Da qualche mese, con estrema lentezza a causa degli altri impegni lavorativi e personali, vi sto parlando dell’influenza che l’alimentazione può avere in relazione alla fertilità.
Potremmo dire che la relazione tra cibo e fertilità sia da vedersi sotto due aspetti diversi:
1) Il modo in cui ci alimentiamo giorno dopo giorno, dall’infanzia fino all’età adulta, influenza la nostra fertilità in modo positivo o negativo. Se ci accorgessimo che il nostro modo di mangiare non è propriamente di sostegno agli ormoni sessuali, alla qualità ovarica e alla regolarità mestruale, in qualsiasi momento possiamo cambiare rotta: non dobbiamo aspettarci risultati immediati, ma nell’arco di 12 settimane possiamo già iniziare a vedere qualche cambiamento.
2) La dietoterapia più mirata è invece quella che viene utilizzata per la correzione di disequilibri endocrini e metabolici, il cui effetto si riversa anche a livello di fertilità (ad esempio, sindrome dell’ovaio policistico, fibromi uterini, endometriosi).
Il decalogo di Harvard
Soffermiamoci sul primo punto.
L’alimentazione non ha un effetto puntuale sulla fertilità, bensì come effetto somma dei singoli fattori.
Vale a dire che non esiste un singolo alimento in grado di nuocere o favorire la fertilità: è quello che fate giorno dopo giorno, pasto dopo pasto, che fa la differenza. Se mangiate in modo opportuno per l’80% del totale, avrete sicuramente un ritorno positivo dal vostro modo di alimentarvi, e non dovrete temere quelle piccole concessioni settimanali che sviano dalle linee guida positive. Se invece mangiate male per la maggior parte del vostro tempo, è assolutamente inutile che cercate la soluzione magica in qualche alimento esotico o qualche integratore miracolistico.
L’alimentazione è talmente importante ai fini della fertilità che l’Università di Harvard ha stilato un vero e proprio decalogo per evidenziare ciò che possa concretamente fare la differenza: le Linee Guida qui presentate sono una traduzione italiana di quanto pubblicato sul sito della prestigiosa Università, e sono valevoli sia per l’uomo che per la donna.
Si tratta di un modo di illustrare gli studi scientifici fruibile anche a chi non è esperto del settore di Nutrizione: pochi circoscritti concetti, senza perdersi in spiegazioni scientifiche. Chi volesse approfondire può consulare gli studi bibliografici.
1. Evita i grassi trans. Questi grassi promuovono la chiusura delle arterie e sono nocivi sono solo per il cuore e il sistema sanguigno, ma anche per la fertilità.
2. Usa più spesso che puoi oli vegetali insaturi. I grassi monoinsaturi e polinsaturi aumentano la sensibilità del corpo all’insulina e abbassano l’infiammazione, entrambi fattori positivi per la fertilità. Usa spesso olii vegetali, frutta secca, semi, e consuma pesce di acqua fredda, come salmone e sardine. Taglia i grassi saturi.
3. Svolta verso le proteine vegetali. Sostituisci un pasto a settimana che normalmente fai a base di carne con fagioli, piselli, tofu o noci, per supportare la tua fertilità.
4. Scegli carboidrati lenti, non evitarli completamente. Scegliere carboidrati che vengono digeriti lentamente può aumentare la fertilità permettendo di controllare i livelli di zuccheri e di insulina; ad esempio cereali integrali, ortaggi, frutta intera (non succhi) e legumi.
5. Preferisci latte intero. Il latte scremato promuove l’infertilità, quindi se scegli di bere latte preferisci quello intero, oppure opta per una piccola porzione di gelato o di yogurt non magro tutti i giorni.
6. Prendi un multivitaminico. Se stai cercando una gravidanza, assumi un supplemento di acido folico giornaliero da 400 mcg.
7. Assumi il ferro anche da fonti vegetali. Cerca di assumere ferro non solo dalle bistecche e dal pesce, ma anche dai cereali integrali, dagli spinaci, dai legumi, dalla zucca, dai pomodori e dalle barbabietole.
8. Bevi per la tua salute. La miglior bevanda per rimanere idratati è l’acqua. Caffè, tè e alcolici sono adatti in moderazione; invece, le bibite gassate zuccherate sono nefaste per la fertilità e sono da evitare il più possibile.
9. Cerca di mantenere il tuo range di peso positivo per la fertilità. Pesare trippo o troppo poco può interferire con la regolarità mestruale, determinando cicli anovulatori o interrompendoli del tutto. Il miglior range per la fertilità corrisponde ad un BMI tra il 20 e il 24. Cerca di lavorare per raggiungere il tuo BMI ideale, aumentando o diminuendo il peso corporeo se necessario.
