Quando applico i protocolli dietetici per patologie autoimmuni i pazienti spesso si sorprendono del divieto (o della forte limitazione) a consumare legumi, cereali integrali e certi tipi di frutta secca: “Ma come? Non sono alimenti fortemente consigliati per ritrovare la salute, non sono parte integrante della dieta Mediterranea?”.
Come ribadisco sempre, la dieta va personalizzata sulla base del quadro di salute individuale: la dieta Mediterranea può essere perfetta per molti di noi, ma assolutamente controproducente per tanti altri. Nello specifico, una persona che soffre di una malattia autoimmune deve considerare che alcune molecole contenute in quello che mangiamo hanno il potere di sollecitare il sistema immunitario, peggiorando i sintomi della malattia stessa.

Attenzione! E’ bene non confondere peggioramento e causalità: gli studi che puntano il dito contro alcuni alimenti accusandoli di essere causa di malattie autoimmuni sono sparuti e poco approfonditi. D’altro canto, molte ricerche dimostrano che un’alimentazione non ideale può contribuire a slatentizzare patologie autoimmuni (in caso di predisposizione) o a peggiorarne i sintomi.

Le lectine
Cosa contengono i legumi per diventare problematici nelle diete di chi ha sviluppato una patologia autoimmune?
Le molecole incriminate si chiamano lectine: si tratta di proteine con il potere di agganciare i carboidrati; circa il 30% di quello che mangiamo contiene lectine, ma solo alcune di esse sono talmente resistenti ai processi proteolitici della digestione da riuscire ad entrare in circolo.
In altre parole: quasi tutti gli alimenti derivanti dal mondo vegetale (verdura e frutta, legumi e cereali, semi oleosi e frutta secca) contengono lectine, ma in genere la digestione è in grado di scindere le lectine stesse e di renderle innocue. Esse diventano problematiche solo quando la digestione non riesce ad attaccarle.

Il danno “minore” che le lectine possono determinare è quello di causare carenze nutrizionali: vista la loro capacità di agganciare altre molecole, le lectine possono calamitare a sé alcuni minerali, rendendoli indisponibili per l’assorbimento. In particolare, possono causare una carenza di ferro, zinco, magnesio e calcio.

Dalla seconda metà degli anni ’80 sono state evidenziate diverse altre avversità causate dall’ingestione frequente e abbondante di lectine:
1. Aumentano la crescita di batteri, quali E.coli e L.lactis (Liener et al., Banwell et al., Pustai et al.);
2. Causano modifiche al citoscheletro delle cellule epiteliali intestinali attraverso l’oscuramento di alcuni siti di legame, aumentano l’endocitosi e diminuiscono la lunghezza dei microvilli (Liener et al, Sjolander et al, Pusztai);
3. Aumentano la permeabilità di membrana intestinale (Sjolander et al., Greer&Pusztai, Liener);
4. Amplificano l’espressione di HLA nelle cellule intestinali (Weetman);
5. Stimolano la proliferazione delle T-cellule del sistema immunitario (Uder et al., Clevers et al.);
6. Stimolano la produzione di citochine proinfiammatorie (Firestein et al., van den Bourne et al.).

Il problema maggiore delle lectine si manifesta in persone con predisposizione a malattie autoimmuni (o malattia già in atto) e/o con enzimi disfunzionali: quando viene consumata una quantità eccessiva di lectine, esse sono in grado di causare un severo danno intestinale, che porta ad una rottura dell’impermeabilità di membrana. Ci si avvia a grandi passi verso la leaky gut syndrome: la sindrome da intestino permeabile, che le più recenti ricerche scientifiche pongono alla base di varie malattie autoimmuni, nonché di allergie, intolleranze e processi infiammatori di vario tipo.

Quando negli esami del sangue si evidenzia la presenza immunoglobuline IgG e IgA specifiche per determinate lectine, è fondamentale che gli alimenti che le contengono vengano eliminati dalla propria dieta: in questo modo si riduce lo stimolo antigenico periferico, e a propria volta diminuiscono sintomi autoimmuni specifici causati da questa sensibilizzazione.

Le lectine e le malattie autoimmuni
Le malattie autoimmuni si manifestano quando il corpo perde la capacità di discriminare le proteine “self” (proprie del corpo) da quelle “non-self” (esogene), cominciando a reagire contro le proprie stesse proteine come se fossero agenti nocivi patogeni. A seconda del sito di reazione, si svilupperà una malattia autoimmune piuttosto che un’altra.

