Lei è la Dott.ssa Liana Cassone, psicologa e psicoterapeuta, nonché amica e indispensabile cassa di risonanza per alcuni aspetti del mio lavoro. La trovate qui.
Collaboriamo da oltre un anno: non solo è il mio riferimento per pazienti che abbiano bisogno di un percorso psicoterapico, ma l’ho anche voluta come unica psicologa docente del mio corso Equilibrio Donna (qui); tiene una lezione dedicata alla comunicazione empatica tra professionista e paziente, e un’altra sui disturbi dell’alimentazione che dilagano sui social media.
Perché ve la presento oggi?
Per due motivi, collegati tra di loro. In primis, perché terrà un intervento durante un ciclo di webinar dedicati all’amenorrea (per maggiori info e per acquistare il pacchetto potete leggere qui), e sono certa che, se siete donne e se l’ascolterete, vi sorgeranno diversi interrogativi e avrete una nuova consapevolezza dei vostri ritmi ormonali.
E poi, perché è da quest’estate che la prego di scrivere questo articolo per me. Più volte vi ho scritto e ribadito che l’amenorrea ‘da stress’ (ipotalamica) si manifesta a seguito di restrizioni alimentari e ipercontrollo su cibo e su attività fisica… ma che, in molti casi se non in tutti, bisogna indagare le radici profonde di quell’ipercontrollo: nasce da un conflitto? Da un’insoddisfazione? E di che genere? E’ davvero solo un desiderio ‘estetico’ che si vuole rincorrere…?
Tra le molte cause, non possiamo non prendere in considerazione anche vita di relazione.
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“La relazione è il luogo di tutti i disturbi, perciò ogni cura avverrà solo attraverso una relazione ri-creativa, capace di trasformare i rifiuti in risorse, trovando significati nuovi”
Filippo Pergola
Qualche mese fa Arianna mi ha chiesto (e la ringrazio infinitamente sempre per l’opportunità) di scrivere un approfondimento sulle ripercussioni, ahimè inevitabili, dell’amenorrea sulla vita di coppia.
Quando però mi sono trovata a mettere insieme le idee per iniziare a scrivere ho immediatamente capito che questo approfondimento non avrebbe potuto prescindere da un doveroso ampliamento sul profondo legame che l’amenorrea porta con sé rispetto alla coppia e alla relazione con l’altro, dove con “coppia” e “altro” indico non solo un rapporto di coppia reale tra due persone.
Credo a questo punto di aver già creato un po’ di confusione e vi invito quindi a proseguire nella lettura sperando di rendere il più chiaro possibile tutto ciò che voglio condensare in non troppe righe.
Inizio con alcune premesse che è doveroso e imprescindibile che io espliciti immediatamente perchè le mie parole, se non ben delimitate, potrebbero determinare confusione e fraintendimenti su concetti che è fondamentale non ci siano.
Eccole:
- Come già ampiamente spiegato anche da Arianna, l’amenorrea è una condizione multifattoriale quindi qualsiasi mia affermazione relativa ad un possibile contributo all’amenorrea che alcune dinamiche vissute come relative alla coppia potrebbero dare non è mai assolutizzato e mai valido per ogni situazione e, ancora più importante
- non è MAI un’attribuzione di colpa!
- Essendo l’amenorrea il risultato di una miscellanea di elementi, i livelli su cui agire, o su cui non agire vista la stretta correlazione con il bisogno di controllo, sono diversi, nessuno da trascurare.
- L’amenorrea ipotalamica che ha origine da rigidità e controllo è diventata “materia”, e mi spiego: i comportamenti, portati all’estremo nel tempo, hanno fisicamente dato origine ad un blocco. E fisicamente bisogna agire valutando valori e parametri e supportando il corpo nel ristabilire un ritmo, alimentare e di attività fisica, sano. Ma il lavoro spesso non può fermarsi qui perché la domanda relativa a cosa abbia spinto a rifugiarsi in un mondo ipercontrollato deve trovare risposta affinché il nodo si sciolga realmente.
- Le riflessioni a seguire, come anticipato, non faranno sempre riferimento ad una coppia “reale”: l’amenorrea talvolta affonda una delle sue radici nella paura, che diventa blocco e impossibilità espressa nel corpo, di conciliare in modo armonico due proprie istanze psichiche profonde.
Specificato questo ritorno alla citazione che ho utilizzato per aprire queste mie righe e in particolare accendo il riflettore su ciò che, sostanzialmente, muove il mondo (interiore ed esteriore): la relazione.
E il ciclo mestruale per la donna è relazione: è relazione profonda con se stessa, con i suoi ritmi. E’ relazione con la natura, con i suoi cicli. E’ relazione con la possibilità di creare, con la propria potenza. E’ contemporaneamente qualcosa di profondamente intimo e qualcosa di profondamente connesso al mondo. Viene da sé che quando scompare si rompe un collegamento, un’armonia, con il proprio interno e/o il proprio esterno.