10. Cerca di mantenere un’attività fisica positiva per la fertilità. Se non fai sufficiente attività fisica rischi di aumentare di peso e di compromettere la tua fertilità. Ma attenzione a non fare troppo sport, soprattutto se sei già magra: può interferire con l’ovulazione.
Dopo aver fatto una traduzione di questo decalogo, è opportuno evidenziarne i punti forti… e quelli deboli! Come più sopra indicato, queste Linee Guida sono state scritte per essere fruibili anche “ai non addetti ai lavori” (non Medici, non Nutrizionisti, non Dietisti, ma a persone ‘comuni’ che vogliano fare attenzione al modo in cui mangiano): tuttavia alcune indicazioni rischiano di essere travisate.
I punti NO
Nel secondo punto si parla di grassi insaturi e si consiglia di consumare spesso olii vegetali: indubbiamente per la popolazione anglosassone può essere un’indicazione azzeccata, dal momento che la loro alimentazione è molto più ricca della nostra di grassi processati industrialmente (olio di colza, olio di soia, margarine). In Italia, invece, abbiamo una ricchezza fondamentale: l’olio extravergine di oliva, ricco di grassi mono-insaturi, vitamina E e flavonoidi; tutti gli studi condotti in merito ne evidenziano la positività non solo per la fertilità, ma anche per la circolazione sanguigna e la prevenzione oncologica. Non fate l’errore di pensare che sia opportuno sostituirlo con altri olii vegetali, come quello di mais o di girasole! Questi ultimi sono ricchi di grassi poli-insaturi: un passo avanti rispetto ai grassi trans, uno indietro rispetto ai monoinsaturi. Se volete approfondire cliccate qui.
Terzo punto: Harvard semplifica le fonti di proteine vegetali, mettendo nel calderone anche la frutta secca (parla di ‘noci’); attenzione, pur contenendo proteine, la frutta secca è principalmente fonte di grassi. Una porzione (20-30 g) di noci o analoghi non equivale a una porzione di carne o pesce (100-130 g) o legumi (40-60 g).
Questione latte. Qui possiamo evidenziare sia un messaggio positivo che un messaggio negativo. Da una parte, il messaggio positivo (che non ripeterò nel paragrafo successivo) è quello di sensibilizzare alla sostanziale insalubrità dei latticini light: al bando latte scremato, yogurt magri e mozzarelle senza grassi! Oltre ad avere un gusto francamente opinabile, ormai sono molti gli studi che li mettono in correlazione ad un più elevato indice insulinemico, controproducente per la salute e per la fertilità. I latticini con grassi sono altresì ricchi di vitamine liposolubili che sostengono l’equilibrio ormonale. Tuttavia… Tuttavia non bisogna dimenticare che le proprietà salutistiche di latte e derivati sono direttamente correlate alla salubrità degli allevamenti: sono da evitare prodotti caseari derivati da allevamenti intensivi, preferendo invece un moderato consumo di latticini di ottima provenienza (allevamenti all’aperto, allevamenti di montagna, piccole realtà produttive *consapevoli*).
Inoltre, nello stesso punto Harvard suggerisce un consumo quotidiano di yogurt intero (non magro) o… di gelato… Ecco, su quest’ultimo punto penso che tutti i nutrizionisti abbiano qualcosa da ridire (e da ridere!): il gelato è ricco di zuccheri e, quando non *vero* artigianale, di additivi dalla dubbia influenza sulla salute. Non è indicato per un consumo quotidiano, soprattutto non se si pensa che così facendo si supporti la fertilità.
I punti SI
In ben tre punti del decalogo si parla di grassi: niente grassi trans, più grassi insaturi con controllo di quelli saturi, preferenza per latte e derivati non scremati. Questo a sottolineare che, per la fertilità, la gestione quali-quantitativa dei grassi è assolutamente primaria: abbandonate diete ipolipidiche e stracciate il vostro piano alimentare se prevede non più di 35-40 g di grassi al giorno!
[Per correttezza: ai fini della body-recomp prima di una gara di body-building o fitness è pressoché indispensabile vivere con grassi bassissimi; ma si tratta di una dieta a tempo che deve essere abbandonata subito dopo la gara, passando a qualcosa che preservi la salute!]