Tutte le malattie autoimmuni sono caratterizzate da due fattori:
1. Presenza di auto-anticorpi (specifici malattia per malattia: ad esempio in caso di Hashimoto avremo anticorpi antiTG e/o antiTPO, in caso di celiaci anticorpi anti-endomisio e/o anti-transglutaminasi);
2. T-linfociti autoreattivi contro specifiche proteine corporee, riconosciute come “non-self”.

Nello sviluppo di una malattia autoimmune gioca un ruolo fondamentale la componente genetica, in particolare la presenza di mutazioni in quei geni che codificano per gli antigeni leucocitari umani (HLA): attraverso esami genetici è possibile capire se si abbia la predisposizione allo sviluppo di autoimmunità; la malattia vera e propria di manifesterà tuttavia solo se alla predisposizione genetica si sommano fattori ambientali di diverso genere, molti dei quali vanno ad interessare la mucosa intestinale.

Per spiegare in modo semplice il concetto: una malattia autoimmune richiede necessariamente la presenza di mutazioni genetiche, presumibilmente presenti sin dalla nascita. Tuttavia, non tutti i soggetti con tale predisposizione andranno a sviluppare la malattia: questo avverrà solo se durante l’arco della vita intercorrono i cosiddetti “fattori precipitanti”. Tra essi, gioca un ruolo fondamentale la cosiddetta permeabilità di membrana intestinale.
Il nostro intestino presenta giunzioni serrate, che impediscono il passaggio in circolazione di materiale nocivo, condotto invece all’eliminazione fecale. Quando tale impermeabilità viene lesa (leaky gut syndrome), l’intestino inizia a creare aperture attraverso le quali alcune molecole passano nel torrente ematico, andando a sollecitare la risposta immunitaria (allergie) e, in soggetti predisposti, anche quella autoimmunitaria.

I fattori in grado di determinare leaky gut sono di diverso genere: in primis batterici e virali (quindi, da patogeni esterni), ma pare che anche determinate componenti alimentari possano diventare problematiche.
Si è cominciato a evidenziare il ruolo svolto dalle lectine sulle malattie autoimmuni a seguito di alcuni studi pionieristici del dottor L.Cordain, condotti in pazienti malati di artrite reumatoide e poi estesi ad altre patologie autoimmuni, in particolare celiachia, diabete I, ipotiroidismo di Hashimoto e psoriasi.

Le ricerche di Cordain sono state volte a dimostrare che le lectine alimentari sono in grado di interagire con gli enterociti (cellule dell’intestino) e con i linfociti (cellule del sistema immunitario), facilitando la traslazione a tessuti periferici di antigeni dietetici e di antigeni batterici derivati dall’intestino.
In presenza di una predisposizione genetica, questa stimolazione antigenica può risultare in una cosiddetta mimicry molecolare: i peptidi delle lectine che entrano in circolazione sono sufficientemente simili ad alcune strutture peptiche del nostro stesso corpo da causare la risposta autoimmune.

Per fare un paragone stupido, è come se voi vedeste da lontano un vostro caro parente, ma lo confondete per un criminale, e vi mettete a insorgere contro di lui immotivatamente. Ho reso l’idea? Questo è quello che succede quando si presenta una reazione autoimmune, con la differenza che voi smettete di malmenare il vostro parente non appena vi accorgete dell’errore, mentre il sistema immunitario, una volta entrato in tilt, non è in grado di fermarsi spontaneamente.

In tutto questo, che ruolo hanno le lectine?
Le lectine, come altre agglutinine, a causa della loro conformazione particolare, sono le molecole perfette per attivare la mimicry una volta entrate in circolo: in pratica, sono facilmente confondibili con strutture self.
L’esempio palese è quello del glutine: una struttura proteica alimentare in grado di sollecitare una malattia autoimmune (la celiachia), qualora se ne presentassero le condizioni.

Normalmente il nostro corpo è in grado di tollerare discretamente piccole quantità di lectine; il problema si verifica quando l’ingestione di queste molecole è abbondante e frequente, e soprattutto quando si va a sommare ad una pari ingestione di agglutinine derivate dal grano (come, appunto, il glutine).

Dove si trovano le lectine?
Le lectine sono presenti in moltissimi alimenti vegetali; si concentrano nella parte fibrosa, quindi le troviamo soprattutto nei cereali integrali (in particolare frumento integrale, riso integrale e orzo mondo), nei legumi (soprattutto soia, derivati proteici della soia e fagioli di qualsiasi varietà) e nella frutta secca con pellicina.

