Su questo sito e sui miei social in generale ho parlato più volte di amenorrea ipotalamica: trovate una (parziale) raccolta di quello che ho scritto qui, mentre qualche altro intervento è su EquilibrioDonna.

Oggi mi soffermerò a parlare del peso corporeo in rapporto alla situazione di amenorrea.
Prima, un breve inquadramento: l’amenorrea ipotalamica è una condizione per la quale l’interruzione della regolarità mestruale, con un’assenza del ciclo per minimo 6 mesi, è da ricondursi a cause di stress psicofisico; come dietista, tratto questa problematica perché molto spesso è derivata da diete scriteriate di dimagrimento, che portano a perdere troppo peso e -soprattutto- irrigidiscono il comportamento alimentare, creando un pensiero ossessivo e pervasivo riguardante il cibo. Va sottolineato che l’amenorrea ipotalamica può derivare anche da condizioni di forte stress che non riguardano la dieta, come ad esempio un trauma, un lutto o un abuso.

Quando parliamo di amenorrea conseguente a una dieta, inevitabilmente facciamo riferimento anche al peso corporeo: nella maggior parte dei casi, le donne che ne soffrono sono andate incontro a un dimagrimento, ma non è sempre così. A volte il peso non varia, o varia in modo irrisorio: quello che fa la differenza potrebbe essere un rapporto disfunzionale con il cibo, che diventa ipercontrollante e ossessivo, senza di fatto essere quantitativamente carenziale.
Quando il dimagrimento avviene, la perdita di peso stessa (e in particolare la variazione nella percentuale di massa grassa) diventa un fattore determinante l’amenorrea: il dimagrimento, perseguito in modo non opportuno, diventa un fattore di stress per il corpo. Senza una sufficiente quota di energie che nutrono gli ormoni, gli ingranaggi ormonali si bloccano.

Molte donne che si rivolgono a me per un problema di amenorrea ipotalamica sono preoccupate del “fattore peso”: è da recuperare? Devo ingrassare per riavere il ciclo? Quanti chili devo mettere?
Alcune di queste donne si trovano ad avere un atteggiamento ambivalente nei confronti del peso: da un lato capiscono e accettano che sia stato tra i fattori che hanno fatto perdere la ritmicità ormonale, ma dall’altro temono di dover recuperare peso, poiché si piacciono di più quando sono più snelle, e oltretutto temono che l’aumento delle quantità di cibo possa predisporle a perdere il controllo a lungo esercitato, degenerando in abbuffate.

Vediamo di fare un po’ di chiarezza.
Per prima cosa, va detto che la maggior parte degli studi che parlando di amenorrea ipotalamica identifica in due valori ben precisi il “minimo” da raggiungere per poter avere un ciclo regolare; questi valori sono i 47 kg di peso e un 18-20% di massa grassa. Meno di così, è quasi certo che una donna in età fertile rimanga in amenorrea.
I valori, tuttavia, vanno contestualizzati nella storia personale della donna:
Percentuale di massa grassa. Gli estrogeni (ormoni della fertilità) sono in diretto dialogo con la percentuale di grasso corporeo, tale per cui il ciclo può iniziare a essere irregolare (o scomparire del tutto) anche quando si perde poco peso ma tanto grasso (ad esempio quando una donna già magra perde 2-3 kg), oppure quando la percentuale di grasso rimane comunque alta, ma con una variazione nettamente inferiore rispetto alla partenza (ad esempio quando si passa da 75 kg a 60 kg, mantenendo magari una percentuale di grasso del 23-24% ma con una partenza al 28-29%).
Peso corporeo. I 47 kg citati dagli studi devono essere interpretati come una conditio sine qua non: sotto i 47 kg è molto difficile che una donna abbia il ciclo (a meno che non sia una magrezza naturale e fisiologica), ma questo non significa che siano *sufficienti* per avere il ciclo. Tutto dipende dalla storia ponderale: quale era il peso abituale prima di perdere la regolarità mestruale? A che peso si è entrate in amenorrea? Quanto è stato complessivamente perso, e poi eventualmente ripreso?

Posto il fatto che, come anticipato, il peso è solo un tassello del puzzle, quello su cui si possono fare certi ragionamenti è il peso di equilibrio: attraverso la storia ponderale si prova a individuare quel range di peso entro il quale sia possibile che il ciclo torni. Per alcune potrebbe essere il range di peso precedente al dimagrimento e all’amenorrea, per altre potrebbe essere un peso inferiore: impossibile dare una regola generale.
Il peso di equilibrio non è calcolabile matematicamente: purtroppo, non è il risultato di uno specifico algoritmo, quanto piuttosto una stima per ottenere la quale fa la differenza l’intuito e l’esperienza del terapeuta (dietista, psicoterapeuta o medico) che ha in cura la paziente. Per capirlo (o meglio, per intuirlo) bisogna prima di tutto avere chiari i meccanismo sottesi all’amenorrea, e in secondo luogo avere la sensibilità per interpretare correttamente le informazioni che vengono fornite dalla paziente. Il terapeuta deve anche possedere una spiccata delicatezza nell’affrontare l’argomento “peso corporeo”, perché di tratta di un punto di forte criticità per la paziente: qualora il peso attuale fosse insufficiente, l’idea di dover aumentare di peso può generare forte ansia e conflittualità psichica; d’altronde, sarebbe anche scorretto evitare di trattare la tematica, o rassicurare la paziente che non dovrà aumentare se invece si è certi che è vero il contrario.

