Durante le festività natalizie si legge di tutto e di più in merito all’alimentazione.
Penso che si possano dividere i contenuti in tre categorie:
1. La demonizzazione e l’iper-focus sulle calorie.
Per intenderci, di questa categoria fanno parte tutti i brillanti post sull’onda del “per bruciare le calorie di una fetta di pandoro devi correre 33 minuti”, “a tavola preferisci gli agnolotti perché hanno meno calorie delle lasagne”, “dopo il pranzo di Natale, a cena bevi solo del brodo leggero”.
E via dicendo.
Non mi soffermo nemmeno di striscio a commentare.

2. L’ascolto, l’empatia, la vicinanza.
Si tratta di contenuti generalmente veicolati da professionisti esperti di disturbi dell’alimentazione, e da medici con un approccio HAES: estremamente validi, ben contestualizzati, con uso di parole che danno sollievo e calore. Si normalizzano le festività di Natale, si danno suggerimenti su come evitare il diet-talk e il fat-talk, si invita all’autoascolto del proprio corpo e della propria relazione con il cibo. Non si dà nulla per scontato, e si mette in primo piano il mondo della psiche e delle emozioni.

3. La via di mezzo, non propriamente sempre ben fatta.
A mio parere, sono contenuti abbastanza controversi: da una parte invitano alla massima libertà con il cibo (libertà che non è indicata a tutti i percorsi… per persone ancora molto ‘dentro’ il disturbo alimentare, l’eccessiva libertà risulta spaventosa, ansiogena); dall’altra, c’è sempre una mezza frase che stride, che fa sentire questa libertà come condizionata.
“Puoi mangiare quello che vuoi, alla dieta ci pensiamo a gennaio!”
“Non fare restrizioni controproducenti per permetterti la cena di Natale; però nei giorni successivi non eccedere!”
“Non preoccuparti degli zuccheri che mangerai; però attenzione, gli zuccheri danno assuefazione”.
Insomma, diciamo che da una parte ci sono le buone intenzioni per normalizzare il comportamento alimentare, ma dall’altra bisognerebbe ammettere di dover ancora fare una grande formazione personale per avere un approccio veramente empatico, non giudicante e non focalizzato sul peso corporeo.

Sul mio profilo Instagram @unadietistacontrocorrente, e su quello di @equilibrio_donna, in queste settimane sto cercando di fare qualche contenuto per un Natale gentile.
In questo articolo, invece, vorrei parlare di una parte diversa di “alimentazione & Natale”, spesso trascurata; mi riferisco a chi segue un certo tipo di alimentazione non per finalità di peso, ma per un motivo di salute: come conciliare le due cose?

Difficile fare delle considerazioni valevoli per tutti.
Nella categoria della dietoterapia, infatti, rientrano casistiche estremamente differenti tra loro, caratterizzate da un diverso “margine di tolleranza”.
Mi spiego meglio usando tre esempi.

1. Una persona che soffre di reflusso gastroesofageo vede lo scatenarsi dei sintomi di bruciore e acidità quando consuma specifici alimenti, a volte presi singolarmente, altre come effetto accumulo. Sono problematici cioccolato, brodo di carne, agrumi, alimenti con elevato contenuto di zucchero, affettati, formaggi stagionati, affumicati e prodotti conservati sott’aceto: tutti alimenti che caratterizzano le nostre festività.
Consumare frequentemente questi prodotti determina una ri-accensione del reflusso, che può perdurare per diversi giorni e rendere complicato anche il riposo notturno. Parlando in linea generale, dopo un episodio acuto di reflusso possono essere necessari 7/10 giorni di ripresa della precedente dietoterapia per avere una remissione completa dei sintomi e un ripristino dello stato di benessere.
Quindi ci troviamo in questa prospettiva: una persona che soffre di reflusso può decidere di rimanere “a dieta” anche durante le feste per evitare dolore e disagio; oppure può valutare che, nella sua specifica situazione e scala di priorità, è poco male godersi cene e cenoni e sopportare il dolore, perché il momento della condivisione in famiglia e le delizie della tavola hanno più importanza: a feste terminate, si torna a fare le “solite” esclusioni.
Entrambe le scelte sono lecite: la scelta è personale!

