusso e un privilegio! 🙂
ed io continuero’ a far presente, per chi legge blog polarizzati come questo, che la Scienza non è una questione di opinioni di questo o quel ricercatore, ma una questione di evidenze o meno dalle quali è possibile trarre delle raccomandazioni con maggior o minor forza.
Grazie per l’ospitalità.
anna sarni.
Grazie mille Anna per le delucidazioni in merito all’argomento soia, grazie di cuore davvero! Ho letto tutto con molto interesse e la ringrazio decisamente per aver dedicato così tanto tempo a spiegare ogni particolare.
Bè, anche sul latte si è detto tutto e il contrario di tutto negli ultimi anni. Lo si è osannato e lo si è demonizzato. Si sono fatti degli studi, sia sulla soia che sul latte, ma si è davvero tenuto conto dello stile alimentare delle persone coinvolte? Come oggi non si demonizzano più carne e uova, ma l’eccessivo contenuto di proteine animali nella dieta, non succederà qualcosa di simile a latte e soia?
Ci sono davvero studi seri che dimostrino che anche PICCOLI quantitativi giornalieri di latte o soia sono dannosi? Noi consumatori siamo sempre più confusi, perché ci arrivano informazioni contrastanti anche da fonti più che autorevoli.
Evidentemente Tiziana non è chiaro quello che ho scritto nell’articolo e che ti riporto per farti capire:
Come non mi stancherò mai di ripetere, un singolo alimento non è in grado da solo di provocare la malattia né di donare la salute: lo stato di benessere psicofisico di una persona va rapportato al suo stile di vita, al suo modus pensandi (lo sapete che le emozioni influenzano il nostro sistema immunitario, e che da ormai 20 anni ci sono studi scientifici che lo dimostrano?) e -inevitabilmente- alla sua genetica.
Ecco, penso che ora il mio punto di vista possa essere più comprensibile 🙂
Oltre all’effetto intrinseco degli alimenti, non trascuriamo poi il modo in cui sono stati fatti: come ho scritto nel secondo articolo c’è soia… e Soia! Così come c’è latte e Latte, carne e Carne. Insomma: chiediamoci anche quanto industrializzato sia un alimento. Questo conta, e conta parecchio.
Ma io sono d’accordo con te! Intendevo dire che se senti la televisione, o leggi degli articoli, o leggi internet, trovi tutto e il contrario di tutto. Sulla soia, sul latte, sulla carne, sul glutine ecc. C’è chi osanna la soia e c’è chi dice che è veleno. Il problema è che questi articoli sono firmati da medici/dietologi ecc…, fonti che tendiamo a considerare attendibili. Ma allora, come facciamo a capire dove sta la verità? Se il medico X dice una cosa, e il medico Y l’esatto opposto, io, consumatore, come faccio a decidere a chi credere? Sono entrambi medici…
Purtroppo non posso che darti ragione: se una tesi è sostenuta e allo stesso bistrattata dai medici, si rimane abbastanza perplessi e ci si sente spaesati. Se vuoi, qui avevo espresso il mio punto di vista. A suon di errori e con l’aumentare dell’autoconsapevolezza, ciascuno di noi dovrebbe essere in grado di trovare la propria strada. E’ fondamentale prima di tutto ascoltarsi per capire se qualcosa non va, sperimentare, informarsi, non assolutizzare e non cadere vittime di schematismi nei quali ci si sente stretti.
Fortunatamente o sfortunatamente, un’alimentazione non adeguata al proprio corpo dà sintomi pressoché immediati: mal di testa, spossatezza, stanchezza perenne, cattiva digestione e via dicendo… Qualora li si avvertisse, è importante ascoltare le reazioni del proprio corpo a ciascun pasto per individuare quelle combinazioni o quegli alimenti che siano problematici, magari facendosi aiutare da un professionista per il quale si nutre stima e fiducia, così da avere una guida.
Altra cosa fondamentale: non credere al miracolismo (“l’alimento tal dei tali è la soluzione a questa o quest’altra patologia”), non credere al marketing, e variare sempre ciò che si ha nel piatto. Magari tenendo come base i principi di cui avevo parlato qui.
Nella mia pratica professionale cerco di non demonizzare nulla, ma di mostrare di volta in volta i pro e i contro: salvo stati patologici che sono da seguire passo per passo, spetta poi alla singola persona trovare quello che alla fin fine sarà il suo Equilibrio 🙂
sul latte esistono legami certi: il cancro alla prostata per esempio (forse per il calcio). legami incerti sono con il cancro al seno (per l’IGF-1,, infatti esiste un farmaco sperimentale per il cancro al seno che agisce proprio a questo livello) quello all’ovaio (per il lattosio). l’IGF-1 è considerato mitogeno e mutageno (rif Pubmed)). studiatissima una componente della caseina A (si chiama BCM7 o betacaseomorfina 7) un ligando degli oppioidi, associata a stipsi, alterazioni dell’umore, aumento della produzione di muco e dell’infiammazione sia intestinale che delle mucose respiratorie. sotto i 9 mesi il 40% bambini che assumono latte vaccino va incontro a microemorragie intestinali ed è esposto a disidratazione per estrema ricchezza di sostanze osmoticamente attive che sovraccaricano i reni.
La BCM-7 è anche studiata per un possibile legame con il diabete infantile (DM-1) a causa di una cross reattività possibile per una sequenza aminoacidica identica tra questa e una frazione proteica delle cellule beta del pancreas. (bibliografia disponibile sul sito betacasein.org)
un suo precursore, la BCM 5, è stata, in due studi, associata a SIDS (morte in culla).
