In autunno-inverno amo prepararmi tè, tisane e infusi: mi piace provare gusti nuovi, con grande disappunto di mia mamma che si trova gli armadietti invasi da erbette secche, tisaniere e tazze. Nonostante questa mia grande passione, sono molto ignorante in materia: non mi sono mai interessata in modo particolare alle specifiche proprietà di un’erba o di un tipo particolare di tè. Ho deciso di approfondire la mia conoscenza grazie all’aiuto di Mattia Rinaldo, studente all’ultimo anno di Scienze e Tecnologie Erboristiche, che ha accettato di rispondere alle mie domande con una precisione e un’accuratezza da elogiare.
Tè, tisane, decotti ed infusi: le differenze
Il tè è di fatto una tisana, in quanto per tisana si intende quella bevanda ottenuta per macerazione, decozione o infusione di una o più erbe. Nello specifico, il tè può essere fatto tramite infusione delle foglie della Camellia sinensis (la pianta da tè, coltivata in zone tropicali e subtropicali). Il tè non viene fatto con decozione perché si estrarrebbe tutta la componente tannica, estremamente amara; si può usare il metodo della macerazione, ma è poco usato.
Grazie a macerazione, decozione o infusione di un’erba si è in grado di estrarre un fitocomplesso, ossia un insieme di principi attivi caratterizzati da un’azione terapeutica, lenitiva o preventiva; le componenti che si possono usare nella preparazione di una tisana sono diverse: radici, rizomi, fusto, corteccia, foglie, fiori o germogli.
Con la macerazione una qualsiasi parte della pianta viene mescolata con acqua, alcol o glicerina, e viene lasciata riposare anche per diversi giorni: si tratta di un’estrazione a freddo, che non necessita di calore.
Mattia ci dice che è possibile lasciar macerare anche il tè, sebbene sia una pratica poco comune: è sufficiente mettere in una bottiglia di vetro 2-3 cucchiai di tè verde (anche aromatizzato), aggiungere acqua, scuotere energeticamente e lasciar riposare in frigorifero per almeno 12 ore. Ottimo rinfrescante e rimineralizzante, può essere preparato la sera e poi consumato il mattino successivo, soprattutto d’estate (aggiungo io, magari dopo essere rientrati da una corsa prima di colazione).
La decozione e l’infusione sono estrazioni a caldo. Nella decozione si usano parti solide della pianta (radici, semi o corteccia), che vengono tagliate e sminuzzate, mescolate con acqua nella quale vengono fatte riposare anche per 12 ore, e fatte bollire per un tempo variabile da 5 a 30 minuti in base a ciò che si vuole estrarre. Il decotto deve essere raffreddato a temperatura ambiente per qualche minuto, quindi filtrato e consumato.
Mattia consiglia a chi soffre di meteorismo di fare un decotto con semi di finocchio, che è molto più efficace rispetto a un infuso: mettete i semi in acqua fredda, portate a ebollizione e lasciate bollire per 10 minuti, quindi lasciate raffreddare altri 10 minuti prima di filtrare e bere.
Nell’infusione si usano parti tenere della pianta (foglie e fiori), che vengono tagliate o sminuzzate e poste in acqua bollente nella quale si lasciano macerare per un tempo variabile da 1 a 30 minuti in base alle necessità, quindi filtrate. Attenzione: le foglie non vengono fatte bollire, ma sono poste in acqua bollente (ossia fuori dal fuoco).
Sminuzzare un’erba e poi lasciarla essiccare determina una perdita di principi attivi: per questo motivo è meglio acquistare tè ed erbe in foglie anziché in bustine.
Il tè
Si può dire che esistano tre categorie di tè: verde, oolong e nero.
– Il tè verde viene trattato con vapore o tostato, rullato e subito essicato: non ci sono processi fermentativi. Il tè bianco è un tipo di tè verde, non rullato e costituito solo da gemme e dalle prime foglioline della pianta.
– Il tè oolong e il tè nero sono fatti fermentare prima di essere essiccati: la fermentazione è più lunga per il tè nero e più breve per l’oolong.