Esistono tecniche di preparazione degli alimenti che permettono di diminuire il tenore di lectine, scindendo i legami che le formano prima ancora che raggiungano lo stomaco, e rendendole quindi disponibili alla digestione:
1. Ammollare a lungo gli alimenti che le contengono; si consiglia di ammollare almeno 2-3 ore i cereali integrali, e una notte intera i legumi secchi e la frutta secca con pellicina, possibilmente cambiando l’acqua due o tre volte.
2. Cuocere il più a lungo possibile i chicchi di cereali e i legumi, in abbondante acqua che andrà poi scolata (quindi, evitare la cottura per assorbimento completo).
3. Togliere la pellicina alla frutta secca (dopo l’ammollo notturno è molto semplice farlo).
4. Eliminare la buccia dei legumi con l’aiuto di un passaverdure (frullare i legumi in un mixer non è risolutivo: la buccia non viene eliminata, ma frantumata; si avrà una migliore digeribilità del legume stesso, ma nessun vantaggio sulle lectine).

Se si soffre di una malattia autoimmune o si ha predisposizione genetica (familiarità) ad autoimmunità, si consiglia di preferire cereali, legumi e frutta secca con dosi minime di lectine:
1. Cereali: orzo e farro perlati (non integrali), riso non integrale, miglio, quinoa, avena. Al contrario, frumento e riso integrali, orzo mondo, farro decorticato, amaranto, segale e grano saraceno contengono molte lectine.
2. Legumi: lenticchie rosse decorticate, piselli. La soia e i fagioli (di qualsiasi tipo) sono i legumi a più alto contenuto di lectine.
3. Frutta secca: mandorle pelate, noci di Macadamia, pinoli, anacardi, noci fresche. Attenzione invece a mandorle e nocciole con pellicina, noci del Brasile, noci secche e arachidi (che, botanicamente, sono Leguminose).

Quando il consumo di lectine è “eccessivo”
Come già precedentemente specificato, la maggior parte delle lectine vengono digerite dal nostro organismo e non creano alcun danno intestinale. Il rischio si ha nel momento in cui una persona predisposta a malattie autoimmuni, o con immunità già in atto, consuma quantità ingenti di lectine provenienti da diverse fonti; il problema non è da sottovalutare: seguendo una “classica” dieta Mediterranea è facile incappare nell’accumulo di lectine: 3-4 volte a settimana una porzione di legumi + cereali integrali quotidiani sia nei primi piatti (pasta e riso) sia negli sfarinati (pane, grissini, crackers, dolcetti…) + una manciata al giorno di frutta secca (noci, nocciole, mandorle…) + magari un paio di porzioni settimanali di tofu o bistecca di soia, oppure l’uso di latte o yogurt di soia.

Non sono pochi a riconoscersi in queste frequenze, proprio perché rientrano nei parametri di quello che i mass-media fanno passare come alimentazione preventiva e curativa: come indicato a inizio articolo, non è possibile generalizzare questi consigli poiché non sono indicati a chiunque. Mi è addirittura capitato di avere pazienti che, spinti dalla buona volontà di voler mangiare sano, hanno cominciato a incrementare il consumo di legumi e cereali integrali, vedendo di pari passo peggiorare i sintomi legati alla propria patologia autoimmune (stanchezza e gonfiore intestinale, peggioramento della condizione cutanea, colite frequente).

“Ho una patologia autoimmune: come mi comporto?”
Il protocollo dietoterapico per malattie autoimmuni non si limita all’eliminazione degli alimenti contenenti lectine, anzi a questo proposito è bene specificare che a volte non è indispensabile un’eliminazione completa, ma è sufficiente ridurne il consumo, o sospenderlo per un determinato periodo di tempo.
Se soffrite di una patologia autoimmune il mio consiglio è quello di rivolgervi a un dietista o nutrizionista che conosca la vostra malattia e che applichi la dietoterapia specifica, senza improvvisare e senza applicare la dieta Mediterranea puramente detta.
L’ideale sarebbe partire valutando l’entità dei vostri sintomi, i parametri ematici rilevanti per la malattia, e lo stato di salute dell’intestino. Dopo aver stimato grossomodo la vostra attuale introduzione di lectine (e di altre molecole problematiche in caso di autoimmunità) sarebbe opportuno apporre modifiche adeguate alla vostra alimentazione, e valutare nuovamente la vostra condizione dopo un periodo di almeno quattro settimane, considerando comunque che tre mesi sono il minimo per avere un concreto beneficio sul lungo termine da qualsiasi protocollo dietetico.

Bibliografia
– Vojdani A. –  Lectins, agglutinins, and their roles in autoimmune reactivities – Altern Ther Health Med. 2015;21
– Cordain L., Toohey L., Smith M.J., Hickey M.S. – Modulation of immune function by dietary lectins in rheumatoid arthritis – British Journal of Nutrition