Che esistesse una relazione tra alimentazione e funzioni cognitive era noto già quando i nostri nonni frequentavano le elementari: il sapore dell’olio di fegato di merluzzo “che ti fa diventare intelligente” è ancora tra i loro ricordi più terribili!
Da allora la conoscenza scientifica ha fatto enormi passi avanti, riuscendo ad individuare un’ampia gamma di molecole funzionali contenute in ciò che mangiamo, e che si sono rivelate essere importanti per il nostro sistema nervoso centrale. Purtroppo spesso queste scoperte vengono distorte da messaggi di puro marketing: l’integratore per la memoria e quello per la concentrazione, il “superfood” che previene le malattie neurodegenerative, il cioccolatino “che ti dà la carica” durante le sessioni di esami…

In questo articolo vorrei invece presentarvi il punto di vista scientifico: la prestigiosa rivista Nature aveva pubblicato anni fa un’interessante review riguardo le potenzialità di alcuni alimenti (o molecole contenute in essi) in relazione alle prestazioni cognitive. Vediamo quali sono le conclusioni!

Gli ormoni del sistema digestivo e le capacità cognitive
Il nostro sistema digestivo produce diversi tipi di ormoni e peptidi che influenzano i processi con cui ci alimentiamo e con cui ricaviamo energia dal cibo. Quattro di questi si sono rivelati essere importanti anche nell’influenzare le emozioni e i processi cognitivi: leptina, grelina, GLP1 e insulina.
La leptina, sintetizzata dal tessuto adiposo e deputata a ridurre l’appetito, sembra intervenire nella depressione e nelle difficoltà dell’apprendimento spaziale.
La grelina, ormone prodotto dallo stomaco quando siamo a digiuno, ha anch’essa a che fare con l’apprendimento spaziale, e con la formazione della memoria.
Il GLP1, che regola la produzione di insulina e l’uso di zuccheri da parte del muscolo, svolge un ruolo importante nell’integrazione dei processi che influenzano sia la cognizione che le emozioni.
L’insulina, ormone ben noto per le funzioni anaboliche, è implicata in disordini psichiatrici e in segnali periferici che modulano i processi mentali.

Ecco quindi che si delinea un primo schema di influenza tra cibo e cervello: quando mangiamo, a prescindere da cosa mangiamo, il nostro corpo produce degli ormoni che hanno un effetto primario sul sistema digestivo, ma che agiscono anche a livello di sistema nervoso centrale.

Effetto dei nutrienti sulle capacità cognitive
Abbiamo capito che il semplice fatto di alimentarci è in grado di influenzare le prestazioni intellettive e cognitive, ma esistono singoli nutrienti o specifici alimenti che possono migliorare la cognizione, l’intelletto e le emozioni?
Sì: passiamo in rassegna quelli che vantano la più ricca letteratura scientifica.

Omega-3
Gli omega-3 sono indubbiamente il nutriente più studiato dalle Neuroscienze: circa il 25% del nostro cervello è composto da EPA e DHA, ossia le forme attive degli omega-3 alimentari (interessante notare che il cervello è l’organo più grasso del nostro corpo: il 60% del suo peso è rappresentato da lipidi).
Gli omega-3 sono grassi essenziali: il nostro corpo non li produce, pertanto l’unica fonte è quella alimentare. Tutti gli studi scientifici finora condotti sono concordi nell’affermare che la carenza di omega-3 causa certamente ritardi e problemi di apprendimento e memoria; la carenza è anche associata a diversi disordi mentali: dislessia, demenza, depressione, disturbo bipolare e schizofrenia.
La nutraceutica, ossia quella branca della Scienza dell’Alimentazione che si occupa delle proprietà terapeutiche e preventive delle singole molecole, sta attualmente verificando se l’integrazione ad alte dosi di omega-3 possa risultare benefica nella prevenzione e nella cura di malattie neurodegenerative, disordini del comportamento nei bambini e ritardo dello sviluppo motorio neonatale. I risultati, seppur parziali, sono promettenti.
Altro campo di ricerca riguarda la correlazione tra contenuto di DHA nella dieta materna prima e durante la gravidanza, e prestazioni cognitivo-intellettive del bambino: è stato accertato che maggiore è la quantità di DHA consumata dalla mamma da fonti alimentari maggiore saranno i punteggi ottenuti dal bambino con test di Neuroscienze dalla primissima infanzia fino all’adolescenza.