Ed è così che arriviamo a delineare la prima “coppia non reale” su cui accendo il riflettore, la coppia archetipale femminile e maschile.
Il ciclo mestruale rende visibile e concreto l’aver lasciato il periodo dell’infanzia per entrare in quello dell’adultità: si lascia la bambina che si era e ci si proietta in avanti attraverso un vero e proprio rito di passaggio quale è la comparsa del ciclo. Nella nostra attuale società questo passaggio è ormai stato spogliato di quella potenza misteriosa che nelle società più antiche era centrale, anzi, le mestruazioni diventano ben presto un impiccio che rende nervose e che fa venire voglia di mangiare schifezze! Ci siamo progressivamente scollate da quel ritmo (spesso messo a tacere attraverso l’utilizzo di pillole), non lo vogliamo… abbiamo bisogno di poter correre ugualmente durante tutto il mese e per riuscirci diventa a volte necessario mettere a tacere qualsiasi “rumore”.
E pensare che la natura, proprio durante il ciclo, ci rende più capaci di sintonizzarci con il nostro intuito, la nostra sensibilità, il nostro profondo!
Ma non è che, allora, alcune delle possibili trappole che arrivano a far scomparire il ciclo hanno a che fare con questo? Con il timore di questo?
Non è che alcuni tra i problemi che poi conducono all’amenorrea (stress, eccessivo esercizio fisico o restrizione alimentare) sono legati proprio alla difficoltà di affrontare qualcosa nel proprio profondo? Una difficoltà che si mette a tacere, si “controlla”, ricorrendo a strategie rigorose solo apparentemente, ma che continua in realtà a scorrere nel sottosuolo e ad agire nel corpo?
Potrebbe essere forse questo il primo rapporto di coppia in difficoltà quando si manifesta l’amenorrea? La coppia formata dalla parte di sé lanciata a mille in un mondo che ci vuole veloci, brillanti, attive 18 ore su 24 (almeno!), un po’ aggressive e determinate, meno sensibili, delicate e “lente” (archetipo maschile), e la parte che ancora attinge all’archetipo del femminile e che ci rende ritmiche, cicliche, lente, accoglienti, morbide, sensibili.
Oppure potrebbe trattarsi della “strana” coppia bambina da una parte e adulta dall’altra? Potrebbe fare paura quel diventare adulta che porta con sé l’aspettativa di formare un coppia stabile e di avere dei figli? E attenzione non faccio qui riferimento solo alle adolescenti ma anche, ad esempio, alle donne già adulte che non si sentono di suggellare il loro esserlo con una maternità per la quale si sentono magari pressate da un contesto familiare o sociale che se lo aspetta ma rispetto alla quale si sentono spaventate o di non averne desiderio. Il corpo, a quel punto, può proteggere impedendo ciò di cui si ha paura o si rifiuta.
Ho voluto, prima di arrivare alla coppia per come la intendiamo in senso stretto, scrivere queste righe facendo riferimento a queste altre coppie, quelle determinate da istanze psichiche della donna, perché credo sia importante mettere a fuoco le tante sfumature di un problema che è così difficile da inquadrare e che agisce nella donna a profondità a volte inimmaginabili e sottovalutate. E per di più in ogni donna differentemente, anche quando grossolanamente la problematica può essere assimilabile: ogni percorso di cura dovrà essere personalizzato nella maniera più assoluta.
Detto questo eccoci a qualche cenno alla coppia reale, quella che agisce nel mondo esterno le sue dinamiche uniche e specifiche, quella composta da due persone distinte e portatrici ognuna della sua storia. Anche in questo caso proverò a mettere a fuoco due quadri diversi seppur sempre difficilmente nettamente inquadrabili.
Quando la coppia affronta l’amenorrea
Chi affronta questa situazione lo sa bene: l’amenorrea cambia la relazione a due. È un fatto fisico (livelli bassi di ormoni diminuiscono naturalmente il desiderio e rendono più difficile e meno piacevole la sessualità) ed emotivo (spesso la donna non si sente più bene nella sua pelle, si sente meno donna, meno femminile, “mancante”).
Se questo è il terreno comune ai diversi casi di amenorrea dobbiamo però tenere conto del fatto che ogni storia è un mondo a sé e come la coppia farà fronte alla difficoltà sarà il risultato di tanti fattori diversi: stato di salute della relazione e caratteristiche individuali dei due partner in primis.
