Tra tutti i minerali importanti per il nostro organismo, probabilmente il ferro è quello di cui è più difficile assicurare una costante fornitura giornaliera. Infatti, pur essendo largamente diffuso in ciò che mangiamo, spesso si presenta in una forma che non è biodisponibile, ovvero che il nostro corpo difficilmente riesce ad usare: è il cosiddetto ferro non-eme.
La generalizzazione spesso diffusa del “il ferro degli alimenti animali è utilizzabile, quello contenuto nei vegetali invece no” è pressapochista: è vero che il ferro vegetale è quasi tutto non-eme (quindi poco utilizzabile), ma anche il ferro della carne e del pesce è per il 60% non-eme. Poco utilizzabile, poi, non significa che sia totalmente inutile: anche il ferro non-eme è assorbibile dal nostro organismo, ma lo è in misura inferiore rispetto alla forma più biodisponibile (il ferro eme).

La carenza di ferro è molto diffusa nella popolazione. Ne sono particolarmente soggette le donne, che hanno un fabbisogno di ferro doppio rispetto all’uomo viste le ingenti perdite comportate dal ciclo mestruale. Se la donna aspetta un bambino, il suo fabbisogno sarà addirittura più che quadruplo rispetto a un uomo: la gravidanza richiede infatti ben 30 mg di ferro al giorno, contro i 10 mg dell’uomo e i 18 mg della donna non incinta.


Un’altra categoria a rischio di carenza è quella degli atleti: soprattutto negli atleti di resistenza (in particolare maratoneti) si assiste ad un aumento delle perdite di ferro dovute a una maggiore sudorazione e a microtraumi della parete intestinale.
La carenza di ferro nell’atleta predispone a una particolare forma di anemia, il cui esito è contradditorio: da una parte la diminuzione di emoglobina determina una minor disponibilità di ossigeno e quindi un potenziale peggioramento della performance; sull’altro versante abbiamo però un aumento della fluidità del sangue a cui consegue un maggiore flusso di ossigeno ai tessuti e, quindi, un miglioramento delle prestazioni sportive. Se il bilancio complessivo sia più tendente al positivo o al negativo dipende da molti altri fattori, e la situazione va studiata caso per caso.
L’atleta, pur avendo un aumentato fabbisogno di ferro, non deve ricorrere a integratori alimentari se non dietro prescrizione medica: un dosaggio eccessivo di ferro è pro-ossidante. Provate a mettere dell’olio di oliva in un contenitore di ferro: in breve tempo l’olio sarà rancido; qualcosa di simile succede alle nostre cellule quando il corpo ha ferro in eccedenza.
Pur senza ricorrere all’integrazione, l’atleta deve curare in modo particolare la sua alimentazione per prevenire la carenza di ferro, che se associata ad allenamenti molto intensi può portare a stanchezza e dolori muscolari.

Ecco quindi un vademecum sul ferro, particolarmente utile non solo a chi si sottopone ad un estenuante esercizio fisico, ma anche alle donne in età fertile e a quelle che aspettano un bambino.

Cosa limita e cosa promuove l’assorbimento di ferro
Esistono delle sostanze contenute negli alimenti che imprigionano il ferro e ne diminuiscono la biodisponibilità. Ad esempio, il calcio contenuto nel latte e nei latticini limita l’assorbimento di ferro, così come i fitati contenuti in legumi, frutta secca e alimenti integrali. I fitati vengono però inattivati dall’ammollo in acqua e dal calore (quindi dalla cottura): ecco perché si consiglia di ammollare almeno una notte i legumi, e tale pratica andrebbe eseguita anche per noci, mandorle e semi oleosi al fine di aumentare la biodisponibilità non solo del ferro, ma anche di altri preziosi minerali.
Aumentano l’assorbimento di ferro la vitamina C (per scoprire quali alimenti ne sono ricchi vi rimando a questo post), la germogliazione, la fermentazione e la lievitazione naturale. Ecco perché latticini fermentati come yogurt o kefir contengono più ferro del semplice latte, o perché il pane a lievitazione naturale è una fonte migliore di ferro rispetto al pane normale o integrale (molti panifici ormai propongono il pane naturale come alternativa per i clienti).

