Quando una mamma allatta, la preoccupazione che attraverso il latte passino sostanze nocive per il bambino è alta: nei dotti lattiferi circolano tutte le molecole che la mamma produce o ingerisce, esattamente come se fosse un secondo “sistema circolatorio” eguagliabile a quello sanguigno.

Le sostanze nutritive
Una domanda frequente è: “Quello che io mangio si riflette sulla composizione nutrizionale del mio latte?”.
Non esattamente: se la mamma mangia tanti grassi il suo latte non sarà tanto grasso, idem dicasi per proteine e carboidrati.
La composizione di macronutrienti del latte materno dipende in realtà dalle richieste del bimbo: poppate frequenti rendono il latte leggermente più ricco di proteine rispetto a poppate diradate; poppate lunghe garantiscono una maggior presenza di grassi al termine della poppata stessa rispetto a quelle brevi.
Allattare a richiesta permette al bambino di modulare il proprio “menu”: già! Anche da neonati i nostri bambini sono in grado di esercitare una qualche forma di controllo e volontà sulle scelte alimentari! Vi consiglio di leggere il libro di Carlos Gonzales “Il mio bimbo non mi mangia” per capire meglio quello che intendo.
Discorso leggermente diverso per i micronutrienti, vale a dire vitamine e minerali, e per i grassi insaturi EPA e DHA: più ne è ricca la dieta materna, più ne sarà ricco il latte. E’ per questo motivo che si raccomanda alla donna che allatta di consumare regolarmente frutta e verdura (possibilmente con la buccia e biologiche), frutta secca a guscio, pesce di piccola taglia e semi oleosi. In particolare non va trascurato l’apporto dei grassi EPA e DHA, vale a dire quegli omega-3 indispensabili alla formazione del sistema nervoso e del cervello del vostro bimbo.

I farmaci
Purtroppo, le molecole attive dei farmaci permeano i dotti lattiferi e passano nel latte materno. E’ per questo motivo che il 90% dei farmaci in commercio, nonché dei comuni integratori e supplementi alimentari, è controindicato in allattamento oltre che in gravidanza. Fate attenzione anche ai rimedi erboristici e fitoterapici: anch’essi contengono sostanze attive! Purtroppo alcune mamme hanno preso alla leggera l’assunzione di diuretici e drenanti, o attivatori del metabolismo: prese dalla smania di ritrovare facilmente la linea dopo il parto, non hanno pensato che qualsiasi cosa passi dalla loro bocca arriverà poi al seno.
Prima di assumere qualsiasi rimedio la mamma deve verificare che sia compatibile con l’allattamento stesso: può farlo chiedendo al proprio medico di base, al ginecologo o al pediatra del bambino, oppure chiamando il Centro Antiveleni di Bergamo (qui il link), che è il punto di riferimento nazionale.

Le coliche e la flora batterica intestinale
In passato si credeva che le coliche del neonato potessero essere favorite dal consumo materno di alimenti meteorizzanti, quali latte e derivati, broccoli e cavoli, legumi e cibi fermentati. Quest’informazione si è rivelata essere ampiamente errata, basata su nozioni pressapochiste; eppure ancora adesso tali consigli vengono elargiti a cuor leggero, causando frustrazione nella mamma che non sa più cosa mangiare per il bene del piccolo.
Se il vostro piccolo soffre di coliche non modificate la vostra dieta: le cause, pur non essendo ancora completamente chiarite, sono da cercare altrove. E’ ormai certo che l’inghiottimento di aria durante una poppata o un pianto favorisca la comparsa di coliche, così come un flusso di latte troppo veloce che “ingolfa” il sistema digestivo del piccolo. Eppure la questione è molto più complessa.

Per “coliche” si intende “una manifestazione di malessere che si presenta nel neonato sano, per almeno tre volte a settimana e per almeno tre ore consecutive”; sono particolarmente presenti nelle ore serali (18-22) e si manifestano con pianto incontrollabile. Il bimbo diventa inconsolabile, anche cianotico: muove spasmodicamente le gambine e strilla. Ha aria nella pancia che non riesce ad espellere, quindi l’addome si presenta gonfio e meteorico.
Sulla base di un nuovo inquadramento delle coliche neonatali, è possibile dividere il “pianto da coliche” in due categorie:
Colichette vere e proprie, dovute a ingestione di aria durante la poppata o il pianto vigoroso, oppure a causa di flusso troppo veloce del latte materno attraverso i dotti;
Coliche del neonato “ad alto contatto” (high-needs newborn), vale a dire il bisogno di coccole che si manifesta anche con dolori addominali (…in fondo, il mal di pancia e di stomaco è la più frequente somatizzazione anche negli adulti!). Approfondiamo meglio questo punto…

Molti pediatri sono concordi ad affermare che sia del tutto normale avere problemi di aria nel pancino nei primi due o tre mesi di vita, eppure non tutti i bambini manifestano di soffrire di coliche: perché? Un’interessante ipotesi formulata di recente ha a che fare con la teoria dell’attaccamento: le coliche, più che segnalare un malessere fisico, denotano un “bisogno di coccole”. La dimostrazione viene provando a risolvere il disagio del bimbo con un alto contatto genitoriale: ad esempio massaggiandolo sulla pelle, tenendolo in braccio, metterlo a ranocchietta sulla propria pelle (“skin to skin hugs”) o tenerselo in fascia (conoscete il babywearing?). Certamente le coliche presentano una componente di dolore addominale (infatti il neonato rigurgita o emette aria durante questi episodi), ma esso potrebbe essere più una conseguenza che una causa del pianto: con il pianto, infatti, il bimbo cerca di comunicare con voi –coccolami!-, ma più piange più ingoia aria, e maggiore sarà il discomfort di stomaco e intestino.