Ancor prima della supplementazione è fondamentale che ciascuno di noi introduca con costanza fonti alimentari di omega-3; essi sono presenti nella frutta secca oleosa (noci, mandorle, semi di chia, semi di lino…) benché in forma inattiva. Per assicurarsi un buon apporto di EPA e DHA (omega-3 attivi) si consiglia il consumo 2-3 volte a settimana di pesce che ne sia ricco (sarde, acciughe, sgombri e pesce azzurro in generale). Anche alcuni tipi di alghe forniscono una buona quota di questi grassi essenziali. La raccomandazione è a maggior ragione importante per le donne, dall’epoca pre-concezionale fino allo svezzamento.

Grassi trans
Al contrario degli omega-3, i grassi trans sono associati ad un precoce declino cognitivo: sono sufficienti tre settimane di dieta basata su junk-food per peggiorare la salute del vostro cervello! Teniamoci dunque alla larga da tutto ciò che possa contenere questi grassi modificati: vale a dire margarine, grassi vegetali modificati e grassi vegetali sottoposti ad alte temperature (fritture o trattamenti industriali oltre i 150°C, frequenti nella produzione di dolci, biscotti, pasta sfoglia e glassature).

Antiossidanti
Il nostro cervello è altamente suscettibile al danno ossidativo, poiché ha un metabolismo molto elevato che comporta la formazione di metaboliti ossidabili (pensate al cervello come una Ferrari: capace di altissime prestazioni, ma produce elementi di inquinamento per poter funzionare).
L’ossidazione è il grande nemico dell’invecchiamento, inteso sia come deperimento del corpo (pelle rugosa, capelli bianchi…) che come deperimento della mente (quello cognitivo). Gli studi di molti ricercatori si sono dunque focalizzati sull’individuare quali possano essere gli antiossidanti che proteggono dal declino cognitivo, mantenendo il cervello a livelli elevati di efficienza

Curcuma. Tutti gli studi hanno dimostrato che la curcumina, principio attivo della curcuma, permette di migliorare il declino cognitivo associato ad Alzheimer o conseguente a danno traumatico cerebrale (ad esempio a seguito di una severa commozione cerebrale). Se è vero la potenza antiossidante della curcuma, nota spezia orientale, protegge il nostro cervello, dobbiamo tuttavia cercare curcuma di alta qualità: non fidatevi di quella venduta nei banchetti delle fiere gastronomiche, poiché la provenienza e la composizione sono incerte (non è infrequente che i NAS fermino alla frontiera tonnellate di spezie esotiche perché contaminate da residui non commestibili polverizzati), e poiché l’esposizione a luce e aria ne deteriora la qualità in modo irreversibile.
Usate la curcuma nelle vostre preparazioni in cucina: ottima con i cereali, le verdure cotte, le uova e per marinare pesce e carne bianca.
Flavonoidi.
Conosciuti soprattutto per la garanzia di protezione al sistema cardiovascolare, essi si sono rivelati essere parimenti importanti anche per la protezione delle funzioni cognitive, in particolare quando il loro consumo è associato ad un buon livello di attività fisica, che ne intensifica la potenza.
I flavonoidi sono contenuti nel tè verde, cacao, cioccolato, agrumi, estratto di Ginko e vino rosso. Anche in questo caso, prestiamo attenzione alla qualità: se il tè è irrancidito e con foglie vecchie, se il cacao è stato potassato (riconoscibile dal colore molto scuro della polvere, come la maggior parte di quello venduto nei supermercati), se l’uva del vino è stata trattata con pesticidi, il danno proveniente dal loro consumo sarà maggiore rispetto al beneficio cognitivo.
Vitamina E. La vitamina E ha uno spiccato ruolo antiossidante; a livello di malattie neurologiche, permette di ridurre il rischio di declino cognitivo negli anziani. E’ contenuta nei grassi vegetali: olio extravergine, avocado, frutta secca, semi oleosi.

