Eccoci alla seconda parte riguardante la soia. Qui trovate quello che ho pubblicato settimana scorsa, mentre oggi ci dedicheremo ad analizzare tutti i prodotti derivati dalla soia. Siete pronti? Sarà una lunga lista…!

I fagioli di soia, ossia da dove tutto parte. Esistono diversi tipi di soia: quella più comunemente usata per la produzione di alimenti a base di soia è la soia gialla; esiste poi anche la soia nera, poco diffusa. Due altre tipologie di soia sono in realtà fagioli: gli azuki (soia rossa o fagioli rossi) e il fagiolo mungo (o soia verde).
Come detto nello scorso articola, la pianta di soia un tempo era usata a mo’ di “fertilizzante” del terreno e non era destinata al consumo umano o animale: anche quando la soia cominciò ad essere mangiata, nel 500 a.C., non era servita come altri legumi, ossia semplicemente bollita. Per lungo tempo l’unica soia che veniva consumata era quella fermentata: prodotti conosciuti con il nome di tempeh, miso, natto. Li esamineremo dopo.

Alcuni di voi conosceranno gli edamame, ovvero i fagioli di soia freschi che sono serviti come antipasto nei ristoranti giapponesi; si tratta di soia non giunta a completa maturazione: hanno minori livelli di antinutrienti e di fitoestrogeni rispetto a quella secca, e maggiori quantità di acido ascorbico (antiossidante) e beta-carotene. Potremmo quasi promuoverli, non fosse che più dei due terzi della soia in commercio a livello mondiale è OGM: scommetto che i ristoranti giapponesi (o per meglio dire, cinesi cammuffati da giapponesi) non badano troppo a questi particolari.

I germogli di soia, ossia semi di soia fatta germogliare. Si dice che contengano maggiori quantità di vitamine e di minerali, e che pertanto siano dei veri e propri integratori alimentari: questo è corretto solo nella lunga germogliazione; una germogliazione breve, di pochi giorni, aumenta la produzione di fattori antinutrienti: utili alla piantina in divenire per difendersi dagli attacchi esterni in momento di grande fragilità (vale a dire il primo periodo di crescita), ma molto poco adatti a noi esseri umani.

Prodotti di soia fermentata: come detto poco fa sono gli unici derivati dalla soia che presentano il minor impatto possibile sulla nostra salute. La fermentazione della soia permette di allontanare sostanze antinutrienti e di diminuire la potenzialità fitormonale delle sostanze simil-estrogeniche in essa contenute. Sono prodotti in genere ben digeribili, e in certi casi addirittura utili al benessere intestinale; fate però attenzione: gli studi che hanno indagato questa proprietà probiotica della soia fermentata sono concordi nell’affermare che ci sia una variabilità genetica. La soia (fermentata) funziona estremamente bene sulla flora batterica della popolazione cino-asiatica ma non ha la stessa potenza sul nostro intestino, composto da famiglia batteriche diverse, che non riescono a trasformare gli isoflavoni della soia nei loro equivalenti metabolici più fortemente attivi. Vale a dire:

Anche sugli occidentali la soia fermentata ha effetti benefici, ma in misura minore rispetto a quelli riscontrati nella popolazione orientale.

In sostanza: soia fermentata sì, ma senza promesse miracolistiche.
I prodotti fermentati della soia sono miso, natto e tempeh; si trovano anche da noi, specialmente in negozi biologici (a prescindere da tutto il discorso salutistico: sconsiglio soia non bio, poiché OGM). C’è bisogno di dirvi che nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti ben lontani dall’essere davvero naturali…? Nella tradizione Cinese i prodotti fermentati, introdotti dopo il 500 a.C., prevedevano solo ingredienti naturali e una fermentazione che durava come minimo 12 mesi, ma poteva spingersi fino a 24 (due anni!). Tali alimenti non venivano pastorizzati, preservando tutta la loro funzionalità e ricchezza enzimatica. Attualmente, grazie all’industrializzazione, è possibile ottenere miso “fermentato” in soli tre giorni, ovviamente con pastorizzazione e aggiunta di ingredienti quali dolcificanti, acido ascorbico, decoloranti, aromi chimici e glutammato monosodico.

Ecco perché dico “sì” ai prodotti fermentati da soia biologica, ma dico un “no” netto a quelli industriali.

Nel commercio biologico un’azienda che lavora in modo *consapevole* è La finestra sul cielo: ha una linea di prodotti macrobiotici fatti con il rigore necessario, tra cui anche soia fermentata.

