In autunno-inverno amo prepararmi tè, tisane e infusi: mi piace provare gusti nuovi, con grande disappunto di mia mamma che si trova gli armadietti invasi da erbette secche, tisaniere e tazze. Nonostante questa mia grande passione, sono molto ignorante in materia: non mi sono mai interessata in modo particolare alle specifiche proprietà di un’erba o di un tipo particolare di tè. Ho deciso di approfondire la mia conoscenza grazie all’aiuto di Mattia Rinaldo, studente all’ultimo anno di Scienze e Tecnologie Erboristiche, che ha accettato di rispondere alle mie domande con una precisione e un’accuratezza da elogiare.

Tè, tisane, decotti ed infusi: le differenze
Il tè è di fatto una tisana, in quanto per tisana si intende quella bevanda ottenuta per macerazione, decozione o infusione di una o più erbe. Nello specifico, il tè può essere fatto tramite infusione delle foglie della Camellia sinensis (la pianta da tè, coltivata in zone tropicali e subtropicali). Il tè non viene fatto con decozione perché si estrarrebbe tutta la componente tannica, estremamente amara; si può usare il metodo della macerazione, ma è poco usato.
Grazie a macerazione, decozione o infusione di un’erba si è in grado di estrarre un fitocomplesso, ossia un insieme di principi attivi caratterizzati da un’azione terapeutica, lenitiva o preventiva; le componenti che si possono usare nella preparazione di una tisana sono diverse: radici, rizomi, fusto, corteccia, foglie, fiori o germogli.

Con la macerazione una qualsiasi parte della pianta viene mescolata con acqua, alcol o glicerina, e viene lasciata riposare anche per diversi giorni: si tratta di un’estrazione a freddo, che non necessita di calore. 
Mattia ci dice che è possibile lasciar macerare anche il tè, sebbene sia una pratica poco comune: è sufficiente mettere in una bottiglia di vetro 2-3 cucchiai di tè verde (anche aromatizzato), aggiungere acqua, scuotere energeticamente e lasciar riposare in frigorifero per almeno 12 ore. Ottimo rinfrescante e rimineralizzante, può essere preparato la sera e poi consumato il mattino successivo, soprattutto d’estate (aggiungo io, magari dopo essere rientrati da una corsa prima di colazione).
La decozione e l’infusione sono estrazioni a caldo. Nella decozione si usano parti solide della pianta (radici, semi o corteccia), che vengono tagliate e sminuzzate, mescolate con acqua nella quale vengono fatte riposare anche per 12 ore, e fatte bollire per un tempo variabile da 5 a 30 minuti in base a ciò che si vuole estrarre. Il decotto deve essere raffreddato a temperatura ambiente per qualche minuto, quindi filtrato e consumato. 
Mattia consiglia a chi soffre di meteorismo di fare un decotto con semi di finocchio, che è molto più efficace rispetto a un infuso: mettete i semi in acqua fredda, portate a ebollizione e lasciate bollire per 10 minuti, quindi lasciate raffreddare altri 10 minuti prima di filtrare e bere.
Nell’infusione si usano parti tenere della pianta (foglie e fiori), che vengono tagliate o sminuzzate e poste in acqua bollente nella quale si lasciano macerare per un tempo variabile da 1 a 30 minuti in base alle necessità, quindi filtrate. Attenzione: le foglie non vengono fatte bollire, ma sono poste in acqua bollente (ossia fuori dal fuoco).
Sminuzzare un’erba e poi lasciarla essiccare determina una perdita di principi attivi: per questo motivo è meglio acquistare tè ed erbe in foglie anziché in bustine.

Il tè
Si può dire che esistano tre categorie di tè: verde, oolong e nero.

– Il tè verde viene trattato con vapore o tostato, rullato e subito essicato: non ci sono processi fermentativi. Il tè bianco è un tipo di tè verde, non rullato e costituito solo da gemme e dalle prime foglioline della pianta.

– Il tè oolong e il tè nero sono fatti fermentare prima di essere essiccati: la fermentazione è più lunga per il tè nero e più breve per l’oolong.

Il rooibos, o tè rosso africano, è una bevanda priva di caffeina simile al tè verde per le sue proprietà rimineralizzanti e antiossidanti: è molto buono se abbinato a scorza di agrumi biologici (limone o arancia), avendo l’accortezza di non prelevarne anche la parte bianca, molto amara. Alcuni studi, condotti per ora su animali, attribuirebbero al rooibos la capacità di migliorare il profilo dei lipidi nel sangue e di offrire protezione nei confronti di ischemia cardiaca.

