Nel precedente articolo vi ho presentato i fondamentali dell’autosvezzamento. Oggi approfondiamo l’argomento.
Cosa e come proporre al bambino?
Ecco il grande quesito: cosa propongo al mio bimbo, e come?
Quello che è fondamentale, ancora prima di *che cosa* viene offerto, è la *consistenza* del cibo: deve essere qualcosa di sufficientemente morbido da poter essere masticato anche senza denti (o solo con i due incisivi che magari nel frattempo sono spuntati), e il bimbo deve essere in grado di gestirlo con le sue stesse manine. Man mano che le competenze della masticazione progrediscono, il vostro bambino potrà mangiare una sempre più ampia gamma di alimenti.
Cibi adatti per le prime settimane:
– Consistenze morbido-cremose, come banana, avocado, yogurt, zucca cotta, patata bollita schiacciata (o batata), riso molto cotto, polenta, tuorlo d’uovo morbido o frittata morbida.
– Alimenti che stiano in un pugno; ricordate che fino ai 10-12 mesi il bimbo non avrà la presa a pinza pollice-indice: serra la manina a pugno. Dovete quindi proporre cibi con una lunghezza che esca di qualche centimetro dal pugno, altrimenti il piccolo non riuscirà ad assaggiare quello che sta afferrando. Cibi adatti sono: verdure tagliate a bastoncino e cotte al vapore (zucchine, carote, asparagi…), verdure che si possono maneggiare con una mano (broccoli o cavoli), frutta tagliata a bastoncino (mele, pere, mango…), coscia di pollo (il bimbo afferrerà l’osso, ma attenzione agli ossicini piccoli! Ricordate comunque che succhierà le fibre più che mangiare la carne).
– Alimenti che il bambino riesca ad afferrare con due mani, come ad esempio crocchette o burger (di lenticchie, carne macinata o pesce, aggiungendo patata lessa e/o uovo, polpette di verdura…).
Cibi inadatti:
– Alimenti che possono ingolfare la gola, come ad esempio il pane con la mollica o alcuni tipi di gnocchi.
– Alimenti a rischio di strozzamento perché scivolano velocemente sul palato, come i piselli, il mais, gli acini di uva, i chicchi del melograno.
– Ovviamente, alimenti troppo caldi o troppo freddi. Io li servo a Mattia a temperatura ambiente o leggermente tiepidi.
– Alimenti che contengano sale e zucchero: nei primi mesi evitate di aggiungere sale e zucchero alle preparazioni che riservate al bambino, perché questi due sapori gli farebbero perdere il meccanismo innato di autoregolazione. Vale a dire: un bambino che assaggia il dolce o il salato si dimostrerà estremamente interessato a quello che gli offrite, non per concreta fame, quanto perché inavidito dal sapore buono. D’altronde, voi mangiate patatine fritte e biscotti per fame o per gola? Il primo paio di mesi potete preparare la stessa pietanza per tutta la famiglia (crocchette, contorni di verdura, eccetera), ma aggiungendo sale solo nella vostra porzione. Non ci sono problemi invece per olio extravergine, erbe aromatiche e spezie come curcuma o zenzero. Pian piano che il bimbo imparerà per davvero a mangiare potrete proporgli alimenti conditi con sale, continuando a tenere evitati quelli conservati sotto sale o eccessivamente salati (fritto, alimenti in salamoia, affettati…); attenzione anche ai formaggi: sia quelli freschi che, a maggior ragione, quelli stagionati contengono sale: sono indicati in piccolissime dosi.
Per quanto riguarda lo zucchero, per più tempo tenete lontano il bambino dai dolci, meglio è, e ricordate di non usare il miele almeno fino all’anno di età.
Gli alimenti possono essere proposti singolarmente (cavolfiore, yogurt, patata…) o a mo’ di ricetta, sempre cercando consistenze che il bambino sappia gestire. Ad esempio polpette e crocchette/burger di ogni tipo: con legumi o pesce o carne, con o senza uovo, con o senza patata, con o senza ricotta, con o senza cereali lessi.
E’ indicato anche proporre al bimbo alimenti in forma di crema (vellutate dense, pesto, salse con yogurt), che possa raccogliere con l’aiuto di un pezzo di polenta raffreddata o di pane: questo potrete farlo quando capirete che il bimbo è pronto (non è certo il caso di pretendere che già a 6-7 mesi sia in grado di fare la scarpetta!).
