Punto quinto per prevenire il cancro: gli alimenti animali.

Secondo le raccomandazioni del WCRF si dovrebbe limitare il consumo di carne rossa ed evitare il più possibile la carne processata. Attenzione però a non distorcere il messaggio: dire che la carne (in particolare quella rossa) provochi cancro è sbagliato. E’ l’eccesso di carne rossa ad essere fattore di rischio per la proliferazione di cellule tumorali: dobbiamo dunque interrogare su cosa si intenda per “consumo eccessivo”.

Sono consapevole che questo sarà un articolo molto controverso: gli alimenti di origine animale si prestano a innumerevoli spunti di dibattito. C’è l’aspetto etico, quello salutistico, quello dietetico: sembra quasi una lotta combattuta a colpi di studi scientifici tra vegetariani e sostenitori delle diete proteiche.
So che mi leggono molte persone che hanno scelto di non mangiare carne o pesce (o entrambi), e so che tra i miei lettori ci sono anche frequentatori di palestre, sportivi o semplici buongustai per i quali la fiorentina è irrinunciabile. Chiedo a tutti di tener presente una cosa fondamentale: quanto scriverò in questo articolo ha solide basi scientifiche il cui oggetto di ricerca era la correlazione tra consumo di prodotti animali e insorgenza di tumori. Nel redigere le raccomandazioni per la salute, il WCRF ha escluso tutti quegli studi volti a indagare se le proteine animali possano o meno essere utili a chi fa sport o a chi segue una dieta per perdere peso. Le due cose non vanno di pari passo: dire che l’eccesso di carne rossa favorisce l’insorgenza di cancro non significa sostenere che l’uomo possa fare a meno di proteine animali. Sono vere entrambe le cose: la correlazione tra consumo di carne (rossa e/o processata) e tumori è dimostrata, così come è ampiamente dimostrato che in alcune condizioni sia pressoché impossibile fare a meno di prodotti animali – a meno di ricorrere a integrazioni proteiche di sintesi. Gli sportivi, i bambini in fase di crescita e le donne in gravidanza o allattamento non dovrebbero mai seguire una dieta vegana, che escluda ogni fonte proteica animale: almeno uova e pesce dovrebbero essere presenti nella loro alimentazione.

Detto questo, scendiamo nei dettagli.
Non si può genericamente dire che la carne predisponga al rischio di cancro, bisogna capire quale tipo di carne sia la più pericolosa, in che quantità e soprattutto in che modo vada ad agire sullo sviluppo e progressione di un tumore.
I fattori che rendono la carne un promotore del cancro sono essenzialmente due: le proteine e il ferro, tenendo sempre ben presente che è il loro eccesso ad essere pericoloso; a questi se ne possono aggiungere altri due, che tuttavia interessano anche altri alimenti: i conservanti presenti nella carne processata (in particolare nitriti, nitrati e composti nitrosi) e le sostanze tossiche che si formano quando la carne è cotta alla brace (idrocarburi aromatici policiclici ed ammine eterocicliche).