Vitamine del gruppo B
Ecco un dato interessante perché differenzia l’azione del nutriente in base al sesso: gli studi dimostrano che l’integrazione di vitamina B6 e di folati ha effetti positivi sulle prestazioni cognitive delle donne di tutte le età; la B12 agisce invece sia sugli uomini che sulle donne, in virtù del fatto che contribuisce a mantenere l’integrità della guaina mielinica dei nervi.
Sono molti gli alimenti che contengono B6 e folati: spinaci, fragole, catalogna, agrumi, legumi… E’ abbastanza difficile andare in concreta carenza: lo studio preso in considerazione ci dice che ad essere importante è la supplementazione a prescindere dallo stato di carenza. Potrebbe essere consigliabile un’integrazione di B6 e di folati alle studentesse in periodo di esami universitari; mi raccomando: l’integratore deve contenere folati e non acido folico (quest’ultimo, se assunto in eccesso, si accumula in modo dannoso per le nostre cellule).
La vitamina B12, invece, è contenuta solo ed esclusivamente in alimenti di origine animale: carne, pesce, uova, latte e derivati.

Vitamina D
La vitamina D si è dimostrata essere un vero e proprio ormone, poiché è coinvolta in moltissime reazioni del nostro corpo, su cui ora non mi dilungo. In ambito di cognizione, la vitamina D aiuta a preservare le capacità cognitivo-intellettive degli anziani, proteggendo dal rischio di malattie neurodegenerative.
Troviamo questa vitamina nel fegato del pesce (il famoso olio di fegato di merluzzo…), nel pesce grasso (salmone, sgombro, sarde, acciughe, rombo…), nei funghi edibili. Alcuni alimenti in commercio sono stati addizionati di vitamina D (latte, yogurt, cornflakes…), ma non si è sicuri che il beneficio sia lo stesso.

Colina
La colina è un prezioso aiuto per ridurre la perdita di memoria; viene usata in forma di integratore dalla Medicina Funzionale per sostenere la funzione intellettiva di studenti in sessione d’esame.
La colina non è molto diffusa in quello che mangiamo: la troviamo nel germe di grano, nel tuorlo delle uova, nella carne di pollo consumata con pelle, e nelle frattaglie animali (in particolare rene e fegato). Potrebbe essere utile la supplementazione in periodi di studio che la rendano necessario.

Calcio, zinco
Alcuni studi hanno dimostrato che elevati (non bassi!) livelli di calcio e zinco nel sangue sono associati ad un più rapido declino cognitivo negli anziani; bisogna quindi fare attenzione a non abusare degli integratori e di quegli alimenti che sono ricchi di questi due minerali: latte e derivati per il calcio, frutti di mare per lo zinco (in questo caso, è ben più difficile andare in “overdose”!).

Selenio, rame, ferro
Bassi
livelli di selenio sono associati a una minor funzione cognitiva; troviamo il selenio nella frutta secca, nei cereali, in carne, pesce e uova.
Bassi livelli di rame, invece, sono associati ad un declino cognitivo più rapito dei pazienti affetti da Alzheimer.
Per quanto riguarda il ferro, è stato dimostrato che la supplementazione in giovani donne (a rischio di carenza per via del ciclo mestruale) aiuta a normalizzare la funzione cognitiva.

Associazione di dieta e attività fisica
Sappiamo che la pratica costante di attività fisica è una variabile indipendente per il nostro benessere fisico e per la prevenzione di malattie metaboliche; le ricerche ci dicono che lo sport praticato fin da piccoli permette anche di avere migliori prestazioni legate a intelligenza, memoria ed emozioni. L’attività fisica è associata a un minor declino cognitivo nell’anziano, migliore memoria nei giovani ed un più rapido recupero funzionale dopo incidenti che abbiano leso un qualche distretto del nostro sistema nervoso. Quando unita ad una dieta adeguata l’effetto è ancora maggiore, in particolare se l’alimentazione è ricca di DHA (gli omega-3 attivi di cui abbiamo parlato prima) e di flavonoidi.