A seconda del tipo di tè che si è scelto si devono rispettare alcune regole per ottenere da queste foglioline la tisana perfetta.
Prima di tutto l’acqua: è necessario che sia leggera e poco calcarea, assolutamente non mediominerale (può andar bene l’oligominerale). Poi la temperatura: bisognerebbe armarsi di un buon termometro da cucina, perché l’acqua deve essere calda ma non bollente.
– Tè neri cinesi: 90°C
– Tè neri provenienti da India, Ceylon e Africa: 85°C
– Oolong: 90°C
– Tè verdi e bianchi: 70-85°C

Il tempo di infusione del tè è piuttosto breve: 2-3 minuti, in modo da avere un’estrazione ottimale di tutte le sostanze contenute eccetto i tannini, ovvero molecole amare che diminuiscono il grado di biodisponibilità dei minerali attraverso un meccanismo di chelazione (le imprigionano proprio come le chele di un granchio). C’è però un aspetto positivo dei tannini: sono in grado di chelare anche la caffeina, dunque se si vuole bere un tè prima di andare a dormire, è sufficiente protrarre l’infusione per evitare un controproducente effetto eccitatorio.
Il tè bianco, molto povero di tannini e di caffeina, può essere lasciato in infusione anche 10 minuti: il gusto non ne risulterà compromesso e si avrà una maggiore estrazione di flavonoidi antiossidanti.

Ci sono diversi modi di gustare il tè: i più diffusi prevedono l’aggiunta di latte o limone. Dal punto di vista nutrizionale, il contributo di vitamina C offerto dal limone aumenta l’assorbimento delle preziose catechine (sostanze che contribuiscono alla prevenzione di malattie circolatorie): questo è particolarmente importante per il tè verde, dove il contenuto di catechine è più alto che in altri tipi di tè. L’aggiunta di latte, molto diffusa nel mondo anglosassone, non è corretta in quanto chela gli ioni metallo liberi (ferro, zinco, magnesio) impedendone l’assorbimento.

Una curiosità… La tradizione di aggiungere il latte al tè proviene dall’epoca coloniale: le famiglie nobili inglesi servivano il tè in raffinate tazze di sottilissima porcellana, tanto belle quanto fragili. La temperatura della bevanda era sufficiente per crepare la porcellana, dunque si introdusse l’espediente di versare un goccio di latte freddo prima di versare il tè, di modo che la temperatura si abbassasse e le tazze fossero salve.

Le proprietà salutistiche delle erbe
Ciascuna erba utilizzata nella preparazione delle tisane può vantare una o più proprietà benefiche. Ad esempio, tutti sappiamo che le tisane a base di finocchio sono ottime per contrastare il gonfiore addominale o che la melissa regala tranquillità e predispone al riposo notturno.
Tuttavia, affinché le erbe siano realmente efficaci è fondamentale effettuare la raccolta durante il cosiddetto periodo balsamico, ossia il momento in cui è massima la produzione dei principi attivi responsabili delle proprietà specifiche. Ad esempio il periodo balsamico per i fiori dell’arancio dolce, ottimo calmante, è dicembre: solo se raccolto in questo mese esplica la sua azione curativa. Oltretutto per alcune piante esistono periodi balsamici differenti a seconda dell’uso che si vuole fare: la santoreggia di ottobre ha proprietà fluidificanti, quella di maggio si distingue per la sua attività antimicrobica.
Se le erbe vengono colte al di fuori del periodo balsamico l’effetto fitoterapico è blando se non addirittura nullo, e gli aromi della tisana risultano compromessi. La concentrazione del principio attivo e dunque l’efficacia dell’erba sono suscettibili anche di altri fattori: le modalità di essicamento e triturazione, il terreno di crescita, l’altitudine.

Qualche suggerimento
Ho chiesto a Mattia qualche suggerimento per la preparazione di tisane ad azione fitoterapica; lui è stato gentilissimo e mi ha dato molti consigli che ora condividerò con voi.

Tisana per il drenaggio epatorenale
Tarassaco (Taraxacum officinale), betulla (Betulla alba), alburno di tiglio (Tilia platyphillos), verga d’oro (Solidago virgaurea), ortica (Urtica dioica). 2 cucchiai in 500 mL di acua in infusione per 30 minuti, bere sera e mattino per 60-90 giorni nei cambi di stagione.
Utile in caso di alimentazione scorretta e terapie farmacologiche invasive, che affaticano il fegato (ad esempio a seguito di una terapia antibiotica protratta).

Tisana rilassante
Sono ottime tutte le piante che contengono benzodiazepine (non a caso sono il principio attivo di farmaci ansiolitici, ovviamente nelle tisane non hanno quel marcato effetto sedante): ad esempio tiglio, menta o melissa. Attenzione alla camomilla: in soggetti sensibili è possibile avere un effetto paradosso, per cui la vostra tisana non sarà più rilassante ma eccitante. La camomilla è utile come antinfiammatorio, cefalea, dispepsia (bruciore gastrico) e dismenorrea (ciclo irregolare).

Per i malanni stagionali
Per contrastare i raffreddori, più che una tisana sarebbe consigliabile la propoli o una soluzione idroalcolica di sambuco, zenzero e uncaria. A scopo preventivo sono invece utili l’echinacea, l’altea e la malva.