Salsa di soia, conosciuta da tutti grazie all’imperversare dei ristoranti (finto) giapponesi e della cucina fusion. La salsa di soia *vera* è sottoposta a una lunghissima fermentazione (6-18 mesi); ne esistono di due tipi: la shoyu contiene anche frumento (inadatta ai celiaci), mentre il tamari non usa cereali. La salsa di soia che possiamo aspettare di trovarci negli scaffali dei supermercati o nei ristoranti, almeno nel 90% dei casi, non è stata fermentata ma sottoposta a idrolisi chimica con acido idroclorico, ed è opportunamente miscelata a ingredienti chimici stabilizzanti, edulcoranti, coloranti, glutammato monosodico e conservanti. L’idrolisi rapida fa sì che si formino composti chimici indesiderati quali acido formico e levulinico (al posto del benefico acido lattico che deriva dalla fermentazione naturale), dimetil sulfide, furfurolo e idrogeno sulfide. Un ottimo affare, direi.

Latte di soia, che originariamente era un sottoprodotto del tofu, scartato a fine processo produttivo. Se qualcuno vi ha detto che “in Asia si beve latte di soia da millenni”, non credetegli: il latte di soia è stato inventato nel 1910. A Parigi, per la cronaca. I metodi moderni per la produzione di latte di soia richiedono velocità, a scapito della digeribilità del prodotto: si degradano aminoacidi importanti, si perdono vitamine, e si ossidano acidi grassi polinsaturi, il cui irrancidimento dà quel retrogusto di “fagioli cotti” al latte di soia. La maggior parte dei latti in commercio, inoltre, contiene dolcificanti e aromi volti a migliorarne il gusto, oltre che una fortificazione di calcio, vitamina D e altri minerali e vitamine di cui il prodotto è carente. Il libro The Whole Soy Story riporta che in America la fortificazione di vitamina D avviene con uso di vitamina D2 e non D3: mentre la seconda è la forma attiva, la prima è stata collegata a iperattività, problematiche coronariche e reazioni allergiche. Onestamente, in Italia non saprei che forma di vitamina D venga utilizzata.

Prodotti della soia in crema: yogurt e gelati, spesso prodotti con l’uso di carragenina, un addensante che ha suscitato le perplessità della comunità scientifica in merito alla sua presunta non-tossicità. Per la cronaca, questo è l’elenco ingredienti di un gelato di soia gusto neutro che si può trovare nelle gelaterie: “estratto di soia (oppure proteine isolate della soia), zucchero, sciroppo di glucosio, destrosio, grasso vegetale, mono e digliceridi degli acidi grassi, esteri di saccarosio degli acidi grassi, alginato di sodio, farina di semi di carrube, guar, pectina, coloranti, correttore di acidità”.

Tofu: il tofu è un formaggio vegetale che risulta più digeribile rispetto ad altri prodotti della soia anche se non è fermentato; infatti le sostanze antinutrienti si concentrano nell’acqua di scarto nella preparazione del tofu, e non nel panetto formaggioso stesso. Ovviamente, più il tofu è morbido più avrà antinutrienti in virtù della maggiore concentrazione di acqua. In Cina e Giappone esiste anche il tofu fermentato; non mi risulta che venga commercializzato in Italia, anche se probabilmente qualcuno lo fermenta con l’autoproduzione casalinga.

Okara: si tratta dello scarto di semi di soia avanzati dalla produzione di tofu o di latte vegetale; in genere non si trova in commercio, ma quando si fa autoproduzione casalinga è spesso riutilizzato per preparare biscotti dolci o salati, muffin, zuppe o altro. L’okara è composto principalmente di fibra, ed è quasi totalmente indigeribile. Causa dolori intestinali e attacchi di colite in persone che soffrono di colon irritabile, e nella popolazione generale può determinare meteorismo e formazione di gas.

Farina di soia: la vendita al dettaglio si è ridotta rispetto al passato, ma è ancora ampiamente usata a livello industriale per la preparazione di prodotti da forno maggiormente proteici. Il problema della farina di soia è il fatto di essere estremamente ricca di antinutrienti: per questo motivo viene spesso tostata ad alte temperature, un processo che sembra ovviare al problema ma che determina un irrancidimento degli oli essenziali, conferendo un pessimo sapore alla farina ed ai prodotti che ne derivano. L’industria usa quindi farina di soia senza grassi: nemmeno a dirlo, il processo di de-grassatura è al 100% industriale e permette di arrivare ad un prodotto finale che è tutto fuorché naturale e sano.

