“Volere è potere”.
L’anoressia, la bulimia e i disturbi dell’alimentazione sono patologie vere e proprie, con criteri diagnostici di competenza psichiatrica e diversi iter terapeutici possibili. La promozione di comportamenti patologici da parte di chi ne soffre è un atto di per sé malato e perverso: eppure, i filtri nel mondo di internet sono deboli e labili. Sebbene i maggiori motori di ricerca e social network (come Pinterest o Tumblr) abbiano cominciato a oscurare chiavi di ricerca palesemente riconducibili ad un’idolatria del DCA, non è poi così difficile approdare in community nelle quali ragazzi e ragazze malati fanno del proprio disturbo alimentare una caratteristica di forza e coesione, fino al punto di arrivare a farne una gara: chi è più magro, chi digiuna di più, chi perde più peso in meno tempo.
Quindici anni fa era ancora più facile incagliarsi nella rete dei siti pro-ana e pro-mia, dove “Ana” e “Mia”, rispettivamente anoressia e bulimia, erano quasi personalizzate, quasi divinità che ghermivano e blandivano.
In questi siti, allora come oggi, uno dei motti che va per la maggiore è proprio quello di apertura del mio articolo: “Volere è potere”. Se vuoi, puoi. Basta volerlo, e il tuo obiettivo è raggiunto.

Allontaniamoci da quello che è il contesto palesemente patologico di un disturbo dell’alimentazione. Parliamo di una semplice dieta dimagrante. O anche no: parliamo di un qualsiasi obiettivo della nostra vita. Ad esempio un concorso professionale da superare, o una gara sportiva da vincere: ampliate quanto volete gli esempi.
Se vuoi, puoi?
Volere è potere?

Se ci fermiamo consciamente a pensarci, è alquanto ovvio che la risposta ad entrambe le domande sia un netto NO.
Se vuoi, puoi: e se voglio qualcosa che non è fisicamente ottenibile, come ad esempio cambiare il colore dei miei occhi, o diventare la donna più ricca al mondo? E se voglio qualcosa che va contro la legge, sia essa naturale o morale o umana?
Volere è potere: mah. Qui l’obiezione risulta un po’ più complessa. Quante volte nella nostra vita, e fin nella nostra infanzia, ad un traguardo non raggiunto ci è stato detto qualcosa di simile a “Beh, che ti aspettavi, non l’hai voluto abbastanza, non eri abbastanza motivato!”. Come se gli obiettivi fossero desideri delle favole: se lo vuoi abbastanza intensamente, se ci credi fin nel profondo del tuo essere, ecco che si realizza!

Indubbiamente la volontà è una forza propulsiva: senza la miccia della volontà, non esiste l’azione.
Per vincere una gara di corsa, devo voler correre più forte degli altri.
Per superare l’esame di avvocato, devo voler essere un avvocato.
Per dimagrire, devo voler perdere peso.
Quindi volere è potere, giusto?

No. Sbagliato.

Moltissime persone si recano quotidianamente in ufficio a svolgere un lavoro che non piace e che trovano odioso. E’ perché lo vogliono? Non esattamente, sebbene a ben guardare sia la forza di volontà che li spinge giù dal letto e su sul tram: senza volontà, i muscoli (non per niente detti ‘volontari’) non si muovono!
La volontà rappresenta solo il 10% (5%? 40%? Dipende!) tanto delle nostre azioni quanto degli obiettivi che raggiungiamo: nell’esempio di cui sopra non è certo la volontà, intesa come ambizione, a guidarci, quanto la necessità di soldi sommata alla scarsa offerta lavorativa.

