Vi ho promesso che vi avrei parlato di babywearing, così ecco il secondo articolo della rubrica Dimensione Bimbo.

Non ricordo esattamente come io abbia scoperto il babywearing, un annetto fa. Forse ho visto qualche foto di bambini in fascia, forse sono incappata in qualche articolo online. Fatto sta che proprio nel periodo in cui io mi stavo informando, una carissima paziente (e il suo piccolo!) mi hanno fatto una sorpresa: avevo annunciato da poco di essere incinta, ed ecco che mi arriva per posta uno dei primissimi regali. Era una fascia elastica grigia Didymos, con un graziosissimo cappellino elfico, che è stato il primo indossato da Mattia in ospedale. Nella lettera allegata, la neomamma mi augurava di poter usare la fascia per coccolare tanto il mio piccolo, permettendomi al contempo di non impazzire nella vita quotidiana complicata della gestione di un neonato.
Se non fosse stato per questo provvidenziale regalo, forse mi sarei attivata con molta più lentezza a reperire tutte le informazioni sul babywearing, che poi mi sono state preziosissime fin dai primi giorni; avrei corso il rischio di aspettare la nascita di Mattia, e non concludere un bel niente (consiglio: se potete fare qualcosa -qualsiasi cosa- in anticipo rispetto alla nascita, FATELO!).

Cos’è il babywearing
Per babywearing si intende il “portare i bambini”, ma non nel senso “metterli in carrozzina e uscire a fare due passi”; si intende proprio il “vestirsi del bambino”, metterselo addosso, pelle contro pelle. Un po’ come fanno le donne africane, avrete tutti presente: si usa una fascia che si lega sul corpo, e nella quale si inserisce il bimbo. Un po’ come i marsupiali, e non a caso le mamme che portano vengono chiamate mamme-canguro. Vi ricordate quello che vi ho detto nel precedente articolo sul periodo dell’esogestazione? I nostri bimbi impiegano più o meno 9 mesi dopo essere venuti al mondo per rendersi conto di essere un Io Cosciente, e di essere qualcosa di diverso dalla mamma (o meglio: che la mamma non è un’estensione di sé). Il cammino che li porta alla consapevolezza è graduale, e richiede un distacco progressivo dalle condizioni che gli erano consentite in placenta: all’inizio il contatto con il corpo della mamma, con il suo respiro e il battito del suo cuore, sono indispensabili. Piano piano, sarà il bambino stesso a distaccarsene, per cercare nuovamente un rapporto così viscerale quando ha bisogno di coccole o di conforto, o quando sta poco bene.
Questo bisogno di contatto porta i neonati a voler trascorrere la maggior parte del tempo in braccio. Un neonato mangia e dorme in braccio, e quando è sveglio sta perlopiù in braccio a sbirciare il mondo da sopra la spalla di mamma e papà. Per le prime 12 settimane l’effetto-seconda-pelle è comune a quasi tutti i piccoli, le eccezioni sono poche: dopo i tre mesi, quando inizia a delinearsi l’indole e il carattere individuale, alcuni bambini mostreranno di stare volentieri sul tappetino o in carrozzina ad osservare gli adulti che si affaccendano intorno a loro, mentre altri continueranno a preferire le braccia come luogo di contenimento.

I vantaggi del babywearing
Avere un bimbo perennemente sul petto può essere complicato per i genitori: quando si cucina, si mangia, ci si fa la doccia, si va in bagno? Certo, ci si può dare il cambio, ma considerano la gentile concessione del Ministero della Salute a ben due giorni di paternità retribuita (addirittura!), è soprattutto la mamma a dover gestire il bambino. Ben vengano le braccia dei nonni, ma si sa che per diversi motivi (tra cui norme igieniche di rispetto di una creaturina pressoché sterile) è bene che il piccolo trascorra quasi tutto il tempo con le due persone che l’hanno messo al mondo.
Tenere il bimbo in fascia è un grandissimo aiuto per la mamma e per il papà: sia da un punto di vista meramente pratico, che emotivo.