I derivati della soia di seconda generazione: proteine della soia, proteine della soia isolate e proteine della soia concentrate, prodotte con passaggi industriali quali sterilizzazione, raffreddamento, evaporazione, ricottura, passaggio a microonde, estrusione, pressaggio, deacidificazione, estrazione con solventi chimici, riassemblamento delle proteine. Questi prodotti derivati sono la cosiddetta “soia invisibile”, che, insieme a olio di soia (generalmente indicato come “olio vegetale”) e a lecitina di soia, si trovano in moltissimi alimenti di uso quotidiano. Andate al supermercato e contate i prodotti che non contengono lecitina di soia. E controllate gli ingredienti di barrette energetiche, integratori alimentari, burger vegetali, pasta proteica, frullati dietetici, biscotti per allergici o intolleranti, prodotti per celiaci, e così via. Quanta soia ingerite senza saperlo?
Una nota a margine: nelle proteine isolate dalla soia sono contenute due sostanze potenzialmente cancerogene, la nitrosamina e la lisinoalanina (contenute anche in altri derivati dalla soia, ma qui in particolare); oltre a queste, un team di ricercatori chimici nel 1997 ha rilevato ben 38 altri componenti derivati dal petrolio.
Trentotto. derivati. dal petrolio.
Chi di voi usa integratori proteici dalla soia, o barrette proteiche?

Olio di soia: si tratta di un olio vegetale molto difficile da estrarre. Le tecniche comprendo l’uso di pressione intensa e solventi chimici. Durante tutto il processo l’olio è esposto a luce, calore e ossigeno, fattori che, come ben sappiamo, deteriorano un olio, causando la formazione di radicali liberi: ecco perché l’olio viene sottoposto anche a raffinazione, deodorazione e “leggera” idrogenazione (…leggera!). Anziché utilizzare quest’olio come si dovrebbe (ossia: come carburante), esso viene ampiamente utilizzato dall’industria alimentare per la preparazione di qualsiasi alimento vi passi per la mente. In etichetta è riportato generalmente come “olio vegetale”, anche se dietro questa dicitura potrebbero nascondersi anche altri tipi di olio (di certo non migliori: di mais, di semi misti, di girasole, di colza, di palma, di cotone…). L’olio di soia contiene acidi grassi trans estremamente dannosi per la salute, oltre che altri grassi a lunga catena potentemente proinfiammatori e molecole tossiche per il nostro organismo.

Lecitina di soia: nell’industria alimentare viene impiegata come emulsionante, ma trova un ampio utilizzo anche nei cosmetici. Molte persone usano gli integratori di lecitina di soia pensando che possa avere effetti benefici per la salute: di fatto la lecitina è un prodotto di scarto dell’estrazione dell’olio di soia, nello specifico viene estratta a seguito della “degommazione”. La lecitina così estratta contiene residui di solventi e di pesticidi: deve essere purificata prima di essere usata.

Altri derivati dalla soia usati come integratori o additivi alimentari sono la fosfatidil-colina, la fosfatidil-serina e la lisofosfatidiletanolamide.

Terminata la lunga rassegna sui “soy-food”, quali potremmo dire che siano i migliori da inserire nella nostra alimentazione qualora volessimo consumare soia?

Prodotti biologici da soia fermentata: miso, natto, tempeh. Purché *consapevoli*, dunque fatti in casa partendo da soia biologica oppure commercializzati da aziende che abbiano un occhio di riguardo ai tempi di fermentazione (come vi ho anticipato, La finestra sul Cielo è una buona marca).
Salsa di soia *vera*, non industriale. Tenete comunque conto che contiene molto sodio, quindi è controindicata a chi soffre di ipertensione, patologie renali o ritenzione di liquidi. Va usata come insaporitore e non tutti i giorni.
– Se li trovate (difficile…), edamame biologici.
– Non troppo frequentemente è possibile introdurre anche tofu biologico (meglio evitare i panetti morbidi se soffrite di colite e metorismo) e, come dicevo nello scorso articolo, per preparare alcune ricette è possibile usare, qualora si dovesse limitare il latte vaccino, latte di soia biologico o fatto in casa.

Evitate la soia industriale, le bistecche/affettati vegetali, i fagioli di soia non sottoposti a lunghissimo ammollo e lunga cottura. State alla larga anche da proteine della soia (in polvere o addizionate a quello che mangiate), all’olio di soia, alla margarina da soia:
E da tutto ciò che è industriale. [Soia o non soia, aggiungerei]

Settimana prossima vi aspetto con l’articolo conclusivo.