Le proteine
Le proteine sono indispensabili per la crescita: sono come dei mattoncini che vanno a costituire quella complessa struttura che è il nostro corpo. Le cellule sono fatte da proteine, così come i muscoli, i capelli, gli organi; le proteine nel nostro organismo hanno anche una funzione di trasporto dei nutrienti e delle sostanze, e un’ulteriore funzione regolatoria (molti ormoni hanno origine proteica).
Il fabbisogno quotidiano di proteine è soggetto a variazioni nelle varie fasi della vita: non solo durante la crescita o la gravidanza, ma anche durante la malattia, la convalescenza e un periodo di intensa attività fisica. La giusta quantità di proteine è oggetto di controversia: tendenzialmente, in età adulta, il fabbisogno giornaliero è attestato essere su 1 g di proteine per ogni kg di peso. Gli alimenti maggiormente proteici sono quelli di origine animale: carne, pesce e uova forniscono proteine ad alto valore biologico, ossia composte da tutti gli aminoacidi di cui il nostro corpo necessita. La quota giornaliera di proteine è comunque assicurata anche da fonti vegetali: cereali, legumi, frutta secca e persino frutta fresca e verdura contengono proteine, seppur in percentuale inferiore rispetto ai prodotti animali.
Quando la quota proteica eccede il fabbisogno individuale aumenta il rischio di sviluppare tumore, in particolar modo quello al colon-retto. Il nefasto effetto non è caratteristico di tutti i tipi di proteine: la ricerca evidenzia che i tumori sono affamati di proteine animali, e non di quelle vegetali. Ricordate cos’ho detto poco fa? Le proteine animali sono quelle che stimolano maggiormente la crescita del corpo (e dunque sono indispensabili al bambino e alla donna in gravidanza); se però vengono introdotte in misura maggiore rispetto al proprio fabbisogno, andranno ad incentivare la crescita di cellule tumorali che, in assenza di questo stimolo, potrebbero facilmente essere eliminate dai nostri meccanismi di controllo. Avete presente quando si cerca di ridare vita ad un cumulo di braci ardenti? Basta un po’ di aria, e il fuoco rinasce. E’ quello che fa l’eccesso di proteine animali: stimola la crescita di micro-formazioni tumorali, e se i sistemi correttivi non sono efficienti questa proliferazione prosegue fino allo sviluppo del tumore vero e proprio.
Maggiore è l’eccesso proteico, minore sarà la capacità dell’organismo di fermare questo processo.
Come non mi sono stancata di ripetere è l’eccesso proteico ad essere problematico, e non le proteine animali in sé e per sé. Il concetto di “eccesso” è strettamente personale e dipende da diversi fattori: ad esempio quello che per una segretaria è un eccesso proteico, per l’atleta potrebbe essere il giusto fabbisogno. L’attività fisica è infatti uno dei fattori più determinanti nella stima del fabbisogno individuale.

Mi chiederete: se sono le proteine animali a essere pericolose, perché si parla solo di carne, e non di pesce e di uova? I motivi sono molto semplici: per prima cosa la carne ha percentualmente più proteine del pesce, e in secondo luogo contiene anche altre sostanze riconosciute essere favorenti il cancro.

Il ferro
Esistono due forme di ferro: eme (contenuto solo nei prodotti animali) e non eme (contenuto nei prodotti vegetali e in quelli animali). Il ferro eme viene subito assorbito, e viene assorbito completamente senza alcuno scarto. Il ferro non eme viene assorbito dopo essere stato trasformato in un composto più biodisponibile e grazie all’aiuto di particolari proteine trasportatrici; ha un grado di assorbibilità molto basso, dunque viene perlopiù perso dall’organismo.
Questo è il motivo per cui spesso si sente dire che in caso di carenza di ferro è necessario mangiare più carne: tra i prodotti animali è la carne -in particolare quella rossa- che contiene ferro immediatamente disponibile. Chi segue diete vegetariane o vegane è tendenzialmente più soggetto a carenza di ferro, specialmente le donne che ne hanno un fabbisogno doppio rispetto all’uomo. Questo sembrerebbe essere un vantaggio per gli onnivori, ma non è proprio così…
Se la natura ha fatto un modo che la maggior parte del ferro che introduciamo venga perso un motivo c’è: il ferro libero (ferro eme) è uno dei più potenti ossidanti che si conoscano. L’ossidazione è un fenomeno che può interessare diversi componenti e distretti organici: quando colpisce la doppia elica del DNA cellulare determina la formazione di mutazioni genetiche che causano l’insorgenza di tumore.
Come per le proteine, non è il ferro in sé ad essere fattore di rischio per il cancro, ma il suo eccesso. Eccesso di ferro ed eccesso di proteine sono strettamente legati: infatti l’alimento che contiene i maggiori quantitativi di entrambi i nutrienti è la carne rossa, pertanto si consiglia di limitarne il consumo. Ci sono persone abituate a mangiare tutti i giorni carne rossa (manzo, vitello, maiale): bisognerebbe invece variare di giorno in giorno la fonte proteica, privilegiando il consumo di carni bianche (pollo, tacchino, coniglio), pesce di ogni tipo, uova di categoria 0 (biologiche) e prodotti vegetali ricchi di proteine (cereali minori, frutta secca, legumi).

Attenzione: proprio per la forte correlazione ferro libero e insorgenza di tumore si deve evitare di cominciare un’integrazione di questo minerale sulla base di convinzioni personali senza il consulto di un medico.

