Se bazzicate per siti di nutrizione sportiva, non potete non aver notato i banner pubblicitari di integratori, proteine in polvere, multivitaminici e termogenici: il business della supplementazione sportiva è in continua crescita, tutti sembrano aver bisogno di integrare qualcosa. Proteine, BCAA, epigallocatechine, carnitina, creatina, vitamina C, omega3, sali minerali…
Ma è davvero necessario?
La domanda non è se sia *indispensabile* l’integrazione alimentare per poter fare sport, bensì se tale integrazione possa dare vantaggi, di quale entità siano e se il rapporto costi/benefici possa essere sostenibile.
Riuscire a capire quanto un’integrazione sia effettivamente vantaggiosa è complesso, perché i fattori da tenere in considerazione sono molteplici; ne cito solo alcuni: il dosaggio dell’integratore, il metodo di produzione, i tempi di somministrazione, l’obiettivo che si vuole raggiungere e, naturalmente, la dedizione con cui ci si applica alla disciplina sportiva. Vale a dire: ha senso entrare in palestra con la bottiglietta di acqua e sali minerali, se si fa giusto un corso di aerobica? Si ottiene qualcosa a bere uno shaker di proteine post workout, se ci si allena con pesetti da 1.5 kg?
Solo una piccola percentuale della popolazione può essere paragonata agli atleti di professione: la maggior parte di noi si allena 2-4 volte a settimana per un’oretta a sessione; generalmente gli allenamenti fatti sono condotti ad un’intensità medio-bassa: schede a circuito in palestra con pesetti e sovraccarichi facilmente gestibili, corsa ad un ritmo di 8-10 km/h, corsi di aerobica o di ballo, nuoto. Queste attività permettono di mantenere in salute il corpo, e magari anche di perdere qualche kg o di raggiungere una certa tonificazione muscolare, ma sono perfettamente autogestite dal nostro corpo senza bisogno di supplementazione.
Partiamo infatti dal presupposto che il corpo dell’uomo è fatto per muoversi: si sa adattare in modo sorprendente agli stimoli dell’attività fisica, senza alcun bisogno di ricorrere ad integrazioni. E’ proprio questo il fine dello sport: quello di forgiare il nostro corpo per renderlo più forte, resistente, migliore.
Negli ultimi anni si è tuttavia assistito ad un exploit di attività ad intensità elevata, come ad esempio il Crossfit, o ad una esasperazione dello sport a fini estetici (fitness e body-building). Di pari passo, sempre più persone si sono appassionate alla corsa o al ciclismo, che richiedono tempi di allenamento molto lunghi. Infine, naturalmente, abbiamo gli sport di squadra e l’agonismo vero e proprio: calcio, pallavolo, atletica, ginnastica di diverso tipo, sci…
In tutti questi casi ipotizzare una supplementazione potrebbe dare un aiuto al nostro fisico; il vantaggio si esplica su diversi livelli:
– Miglioramento della performance in termini di:
a) Tempi di recupero – Una persona che fa sport ad alta intensità 3-5 volte a settimana potrebbe far fatica a recuperare adeguatamente tra una sessione e l’altra, andando alla lunga incontro a deficit della prestazione, stanchezza ed esaurimento muscolare (ricordate comunque che la vera e propria sindrome da sovrallenamento è un evento assai raro, e che in ogni caso interessa atleti professionisti che si allenano anche più di 2 ore al giorno).
b) Forza o resistenza espresse durante gli allenamenti – Vale a dire, ad esempio, capacità di correre per più tempo o a maggior velocità, oppure sollevare carichi più consistenti negli allenamenti con i pesi. Mi riferisco a integrazioni che possano migliorare capacità già in possesso della persona, e costantemente allenate: il doping, che innegabilmente migliora la perfomance, conferisce “capacità aggiuntive”, e in questo si differenzia dagli integratori alimentari (oltre che per i potenziali effetti collaterali).
– Supplementazione di micro e macronutrienti di cui il corpo ha maggiore necessità in funzione dell’attività fisica praticata (principalmente proteine, carboidrati, ferro e sali minerali).
– Aumento delle difese antiossidanti: lo sport genera radicali liberi cui il corpo risponde con un aumento della produzione di antiossidanti (ed è proprio per questo che lo sport “fa bene alla salute”); tuttavia quando l’attività è particolarmente intensa può darsi che l’organismo faccia fatica a stare al passo con questa produzione, e a questo può sopperire un’integrazione mirata. Rientrano in questa categoria gli omega 3, la vitamina C e la vitamina E.
Il discorso potrebbe essere ampliato a comprendere un sostegno più completo al sistema immunitario che, quando sottoposto a stress psicofisico continuo, comincia ad accusare qualche colpo e a lasciare l’organismo più fragile: soprattutto chi si allena continuativamente all’aperto anche in caso di clima avverso dovrebbe valutare l’integrazione di immunostimolanti da fitoterapici, selenio e vitamina D.