Torniamo al dimagrimento.
Tante, troppe volte persone che devono perdere peso per questioni di salute (o meramente per estetica, quei “due o tre chili” che qualsiasi donna vorrebbe polverizzare sui propri fianchi!) vedono vanificati i risultati ottenuti con una dieta ben seguita: è perché è venuta meno la forza di volontà? Sotto sotto non si vuole perdere peso?
Beh, uno psicoterapeuta -giustamente!- direbbe che potrebbe esserci una componente di verità: alcune persone vanno inconsciamente ad auto-sabotare il dimagrimento, magari perché l’obiettivo di perdere 10 kg è sempre stato “l’obiettivo di una vita” (“quando perderò 10 kg mi vestirò meglio, sarò più solare, sarò felice”), e man mano che si avvicina ci si accorge che quei 10 kg in meno in realtà non hanno il significato che per anni vi si è attribuito… Ma questo è un discorso complesso, che non è mio compito, come dietista, affrontare.
Lasciamo da parte l’autosabotaggio.
La maggior parte delle persone non è in grado di raggiungere un obiettivo che si è prefissa per motivi ben diversi dalla volontà: mancanza di strumenti, contesto non ottimale, informazioni ricevute non corrette o mancanza di esercizio. Ecco le vere variabili in gioco!

Quando diciamo che “volere è potere” dobbiamo stare ben attenti a cosa intendiamo. Se, come prima ho detto, ci riferiamo alla volontà come forza propulsiva all’azione, è vero: senza volontà, è alquanto impossibile raggiungere alcunché! Ma se davvero intendiamo che la sola volontà è una condizione di per sé sufficiente per raggiungere un obiettivo, ogni traguardo non raggiunto diventa un fallimento, che rischia di ledere irrimediabilmente alla propria autostima: non l’ho voluto abbastanza intensamente, non ho raggiunto l’obiettivo, sono un perdente, come al solito.

In qualsiasi campo, quando ci prefiggiamo un obiettivo dobbiamo in primo luogo valutare se sia alla nostra portata: le condizioni sono ottimali?
Magari il nostro obiettivo è correre 60 km a settimana: iniziamo a chiederci se abbiamo concretamente tempo per farlo. Quante persone rimangono frustrate perché sono circondate da messaggi entusiastici del tipo “se veramente è tuo desiderio allenarti, il tempo lo trovi!”. Beh, se ho una pausa pranzo che va dalle 12 alle 15 o rientro dal lavoro alle 18, se non ho figli né impegni extra-lavorativi, certamente il tempo lo trovo. Ma se lavoro a un’ora dalla mia abitazione, ho uno o due figli adolescenti da scarrozzare nelle loro attività settimanali (o bambini molto piccoli non ancora autosufficienti), mi devo preparare tutte le sere il pranzo per il giorno successivo e mi metto a letto alle 23 rendendomi conto di non aver avuto un attimo libero nella giornata, dove lo trovo il tempo di allenarmi, sebbene la volontà di farlo non manchi? Mi devo svegliare alle 5 del mattino per fare tutto: è questa la dimostrazione che “volere è potere”?

Immediatamente dopo le condizioni ottimali (o, se non ottimali, almeno quelle minime per muovere i primi piccoli passi verso un obiettivo!), serve avere i giusti strumenti e le informazioni corrette.
Non correrò mai una maratona senza le scarpe giuste e l’integratore giusto da assumere quando, verso il trentesimo chilometro, le nostre energie vacillano. Non suonerò mai in modo eccellente un pianoforte, senza il pianoforte. Non dimagrirò mai, senza il cibo giusto nella mia dispensa.
Ma allo stesso modo: non correrò mai una maratona senza che qualcuno mi insegni la corretta progressione degli allenamenti. Non suonerò mai in modo eccellente senza che qualcuno mi aiuti a decifrare le note musicali. Non dimagrirò mai se non ho accanto a me qualcuno che mi aiuti a fare chiarezza tra le mille informazioni salutiste di cui vengo bombardato tutti i giorni.