In caso di bronchite acuta con molto catarro (tipica nei bambini) mettete in infusione 2 cucchiai di una delle seguenti tisane composte in 500 mL di acqua per 20 minuti, da bere 2-3 volte al giorno per un mese abbontante. In presenza di catarro giallo, denso e vischioso si consiglia una tisana ad azione antiinfiammatoria, fluidificante ed espettorante composta da: 25 g eucalipto (Eucalyptus globulus), 35 g piantaggine (Plantago lanceolata), 20 g altea (Althaea officinalis) e 20 g verbasco (Verbascus thapsus); se il catarro è bianco e fluido meglio una tisana composta da 40% timo (Thymus vulgaris), 20% liquirizia (Glycyrrhiza glabra), 20% salvia (Salvia officinalis) e 20% issopo (Hyssopus officinalis).
Se la bronchite non è acuta ma cronica, l’ideale è una tisana ad azione espettorante, antiinfettiva e immunostimolante con 20% liquirizia, 20% echinacea (Echinacea angustifolia), 20% timo, 10% zenzero (Zingiber officinale), 10% salvia (salvia officinalis), 20% piantaggine (Plantago lanceolata). 2 cucchiai in infusione in 500 mL di acqua per 30 minuti, suddividere il preparato in 2-3 volte al dì per almeno 40-60 giorni.

Altre piante espettoranti sono liquirizia, basilico e tiglio; per la prevenzione si consigliano malva e altea, mentre buoni immunostimolanti sono eleuterococco ed echinacea.

Stipsi
In caso di feci asciutte e secche si consiglia una tisana ad azione antiinfiammatoria ed emolliente: 15% altea (Althaea officinalis), 20% sambuco (Sambucus nigra), 30% frangola (Rhamnus frangula), 15% piantaggine (Plantago lanceolata) e 20% carciofo (Cynara scolymus), 1 cucchiaio in 1 tazza di acqua in infusione per 20 minuti, filtrare e bere tutte le sere per 30 giorni.
In caso di stipsi con feci molli e scarse tisana composta da 30% rabarbaro (Rheum palmatum), 15% liquirizia (Glycyrrhiza glabra), 15% piantaggine (Plantago lanceolata), 20% licopodio (Lycopodium clavatum) e 20% frangola (Rhamnus frangula), 1 cucchiaio in una tazza di acqua in decozione per 5 minuti e far riposare per 10 minuti, filtrare e bere la sera per 30 giorni.

In generale per la stipsi spesso si usano tisane di erbe antrachinoniche, che tuttavia risultano irritanti per l’intestino, lo impigriscono e creano assuefazione: è bene non abusarne. Fanno parte della famiglia la cassia, la senna, l’aloe, la cascara.

Effetti collaterali
Le erbe, come abbiamo visto, sono caratterizzate da principi attivi che, esattamente come i farmaci, possono avere effetti avversi: non è un segreto che fino a due secoli fa si facesse ricorso a misture erboristiche per provocare avvelenamento o aborto. Le tisane sono preparazioni poco concentrate di principio attivo, quindi in linea generale non si hanno controindicazioni all’uso: possono però esserci interazioni con farmaci in uso, quindi prima di usare una tisana a finalità terapeutica è sempre bene consulare il medico.
In caso di anemia si sconsiglia il tè, in particolar modo il tè verde: le sue proprietà antiossidanti sono date anche dalla sua capacità di chelare il ferro sottraendolo all’assorbimento (in forma libera è un potentissimo ossidante organico). In caso di anemia il tè andrebbe a ridurre ulteriormente le già scarse riserve organiche di questo minerale. Trovate della bibliografia uno studio suggerito da Mattia che dimostra questo fatto: il team di ricerca aveva usato il tè verde per inibire lo stress ossidativo causato dall’eccesso di ferro circolante in soggetti beta-talassemici.

Bibliografia
S.Srichairatanakool, S.Ounjaijean, Thephinlap, U.Khansuwan, C.Phisalpong, S.Fucharoen – Iron-chelating and free-radical scavenging activities of microwave-processed green tea in iron overload, Hemoglobin 2006, 30(2):311-27

W.G.Pantsl, J.L.Marnewick, A.J.Esterhuyse, F.Rautenbach, J.Van Rooyen – Rooibos (Aspalathus linearis) offers cardiac protection against ischaemia/reperfusion in the isolated perfused rat heart, Phytomedicine 2011, 15;18(14):1220-8

J.Joven et al. – Continuous administration of polyphenols from aqueous rooibos (Aspalathus linearis) extract ameliorates dietary-induced metabolic disturbances in hyperlipidemic mice, Phytomedicine 2011, 15;18(5):414-24

Fitoterapia, principi di fitoterapia clinica tradizionale, energetica, moderna – Sangiorgi, Minelli, Crescini, Garzanti – Casa editrice Ambrosiana