2. Una donna che soffre di sindrome dell’ovaio policistico può avere un peggioramento dell’iperandrogenismo a seguito di un’alimentazione ricca di zuccheri, carboidrati raffinati, prodotti conservati e latticini. Tuttavia, va fatto presente che la modulazione degli ormoni attraverso la dieta avviene in un lasso di tempo abbastanza lungo (alcune settimane): le festività di Natale potrebbero essere una goccia nel mare, e quindi non influenzare in alcun modo lo stato metabolico ed endocrino della donna con PCOS; potrebbe magari esserci una temporanea riaccensione dell’acne, ma nulla che lasci poi strascichi.
In questo caso, il margine di tolleranza rispetto ad abitudini alimentari molto diverse rispetto a quelle dietoterapiche è molto ampio: in altre parole, la dietoterapia può tranquillamente essere messa da parte con leggerezza.

3. Una persona che soffre di diabete I deve seguire un’alimentazione strettamente controllata nel consumo di zuccheri e carboidrati: il rischio degli eccessi è concreto, pur con il supporto dei boli di insulina, perché porta a conseguenze negative per l’intero organismo. Ci sono problemi a livello intestinale e renale, c’è un peggioramento della concentrazione e del tono dell’umore, si può slatentizzare cistite o candida, sale la pressione arteriosa: si rischia seriamente. Per questa persona il conteggio dei carboidrati è indispensabile anche durante le feste, con un margine di tolleranza piuttosto stretto.

Come potete vedere, a seconda della motivazione per cui si segue dietoterapia le scelte durante le feste possono essere più o meno vincolanti: in alcuni casi il margine di variazione rispetto alla dieta abituale è molto stretto, in altri estremamente largo, in altri ancora si ha una libertà condizionata dalla propria disponibilità ad accusare alcuni sintomi (almeno nel breve termine).

Per chi segue una dieta specifica a fini di salute il periodo delle feste potrebbe non essere molto spontaneo, e potrebbe generare ansia in termini di convivialità, restrizione cognitiva e soddisfazione.
A mio parere, la cosa migliore da fare è parlare con il proprio dietista/nutrizionista di riferimento, e magari anche con il proprio medico. Questi professionisti potranno dare un’idea concreta di quale sia il proprio personale margine, e quali possano essere le eventuali conseguenze negative, di modo che ciascuno possa decidere in autonomia. Nella maggior parte dei casi queste conseguenze sono comunque circoscritte nel breve termine: quindi, tutto sommato un “sacrificio” sostenibile. Non va però trascurato che per alcune problematiche le conseguenze della non-adesione alla dieta possono protrarsi per settimane (ad esempio, per contaminazioni da glutine in caso di celiachia, o effetto accumulo di istamina in relazione a dermatite).

Prima di concludere, è assolutamente doveroso specificare che il professionista di riferimento può anche aiutare indicando integratori, tisane o strategie comportamentali che possano, per così dire, “attutire il colpo”.
Cioè?
Posso farvi qualche esempio sulla base della mia pratica dietistica, citandovi strategie di cui discuto con le mie pazienti nel mese di dicembre.

– In caso di difficoltà digestive, tisane a base di limone e zenzero, di carciofo e tarassaco, o di malva, sono le benvenute dopo pasti più abbondanti del solito.
– L’uso di enzimi digestivi ad ampio spettro prima di cene e cenoni può aiutare chi soffre non solo di gastrite, ma anche di colon irritabile a prevalenza di fermentazione.
– Le persone che seguono una dieta a controllo glicemico possono beneficiare del consumo di verdura cruda prima dei pasti per limitare un po’ l’immissione degli zuccheri nel sangue.
– Tenere in casa del brodo di carne, ricco di aminoacidi e collagene, è un toccasana per chi soffre di problematiche intestinali caratterizzate da un transito nettamente accelerato.

Se avete qualche dubbio circa la vostra dietoterapia in relazione alle festività, provate a scrivermi nei commenti: provo (se è nelle mie competenze) a darvi un aiuto!