Il rooibos, o tè rosso africano, è una bevanda priva di caffeina simile al tè verde per le sue proprietà rimineralizzanti e antiossidanti: è molto buono se abbinato a scorza di agrumi biologici (limone o arancia), avendo l’accortezza di non prelevarne anche la parte bianca, molto amara. Alcuni studi, condotti per ora su animali, attribuirebbero al rooibos la capacità di migliorare il profilo dei lipidi nel sangue e di offrire protezione nei confronti di ischemia cardiaca.
A seconda del tipo di tè che si è scelto si devono rispettare alcune regole per ottenere da queste foglioline la tisana perfetta.
Prima di tutto l’acqua: è necessario che sia leggera e poco calcarea, assolutamente non mediominerale (può andar bene l’oligominerale). Poi la temperatura: bisognerebbe armarsi di un buon termometro da cucina, perché l’acqua deve essere calda ma non bollente.
– Tè neri cinesi: 90°C
– Tè neri provenienti da India, Ceylon e Africa: 85°C
– Oolong: 90°C
– Tè verdi e bianchi: 70-85°C
Il tempo di infusione del tè è piuttosto breve: 2-3 minuti, in modo da avere un’estrazione ottimale di tutte le sostanze contenute eccetto i tannini, ovvero molecole amare che diminuiscono il grado di biodisponibilità dei minerali attraverso un meccanismo di chelazione (le imprigionano proprio come le chele di un granchio). C’è però un aspetto positivo dei tannini: sono in grado di chelare anche la caffeina, dunque se si vuole bere un tè prima di andare a dormire, è sufficiente protrarre l’infusione per evitare un controproducente effetto eccitatorio.
Il tè bianco, molto povero di tannini e di caffeina, può essere lasciato in infusione anche 10 minuti: il gusto non ne risulterà compromesso e si avrà una maggiore estrazione di flavonoidi antiossidanti.
Ci sono diversi modi di gustare il tè: i più diffusi prevedono l’aggiunta di latte o limone. Dal punto di vista nutrizionale, il contributo di vitamina C offerto dal limone aumenta l’assorbimento delle preziose catechine (sostanze che contribuiscono alla prevenzione di malattie circolatorie): questo è particolarmente importante per il tè verde, dove il contenuto di catechine è più alto che in altri tipi di tè. L’aggiunta di latte, molto diffusa nel mondo anglosassone, non è corretta in quanto chela gli ioni metallo liberi (ferro, zinco, magnesio) impedendone l’assorbimento.
Una curiosità… La tradizione di aggiungere il latte al tè proviene dall’epoca coloniale: le famiglie nobili inglesi servivano il tè in raffinate tazze di sottilissima porcellana, tanto belle quanto fragili. La temperatura della bevanda era sufficiente per crepare la porcellana, dunque si introdusse l’espediente di versare un goccio di latte freddo prima di versare il tè, di modo che la temperatura si abbassasse e le tazze fossero salve.
Le proprietà salutistiche delle erbe
Ciascuna erba utilizzata nella preparazione delle tisane può vantare una o più proprietà benefiche. Ad esempio, tutti sappiamo che le tisane a base di finocchio sono ottime per contrastare il gonfiore addominale o che la melissa regala tranquillità e predispone al riposo notturno.
Tuttavia, affinché le erbe siano realmente efficaci è fondamentale effettuare la raccolta durante il cosiddetto periodo balsamico, ossia il momento in cui è massima la produzione dei principi attivi responsabili delle proprietà specifiche. Ad esempio il periodo balsamico per i fiori dell’arancio dolce, ottimo calmante, è dicembre: solo se raccolto in questo mese esplica la sua azione curativa. Oltretutto per alcune piante esistono periodi balsamici differenti a seconda dell’uso che si vuole fare: la santoreggia di ottobre ha proprietà fluidificanti, quella di maggio si distingue per la sua attività antimicrobica.
Se le erbe vengono colte al di fuori del periodo balsamico l’effetto fitoterapico è blando se non addirittura nullo, e gli aromi della tisana risultano compromessi. La concentrazione del principio attivo e dunque l’efficacia dell’erba sono suscettibili anche di altri fattori: le modalità di essicamento e triturazione, il terreno di crescita, l’altitudine.
Qualche suggerimento
Ho chiesto a Mattia qualche suggerimento per la preparazione di tisane ad azione fitoterapica; lui è stato gentilissimo e mi ha dato molti consigli che ora condividerò con voi.
