Parliamo di… grassi alimentari!
L’Italia, lo sappiamo, è il paese delle eccellenze gastronomiche: dal vino al pesce, dalla pasta fresca ai salumi, dai formaggi all’olio extravergine. Qualsiasi sia il campo alimentare indagato, è difficile non trovare un’eccellenza tipica del Belpaese; eppure una pecca c’è: quella del burro.
Burro?! Penserete voi, magari un po’ allibiti. Non si dice forse di condire esclusivamente con olio extravergine, e magari solo a crudo, di evitare perfino la margarina, e questa ci viene a parlare del burro di qualità? Ebbene, sì. Est modus in rebus, dicevano i latini: c’è una giusta misura per tutto, anche per il consumo di burro.
Le ricette tradizionali italiane prevedono uno scarso uso di questo grasso alimentare: difficilissimo trovarne nella cucina del Sud, il burro è un po’ più presente nella tradizione gastronomicha della montagna …e nei dolci!
Mentre la cucina casalinga quotidiana esige il burro quasi esclusivamente per la riuscita di una buona torta, l’industria dolciaria predilige l’uso di grassi vegetali; avevo approfondito l’argomento in questo vecchio articolo. Riassumendo per sommi capi: usare oli vegetali (idrogenati o meno) anziché burro è meno costoso, ma spesso più dannoso (ricordo che l’olio di cocco ha il doppio dei grassi saturi del burro, eppure è vegetale, e viene ampiamente usato per la preparazione di biscotti, dolci e… creme spalmabili al cioccolato).
Lasciamo però perdere le industrie e parliamo invece del classico panetto di burro che nel frigo non manca mai, anche se lo si usa poco. Come per tutto ciò che si mangia, anche il burro può avere caratteristiche organolettiche più o meno buone; odore, sapore, consistenza e colore del burro variano a seconda della qualità delle materie prime utilizzate, ma anche in base alla tecnologia di produzione. Chi di voi non ha provato dell’ottimo burro di montagna? Quello giallo, cremoso e denso, che cambia sapore a seconda del periodo dell’anno e di cosa mangiano le mucche. Beh, tutt’altra cosa rispetto alle confezioni che si trovano nel banco frigo… Significa che il burro industriale usa pessime materie prime, che rendono il burro talvolta persino acidulo? Non esattamente… Il burro prodotto in Italia, in genere, è confezionato a partire da latte di prima qualità: è la tecnologia produttiva ad essere sbagliata. Vediamo perché.

Il burro italiano è per la maggior parte un prodotto collaterale dell’industria casearia, e questo a causa del metodo con cui vengono prodotti due formaggi d’eccellenza della penisola: il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. La lavorazione di questi formaggi parte da latte parzialmente scremato, che si ottiene dividendo il grasso del latte (la crema di latte) attraverso l’affioramento: il latte viene lasciato per 12 ore in celle di acciaio inox a una temperatura ottimale; ciò causa appunto l’affioramento del grasso: mentre il siero viene usato per produrre il formaggio, il grasso viene utilizzato per ottenere il burro.
Visti i rigidi protocolli di produzione di Grana e Parmigiano, il latte da cui si parte non può che essere di ottima qualità. Tuttavia la tecnica dell’affioramento richiede una temperatura eccessiva, che rende la crema di latte acida, e ne aumenta la carica microbica. A questo sommiamo il fatto che prima di essere lavorato come burro vero e proprio, il cosiddetto zangolato di burro grezzo viene conservato per tempi e a temperature non idonee a farne un prodotto di prima qualità.
Esiste un’altra tecnica di separazione del grasso dal siero del latte, ed è la centrifugazione: ampiamente diffusa nei paesi del nord Europa, da noi è pressoché inutilizzata appunto perché la quasi totalità del nostro burro è conseguenza diretta della produzione dei formaggi DOP. Il burro ottenuto per centrifugazione è migliore: è meno acido e quindi ha un gusto più gradevole; ha una carica microbica inferiore; ha una consistenza più omogenea (se lo tagliate a coltello non otterrete quelle frastagliature tipiche del burro da affioramento, più ricco d’acqua); ha un flavour (odore e sapore insieme) più marcato. Ultimo ma non meno importante, oltre a contenere maggiori quantità di vitamine liposolubili (A, D, E, K) il burro di centrifuga ha anche un profilo lipidico migliore: contiene infatti meno grassi saturi di quello da affioramento.

Ma allora, se il burro è di centrifuga può essere usato tranquillamente nell’alimentazione quotidiana?, vi starete chiedendo. La risposta è no: al contrario dell’olio extravergine, il burro non ha proprietà anti-aterosclerotiche, anti-cancro e genericamente protettive per il nostro organismo. Senza contare che, pur essendo più buono e gustoso del burro comune, anche il burro di centrifuga ha un contenuto non indifferente di grassi saturi, rischiosi per il cuore e la circolazione.
Il burro è un alimento valido e adattissimo per gli atleti: contiene grassi saturi a corta catena che, oltre a fornire ottimo carburante per lo sport, sono facilmente digeribili e quindi non appesantiscono la performance. Piuttosto che la sopracitata crema spalmabile alle nocciole, una colazione che preveda pane, burro e marmellata è un buon modo per fare scorta di energie prima di un impegno sportivo. Soprattutto in inverno e se l’allenamento è all’aria aperta: il nostro corpo in questa stagione ha bisogno di più grassi per mantenere la temperatura interna costante ed evitare di dissipare calore.
Oltre che per gli atleti, il burro è un buon alimento anche per i bambini e gli inappetenti: dopo un’influenza debilitante, si deve aumentare quanto si mangia per riprendere a pieno le forze e non rischiare ricadute.
Per il resto di noi vale la regola della moderazione e del buonsenso: meglio evitare l’eccesso di burro appena prima del periodo natalizio, visti gli stravizi cui cederemo con anche troppa nonchalance dal 24 all’Epifania! Al contrario, se la nostra alimentazione è mediamente irreprensibile, se non contempla dolci e dolcetti industriali, se è povera di formaggi grassi e di salumi, non è di certo il pezzetto di burro che ogni tanto si usa in cucina a compromettere la nostra salute. Ricordate però che il burro teme le alte temperature: si forma una sostanza detta acreolina (presente anche nell’olio fritto o rancido) che è tossica per il fegato; meglio quindi farlo sciogliere dolcemente, e mantenere la fiamma bassa per evitare che frigga.La prima volta che andate al supermercato e vi serve il burro, magari per la preparazione di una torta, cercatene uno che sia di centrifuga: vi assicuro che vi renderete conto della differenza, non solo al gusto, ma anche alla vista e al momento stesso in cui lo taglierete.

Se volete approfonire ulteriormente l’argomento vi lascio due link: questo e questo.