Il latte è stato osannato solo dalla pubblicità, mai dalla scienza, che dalla sua comparsa (10,500 anni fa) nell’alimentazione umana non ha mai dimostrato, contrariamente a quanto hanno cercato di farci credere, di prevenire osteomalacia, rachitismo e osteoporosi.
Il suo effetto sulla crescita lineare dei bambini, possibile ma non certo, nella letteratura compare affiancato dalla postilla “non sappiamo delle conseguenze a lungo termine di questo effetto”.
Poi certo sempre vale “dosis facit venenum”, ma le accuse al latte,a differenza di quelle alla soia, non sono rimaste solo “teoriche”.
per non menzionare gli interferenti endocrini,
da un release della Harvard University:
il latte pastorizzato contiene estrogeni naturali che sono fino a 100.000 volte più potenti di quelli ambientali (es. pesticidi).
una mucca in gravidanza ha livelli di estrogeni fino a 33 volte superiori ad una mucca non in gravidanza (le mucche allevate sono perennemente e innaturalmente in gravidanza ndr)
sono descritti studi che mostrano un evidente aumento dell’incidenza di alcuni tipi di cancro nelle popolazioni che consumano latte e derivati. particolare preoccupazione desta la salute dei bambini.urgono altri studi.
http://www.news.harvard.edu/gazette/2006/12.07/11-dairy.htmltipo
ciao arianna, ho letto i 3 articoli della soia, e sono felice che esista Anna che ti da contro, solo pe ril motivo che tu hai citato solo o quasi cio che la soia ha e non é certo di negativo, e hai anche dimenticato di dire che tutto quello che forse e negativo lo é se consumato in qgrandi quantità giorno per giorno.
una dieta bilanciata dovrebbe avere 50 %proteine animali e 50 % di vegetali. demonizzare cosi la soia mi spiace e terrorismo alimentare.
dovresti riportare anche cosa contiene di buono il che non é poco come ad esempio ha un elevato contenuto di grassi polinsaturi (Omega 3 e 6) gli stessi presenti anche nel pesce e nella frutta secca.
Grassi che sono da preferire rispetto a quelli saturi presenti nei cibi di origine animale. I grassi polinsaturi, inoltre, contribuiscono a ridurre il colesterolo “cattivo” e ad aumentare quello “buono”. Inoltre, contiene poco sale.
Dal punto di vista nutrizionale una porzione da 120-130 grammi di tofu contiene 94 calorie, 2 grammi di carboidrati, 5 grammi di grassi e 10 grammi di proteine e fornisce il 44% del fabbisogno giornaliero di calcio, il 9% di magnesio, il 40% di ferro, oltre a piccole quantità di fosforo, manganese, selenio, vitamina K, vitamina B1, vitamina B2, vitamina B6, vitamina B9 e vitamina PP.
Il tofu è conosciuto anche come un elisir di giovinezza, perché contiene delle specifiche sostanze, i flavonoidi, in grado di proteggere il cuore e di combattere l’azione dei radicali liberi, rallentando quindi il processo d’invecchiamento.
Attenzione comunque alle calorie: vanno dalle 70 alle 130 ogni 100 grammi di tofu. Siccome è un cibo molto proteico, è bene non assumerne più di 300 gr a settimana.
Abbassa il colesterolo, rinsalda lo scheletro e previene le degenerazioni cellulari.
I benefici che derivano dal consumo di soia dipendono in gran parte, secondo gli studi finora effettuati, dagli elevati quantitativi di isoflavoni (composti naturali con azione antiossidante) in essa contenuti. Diverse sono le ricerche che hanno messo in evidenza le caratteristiche protettive di questi antiossidanti nei confronti della perdita di densità ossea, e quindi nei confronti dell’osteoporosi. In particolare, poi, la genisteina, l’isoflavone predominante nella soia, sembrerebbe essere in grado di inibire nella mammella e nella prostata lo sviluppo di cellule tumorali. Diversi studi hanno dimostrato che mangiare tofu in alternativa a fonti di proteine animali riduce i livelli di colesterolo cattivo e, di conseguenza, il rischio di sviluppare aterosclerosi e ipertensione. E secondo recenti ricerche, infine, il consumo di elevate quantità di soia porta a una minore incidenza di declino cognitivo dovuto all’età.
come vedi ci sono scuole di pensiero diverse. e a noi ignoranti non sappiamo che pesci pigliare, c’e chi dice che f amale c’é chi dice che é miracolosa.
Resta solo d aprovar enella nostra pelle e restare informati, rest ail fatto ch el’industria della carne di certo non vede la soia di buon occhio.
Se hai letto i miei articoli avrai certamente letto quello che ho scritto circa i prodotti “sani” di soia, oltre del fatto (mica trascurabile) che la flora batterica di un uomo/donna OCCIDENTALE non è uguale a quella di un orientale: quella di quest’ultimo è in grado di metabolizzare efficacemente gli isoflavoni, la nostra no.
Circa i grassi della soia, perdonami, ma non sono affatto gli stessi del pesce: presenta un eccesso di omega-6 che sono proinfiammatori come specificato qui.
Quanto al colesterolo, ti consiglierei di leggere quanto meno questo articolo.
Ad ogni modo, ciascuno è libero di scegliere per sé. Era mio dovere informare che non è tutto oro quel che luccica, soprattutto dopo aver letto il libro citato negli articoli, e aver approfondito l’argomento.
A presto e grazie per il confronto!
A me il movimento ed il latte di soia, riso e affini hanno dato una grande opportunità di risolvere la stipsi ricorrente e risolvere i piccoli disturbi della menopausa. Ne consumo in grande quantità quotidianamente. Per quanto riguarda l’aerofagia posso concordare ma d’altronde tutte le varietà di legumi ne danno ma ciò non mi ha mai scoraggiato dal consumarne. Per tutte le altre tossicità non saprei proprio dire.