Nel terzo punto viene evidenziato il ruolo delle proteine vegetali (legumi, principalmente); fate bene attenzione: non si consiglia di eliminare le fonti di proteine animali, ma di prevederne il consumo senza trascurare quello delle proteine vegetali. L’approccio, quindi, non è vegetariano, ma onnivoro bilanciato. D’altronde Harvard ben conosce sia gli studi che dimostrano che un consumo eccessivo di proteine animali possa diminuire la qualità ovarica, sia quelli che correlano l’eccessivo consumo di proteine vegetali a cicli anovulatori ed aumentata escrezione di progesterone: in medio stat virtus.
Quarto punto: i carboidrati. Il decalogo finalmente sottolinea che l’eliminazione di questa importante categoria alimentare sia tanto nociva per la fertilità quanto l’abuso di prodotti raffinati e zuccheri semplici. Diffidate da diete che escludano completamente qualsiasi fonte di carboidrati (non solo pane e pasta, ma anche cereali in chicchi, patate, frutta…). Non sono salutari sul lungo termine!
[Altra doverosa precisazione: esistono protocolli alimentari con un apporto di carboidrati minimo, non più di 20-30 g al giorno. Sono le diete chetogeniche, sempre più utilizzate per alcune dismetabolismi e malattie, ma anche come proposta alimentare efficace durante alcuni percorsi di procreazione assistita. Sembra un paradosso: da una parte l’esclusione totale dei carboidrati è da rifuggire per limitare problemi di fertilità, ma dall’altra proprio quest’esclusione o forte limitazione viene perseguita nei percorsi PMA. In realtà, dobbiamo considerare la PMA e la dieta che la supporta come un ‘percorso a tempo’, al termine del quale sia i farmaci usati sia la dieta perseguita sono inutili e controproducenti; così come si intraprende per un periodo una stimolazione ormonale mirata, allo stesso modo per lo stesso periodo si segue una dieta particolare nella ripartizione dei macronutrienti]
Harvard suggerisce di assumere ferro anche da fonti vegetali. Notate la sfumatura: non consiglia ferro esclusivamente da fonti veg, ma anche. La questione è più complessa di quello che possa sembrare. Sicuramente un’Università tanto importante non può non sapere che il ferro da fonti vegetali è sostanzialmente chelato, ossia pressoché indisponibile per l’assorbimento (d’altro canto le ultime Linee Guida per l’alimentazione vegetariana sono state redatte anche da ricercatori di Harvard, e sottolineano proprio questo concetto). Ricordiamo che il decalogo qui tradotto è pensato per essere fruibile da chiunque: il messaggio scientifico che sta dietro questa indicazione è che le fonti vegetali di ferro sono al contempo ricche di folati, che massimizzano l’assorbimento del ferro delle fonti animali. Sarebbe però stato difficile riassumere il concetto in due righe, ecco quindi perché, probabilmente, si è scelto una formula più rapida sebbene non perfettamente esatta.
Importanza al peso corporeo e all’attività fisica: negli ultimi due punti viene evidenziato che sia l’eccesso che il difetto di questi due fattori sono deleteri per la fertilità. Fin troppo spesso ci si focalizza sul sovrappeso e la sedentarietà, ma non va dimenticato che anche un peso corporeo troppo basso e lo sport fatto forsennatamente sono deleteri.
In conclusione…
Le indicazioni di Harvard servono per orientare le scelte alimentari durante tutto l’arco della vita fertile: non sono da vedersi né come tassative, né come esaustive. Sono essenzialmente volte a correggere quei comportamenti, spesso retaggio di credenze alimentari sbagliate, che sul lungo termine possono concorrere a determinare ipofertilità: eccesso di cibo o forti restrizioni caloriche, diete ipolipidiche o con grassi industrializzati, porzioni eccedenti di proteine, e via dicendo.
Va sottolineato che queste indicazioni sono efficaci nella misura in cui si tenga conto di altri fattori cui la fertilità è subordinata, ad esempio l’esposizione a inquinanti ambientali e disregolari endocrini (ne avevamo parlato qui), l’equilibrio psico-emotivo (presto pubblicherò un intervento mirato di una psicologa) e l’età (inevitabilmente, dopo i 38 anni la fertilità femminile è via via sempre minore, sebbene sulla qualità ovarica possa fare ancora la differenza il modo in cui si è arrivate a quell’età: alimentazione e stile di vita nelle decadi precedenti fanno la differenza).
Bibliografia
– AJ Gaskins, JW Chavarro – Diet and fertility: a review – Am J Obstet Gynecol 2018 Apr;218(4):379-389
One Comment
Interessantissimo e bravissima come sempre. Un caro saluto da Edinburgh, Paola