Il dato è chiaro e ormai noto alla comunità scientifica: i picchi glicemici dopo i pasti sono controproducenti alla salute*.
Tali picchi portano, nel tempo, ad una disregolazione del ritmo di glicemia e insulinemia, promuovendo uno stato di infiammazione cronica di basso grado (ne ho parlato nel mio ebook dedicato al tema) e ad una condizione di dismetabolismo.
*Ovviamente mi riferisco ad un contesto di continuità di questi picchi non controllati, e non a situazioni saltuarie e quali-quantitativamente limitate come possono essere la pizza settimanale, la colazione in pasticceria o altre situazioni che portano, durante la settimana, ad avere una polarizzazione verso i carboidrati ad elevato carico glicemico.
Nel tempo, le ricerche scientifiche si sono ampliate, andando ad evidenziare delle correlazioni un tempo sconosciute tra condizioni di rialzo glicemico non funzionale e ricadute sul benessere della persona; ad esempio, si è visto che i picchi sono indesiderabili per una buona concentrazione, per la risposta allo stress e per la modulazione del tono dell’umore.
Nella mia pratica ambulatoriale, sempre più focalizzata in ambito di fertilità e dietoterapia, mi trovo spesso a seguire pazienti che necessitano di modificare la propria alimentazione per migliorare la risposta ormonale ai fini di una gravidanza (sia in caso di gravidanza naturale che di PMA). Molto spesso queste pazienti arrivano con esami non ottimali di glicemia, insulinemia ed emoglobina glicata, ma senza che vi sia mai stato dato peso: in effetti, sono valori non allarmanti per un concreto rischio di diabete; eppure, gli studi ci dicono che, pur in un contesto non strettamente patologico, proprio questi valori borderline posso interferire negativamente in relazione alla qualità oocitaria, alle possibilità di fecondazione degli ovuli e alle probabilità di attecchimento endometriale.
Nella mia pratica clinica ho la fortuna di collaborare con Medici Endocrinologi e Ginecologi che riescono a dare uno sguardo scrupoloso ad esami fino ad allora trascurati, e a indirizzare verso una terapia mirata qualora fosse necessario l’intervento farmacologico: a volte, due o tre mesi di terapia con la metformina permettono di avere un concepimento naturale fino ad allora mai incontrato, oppure un risultato diverso rispetto a percorsi PMA precedenti in termini di produzione di ovuli.
Altre volte la situazione della paziente non richiede un intervento farmacologico, e allora ci si affida ad un cambiamento più puntiglioso dell’alimentazione, dell’attività fisica e dell’integrazione (vale la pena sottolineare che queste modifiche sarebbero auspicabili anche in caso di terapia, sia per un discorso generale di salute, sia perché durante l’eventuale gravidanza in genere non si fa proseguire la metformina).
Ci sono diverse strategie nutrizionalmente utili a modulare opportunamente la glicemia durante l’arco della giornata.
La via più rapida è quella di un taglio netto dei carboidrati: si approccia una dieta low-carbs o addirittura chetogenica, e il risultato è (pressoché) garantito. Pur essendo una strategia sicura, non è quella che preferisco, per almeno tre validi motivi:
– È fortemente condizionante il comportamento alimentare; la restrizione di carboidrati determina, di riflesso, un aumento del desiderio degli stessi, predisponendo ad un rischio di comportamento disfunzionale con il cibo e di abbuffate.
– È iper-responsabilizzante; fa passare il messaggio che “se fai così andrà tutto bene, se non fai così e la gravidanza desiderata non arriva, in fondo è colpa tua che non ti sei applicata abbastanza”. Vade retro! Sono sempre molto chiara in merito: la dieta è un validissimo aiuto per la fertilità femminile, ma non è una bacchetta magica e non è l’unico fattore in gioco. Nel momento in cui l’adesione ad un certo schema alimentare presenta più svantaggi psicoemotivi che non vantaggi concreti, è da abbandonare immediatamente!
– È concretamente *più* efficace di altre strategie solo in una ristretta minoranza di casi; per la maggior parte delle donne, si tratta solo di una via rapida, ma non più efficace di altre: preferisco quindi adottare metodi diversi per la gestione della glicemia, che siano più sostenibili nel tempo e meno condizionanti a livello comportamentale.
