Su questo sito, e in generale sui miei social, ho spesso scritto riguardo l’amenorrea ipotalamica conseguente a un periodo di ipercontrollo alimentare. L’assenza di ciclo, infatti, può dipendere in modo diretto dalla somma di due forti stressor per il corpo femminile: da una parte, lo stress mentale creato dal seguire un’alimentazione rigida e molto controllata; dall’altra, l’inevitabile stress fisico creato da una condizione di alimentazione non ottimale, fino a spingersi nell’iponutrizione: non è infrequente che un comportamento ortoressico si associ ad una dieta bassa in grassi e/o carboidrati, con una tendenza ad usare di frequente fonti proteiche, fino ad eccederne costantemente il fabbisogno giornaliero.
Altrettanto spesso, questi due comportamenti si accompagnano a sessioni di allenamento serrate ed estenuanti, a cui non si riesce a fare a meno. L’azione dell’iperallenamento è talmente marcata che sono molti i ginecologi e gli endocrinologi che, al fine della ricomparsa del ciclo, suggeriscono una temporanea sospensione della pratica sportiva, oltre che l’adozione di una dieta adeguata.
Settimana scorsa, in ambulatorio, proprio in relazione a questa tematica una paziente mi ha chiesto: “Ma quindi la mia è un’amenorrea da atleta, o un’amenorrea ipotalamica?”. Chiaramente non spetta a me fare diagnosi, ma potrebbe essere utile a molte ragazze e donne capire la differenza tra l’assenza di ciclo causata esclusivamente dallo sport, e quella causata da una condizione psico-emotiva più complessa.

Prima di iniziare la lettura dell’articolo, è doveroso sottolineare che sia l’amenorrea da atleta che quella relativa a ipercontrollo alimentare e/o iponutrizione sono amenorree funzionali, vale a dire nelle quali non sia possibile risalire ad alcuna problematica organica. Altrettanto importante è specificare che in alcuni sport la linea di confine tra le due tipologie di amenorrea è ben sottile: mi riferisco a tutti gli sport per i quali il podio risulta essere più facile da conquistare quando il peso corporeo e la massa grassa sono basse (danza classica e corsa di lunga distanza, ad esempio), e dove quindi l’adozione di diete ipocaloriche sia quasi inevitabile.

Amenorrea da atleta
Quando parliamo di amenorrea ‘da atleta’ parliamo appunto di ‘atlete’: lapalissiano forse, ma indispensabile porre l’accento sulla categoria specifica cui la donna appartiene.
NON stiamo parlando di ragazze che si allenano costantemente e duramente per un fine estetetico, per scaricare la tensione o perché amano la fatica determinata dallo sport, amano competere con i propri stessi limiti. Stiamo parlando di donne agoniste: il fine ultimo dei loro allenamenti sono le gare. Ogni loro allenamento è volto a incrementare la propria performance, migliorando i propri risultati precedenti e mirando a fare meglio delle avversarie. Queste donne seguono veri e propri programmi di allenamento, studiati da allenatori e preparatori professionisti.
Questa è un’enorme differenza, se la paragoniamo alla condizione di donne che praticano sport, magari anche intenso e frequente, ma senza il fine di gareggiare in competizioni istituzionali.