I conservanti nei prodotti animali
Ancor meno salutare della carne rossa è la carne processata, ossia integrata con additivi.
Esistono due tipi di additivi usati nell’industria della carne: quelli usati come conservante di cui si ha l’obbligo di indicarli in etichetta, e quelli usati come miglioratori del prodotto, ad esempio per conferire un colore più rosso alla carne. Avete mai visto com’è rossa la carne venduta nei banchi frigo rispetto a quella della macelleria? Non è più fresca né più sana: potrebbe essere stata lavorata con composti a base di anidride solforosa, che di certo non è un concentrato di salute. Per gli additivi-miglioratori purtroppo non c’è l’obbligo di etichettatura: vi consiglio di comprare carne solo da macellai di fiducia, che possano garantirvi la freschezza e la provenienza del prodotto.
Gli additivi aggiunti come ingredienti -e dunque specificati in etichetta- sono essenzialmente nitriti, nitrati e polifosfati: la degradazione di questi composti da parte dell’organismo forma nitrosammine, molte delle quali sono riconosciute essere cancerogene per l’uomo. Evitate dunque tutta la carne conservata: affettati, salumi, bresaola, wurstel, hamburger impacchettati e tutto ciò che si trova nel banco frigo al supermercato nella sezione carne. Un prodotto sul quale poter star tranquilli circa la presenza di additivi è il prosciutto crudo di Parma o San Daniele: essendo a marchio DOP, per legge può essere fatto solo con carne e sale, né più né meno.

I metodi di cottura
Un importante fattore di rischio per il cancro riguarda metodi di cottura della carne molto diffusi: la griglia e la brace. Le alte temperature e il contatto diretto con la fiamma causano una reazione tra gli aminoacidi e la creatina, entrambe sostanze contenute nei muscoli degli animali: si formano le ammine eterocicliche, 17 delle quali si sono dimostrate essere cancerogene per l’uomo. Dalla cottura alla griglia o al barbeque si formano inoltre idrocarburi aromatici policiclici, anch’essi cancerogeni: li ritroviamo non solo nella carne, ma anche nel pesce e in cibi cotti a diretto contatto con il fuoco (pensiamo alla pizza, quando la crosta è parzialmente carbonizzata).
Meglio dunque preferire metodi di cottura più dolci, come arrosti, stufati, spezzatini e lessi.

Il rischio di cancro, e la protezione del pesce
Secondo l’analisi del WCRF, il consumo eccessivo di carne rossa e processata è un fattore di rischio per il cancro al colon-retto (evidenza di I grado); quest’eccesso è correlato inoltre ad altri tipi di tumore con un livello di evidenza di III grado: esofago, polmoni, pancreas, endometrio, stomaco e prostata.
Non sono state evidenziate correlazioni per quanto riguarda la carne bianca e le uova, mentre il pesce è stato identificato essere protettivo verso il cancro al colon-retto (evidenza di III grado). Il pesce che contiene più vitamina D è quello più prezioso come anti-cancro: aringhe, acciuge, spigola, cernia, trota (sia normale che salmonata), carpa, luccio, palombo e salmone.

Proprio per la protezione offerta dal pesce consiglio a chi ha un aumentato fabbisogno di proteine di prediligerlo rispetto alla carne: oltretutto contiene acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6, che sono particolarmente utili proprio a quelle categorie di persone che necessitano di più proteine. In gravidanza e allattamento vengono trasferiti al bimbo attraverso il sangue e il latte della mamma, e gli saranno utili nella formazione del sistema nervoso; incentivano lo sviluppo delle funzioni cerebrali e cognitive nei bambini in fase di crescita; sono preziosi anti-infiammatori articolari e muscolari per gli sportivi. Per la popolazione in generale sono un fattore protettivo nei confronti di ipertensione, ipercolesterolemia, osteoporosi e malattie neurodegenerative.
Personalmente, ritengo un’alimentazione pescariana -ossia senza carne e senza latticini, ma che preveda pesce ed eventualmente uova- di gran lunga migliore rispetto ad una vegetariana classica (ossia con latte e derivati). Questo da un punto di vista strettamente nutrizionale: la scelta etica è sempre molto più soggettiva e personale, dunque su questo non esprimo opinioni che inevitabilmente perderebbero di oggettività.

Sitografia
World Cancer Research Fund