– Adattogeni, finalizzati a rendere meno stressante lo sport per il fisico. Questa è una categoria di integratori estremamente interessante: come ho scritto precedentemente l’attività fisica intensa e/o con scarsi tempi di recupero genera stress per il nostro corpo, che cerca di sopperire con la produzione di antiradicali e ormoni di risposta allo stress (cortisolo e catecolammine). A livello evoluzionistico, dovremmo essere come gli animali selvaggi: fare attività fisica concentrata in pochi momenti della giornata (finalizzata principalmente a procacciare il cibo), con successive lunghe ore di riposo in una condizione a basso impatto di stress ambientale. In mondo in cui facciamo sport è invece agli antipodi rispetto a questa condizione idilliaca, poiché pratichiamo attività fisica in condizioni già stressanti: prima o dopo dover lavorare 6-10 ore, in presenza inquinamento atmosferico e acustico (che perdura anche al di fuori della sessione di allenamento), senza contare che dobbiamo far fronte a impegni familiari e convenzioni sociali che possono generare ansia e ulteriore stress. Il riposo sembra a volte una perdita di tempo. Stando così le cose, lo sport di un certo genere potrebbe dare più svantaggi che vantaggi: magari ci aiuta a svagarci perché ci permette di “staccare la spina” e di divertirci, ma quale è la risposta invisibile del nostro corpo? Se miriamo a mantenere alti livelli di performance, se ci alleniamo con costanza ed intensità elevata e se magari siamo costretti a farlo la sera, ossia in un momento in cui il corpo sarebbe predisposto al riposo e non all’attività, alla lunga l’organismo si esaurisce. Ecco quindi che alcuni integratori adattogeni mirati possono essere consigliabili all’atleta.
Gli adattogeni dovrebbero essere presi in considerazione anche da chi inizia a fare attività sportiva dopo un lungo periodo di sedentarietà: si sente diffusamente parlare degli aspetti positivi dello sport, della corsa, dell’allenamento funzionale, ma in pochi avvertono che prima di trarne i dovuti benefici è fondamentale lasciar trascorrere un congruo periodo di adattamento, durante il quale l’allenamento avrà un andamento incrementale per durata ed intensità. Tante, troppe persone passano dal tutto al niente: classicamente si registra un clou di buone intenzioni a gennaio (“per iniziare bene l’anno”), maggio (“che l’estate è alle porte”) e settembre (“mi rimetto in forma dopo le vacanze”). Si inizia a fare sport anche cinque volte a settimana, ci si mette a stecchetto con l’alimentazione e… dopo qualche settimana si perde la voglia.
Oppure può anche capitare di iniziare a fare sport perché si cavalca l’onda dell’entusiasmo di amici che già lo praticano: si inizia a uscire in bici o a correre con una squadra, si trova un’amica con cui andare in palestra o a nuotare, ci si appassiona dello stesso sport del proprio partner. Nel tentativo di tenere il ritmo degli altri non si rispetta la doverosa gradualità necessaria per rendere forti articolazioni e tendini, per evitare che il cuore sia sovraffaticato, per smaltire i radicali liberi generati dal lavoro muscolare.
In entrambi i casi lo sport diventa deleterio per la salute: si crea rischio cardiovascolare, infiammazione, elevati livelli di cortisolo (che a sua volta determina un blocco del dimagrimento, ossia uno dei fini ricercati da chi vuole “tutto e subito”).
Il tutto è peggiorato in presenza di sovrappeso o obesità, condizioni che già di per sé creano infiammazione organica.
Anche in questi casi, per evitare l’esaurimento e il logoramento, si può sostenere il fisico grazie a supplementazioni di principi adattogeni.
– Esiste infine quella classe di integratori alimentari che potremmo definire “a fini estetici”, come termogenici, bruciagrassi, drenanti e via dicendo. La loro efficacia è, in linea di massima, minima se non dubbia: ne esistono davvero pochi per i quali è possibile dimostrare l’utilità. Di quelli efficaci il rapporto costo/beneficio risulta essere svantaggioso: si tratta di supplementazioni costose, che hanno un’utilità solo fino a che vengono assunte; per questo motivo la loro fruibilità è limitata a chi abbini a tali integratori un’attività fisica estremamente mirata, ad esempio body-builder o fitness-competitor nel periodo immediatamente precedente alla gara.
Molte persone sono contrarie all’integrazione sportiva “perché non è naturale”. Personalmente non condivido quest’affermazione per il semplice fatto che il modo in cui facciamo sport non è di per sé naturale. Questo dato di fatto non deve tuttavia portare a concludere che l’integrazione alimentare sia indispensabile o sia sempre vantaggiosa: unicuique suum, a ciascuno il suo.
La supplementazione deve essere valutata sulla base delle caratteristiche fisico-metaboliche della persona, dello sport praticato e degli obiettivi prefissi.
Stiamo preparando una gara? Siamo manager in carriera, iperstressati dal lavoro? Abbiamo una malattia infiammatoria cronica e vogliamo correre una maratona? Ci alleniamo ad orari inconsulti? Queste sono solo alcune delle casistiche per le quali l’integrazione possa essere adeguata, purché – ovviamente – sia mirata e personalizzata.
Nei prossimi articoli vi parlerò delle supplementazioni più diffuse in ambito sportivo, per il momento spero di avervi dato spunti di riflessione utili!