Tisana per il drenaggio epatorenale
Tarassaco (Taraxacum officinale), betulla (Betulla alba), alburno di tiglio (Tilia platyphillos), verga d’oro (Solidago virgaurea), ortica (Urtica dioica). 2 cucchiai in 500 mL di acua in infusione per 30 minuti, bere sera e mattino per 60-90 giorni nei cambi di stagione.
Utile in caso di alimentazione scorretta e terapie farmacologiche invasive, che affaticano il fegato (ad esempio a seguito di una terapia antibiotica protratta).
Tisana rilassante
Sono ottime tutte le piante che contengono benzodiazepine (non a caso sono il principio attivo di farmaci ansiolitici, ovviamente nelle tisane non hanno quel marcato effetto sedante): ad esempio tiglio, menta o melissa. Attenzione alla camomilla: in soggetti sensibili è possibile avere un effetto paradosso, per cui la vostra tisana non sarà più rilassante ma eccitante. La camomilla è utile come antinfiammatorio, cefalea, dispepsia (bruciore gastrico) e dismenorrea (ciclo irregolare).
Per i malanni stagionali
Per contrastare i raffreddori, più che una tisana sarebbe consigliabile la propoli o una soluzione idroalcolica di sambuco, zenzero e uncaria. A scopo preventivo sono invece utili l’echinacea, l’altea e la malva.
In caso di bronchite acuta con molto catarro (tipica nei bambini) mettete in infusione 2 cucchiai di una delle seguenti tisane composte in 500 mL di acqua per 20 minuti, da bere 2-3 volte al giorno per un mese abbontante. In presenza di catarro giallo, denso e vischioso si consiglia una tisana ad azione antiinfiammatoria, fluidificante ed espettorante composta da: 25 g eucalipto (Eucalyptus globulus), 35 g piantaggine (Plantago lanceolata), 20 g altea (Althaea officinalis) e 20 g verbasco (Verbascus thapsus); se il catarro è bianco e fluido meglio una tisana composta da 40% timo (Thymus vulgaris), 20% liquirizia (Glycyrrhiza glabra), 20% salvia (Salvia officinalis) e 20% issopo (Hyssopus officinalis).
Se la bronchite non è acuta ma cronica, l’ideale è una tisana ad azione espettorante, antiinfettiva e immunostimolante con 20% liquirizia, 20% echinacea (Echinacea angustifolia), 20% timo, 10% zenzero (Zingiber officinale), 10% salvia (salvia officinalis), 20% piantaggine (Plantago lanceolata). 2 cucchiai in infusione in 500 mL di acqua per 30 minuti, suddividere il preparato in 2-3 volte al dì per almeno 40-60 giorni.
Altre piante espettoranti sono liquirizia, basilico e tiglio; per la prevenzione si consigliano malva e altea, mentre buoni immunostimolanti sono eleuterococco ed echinacea.
Stipsi
In caso di feci asciutte e secche si consiglia una tisana ad azione antiinfiammatoria ed emolliente: 15% altea (Althaea officinalis), 20% sambuco (Sambucus nigra), 30% frangola (Rhamnus frangula), 15% piantaggine (Plantago lanceolata) e 20% carciofo (Cynara scolymus), 1 cucchiaio in 1 tazza di acqua in infusione per 20 minuti, filtrare e bere tutte le sere per 30 giorni.
In caso di stipsi con feci molli e scarse tisana composta da 30% rabarbaro (Rheum palmatum), 15% liquirizia (Glycyrrhiza glabra), 15% piantaggine (Plantago lanceolata), 20% licopodio (Lycopodium clavatum) e 20% frangola (Rhamnus frangula), 1 cucchiaio in una tazza di acqua in decozione per 5 minuti e far riposare per 10 minuti, filtrare e bere la sera per 30 giorni.
In generale per la stipsi spesso si usano tisane di erbe antrachinoniche, che tuttavia risultano irritanti per l’intestino, lo impigriscono e creano assuefazione: è bene non abusarne. Fanno parte della famiglia la cassia, la senna, l’aloe, la cascara.
Effetti collaterali
Le erbe, come abbiamo visto, sono caratterizzate da principi attivi che, esattamente come i farmaci, possono avere effetti avversi: non è un segreto che fino a due secoli fa si facesse ricorso a misture erboristiche per provocare avvelenamento o aborto. Le tisane sono preparazioni poco concentrate di principio attivo, quindi in linea generale non si hanno controindicazioni all’uso: possono però esserci interazioni con farmaci in uso, quindi prima di usare una tisana a finalità terapeutica è sempre bene consulare il medico.