Anche alla luce di queste recenti considerazioni, va sfatato il mito secondo cui l’alimentazione materna di una donna che allatta possa influire sulle coliche neonatali.
Tuttavia, alcuni studi evidenziano una correlazione di altro tipo: la dieta materna potrebbe indirettamente peggiorare (non causare) le coliche. Dico ‘indirettamente’ perché il fattore incriminato è la flora batterica intestinale della mamma, a sua volta dipendente in buona parte da come la donna si alimenta (altre influenze sono date da attività fisica, vita all’aria aperta, contatto con animali, uso di farmaci o antibiotici, uso di fermenti lattici). Una mamma con una buona flora intestinale sembra proteggere il bimbo da episodi di colichette dolorose dovute all’ingestione di gas: i batteri della flora positiva, infatti, sono in grado di contenere il meteorismo e la flatulenza, proprio come nell’adulto (chi soffre di colite e colon irritabile ha nel 100% dei casi uno sbilancio del microbiota intestinale).
Per garantire una buona salute intestinale è prioritario curare l’alimentazione della mamma che allatta; può anche essere utile fare un’integrazione specifica di probiotici, fin da prima del parto.

La dermatite
Al contrario del paragrafo precedente, quando il neonato soffre di dermatite o eczema ed è allattato in modo esclusivo al seno la mamma può fare molto per aiutarlo: è stato infatti dimostrato che la dieta materna possa incidere sulla comparsa di queste patologie neonatali. Ne è conferma il fatto che, al contrario che per le coliche, una dieta ad eliminazione permette la remissione pressoché totale dei sintomi del piccolo.
E’ doveroso sottolineare che la dieta materna non è la causa della dermatite atopica nel piccolo: attraverso un bilanciamento nutrizionale è possibile migliorare il quadro patologico e la manifestazione dermica nel bambino, ma non confondiamo una possibile soluzione con la causa!

Cibi no
Si consiglia alla mamma di astenersi dal consumare alimenti che liberano istamina, in particolare:
* Cioccolato, caffè, tè
* Frutta secca
* Alimenti fermentati (alcuni formaggi, yogurt, miso, tempeh…)
* Albume delle uova (per il tuorlo non esistono dati di rilievo che ne suggeriscano l’astensione)
* Fragole, spinaci, funghi, affettati e pesce conservato (tonno, salmone, alici…)

Se queste eliminazioni non fossero sufficienti e la mamma fosse disposta a provare una restrizione ulteriore, si possono eliminare anche latte e formaggi, glutine (frumento, avena, segale, orzo e farro) e Solanacee (pomodori, peperoni, melanzane, patate).

Gli studi evidenziano inoltre una correlazione molto forte, protratta fino ai 7 anni d’età del bambino, tra la dermatite e il consumo materno di alimenti ricchi di margarine e grassi industriali sia durante la gravidanza che in allattamento: un motivo in più per astenersi da tutto ciò che è junk-food!

Cibi sì
Si suggerisce il consumo di due o tre porzioni di pesce a settimana (200-250 g) a partire dal primo trimestre di gravidanza, in quanto l’azione dei grassi EPA e DHA è protettiva verso l’insorgere della dermatite. La review considerata non si sbilancia nel consigliare di incrementare ulteriormente la frequenza settimanale del pesce, poiché questo sembra essere il compromesso migliore tra i benefici dell’apporto di omega-3 e i possibili effetti avversi degli inquinanti contenuti nel pesce stesso.

Gli studi dimostrano che una ricca presenza nella dieta materna di vitamina C e antiossidanti da frutta e verdura permette di proteggere il bambino dalla fastidiosa malattia della pelle; curioso notare come gli studi si soffermino a far notare che il contributo di vitamine e antiossidanti è protettivo solo nel caso in cui provengano dal cibo, non da integrazioni: ancora una volta, si sottolinea che la sinergia delle diverse molecole conta più che l’apporto complessivo di una sola di esse.

Svezzamento
Nel neonato che ha sofferto di dermatite, sarebbe consigliabile intraprendere uno svezzamento che si accompagni ad una proposta prolungata di latte materno (ad esempio, mantenendo a lungo una poppata serale): la continua trasmissione di molecole benefiche e rafforzanti il sistema immunitario permette di ridurre al minimo il rischio di recidive in età infantile e adulta.
La stessa raccomandazione viene fatta in caso di bambini allergici, o nati da genitori con alta familiarità con allergie: l’allattamento prolungato risulta essere altamente protettivo; ovviamente dopo il 6-7° mese non si parla più di allattamento esclusivo: è indispensabile svezzare il bambino, quello che si consiglia è di mantenere affiancato il latte di mamma il più a lungo possibile (le Linee Guida dell’OMS citano testualmente che l’allattamento può essere prolungato fino ai due anni di vita ed oltre, e comunque finché mamma e bambino lo desiderino”).

Bibliografia
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* McGuire MK, McGuire MA – Got bacteria? The astounding, yet not-so-surprising, microbiome of human milk – Curr Opin Biotechnol. 2017 Apr;44:63-68
* Allen KJ, Koplin JJ – Prospects for Prevention of Food Allergy – J Allergy Clin Immunol Pract. 2016 Mar-Apr;4(2):215-20

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