Vi elenco i vantaggi per tutta la famiglia:
– Stare pelle a pelle permette di consolidare il bonding tra mamma e neonato, ovvero quel legame speciale che li unisce e che si instaura fin dai primi secondi trascorsi insieme.
– Il babywearing permette al papà di creare un legame con il piccolo, di conoscersi e riconoscersi a vicenda in un periodo in cui la figura paterna non può ancora esprimersi nella sua totalità (e non per difetto del padre, ma per semplice motivo biologico di accudimento nei mammiferi).
– Se la mamma sta attraversando un brutto periodo dopo il parto (depressione post partum), portare il piccolo sul proprio petto la curerà: si sentirà importante, indispensabile; si innamorerà sempre di più della sua creatura, e troverà le forze di reagire a quella terribile cascata ormonale che le è piombata addosso dopo aver partorito.
– Innegabilmente, tenere in braccio il bimbo e avere contemporaneamente due mani libere renderà più semplice la gestione domestica: facendo attenzione a non esporsi a fonti di calore (forno, fornello, ferro da stiro…) e a non fare movimenti inadeguati (pulire il wc o rifare i letti), sarà possibile riprendere una buona routine nella gestione della casa.
– Per le mamme che devono tornare presto a lavorare, il babywearing può essere una soluzione per non allontanarsi dal piccolo precocemente (almeno fino a quando le ore di veglia non supereranno di gran lunga quelle di sonno, e finché il bimbo non sarà in grado di muoversi in autonomia e di scoprire il mondo attorno a sé).
– Per il bambino il contatto così stretto con la pelle della mamma è ragione di gioia allo stato puro: si tranquillizza, si rilassa, fa nanne riposanti e si sente cullato pacificamente come quando era in pancia.
– Il babywearing aiuta anche a strutturare la postura del bambino, garantendo una posizione ergonomica a tutte le sue ossa e muscoli. Per molti bambini portati in fascia si potrebbe notare una leggera precocità sui tempi entro cui reggono da soli la testolina, rotolano a destra e sinistra e cominciano a gattonare.
– Viene consigliato di portare in fascia i neonati che soffrono di coliche, sia quelle “vere” sia quelle “emotive” (ne avevo parlato qui); Mattia non ha fortunatamente mai avuto problemi al pancino, ma nelle sere in cui è più agitato è sufficiente mettermelo in fascia per tranquillizzarlo completamente.
– La fascia permette al bambino di termoregolarsi: i neonati vanno incontro con estrema facilità al surriscaldamento, e vogliono stare in braccio anche per trasmettere il loro calore ai genitori e trarne sollievo (…un po’ meno per i genitori, accaldati e sudaticci in piena estate!). La valenza di termoregolazione può essere utilissima in caso di febbre del neonato: il pelle-a-pelle aiuta ad abbassare la sua temperatura corporea e dargli sollievo, seppur non duraturo.
– Le nanne in fascia possono essere più riposanti per il bambino, soprattutto quando fa fatica a rilassarsi dopo una giornata piena di cose nuove da scoprire; io e Mattia lo confermiamo: quando è molto stanco o quando ha avuto una giornata diversa dalla sua solita routine ha più bisogno di essere cullato e coccolato per addormentarsi. La fascia velocizza i tempi, dandogli subito conforto. Questo sarà un vantaggio anche più avanti, quando cominceremo a portarlo con noi a fare passeggiate in montagna, al parco o al ristorante: si sa che in queste occasioni i bimbi finiscono con la testa a penzoloni e la bolla al naso in braccio ai genitori… La fascia ci aiuterà tanto!
– Ultimo ma non ultimo… La fascia è un ottimo strumento per ritrovare la forma smagliante pre-gravidica: fare la spesa, cucinare, camminare e anche solo stare seduta con il busto eretto e Mattia in fascia mi ha innegabilmente irrobustito la schiena, tonificato gli addominali e aiutato a ritrovare una buona forza nelle gambe. D’altronde, è come portarsi sempre appresso un peso da 6.5 kg, con incremento graduale del sovraccarico… Più functional training di così!