In caso di anemia si sconsiglia il tè, in particolar modo il tè verde: le sue proprietà antiossidanti sono date anche dalla sua capacità di chelare il ferro sottraendolo all’assorbimento (in forma libera è un potentissimo ossidante organico). In caso di anemia il tè andrebbe a ridurre ulteriormente le già scarse riserve organiche di questo minerale. Trovate della bibliografia uno studio suggerito da Mattia che dimostra questo fatto: il team di ricerca aveva usato il tè verde per inibire lo stress ossidativo causato dall’eccesso di ferro circolante in soggetti beta-talassemici.
Bibliografia
S.Srichairatanakool, S.Ounjaijean, Thephinlap, U.Khansuwan, C.Phisalpong, S.Fucharoen – Iron-chelating and free-radical scavenging activities of microwave-processed green tea in iron overload, Hemoglobin 2006, 30(2):311-27
W.G.Pantsl, J.L.Marnewick, A.J.Esterhuyse, F.Rautenbach, J.Van Rooyen – Rooibos (Aspalathus linearis) offers cardiac protection against ischaemia/reperfusion in the isolated perfused rat heart, Phytomedicine 2011, 15;18(14):1220-8
J.Joven et al. – Continuous administration of polyphenols from aqueous rooibos (Aspalathus linearis) extract ameliorates dietary-induced metabolic disturbances in hyperlipidemic mice, Phytomedicine 2011, 15;18(5):414-24
Fitoterapia, principi di fitoterapia clinica tradizionale, energetica, moderna – Sangiorgi, Minelli, Crescini, Garzanti – Casa editrice Ambrosiana
20 Comments
ciao arianna, bellissimo articolo!
per chi non lo conoscesse e fosse – come me – appassionato di tè, volevo segnalare un’altra tipologia: il tè Kukicha. si presenta non a foglie, ma a rametti: sono appunto i rametti della pianta del tè, vecchi di almeno tre anni. il sapore è particolare, per nulla amaro, ma abbastanza intenso. non ha caffeina, e ho letto che secondo i principi della macrobiotica è considerato la migliore bevanda “quotidiana”, quindi adatta a essere bevuta spesso e in qualunque momento della giornata. si trova nei supermercati biologici! ciaociao, valeria
dimenticavo, ho una domanda! proprio perché mi piace molto il tè (principalmente verde e oolong), mi era stato detto di non esagerare perché diminuisce (?) l’assorbimento del potassio (o qualcosa di simile…legato comunque al potassio). per caso ti risulta? grazie! valeria
Ciao Valeria! Non ho mai sentito parlare del tè Kukicha: dove lo trovi? Mi piacerebbe provarlo!
Ho dato un’occhiata in letteratura circa la correlazione tè e fosforo, ma credo proprio che ti abbiano dato informazioni sbagliate: il tè non inibisce affatto l’assorbimento di questo minerale! Anzi, uno studio dimostra che il tè bianco diminuisce la disponibilità di ferro ma non di altri minerali tra cui zinco, fosforo, magnesio e calcio. Un altro studio, addirittura, dimostrerebbe che il tè sia in grado di migliorare l’uso tissutale del fosforo attraverso la mobilizzazione di enzimi specifici 🙂
ciao arianna, grazie della risposta! ma…non parlavo di fosforo, ma di potassio!! : )
l’indicazione mi è stata data da un medico, che mi ha detto qualcosa circa il fatto che il tè farebbe disciogliere o comunque perdere il potassio dall’organismo (i termini che uso sono sicuramente scorretti), quindi non bisognerebbe esagerare…fammi sapere se trovi qualcosa a riguardo!
invece per il tè kukicha io l’ho comprato sia in un negozio specializzato in tè (bè, così è facile!) ma anche in un negozio “biolife”, della marca “la Finestra sul Cielo”… è buono, davvero!