Vediamo quindi cosa sia possibile fare in alternativa a regimi low-carbs.
Frazionamento dei carboidrati e opportuno timing. Banalmente, effettuare un’attenta anamnesi delle abitudini alimentari per capire quando e come siano consumati gli alimenti che maggiormente rialzano la glicemia (quindi, essenzialmente i carboidrati) permette di avere preziose informazioni, da cui partire per effettuare modifiche idonee che non siano troppo impattanti. Ad esempio, a volte non c’è proprio bisogno di ridurre i quantitativi giornalieri di carboidrati, ma solo di distribuirli meglio ai tre pasti della giornata: molte donne sono convinte che i carboidrati a cena facciano ingrassare, e quindi non consumano pane, pasta o patate la sera; tuttavia, potrebbe darsi che una cena basata solo su secondo piatto con contorno lasci parecchia fame, e ci si ritrovi quindi a piluccare altri alimenti che comunque vanno ad incidere negativamente sulla glicemia (soprattutto se, senza accorgersene, se ne mangiano una quantità che in pratica va ad equiparare o superare una porzione di pane o patate!): la frutta, i tarallini, i grissini, le gallette, i cioccolatini.
In altri casi invece si può lavorare su un timing specifico dei carboidrati, concentrandoli tra colazione e pranzo: la sera si può fare una cena a basso impatto insulinico, a base di secondo, verdura preferibilmente cruda, olio e frutta secca; questa strategia deve essere finalizzata a minimizzare l’apporto di carboidrati per favorire una calma glicemica, non ha nulla a che vedere con la paura di ingrassare o la restrizione calorica; inoltre, non è affatto indicata in caso di attività fisica svolta nel tardo pomeriggio o sera.
Inversione del pasto. A parità di alimenti consumati durante il pasto, dare la priorità al secondo piatto e successivamente mangiare il primo (o la fonte di carboidrato) permette di regolare meglio il rilascio di zuccheri nel sangue: in questo caso non si riduce nulla, e neppure si posiziona diversamente il cibo nell’arco della giornata; semplicemente, prima si mangiano le proteine e poi il resto.
Uso di verdura cruda. Anche questa strategia non implica modifiche sostanziali alla dieta: semplicemente si suggerisce di consumare come prima cosa durante il pasto una porzione di verdura cruda condita, e poi tutto il resto (preferibilmente, come abbiamo visto, prima il secondo e poi il primo/il carboidrato). Questo consiglio è usato anche per aumentare l’indice di sazietà del pasto.
Uso di acido acetico. Avete presente quel consiglio che andava di moda tra gli anni ’80 e ’90, di bere aceto per stroncare la fame? Ecco, ha causato non pochi mal di stomaco, senza contare l’erosione dello smalto dentale e la sostanziale inutilità della strategia. Piuttosto, recenti studi hanno dimostrato che inserire durante il pasto 20-30 ml di aceto di mele (meglio se a inizio pasto) è significativamente utile a ridurre la glicemia post-prandiale in pasti ricchi di carboidrati: un suggerimento utile sia nel contesto di un’alimentazione non restrittiva, sia per quelle persone sulle quali la mera restrizione di carboidrati sarebbe controproducente in relazione al comportamento alimentare, o perché promuovente un calo di peso non desiderabile.
Va sottolineato che nell’immaginario collettivo i problemi relativi a glicemia e insulina siano solo a carico di persone che dovrebbero perdere peso: non è così, nel modo più assoluto.
Per prima cosa, se anche la persona avesse del peso da poter potenzialmente perdere, non è affatto detto che il dimagrimento sia una strada auspicabile: nel breve termine potrebbe portare a un miglioramento dei picchi di glicemia, ma sul lungo termine chi può fare previsioni? Se il peso viene continuamente messo e perso (dieting), il risultato è tutt’altro che desiderabile. Inoltre, il calo di peso è solo uno dei fattori in gioco: si può avere un miglioramento netto della glicemia anche senza perseguire un calo ponderale (e queste strategie sono quelle che il più delle volte permettono di mantenere il risultato positivo sul lungo termine!).