Provando a riassumere alcuni suggerimenti è consigliato:
- Cercare di tenere vivo il dialogo evitando di chiudersi in un silenzio che non permette condivisione e scambio emotivo;
- Cercare di non entrare in una “logica” di senso di colpa: questo risulta fondamentale sia che si tratti della donna a sentirsi in colpa nei confronti del compagno (soprattutto se l’amenorrea blocca un desiderio condiviso di genitorialità), sia che si tratti dell’uomo a provare risentimento verso la compagna.
Se la coppia sente di entrare in questo tipo di meccanismo è bene che cerchi il confronto reciproco, che ognuno cerchi di avvicinarsi alla propria rabbia comprendendola, accogliendola per poi trovare un modo costruttivo per scioglierla. Se non ci si sente nella possibilità di farlo da soli perchè il contenuto emotivo in gioco è tanto e “caldo” si può chiedere l’aiuto di un professionista che supporti, favorisca il dialogo, aiuti a rinforzare e valorizzare la strada già percorsa insieme con le rispettive risorse e a continuare ad investire in una progettualità prossima;
Un consiglio per compagni e mariti: se la vostra compagna o moglie esprime il disagio di “non sentirsi donna” provate a non opporre a questo suo sentire una “rapida” rassicurazione, ai suoi occhi potrebbe sembrare superficiale e detta tanto per consolare. Il rischio è quello di non risultare empatici. Sedetevi piuttosto vicino a lei e ascoltatela, entrate con lei nel suo sentire. Poi certo, fatele anche percepire che per voi è comunque donna ma non prima di aver dato dignità alla sua emozione. Se poi vi rendeste conto che questa sensazione diventa pervasiva e la paralizza aiutatela a prendere coscienza del fatto che forse ha la necessità di farsi aiutare e sostenere da un professionista, in un percorso individuale o di coppia se lo desiderate entrambi.
Quando l’amenorrea “è sostenuta” dalla relazione di coppia
Sempre tenendo a mente, come scritto sopra, che queste parole non sono un’attribuzione di colpa, non sono poche le situazioni in cui la donna, per tenere insieme una coppia che presenta qualche venatura di fragilità, “sceglie” (virgolette d’obbligo, si tratta di meccanismi psichici complessi e inconsci) di sacrificare una parte di sé. Si adatta a non manifestare desideri, bisogni, a mettere da parte opinioni, sensazioni. Arriva a non sentire quasi più la sua insoddisfazione e a metterla a tacere, le volte in cui emerge, perché percepita come fattore di rischio per la coppia. Questo si ripete oggi, domani, la settimana successiva e diventa il “normale” ritmo di cammino. Sedimenta e diventa blocco che si esprime attraverso un’energia che non può più fluire. E’ un meccanismo di difesa che è psichico ma che si imprime nel corpo. E’ un meccanismo di difesa che protegge da una “minaccia” percepita. Attenzione, questo non vuol affatto dire che il compagno sia una persona pericolosa o aggressiva o violenta! La psiche, e poi il corpo, agiscono anche sulla base di paure, rabbie e timori percepiti che hanno a che fare con la storia della persona e con le modalità di reazione che ha appreso nel suo percorso. E’ per mettere a tacere quelle paure che la donna può “scegliere” di abbandonare lungo la strada la parte di sé che le percepisce e che non sa come gestire. Il lavoro con queste donne è allora un lavoro a ritroso, un lavoro di recupero di quel bagaglio emotivo lasciato indietro, abbandonato. È finalizzato a riallacciare la propria storia con quella parte di sé intimorita o arrabbiata che ha bisogno di trovare il suo spazio.
Questo non vuol dire che la coppia reale dovrà necessariamente scoppiare, ma dovrà probabilmente evolvere e trovare un nuovo assestamento se fondata su un sentimento vivo e sentito.
È una trasformazione.
Perché evidenzio la parola “trasformazione” ? Perché ritorno così, sul finire di questo mio articolo, al nucleo più profondo del ciclo mestruale: il movimento, il cambiamento, il ritmo.
Il fluire.
Le donne sono piene di “tasche” dove nascondono anche a loro stesse percezioni e sesti sensi che bussano a cuore e mente ma che sono potenzialmente “pericolosi” da ascoltare. Li bloccano lì e nel frattempo portano avanti la loro vita stringendo i denti (spesso senza averne coscienza) e sorridendo. Non è questa una dolorosissima e spietata separazione interna?
Portare la mano alla tasca, tirarli fuori e guardarli, ricreare movimento, rinnovare e rinnovarsi potranno essere, unitamente a tutti i supporti necessari al corpo fisico, le chiavi che potranno riaprire le porte al processo creativo per eccellenza, quello femminile.
“Le donne sanno nascondere un cadavere e affettare i peperoni: hanno un posto per tutto”
Pedro Almodovar.
One Comment
Articolo interessante, ben scritto, illuminante. Complimenti e grazie di cuore.