leggendo i tuoi commenti a questo articolo, ho visto infine che si accennava ai lieviti…ho le idee piuttosto confuse in proposito (il lievito di birra fa male? invece il lievito di pasta madre fa bene? e il lievito “a scaglie”?)…mi piacerebbe leggere magari in futuro un tuo articolo dedicato a questo tema! grazie, ciaociao! valeria
Ho appena provato a consultare Pubmed (che raccoglie tutti i lavori scientifici più in rilievo pubblicati su diverse testate di aggiornamento): non ho trovato proprio nulla riguardo la correlazione tra tè e potassio, né in positivo né in negativo. Comunque proverei a chiedere al tuo medico quale sia la sua fonte: non dico che abbia torto, ma se si potesse verificare si avrebbe un buon riscontro 🙂
Lieviti: no, non fanno male di qualsiasi genere siano (a meno che uno sia di suo intollerante). C’è però una grossa differenza qualitativa: il lievito in polvere non è lievito, nel senso che non contiene lieviti e il suo effetto è dato dall’induzione di un aumento dell’aria contenuta nell’impasto. Il lievito di birra è un lievito, ma è di scarsa qualità nel senso che non aumenta le proprietà del prodotto. Il lievito di pasta madre è il migliore, perché è maggiormente ricco di vitamine, permette una digestione migliore del prodotto e dona una fragranza tutta particolare.
Il lievito in scaglie è particormente indicato per i vegetariani: ottimo integratore di vitamine del gruppo B e aminoacidi. Io spesso lo uso sulla verdura: non sono vegetariana, ma mi piace il suo sapore!
Finora l’unico pane fatto con pasta madre che ho trovato è questo: http://www.pema.de/it/pema-classico/pane-di-segale-integrale.html
Il suo sapore non mi dispiace, ma preferirei di gran lunga un pane fresco, solo che difficilmente si possono verificare gli ingredienti!
Ottimo! Da provare il lievito in scaglie. Dove si compra? Negozi di prodotti bio?
Prova a chiedere in giro: nella mia zona, ad esempio, ci sono delle panetterie che vendono anche pane di pasta madre. L’unico inconveniente è che lo vendono a 4 € al kg… Se il problema sono gli ingredienti, la soluzione è semplice: da qualche mese tutti gli esercizi commerciali alimentari hanno l’obbligo di esporre in modo visibile un elenco con gli ingredienti completi usati nei loro prodotti. Può essere un’etichetta dove ci sono i cestoni del pane, o un libro-elenco posizionato in negozio: guardati intorno 🙂
Il lievito in scaglie o in polvere si trova nei negozi bio. Specifica che ti serve quello ad uso alimentare: ci sono anche prodotti venduti in capsule o simili, con funzione di integratore (spesso sono vendute per rafforzare i capelli… Il perché mi è ignoto, la sua efficacia doppiamente ignota…).
Che bell’articolo! Adoro il tè! Se dovessi parlare per associazioni di immagini, a me Novembre fa pensare proprio ad una tazza fumante di tè 🙂
Un’altra bevanda che adoro è il Karkadè. Dicono che abbia delle ottime proprietà drenanti (il che non guasta mai :P) ed è privo di teina. Tra l’altro, lo consumo anche freddo in estate, è super dissetante!
Arianna, ho una curiostià in merito alla conservazione degli alimenti. Ho letto da qualche parte che alcuni alimenti, come la frutta sbucciata e tagliata ma non consumata subito, verdure cotte e conservate più di un giorno in frigorifero, possono fermentare leggermente. E i cibi fermentati favorirebbero accumulo di liquidi, ristagno di tossine e altri disturbi… Così come altri alimenti contenenti lieviti come aceto, yogurt, pane ecc. Ma è vero? O è solo una delle tante credenze diffuse che rimandano al tema delle intolleranze, per cui alcuni alimenti (ad es. i lieviti) farebbero ingrassare? E soprattutto queste intolleranze esistono davvero o è tutta una trovata di qualche medico per far soldi? Ti ringrazio e spero pubblicherai un articolo riguardo a come conservare al meglio i cibi, perchè sinceramente a casa mia, teniamo sempre per comodità scorte di verdure/minestroni del giorno prima in frigo 😛
Ci può essere un leggerissimo processo di fermentazione, ma il rischio più concreto a cui si può andare incontro nel non consumare subito frutta e verdura sbucciata e magari cotta è semplicemente la perdita di nutrienti. Non farei del terrorismo parlando di tossine e disturbi! E’ però vero che la verdura troppo cotta si imbibisce eccessivamente di liquido e può contribuire ad affaticare la circolazione linfatica e il carico renale.