Sono diverse le cause che possono determinare amenorrea da atleta:
1. L’alterazione dell’asse HPA, vale a dire il subentrare di una condizione di stress neuro-endocrino. Qualsiasi tipo di sport, praticato con una qualsiasi frequenza, causa un innalzamento temporaneo di alcuni ormoni (GH, ACTH, prolattina, cortisolo…), la cui funzione è duplice: da una parte assecondare la richiesta energetica dello sport stesso, dall’altra permettere il ritorno all’omeostasi al termine della sessione di allenamento. Nell’atleta, tali sessioni sono talmente ravvicinate e intense che gli ormoni precedentemente citati rimangono pressoché costantemente in circolo, determinando una serie di reazioni a catena che, nel giro di pochi mesi, porta ad un deficit funzionale dell’asse ipotalamo-ovaio. Ad esempio, l’inevitabile aumento degli ormoni androgeni determina una riduzione sia degli estrogeni che delle SHBGs (globuline che portano in circolo gli ormoni sessuali).
2. L’anemia da atleta, ossia la carenza di ferro che si riscontra soprattutto in agoniste di endurance. In molti ritengono che non si tratti di un’anemia vera e propria, quanto piuttosto di una condizione fisiologica nella quale il ferro e i livelli di emoglobina risultano diminuiti per un aumento del volume del sangue (MCV) con conseguente diminuzione di eritrociti ed emoglobina: di fatto, la condizione può concorrere a determinare amenorrea.
3. Lo stress psicologico della competizione, che accentua e rafforza l’alterazione dell’asse HPA prima descritto.
4. Il cambiamento della composizione corporea: è risaputo che la percentuale di massa grassa è uno dei fattori che maggiormente incidono nella secrezione di estrogeni, tanto che il dimagrimento di per sé può determinare amenorrea o oligomenorrea (vale a dire che anche una perdita di peso ottenuta attraverso un piano nutrizionale bilanciato e personalizzato, a cui non si associ una condizione psicologica fragile, può determinare la scomparsa del ciclo: non è detto che l’amenorrea subentri esclusivamente quando il dimagrimento è compulsivo ed enfatizzato).
A parità di peso rispetto alle donne non agoniste, nelle atlete la composizione corporea è chiaramente sbilanciata verso la massa magra: benché le atlete non siano “magre” nell’accezione comune (e distorta) del termine, il loro è un corpo tonico, in cui la massa muscolare lascia poco spazio a riserve di grasso. Si stima che una donna non riesca ad avere un ciclo regolare se la fat mass è inferiore al 17%, condizione non infrequente in chi gareggia.
5. La restrizione calorica assoluta o relativa: soprattutto nel clou del periodo delle competizioni, è facile che le atlete vadano incontro a un deficit calorico relativo. Con questa definizione non voglio indicare una restrizione alimentare volontaria, quanto piuttosto un’estrema fatica a fornire sufficienti energie man mano che gli allenamenti si fanno più ravvicinati e intensi: considerando l’enorme dispendio energetico dello sport agonistico, risulta veramente difficile riuscire a sopperire all’aumentato fabbisogno, anche qualora si usassero regolarmente integratori. Pertanto il corpo cerca di convogliare le energie in quella che è la priorità: ossia il lavoro dei muscoli, sia in termini di dispendio che di recupero. Non rimangono molte risorse per nutrire contemporaneamente anche le reazioni che portano al ciclo mestruale.
In alcuni sport, come precedentemente accennato, la restrizione calorica diventa assoluta, vale a dire viene ricercata consciamente dell’atleta per diminuire il peso in vista della gara: sono questi i casi in cui la linea di confine tra amenorrea da atleta e amenorrea ipotalamica da ipercontrollo è alquanto sfumata.

Amenorrea primaria nell’atleta
Dedico solo un breve paragrafo a questo tema, ma non potevo trascurarlo: quando si parla di amenorrea in relazione allo sport ci si riferisce soprattutto ad amenorrea secondaria, vale a dire l’assenza di ciclo in ragazze che abbiano avuto tempo di avere il menarca e un successivo periodo di ciclo più o meno regolare. Tuttavia, in letteratura si riporta anche la condizione di amenorrea primaria: ragazze che a causa dello sport non abbiano mai avuto nemmeno il menarca, o che esso sia stato ritardato anche di 2-3 anni.
Questo ritardo nella pubertà si può riscontrare in ragazzine che fin dalle elementari si siano regolarmente allenate in modo agonistico: da una parte, è possibile che l’elevata attività fisica non abbia loro permesso di arrivare al minimo di massa grassa (17%) necessario ad una secrezione pulsatile di GnRH (ormone che stimola la produzione di LH e FSH e di conseguenza l’ovulazione); dall’altra, sembrerebbe ancora una volta che, a prescindere dalla composizione corporea, sia lo sport intenso stesso a determinare forti difficoltà all’equilibrio endocrino necessario ad avere lo sviluppo pubere.

La soluzione all’amenorrea da atleta
Tendenzialmente, l’amenorrea da atleta è più facile da risolversi rispetto a quella ipotalamica da ipercontrollo alimentare: potrebbe essere sufficiente attendere un periodo di riposo dagli allenamenti o una sostanziale diminuzione della loro intensità e frequenza; quando invece non è possibile questa soluzione, è indispensabile quantomeno verificare l’adeguatezza nutrizionale della dieta dell’atleta: dal momento che, con gli allenamenti in atto, non si può agire sulle alterazioni dell’asse HPA né mirare a un aumento della massa grassa (che potrebbe compromettere la performance), l’unica variabile sui cui si possa lavorare è assicurarsi che l’atleta stia mangiando a sufficienza per compensare il dispendio, ed eventualmente integrare di micronutrienti, aminoacidi e vitamine laddove sia necessario. Ovviamente, si dovrà tener conto di un particolare timing dei nutrienti, fornendo carboidrati, proteine e grassi nella giusta misura in relazione al pre e post allenamento.