Inoltre, va considerato che anche persone magre possono avere delle anomalie relative agli zuccheri nel sangue. Il sentire comune è che “se sono magro e continuo ad esserlo pur mangiando quello che voglio, in fondo posso non preoccuparmi del cibo”: non è così. Magrezza non vuole dire automaticamente salute, e grassezza non vuole dire necessariamente patologia. La maggior parte delle pazienti che seguo in PMA e che beneficiano di una dieta a controllo glicemico è perfettamente normopeso, se non addirittura ai limiti inferiori per magrezza.
Oltre a queste strategie strettamente alimentari, non bisogna trascurare altri aspetti importanti.
– Attività fisica. Deve essere presente, ma non eccessivamente impattante sui livelli di cortisolo; l’attività fisica strenua, soprattutto di tipo aerobico, e senza adeguati tempi di recupero, è controproducente per la gestione della glicemia.
Spesso, fare subito dopo pranzo e cena una camminata veloce di 20 minuti permette una puntuale regolazione degli zuccheri nel sangue (ovviamente, a questo si può aggiungere una pratica sportiva più strutturata e varia!).
– Integrazione. Esistono validi integratori che si possono sfruttare, come ad esempio il cromo picolinato, la berberina, l’acido lipoico e l’akkermansia (oltre ad altri).
– Respirazione. Può sembrare assurdo, ma il modo in cui una persona respira influenza l’utilizzo di nutrienti da parte del suo corpo. Ragioniamoci: le nostre cellule usano energia proveniente da carboidrati e/o grassi, ma l’ossigenazione dei tessuti è fondamentale per un corretto utilizzo dei nutrienti! Infatti, ne abbiamo la controprova in due casi: se pensiamo che l’uso dei nutrienti nei diversi sport è legato al modo in cui i muscoli riescono ad essere ossigenati, e se contiamo che diversi studi correlano condizioni di apnea notturna a condizioni di iperglicemia. Respiriamo per vivere, ma non è affatto scontato che siamo in grado di respirare bene: in genere siamo sempre talmente di fretta e stressati che i nostri respiri sono brevi, mozzati, fatti tutti di petto e non di pancia. Padroneggiare il respiro è un percorso, un allenamento vero e proprio.
– Riposo. La giusta qualità del riposo influenza il rilascio di zuccheri nel sangue: persone che soffrono di insonnia, o che non hanno una buona qualità del sonno notturno, e lavoratori su turni che non gestiscono con un riposo adeguato i turni di notte sono maggiormente predisposti ad intolleranza glucidica. Lavorare sul riposo è difficile, perché implica da una parte la capacità di rilassamento profondo, dall’altra un controllo di tutti i fattori che influenzano il sonno (l’esposizione alla luce naturale e provenienti da schermi LED/LCT, la temperatura del luogo dove si dorme, la presenza di russamento, i livelli di stress…). Difficile, ma fondamentale per lo stato di benessere.
Durante i miei percorsi cerco di sensibilizzare circa tutti i fattori in gioco, ma, vista la mia professione, mi concentro sul lato di alimentazione. Il percorso è sempre personalizzato, non solo in base ai dati ematici della donna che si affida a me e alle sue abitudini quotidiane, ma anche in relazione alla finalità specifica della consulenza: percorsi di PMA risentono di variabili diverse, perché entrano in gioco farmaci (quelli per la stimolazione ovarica e per la preparazione dell’endometrio) che entrano in dialogo con la glicemia.
Spero che i piccoli consigli indicati in questo post possano essere stati d’aiuto a qualcuna di voi; come accorgervi se effettivamente la glicemia, così facendo, è meglio gestita? Nel giro di qualche giorno dovreste iniziare a sentirvi più concentrate, sazie più a lungo, e maggiormente energiche!
Bibliografia
– F Shishehbor, A Mansoori, F Shirani – Vinegar consumption can attenuate postprandial glucose and insulin responses; a systematic review and meta-analysis of clinical trials – Diabetes Res Clin Pract 2017 May:127:1-9
– E Papakonstantinou, C Oikonomou, G Nychas, GD Dimitriadis – Effects of diet, lifestyle, chrononutrition and alternative dietary interventions on postprandial glycemia and insulin resistance – Nutrients 2022 Feb 16;14(4):823