Infine, ultimo ma non da ultimo, l’esercizio: la pratica, l’allenamento, la ripetizione del gesto.
Sono moltissimi gli studiosi che mettono in primo piano l’importanza dell’esercizio nel raggiungimento di un obiettivo, o addirittura dell’eccellenza in un determinato campo. Vi cito ad esempio il filosofo e saggista Peter Sloterdijk in “Devi cambiare la tua vita” (che, a dispetto del titolo, non ha veramente nulla a che fare con un manualetto di self-help): dati (concreti!) alla mano, il più eccellente tra i pianisti non è quello che è nato con un talento innato o che ha voluto più intensamente di altri diventare un virtuoso del piano, ma è “semplicemente” quello che ha accumulato più ore di esercizio allo strumento. Gli atleti che gareggiano alle Olimpiadi sono quelli che si allenano di più, e ripetono uno stesso gesto atletico fino all’esasperazione. Gli chef e i pasticceri più rinomati sono quelli che per un lungo periodo della loro vita non sono mai usciti dalla cucina.
Senza andare a scandagliare le eccellenze, pensiamo nel nostro piccolo. Vostra nonna è bravissima a fare i tortellini perché, nella sua vita, ne ha preparati a migliaia: ma provate a chiederle di che forma uscivano, le prime volte che ci provava. Vostra mamma è bravissima a tenere in ordine la casa anche in poco tempo perché ha il bagaglio dei lunghi giorni della vostra disordinata adolescenza alle spalle. Il vostro compagno di liceo che eccelle in tutte le materie è (molto probabilmente) quello che studia di più.

Beh. Qui potremmo aprire almeno due divagazioni: da una parte, l’importanza dell’errore. E dall’altra, l’intervento del talento innato.
L’errore fa sicuramente parte dell’esercizio: senza l’errore, è difficile ottenere il miglioramento. Si migliora solo nella misura in cui si smette di sbagliare.
Il talento può essere una variabile importante, così come la fortuna, ma senza le altre sopra citate non serve a nulla. Il talento deve essere coltivato, e la fortuna contestualizzata.

Ma non divaghiamo troppo, che già questo mio intervento ha una sua corposità!

Il concetto che voglio rimanga impresso è uno e uno soltanto:

Se vi trovate ad aver ‘fallito’ un obiettivo, non incolpate la vostra scarsa volontà. Chiedetevi se le condizioni erano ottimali per raggiungerlo, se avevate gli strumenti e le informazioni necessarie, e se vi ci si siete applicati per un periodo congruo di ‘allenamento’.

Questo vale anche per il dimagrimento: volere non è potere.
E in quest’ambito a maggior ragione, come tutta la dimensione medica: subentrano fattori metabolici, endocrini e a volte persino anatomici che prescindono completamente dalla volontà. Sarebbe un po’ come a dire che per guarire da una malattia “basta volerlo”. Nessuno direbbe mai a chi soffre di gastrite che la terapia non ha funzionato “perché non l’hai voluto abbastanza”. Eppure, stranamente, ci si sente autorizzati a dirlo a una persona in sovrappeso che abbia perso 10 kg per poi rimetterli; o -forse peggio ancora- ci si sente in dovere di dire a una persona depressa che “non riesce a vedere il lato bello della vita”.

Iniziamo il 2020 così. Sono certa che 3 persone su 5 che mi leggono hanno tra i primi obiettivi “iscriversi in palestra” e “perdere 5 kg”, e che tali voci siano sulla lista delle risoluzioni per il nuovo anno da… almeno 5 anni!
Se negli anni scorsi non siete stati coerenti con l’obiettivo non è stato perché non l’avete voluto, ma per qualcos’altro: individuate quali sono i fattori limitanti, e cercate di capire se siano superabili, in qualche modo. Magari vi siete iscritti in una palestra troppo distante da casa? Magari non vi piace sollevare pesi ma amate correre? Magari vi accorgete che il vero freno alla vostra dieta sono i weekend goderecci (…o magari è il semplice fatto di ‘essere a dieta’, e quindi di ‘rinunciare a…’, ad essere un deterrente)?
Sono quasi certa che, riflettendoci, potrete elencare diversi motivi che vi hanno limitato, e che nessuno, NESSUNO, di essi ha a che fare con la forza di volontà.