Prima di concludere l’articolo, lascio un paio di considerazioni finali.

In primo luogo, c’è da dire che, per quanto si possa intuire un certo peso di equilibrio, quello che poi concretamente accade all’interno del corpo della donna è imprevedibile: il ciclo potrebbe sbloccarsi a un peso inferiore o superiore rispetto a quello che oggettivamente si ritiene essere il ‘peso di equilibrio’.
Accettare che peso e regolarità mestruale siano in comunicazione l’uno con l’altra, ma non in modo matematico e certo, fa parte di un genere di accettazione più ampia che interessa il mondo femminile: la ciclicità mestruale comporta alti e bassi della marea; giorni di estrema energia e giorni di grande spossatezza, ritenzione di liquidi alternata a tonicità dei tessuti, momenti di fame vorace compensata da parentesi in cui la fame non viene (quasi) affatto avvertita. La ritmicità con cui vengono prodotti gli ormoni del ciclo è caratterizzata anche dall’alternanza di fasi più prevedibili e matematiche, e fasi più caotiche e istintive: il peso fa parte del sistema. Non sempre è prevedibile, non sempre è controllabile. Il primo grande passo verso lo sblocco del ciclo deve contemplare l’idea che il peso corporeo non è un problema: che rimanga tale o che aumenti, non siamo noi a decidere aprioristicamente come deve essere. Una volta che il corpo è ben nutrito, e che la mente non è rigidamente incentrata al controllo dei pasti, il peso si muove armonicamente in un verso o nell’altro. Quando il ciclo è finalmente sbloccato, il peso si può modificare ulteriormente: spesso, aumentando di poco appena prima l’arrivo del mestruo, e poi scendendo.

Da ultimo, la considerazione più importante va fatta riguardo “il ciclo naturale”. Il percorso di guarigione dall’amenorrea ipotalamica deve permettere di arrivare ad un punto in cui il corpo e la mente siano “pronti” ad accogliere il mestruo: si deve lavorare contemporaneamente fornendo i giusti nutrienti, e ammorbidendo le spigolosità con cui si approccia il cibo e il rapporto con il proprio corpo. Se ci sono carenze vitaminiche vanno integrate, e se alcuni supplementi fitoterapici possono essere d’aiuto a nutrire ovaie ed endometrio sono i benvenuti. Anche l’agopuntura, se praticata da professionisti (ce ne parla ad esempio la dr.ssa Elisabetta Casaletti), è un ottimo e validissimo aiuto.
Tuttavia, non è detto che il ciclo si sblocchi in modo del tutto naturale: per alcune donne è così, per altre invece si arriva ad un punto in cui tutto è “pronto”, ma di fatto gli ingranaggi ormonali sono troppo arruginiti per muoversi da soli. A questo punto può venire in aiuto una terapia farmacologica ben impostata: terapia che, nel clou dell’amenorrea ipotalamica, non avrebbe funzionato, perché non ve ne erano le condizioni. Ne ho parlato con la dr.ssa Ambra Garretto, ginecologa, in questo video che trovate sul mio profilo Instagram.
La scelta di ricorrere comunque a una terapia farmacologica per sbloccare il ciclo non deve essere percepita come un fallimento: spesso le donne arrivano a pensare “ecco, ce l’ho messa tutta, ho fatto il possibile, ma ancora non è stato abbastanza, è colpa mia perché dovevo fare di più”. Non è così! Il proprio successo si esplica preparandosi ad accogliere il ciclo, certe che, se anche si avesse bisogno di una terapia a supporto, il lavoro fatto permetterebbe di continuare ad avere un ciclo naturale una volta che la terapia viene interrotta: se corpo e mente non sono pronti questo non avviene (ossia, lo sblocco farmacologico non garantisce la continuità naturale del ritmo ormonale).

Bibliografia
– CM Gordon et al. – Functional hypothalamic amenorrhea: an endocrine society clinical practice guideline – J Clin Endocrinol Metab 2017 May 1;102(5):1413-1439
– MES Gibson et al. – Where have the periods gone? The evaluation and management of functional hypothalamic amenorrhea – J Clin Res Pediatr Endocrinol 2020 Feb 6;12:18-27