I diversi modi di intendere il babywearing
A seconda dell’età e dello sviluppo motorio del bambino, esistono diversi tipi di supporti da poter utilizzare.
Fascia elastica; è la prima che si consiglia: regge fino a circa 6-8 kg del neonato, e permette di fare la legatura a triplo sostegno pancia-a-pancia (l’unica consigliata nelle primissime settimane, quando la testolina va a destra e manca che è una meraviglia, e la posizione naturale del bimbo è a ranocchietta, con i piedini ravvicinati).
Fascia rigida; quando il bimbo regge relativamente bene la testolina si può passare ad una fascia rigida, con la quale si realizzano diversi tipi di legature. Inizialmente il bimbo può essere portato solo davanti (pancia a pancia, o meglio: cuore a cuore), poi ci si sposta di lato e infine dietro, a mo’ di zainetto. Esistono fasce di diversi tessuti (100% cotone, misto canapa e cotone, in fibra di bambù…) e diverse grammature, a seconda di quanto peso deve sostenere e quanto debba essere traspirante. Esistono anche diverse taglie, che indicano la lunghezza della fascia: la taglia viene scelta a seconda di peso e altezza della mamma, e in base al tipo di legatura che si vuole fare. Infatti esistono legature che richiedono parecchio tessuto (come il triplo sostegno) e altre che ne richiedono molto meno (come la legatura sul fianco).
Ring; si tratta di fasce con anello di rapidissima legatura, adatte a spostamenti molto brevi.
Mei tai; è sostanzialmente un “ibrido” tra una fascia e un marsupio più strutturato: permette un contatto molto intimo tra neonato e portatore, esattamente come con la fascia, con il vantaggio di essere pronto all’uso (la fascia, invece, richiede una legatura da realizzare). Lo svantaggio è quello di essere un po’ meno contenitivo di una fascia, meno “coccoloso”.
Marsupi; i supporti a marsupio sono strutturati diversamente a seconda dell’uso che se ne vuol fare (trekking o utilizzo quotidiano?) e alle dimensioni del bambino. Esistono marsupi per portare davanti (pancia a pancia), di lato e dietro, mentre si sconsiglia di portare “fronte mondo”, benché alcuni marsupi lo permettano. Nell’acquisto del marsupio è importante cercarne uno che sia veramente ergonomico per il bambino… Perché non tutti, anche quando pubblicizzati come tale, lo sono!

Ergonomicità
Per posizione ergonomica si intende quella che, seppur protratta per tempo, non vada a creare danni alla postura di un bambino, incentivando contemporaneamente lo sviluppo armonico e robusto di scheletro e muscoli. I supporti per portare i neonati devono necessariamente essere ergonomici, e, purtroppo, alcuni dei marsupi più conosciuti e costosi non sono ergonomici nei primi mesi di vita (mi riferisco a Stokke, BabyBjorn, Chicco…).
Per prima cosa, bisogna escludere l’uso dei marsupi fino ai 4-5 mesi del bambino: anche quelli veramente ergonomici (Tula, Buzzidil, Ergobaby…) non garantiscono il sostegno corretto del capo e sono troppo grandi per uno scricciolo di pochi chilogrammi, che, lì dentro, risulta accartocciato più che portato.
In secondo luogo, bisogna pensare che la posizione ergonomica per un neonato è quella che lui assume naturalmente quando lo si poggia a pancia in giù, e che simula la posizione fetale nel ventre materno: il bimbo è rannicchiato, anzi… “ranocchiato”, per la tipica postura “a ranocchia”, con le ginocchia che si piegano a superare il sederino (posizione “a M”). Il bimbo non sa stare seduto, e tantomeno ha una spina dorsale che lo sostenga in posizione eretta. Quando si usano supporti che non gli consentono di piegare le ginocchia il bimbo si accartaccia su sé stesso, con innegabile danno posturale. Oltretutto, provate a pensarci… In questi marsupi il neonato risulta essere appeso per i genitali, più che portato…
L’unica posizione ergonomica per il bambino è quella che lui assume fisiologicamente: fate attenzione al supporto che usate!

Da ultimo, sono da evitare i marsupi che permettono la posizione “fronte mondo”, fattore che approfondisco in un paragrafo a sé.

Perché non portare “fronte mondo”?
I sopra citati marsupi ergonomici fino ad un certo punto permettono di portare il bambino “fronte mondo”, così come altri marsupi veramente ergonomici (ad esempio l’Ergobaby-4-posizioni), perché “così il bambino si guarda intorno”. Gli esperti di babywearing e gli osteopati infantili sconsigliano invece di portare il bambino fronte mondo per almeno 5 valide ragioni:
– Il bambino non ha appoggi con braccia e petto, e risulta “appeso”.
– La posizione non è ergonomica per anche e femore.
– La posizione non è ergonomica per il portatore, che si causerà mal di schiena.
– Il bambino, soprattutto nei primi mesi, non è incuriosito da quello che vede, ma iperstimolato: troppa luce, troppi rumori, troppa confusione. Potrebbe rimanere scosso, con il sonno disturbato e fatica a quietarsi.
Non c’è termoregolazione tra il corpo del neonato e quello del portatore: il bimbo potrebbe surriscaldarsi e agitarsi.