La restrizione calorica
Il cervello consuma un’enorme quantità di energia (= calorie) se paragonato ad altri distretti corporei, e quest’energia proviene esclusivamente dai carboidrati (a parte in particolari condizioni, in cui il cervello usa anche grassi in forma di corpi chetonici). Parrebbe intuitivo concludere che come e quanto mangiamo influenza la nostra lucidità mentale: in quanti ragionano bene a pancia vuota?

Tuttavia a livello scientifico la questione è un po’ più complessa. Pari infatti che le prestazioni cognitive migliorino in periodi di moderata restrizione calorica: tale restrizione permette al cervello di ragionare più lucidamente, e all’intero sistema nervoso di andare incontro ad una vecchiaia senza esacerbazioni da logoramento. Immaginiamo infatti il nostro cervello come un elettrodomestico che può funzionare sia in modalità normale che in modalità eco: a parità di uso (ad esempio, avviare la lavastoviglie una volta al giorno) il nostro elettrodomestico si preserverà maggiormente quando usato in “eco”, ossia a risparmio energetico; stessa cosa dicasi per cervello e sistema nervoso: quando obbligato ad attingere a minori risorse energetiche, esso funzionerà e si preserverà meglio.

Può sembrare controintuitivo che un organo metabolicamente attivo come il cervello, e che usa come substrato energetico solo gli zuccheri, si dimostri essere più efficiente quando messo in restrizione calorica, invece la spiegazione è semplice: per lunghi secoli l’uomo ha dovuto combattere la fame, non l’abbondanza di cibo; la nostra specie si è evoluta in un contesto ambientale caloricamente sfavorevole, per cui la necessità ha aguzzato l’ingegno: quando in carenza di cibo, il cervello lavorava di più per scovare nuovi modi di procurarselo. Questo retaggio ci è rimasto, ma con campi di applicazione diversi: in caso di restrizione calorica i nostri sensi sono più vigili, la capacità di resistere allo stress e risolvere problemi è maggiore.

Attenzione! Persone avvezze al junk-food che decidono di provare la restrizione calorica per migliorare le capacità intellettive hanno inizialmente la reazione opposta di stanchezza mentale, ottundimento e difficoltà di concentrazione: questo avviene perché il loro organismo è abituato agli zuccheri in alte quantità; ridurne drasticamente il consumo all’improvviso causa una reazione da disassuefazione. Senza contare che il cibo industriale è ricco di additivi chimici: per molti di essi è stato accertato un  effetto cerebrale di iperstimolo, tanto da associarli alla sindrome da iperattività e deficit dell’attenzione nei bambini; tagliare l’introito quotidiano di queste pericolose molecole è tanto vantaggioso sul lungo termine quanto svantaggioso sul breve: è comunque assicurato che dopo i primi giorni di malessere la situazione si ribalta completamente, e le forze sia fisiche che psichiche tornano più estese di prima.

La restrizione dietetica moderata è ben diversa dalla dieta ipocalorica perenne.

Nel primo caso, ossia quello che interessa a noi ora, ci si riferisce ad una restrizione di piccola entità: gli studi parlando un deficit di appena 200-400 kcal rispetto al fabbisogno quotidiano. Le diete veramente funzionali devono essere studiate accuratamente: sembra che la strategia migliore sia quella di perseguire una restrizione calorica intermittente, vale a dire alternare periodi di forte restrizione a periodi di alimentazione normale. Questi periodi possono essere programmati su singole giornate (ad esempio il cosiddetto digiuno intermittente, con 16 ore di alimentazione molto ipocalorica/digiuno completo alternate a 8 ore di alimentazione da refeeding), sulla settimana (un giorno ipocalorico e uno normale, oppure tre ipocalorici e quattro normali, oppure due-uno-due-uno…), sul mese o sulla stagione.
Capite bene che non si tratta in alcun modo di “stare a dieta perenne”: la dieta ipocalorica protratta a lungo è logorante per il fisico e per la mente; d’altronde, le conseguenze delle diete a oltranza sono ben note a livello comportamentale, e il comportamento è una delle tante manifestazioni del lavoro di alcuni centri cerebrali. Chi è sempre in restrizione calorica è maggiormente suscettibile allo stress, in allerta, irritabile; può sviluppare manie ossessivo-compulsive di ipercontrollo, è maggiormente predisposto a repentini sbalzi d’umore e fa più fatica a concentrarsi e ragionare lucidamente.