I prodotti fermentati in modo naturale sono assolutamente positivi per il tratto intestinale: un buon aceto in piccole quantità, yogurt fermentato a lungo, pane a lievitazione con pasta madre. Ma scusa, dove avresti letto che fanno male o che fanno ingrassare?
Per quanto riguarda le intolleranze alimentari… E’ senza dubbio che esistano, il problema è come vengono diagnosticate: tanto per fare un esempio, il test del capello che si fa in molte erboristerie non ha alcuna valenza scientifica. In campo clinico i test migliori sono l’E.L.I.S.A., e il Prick Test. Può essere valido anche il Citotest anche se molti medici sono scettici a riguardo. Prima o poi farò un articolo a riguardo 🙂
Grazie per la chiarezza e per l’eventuale articolo! Mah, un pò qua e là su internet, nutrizioniste che proponevano “diete anti-lieviti” per disintossicarsi… Da cosa poi non si sa!
Ecco, hai detto tutto 🙂 E’ vero che il lievito in persone particolarmente sensibili è controindicato, ma anche qui… C’è lievito e lievito: si sta parlando del pane con lievito di birra o lievito madre? La lievitazione è stata lunga o breve? E siamo davvero sicuri che il problema sia il lievito, piuttosto che la farina…?
La verdura quindi è meglio scottarla anzichè stracuocerla per preservare al meglio i nutrienti, il frigo c’entra poco, se ho capito bene…
Alle volte si fa allarmismo inutilmente… E’ facile propinare diete in cui si taglia il pane o si eliminano gli alimenti contenenti lievito o glutine per veder scendere “miracolosamente” l’ago della bilancia. Magari in certi soggetti può funzionare, ma forse perchè mangiavano troppo di quegli alimenti… No saprei… Guarda caso però gli alimenti incriminati sono quasi sempre pane e pasta!
Il tema delle intolleranze poi ultimamente mi sembra sia diventato di moda tra i nutrizionisti, come se esistessero determinati alimenti che fanno ingrassare e addirittura che fanno ingrassare in determinati punti del corpo (sì, ho letto anche questo!). A me sembra che stiamo sfiorando la pazzia. Secondo me, se c’è qualcosa che fa ingrassare è mangiare troppo e muoversi poco… Sbaglio?!
Personalmente nessun alimento mi ha mai dato fastidi tali da poter pensare di fare un test per le intolleranze. Cerco di variare il più possibile, così se ogni tanto voglio fare incetta di lieviti e mangiarmi una pizza, me la godo e basta… Alla faccia delle nutrizioniste anti-lievito 🙂 Un saluto e buon lunedì!
Scusate se mi inserisco. Da qualche mese soffro di colite e gonfiore addominale e il mio medico mi ha consigliato un test che si fa in farmacia che si chiama Recallerprogram. Lo conosci?
Mi spiace, non lo conosco… Gli unici test con cui mi arrivano i pazienti indirizzati dal gastroenterologo sono quello per celiachia, al lattosio e al lattosio; pochissimi con l’esame della flora intestinale (costosissimo, lungo da fare).
Ciao Arianna! Io adoro il tè e ne bevo giornalmente anche se il fatto che possa diminuire l’assorbimento del ferro mi sta preoccupando in quanto soffro di anemia. Io bevo il tè ogni mattina… Con cosa potrei sostituirlo? Un’altra domanda: vorrei gentilmente sapere, se possibile, se ci sono interazioni tra i contraccettivi ormonali e la tisana di finocchio o drenanti. Vorrei iniziare a bere una tisana drenante la sera, amo sorseggiare qualcosa prima di andare a letto. Consigli?
ciao arianna ho visto che consumi i prodotti yogi tea, come mai quasti in filtri, dal momento che dici che te e tisane vanno sempre presi in foglie per preservare i principi attivi, lo chiedo per curiosità visto che ti seguo
Bisogna sempre valutare la serietà dell’azienda produttrice.
si certo, ok quindi pensi che questi filtri della yogi tea, sono di migliore qualità e che quindi non si tratti di semplici bustine ossidate in cui tutti i priincipi attivi son stati distrutti
Ciao arianna! Vorrei sapere se lo yerba mate o il maca sono buoni energizzanti e se non interferiscono con l’assorbimento di ferro calcio e altri nutrienti…
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