E’ vero che la carne rossa contiene molto più ferro di quella bianca?
In realtà non è esattamente così. Sono le frattaglie degli animali a contenere più ferro in assoluto: fegato, reni, polmone, cuore contengono mediamente 10 mg di ferro ogni 100 g di prodotto, indicativamente il fabbisogno di un uomo adulto.
La selvaggina contiene moltissimo ferro: 5-6 mg per fagiano e lepre, 3-5 mg per cervo e capriolo. Anche la carne equina ne è ricca: circa 4 mg; i tagli di bovino ne contengono invece mediamente 1-1,5 mg, ma se si tratta di filetto il quantitativo aumenta fino a 2 mg.
La carne bianca (carne avicola) contiene poco meno di 1 mg di ferro ogni 100 g, ma dipende dal taglio prescelto: ricordiamo che il ferro serve al trasporto di sangue, quindi i tessuti muscolari che lavorano di più ne avranno un maggior contenuto. Ecco dunque che la coscia di pollo contiene più ferro (1,5 mg) rispetto al petto (0,8 mg).

E il pesce, quanto ferro contiene?
In pochi forse lo sanno, ma i prodotti ittici sono un’ottima fonte di ferro, soprattutto i molluschi: mediamente 4-5 mg, ma 100 g di vongole cotte contengono ben 28 mg di ferro! Anche alici, acciughe, sardine e gamberetti ne sono ricchi (4-6 mg). L’inconveniente è che queste prelibatezze sono anche molto ricche di colesterolo, quindi meglio se il loro consumo non è abituale.
Se andiamo a vedere pesci di più grande pezzatura, i più ricchi di ferro sono la mormora e lo scorfano (4-5 mg); seguono la trota, il baccalà e lo sgombro (2 mg).

Quanto ferro nei prodotti vegetali?
I vegetali contengono molto più ferro rispetto a carne e pesce, ma lo svantaggio è che si tratta di ferro che viene assorbito più difficilmente.
Tuttavia, come ho detto prima, i prodotti a lievitazione naturale, fermentati o germogliati contengono ferro altamente biodisponibile. Chi mangia poca carne può arricchire la propria alimentazione con una serie di prodotti fermentati che provengono dal mondo orientale: ad esempio il miso o il tempeh. La fermentazione con aceto può essere sfruttata anche per aumentare la biodisponibilità di alcune verdure, come ad esempio i cavoli: sto pensando ai crauti, che non sono altro che cavoli fermentati con vino bianco e insaporitori.
I vegetali che contengono più ferro sono le erbe aromatiche e le spezie: prodotti essiccati come maggiorana, prezzemolo, menta, cumino, salvia, aneto, cannella, noce moscata, semi di finocchio, cardamomo e tutti gli insaporitori che possono venirvi in mente contengono dai 30 agli 80 mg di ferro (123 mg per il timo secco), contenuto che si attesta mediamente sui 10-20 mg se il prodotto è fresco. Non si tratta dunque di semplici aromi, ma di alimenti importantissimi dal punto di vista nutrizionale.
Ottima fonte di ferro sono anche i legumi, soprattutto le lenticchie: come ho detto prima i legumi necessitano di ammollo e lunga cottura per poter inattivare i fitati che diminuiscono la biodisponibilità dei minerali.
Anche la frutta secca e disidratata è ricca di ferro, e anche in questo caso l’ammollo ne promuove l’assorbimento. Le mandorle contengono più ferro delle noci: 4 mg anziché 2 mg; lo stesso quantitativo delle mandorle si registra per le prugne e le albicocche secche, poco meno nell’uvetta (3 mg).

Qualche appunto finale…
100 g di semi di sesamo contengono 14 mg di ferro, ed è per questo motivo che la salsa tahini, prodotta con il sesamo, può essere una delle fonti privilegiate di ferro per chi consuma poca carne: spalmata su una fetta di pane a lievitazione naturale può essere un ottimo spuntino.
L’hummus di ceci è un vero concentrato di ferro per i vegetariani, in quanto unisce i ceci che ne sono ricchi con altre ottime fonti di ferro: lo zafferano, e di nuovo la salsa tahini, il tutto insaporito con succo di limone che promuove l’assorbimento del minerale.
Altre fonti vegetali privilegiate di ferro sono i germogli: esistono delle tecniche di preparazione casalinga che sono veramente alla portata di tutti, con le quali si possono ottenere germogli di piselli, grano saraceno, lenticchie, senape, lino, crescione… Se provate a cercare in siti di alimentazione vegetariana, troverete moltissimi consigli!
Sempre con particolare attenzione ai vegetariani, consiglio di usare quotidianamente il lievito di birra in scaglie. Se ne può usare un cucchiaio per condire il primo piatto (al posto del parmigiano), le insalate o le verdure cotte: oltre a insaporire le pietanze, assicura un buon apporto di ferro (100 g di lievito di birra secco contengono 16 mg di ferro: in un cucchiaio ne abbiamo 1-2 mg).