“Ma alla fin fine, cosa devo mangiare per essere più concentrato?”
Se vogliamo tradurre in termini pratici quanto scritto finora, ecco come è bene modificare la propria dieta per spingere il proprio cervello a lavorare al meglio e per prevenire l’insorgenza di malattie neurodegenerative:
Restrizione calorica. Con l’aiuto del vostro dietista o nutrizionista programmate una dieta ciclica che preveda l’inserimento di giornate ipocaloriche; ovviamente è bene prestare attenzione che esse non compromettano la sessione esami o periodi di iperlavoro in ufficio! Devono essere studiate a tavolino, equilibrate e nutrienti anche se in deficit calorico.
Inserire queste ‘finestre’ a cadenza regolare per tutta la vita vi aiuterà soprattutto a evitare il declino cognitivo.
Pesce e omega-3. Consumare due o tre volte a settimana il pesce nutrirà le vostre cellule cerebrali, a beneficio di plasticità e trasmissione di messaggi sui circuiti neurali. Se siete donne e pensate prima o poi di avere un bambino, sappiate che il vostro introito di omega-3 non farà bene solo a voi, ma anche al bimbo che prima o poi arriverà.
Scegliete pesce ricco di omega-3: quello azzurro del nostro Mediterraneo è certamente il migliore, anche analizzando gli eventuali inquinanti contenuti (sappiamo che le acque di mari e oceani non sono più quelle di cent’anni fa a causa dell’inquinamento di pescherecci e petroliere…). In pescheria orientatevi dunque verso branzini e orate, acciughe e alici, sarde e sardoni, pesce spatola, suri, sgombri e tutto quello che sia pescato in Adriatico, Ionio e Tirreno. Ricordate che il pesce di allevamento ha valori nutrizionali inferiori rispetto al pescato.
Se fate fatica a cucinare il pesce non cercate di arricchirlo con tanti fronzoli: meno è meglio! Fatevi sfilettare il pesce scelto direttamente in pescheria, e cuocetelo 5-10 minuti in forno o in padella con aggiunta di spicchi d’aglio, fettine di limone, rosmarino o salvia. Condite con olio e sale solo a fine cottura. Per il pesce più piccolo (alici, acciughe, sarde) potete fare un trito di prezzemolo-aglio-limone-capperi-uvetta con cui cospargere i filetti da ripassare in forno dopo averli irrorati con un filo d’olio extravergine. Altri tipi di pesce, come ad esempio calamari o seppie, sono ottimi bolliti o in umido, ad accompagnare crostoni di pane bruschettato o a condire primi piatti (ma, vista la stagione, ottimi anche per insalate di riso o patate&piselli!).
Antiossidanti.
1.
Colorate la vostra dieta con la curcuma: aggiungetela ai cereali, alle verdure o alla marinatura di carne bianca e pesce. Se unita ad un po’ di grasso (olio, ghee, frutta secca) esplicherà un’azione maggiore.
2. Per incrementare il consumo di antiossidanti flavonoidi cercate un buon fornitore di tè verde, cacao non potassato, cioccolato di buona qualità, frutti di bosco selvatici e, se vi piace, vino rosso da agricoltura biodinamica (senza solfiti e senza pesticidi sull’uva). Inserire questi alimenti nella quotidianità non è affatto difficile: una tazza di tè verde a colazione, cacao nello yogurt o nei frullati di frutta, un pezzetto di cioccolato come coccola serale, frutti di bosco come merenda, vino due o tre volte a settimana per cenette in tutto relax.
3. Tutte le vitamine, chi più chi meno, hanno una funzione antiossidante, ma solo la vitamina E si è dimostrata essere protettiva per il cervello e per il mantenimento delle funzioni cognitive; fortunatamente non è difficile assicurarsi un buon apporto: è sufficiente usare quotidianamente olio extravergine d’oliva di buona qualità, preferibilmente a crudo, senza dimenticare che la vitamina E si trova anche in frutta secca e -per chi piace- avocado.