Sport agonistico e pillola
Sono molte le atlete che decidono di assumere la pillola: il fine, in questo caso, non è solo quello della contraccezione, ma anche quello di garantire all’organismo una quota di estrogeni che, nel caso si verificasse amenorrea da atleta, verrebbe a mancare, esponendo la donna a rischi per la salute.
L’ipoestrogenismo, infatti, determina conseguenze cliniche come l’osteopenia, l’aumentato rischio di fratture (soprattutto nei distretti corporei maggiormente sollecitati dallo sport praticato) e disfunzioni dell’endotelio vascolare, con aumentato rischio cardiometabolico: per questi motivi la scelta della pillola, contenente estrogeni e progesterone, risulterebbe essere un prezioso supporto al benessere ormonale. Ovviamente sarà la ginecologa di riferimento a prescrivere la tipologia di pillola più adatta, tenendo anche conto dell’età dell’atleta.
In atlete senza amenorrea, l’uso della pillola spesso è consigliato per un altro motivo: normalizzare e prevedere il ciclo, così da evitare di dover sostenere gare in una fase ormonale non propriamente favorevole (sarebbe deleterio per un’agonista avere la selezione per i campionati nazionali proprio il primo giorno di ciclo o in piena sindrome premestruale!).

Amenorrea da atleta vs amenorrea ipotalamica
NB. In questo paragrafo per semplicità userò il termine “amenorrea ipotalamica” per indicare la condizione di amenorrea derivata da ipercontrollo alimentare associato a sport eccessivo e compulsivo; la terminologia è impropria, in quanto anche l’amenorrea da atleta ha una genesi ipotalamica: sto usando una semplificazione sintattica!

In conclusione, quale è la differenza sostanziale tra i due tipi di amenorrea?
Da una parte, ossia nelle atlete, è frequente trovare una condizione di assenza di ciclo la cui causa è pressoché esclusivamente dovuta allo sport stesso: la sospensione degli allenamenti comporta quasi sempre il ripristino della regolarità mestruale. Anche nella misura in cui a questo tipo di amenorrea concorrano carenze nutrizionali e stress psicologico, sono comunque da rimandarsi all’attività agonista: l’alteta è iponutrita non perché ricerchi una perdita di peso (ribadisco: a parte casi specifici), ma perché non riesce a far fronte all’aumentato dispendio energetico determinato dal suo sport. Allo stesso modo, lo stress psicologico è derivato dalla competizione, dalle aspettative per una gara e dalle frustrazioni quando gli allenamenti vanno male.

Sull’altro versante, in caso di amenorrea ipotalamica, l’assenza di ciclo è dovuta alla convergenza di almeno due dei seguenti fattori: tendenze ad un comportamento ortoressico, perdita di peso, allenamento compulsivo. Non è quindi sufficiente sospendere la pratica sportiva, né tutto sommato si può dire che sia sempre e comunque auspicabile: in certi casi la donna può continuare a praticare sport, purché adegui la propria dieta alla pratica sportiva e purché non faccia essere lo sport una sorta di professione. Infatti, è possibile individuare tre tendenze di comportamento (che spesso si sovrappongono):
– Allenamenti effettivamente troppo intensi e ravvicinati, senza che sia contemplato un recupero attivo o un incremento ben studiato del carico di lavoro (nelle atlete, invece, gli allenamenti diventano più intensi con l’avvicinarsi delle gare, ma è sempre prevista una progressione e una fase di scarico);
– Allenamenti non particolarmente intensi o frequenti, ma senza un adeguamento dell’alimentazione: non si seguono indicazioni specifiche per ripristinare l’equilibrio endocrino post-workout, mantenendo così elevati i livelli dei marker di infiammazione e gli ormoni dello stress.
Allenamenti compulsivi: che ci si alleni ad elevata intensità o meno, le sessioni di workout sono sacre, al punto da far ruotare tutto intorno all’allenamento. Gli altri impegni seguono l’imperativo di allenarsi: sebbene in certi casi sia utile fare dei sacrifici e cambiare la propria routine quotidiana pur di trarre vantaggio da 2 o 3 allenamenti a settimana, in caso di allenamento compulsivo questo comportamento è esasperato. Il workout diventa una professione nel senso che viene prima di impegni accademici o familiari, prima della vita affettiva, degli svaghi e degli amici.

La scelta di interrompere del tutto gli allenamenti o, più semplicemente, di modulare il proprio atteggiamento verso di essi e il proprio modo di alimentarsi in relazione allo sport varia da caso a caso: ad esempio, se la paziente ha un marcato sottopeso è auspicabile una sospensione completa, così come se, a seguito di una valutazione psicologica, il terapeuta ritenga che lo stress psicoemotivo generato dall’imperativo di allenarsi sia una determinante importante nell’amenorrea della propria paziente.

Bibliografia
– L.Pieruzzi, E.Molinaro – Disturbi mestruali e amenorrea nelle atlete
– Mathisen TF, Heia J, Raustol M, Sandeggen M, Fjellestad I, Sundgot-Borgen J – Physical health and symptoms of relative energy deficiency in female fitness athletes – Scand J Med Sci Sports, 2020 Jan;20(1):135-147
– Berz M, McCambridge T – Amenorrhea in the female athlete: what to do and when to worry – Pediatr Ann., 2016 Mar;45(3)

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