La nostra esperienza
Quando Mattia era ancora in pancia ho dedicato un po’ di tempo libero a informarmi sul babywearing, cercando anche video Youtube che spiegassero le varie legature. Tuttavia, non mi sentivo affatto sicura a provare a mettere il mio bimbo in fascia da sola: l’unica cosa giusta da fare, e doverosa, era quella di contattare una consulente del portare che mi spiegasse passo passo la procedura da esiguire in completa sicurezza. Dopo una decina di giorni dalla sua nascita ho preso appuntamento con Laura, una consulente certificata che è venuta un pomeriggio a casa mia a insegnarmi la prima legatura da poter realizzare con un neonato (come già accennato, il triplo sostegno con fascia elastica). Essere stata guidata da lei è stato fondamentale per me: mi sono sentita sicura, e soprattutto non mi sono spaventata quando Mattia ha cominciato a piangere nell’esatto momento in cui lo stavo fasciando sul mio corpo. Laura mi ha spiegato con dolcezza che era normale, che il bimbo doveva conoscere la fascia, capire che è un luogo sicuro; infatti, nel giro di un paio di minuti si è quietato, addirittura addormentato!
Abbiamo usato la fascia elastica solo per poche settimane, perché Mattia è cresciuto in fretta: ha raggiunto rapidamente i 6 kg e ha iniziato presto a reggere bene la testolina; la Didymos cominciava a cedere sotto il suo peso, causandomi mal di schiena. Siamo allora passati ad una fascia rigida, una bellissima Neko blu e azzurra, purtroppo un po’ troppo pesante per il torrido clima estivo (infatti stiamo aspettando una fascia nuova, cotone misto fibra di canapa); ho ricontattato Laura, che ci ha insegnato la legatura a croce semplice da realizzare pancia a pancia: la fascia è molto più sostenitiva, io non ho mal di schiena, e Mattia inizia a guardarsi intorno con i suoi occhioli blu spalancati. Tra due o tre mesi passeremo alla legatura sul fianco, e poi quella sulla schiena. Quando verrà il momento per cominciare a fare camminate in montagna, valuteremo se comprare un marsupio ergonomico da far portare al papà: mi è stato suggerito un Ergobaby, molto pratico, ma potrei pensare *in aggiunta* anche a un Oscha Cairis che è romanticissimo (ovviamente da usare io! Non ce lo vedo un papà con una fantasia come questa…).

Inizialmente la scelta di usare la fascia è stata dettata da una buona componente di senso pratico: essendo molto indipendente, per me era fondamentale riuscire a riappropriarmi il prima possibile della mia autonomia a cucinare, fare la spesa e sbrigare faccende in casa. Iniziando a portare Mattia, pian piano ha preso il sopravvento la meravigliosa sensazione di tenerlo stretto a me.

Il babywearing per me significa la possibilità di dare a mio figlio un nido, un luogo sicuro. Se è agitato, con la fascia sento il suo corpo rilassarsi fino ad addormentarsi; se è spaventato, sento le sue urla quietarsi; se è stanco e fa fatica ad abbandonarsi al sonno, la fascia lo culla e rassicura. Lo proteggo dalle carezze indiscrete di chi crede di poter carezzare a piacimento un neonato. Spero di regalargli amore e felicità, spero di iniziare a fargli scoprire il mondo cuore a cuore con me.

Se volete saperne di più sul babywearing o trovare una consulente certificata vicino a voi, andate sul sito di Scuola del Portare.

…e il passeggino, non lo usi?!
Ho un bellissimo trio della Stokke: ovetto, carrozzina e passeggino. Quando l’ho comprato avevo messo in conto che avrei usato ben poco la carrozzina, ma allo stesso tempo so che quando Mattia comincerà a stare seduto da solo apprezzerà molto il passeggino, da cui guardarsi intorno.
Continueremo ad usare la fascia, se lui lo vorrà, ma asseconderò soprattutto la sua voglia di sgambettare, scoprire, toccare e conoscere in autonomia; i bambini salgono e scendono dal passeggino a piacimento, però spesso cercano anche le braccia di mamma e papà dove rifugiarsi: quante volte si vede il papà spingere un passeggino vuoto e la mamma tenere in braccio il piccolo! Nulla ci impedirà di usare passeggino e fascia… contemporaneamente!

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