Grassi! Anche se il carburante essenziale del nostro cervello sono i carboidrati, esso è composto prevalentemente da lipidi saturi e insaturi. Assicurarsi un buon apporto di grassi dall’alimentazione ci aiuta a preservare l’integrità delle membrane cellulari e a mantenere efficiente la trasmissione di messaggi neuronali. Nei grassi sono infatti contenute alcune vitamine e minerali introvabili altrove: ad esempio la vitamina D e la E, la colina e il selenio. Al bando quindi le diete ipolipidiche: cercate di introdurre grassi a colazione, pranzo e cena: non serve esagerare con le dosi, purché le fonti prescelte siano di buona qualità. Vi consiglio olio extravergine d’oliva, tuorlo di uova biologiche, grasso di pesce mediterraneo, frutta secca di provenienza sicura e grassi di carne allevata all’aperto (la carne cosiddetta grass-fed, ossia non proveniente da allevamenti intensivi, ha dimostrato avere un profilo lipidico nettamente più vantaggioso di quella di più bassa qualità).
Integrazione sì, integrazione no? Non sono favorevole all’integrazione scriteriata, ma lo sono per quella mirata. Potrebbe essere utile studiare una supplementazione ad hoc in periodi di particolare impegno mentale, ad esempio durante le sessioni di esami universitari, o quando sul lavoro si ha bisogno di concentrazione ai massimi livelli. Invece, in caso di professioni altamente stressanti in cui il cervello non può mai mollare un colpo, ad esempio per i top manager, è più utile orientarsi verso integratori che modulino lo stress. Consigliare a priori un certo tipo di integrazione è impossibile, in quanto bisogna valutare per cosa e per quanto tempo se ne necessita, oltre che quanto venga già apportato con la dieta.
L’integrazione volta invece al lungo termine, ad esempio per scongiurare l’insorgenza di Parkinson o Alzheimer in famiglie predisposte, è ancora di dubbio beneficio: gli studi per ora sono stati fatti per periodi di tempo troppo brevi per avere dati significativi a ipotizzare un’integrazione che duri 5-10-20 anni. In questo caso, la miglior prevenzione è quella di costante allenamento del cervello, proprio come se fosse un muscolo che non deve atrofizzarsi: fare i calcoli a mente, parole crociate e rebus, esercitare la memoria con filastrocche e poesie, e così via.

Insomma, da tenere sempre in dispensa o in frigorifero…
Curcuma e curry.
Tè verde, cacao e cioccolato.
Quando è stagione, frutti di bosco possibilmente selvatici e agrumi non trattati.
Una bottiglia di buon vino rosso.
Pesce azzurro pescato (surgelatelo, se non avete tempo di comprarlo ogni settimana!).
Olio extravergine d’oliva di buona qualità, burro di montagna o ghee, frutta secca di provenienza sicura.
…senza disdegnare carne di allevamento non intensivo e frattaglie.

Bibliografia
– Gómez-Pinilla F – Brain foods: the effects of nutrients on brain function – Nat Rev Neurosci. 2008 Jul;9(7):568-78
– Socci V, Tempesta D, Desideri G, De Gennaro L, Ferrara M – Enhancing human cognition with cocoa flavonoids – Front Nutr 2017 May 16;4:19
– Zhang DM, Ye JX, Mu JS, Cui XP – Efficacy of vitamin B supplementation on cognition in elderly patients with cognitive-related diseases – J Geriatr Psychiatry Neurol. 2017 Jan;30(1):50-59

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