Cercate di proporre solo uno o due alimenti per ogni pasto, per non confondere troppo il bambino e non distogliere la sua attenzione: deve imparare a riconoscere diversi tipi di cibo e diversi gusti, ma a piccole dosi e non tutto nell’arco di una settimana!
Il modo in cui proponete il cibo nell’autosvezzamento è molto importante: il bambino deve essere in grado di afferrarlo con le sue mani e portarselo alla bocca. L’ideale è mettere il bambino nel seggiolone e mettergli di fronte, direttamente sulla tavola o sul ripiano del seggiolone, alcuni pezzi di quello che vorreste assaggiasse: qualche cimetta di broccolo, un paio di fette di avocado, una carota cotta fatta a listarelle… Nei primi tempi fategli vedere che ne prendete un pezzo e ve lo portate alla bocca: se non vi imita, prendetene un pezzo e aspettate che lui allunghi la mano per afferrarlo, poi lo porterà alla bocca in modo istintivo.
A onor del vero, io ho scelto di adottare *anche* una forma collaterale dell’autosvezzamento: in parte gli propongo cibo da afferrare con le mani, in parte gli do in mano un cucchiaino di legno che pian piano vado a riempire. In sostanza, non lo imbocco direttamente, ma per alcune consistenze preferisco che impari fin da subito a usare il cucchiaino: per le creme (vellutate o creme di verdura dense), per lo yogurt, per i primi assaggi di carne trita o pesce (merluzzo o branzino ben deliscato), per la polenta, per il risotto… Uso un cucchiaino in legno abbastanza profondo, e sto attenta a proporre consistenze dense (se fossero liquide, appena gira il cucchiaino dal lato sbagliato cade tutto a terra). Perché ho scelto *anche* questa modalità? Per pigrizia mia: perché dopo le prime prove di autosvezzamento con cibo morbido (zucca, yogurt, sedano rapa) finito in ogni dove mi sono detta che bisognava trovare un compromesso tra la sua autonomia e la mia sanità mentale. Anche con il cucchiaino il piccolo tigrotto è in grado di fare un bel caos, ma un po’ meno di prima.
Dunque, potete abituare il bambino al cucchiaino fin da subito, se tenete in considerazione che il piccolo non conosce la distinzione concavo/convesso e può infilarselo in bocca al contrario, perdendo il contenuto. Eviterei le forchettine che, se finiscono negli occhi, causano un bel danno e da evitare, nei primi tempi, le stoviglie: il bimbo le butterebbe a terra con tutto il contenuto, aspettate qualche mese (non che poi non le scaglierà a terra, ma con meno automatismo). Quando scegliete le stoviglie, preferite quelle non troppo colorate e decorate: per il bimbo sia il cibo contenuto che il disegno sono allo stesso livello in quanto a capacità di attirare l’attenzione, e potrebbe essere più interessato dal disegno che dal cibo.
Esistono stoviglie per neonati che si appiccicano al tavolo, cosicché non vengano buttate per terra: comode, ma personalmente non mi convince il materiale (silicone, che a mio parere altera il sapore del cibo). Esistono anche stoviglie “a compartimenti”, in cui poter mettere separatamente una quota di proteine, una quota di carboidrati e la verdura: sono adatte a bambini di almeno un anno, quindi già svezzati; da dietista, mi convincono poco: per i primi 5 anni di vita i fabbisogni dei bambini sono una vera e propria altalena. Ci sono fasi in cui preferiscono i carboidrati, fasi in cui prediligono le proteine (soprattutto quando crescono in statura): una volta che lo svezzamento è ben avviato, a mio parere è più produttivo far scegliere al bambino quello che vuole mangiare tra quello che c’è in tavola e che, ovviamente, mangerete anche voi. Chiaramente, la proposta in tavola deve essere salutare e varia: per la vostra e per la sua salute.
Sbagliatissimo proporre al bambino sempre le stesse cose “perché almeno questo lo mangia”: più variate, e più vi mostrate mangiare quanto preparato, più lui sarà educato al buon cibo e alla buona tavola.
L’autosvezzamento è una cosa sporca
Mettetevi l’anima in pace (lo dico anche a me stessa): l’autosvezzamento sporca un sacco. I bambini sputano anche le pappe e gli omogeneizzati, ma vuoi per la consistenza, vuoi perché imboccati, imparano a deglutire molto più rapidamente, e sporcano solo nella misura in cui gli offrite cibo (vale a dire: sputano il numero di cucchiaini che gli offrite, quindi mettendo un freno all’offerta, gestite meglio il caos).
Con l’autosvezzamento è diverso: soprattutto nelle prime settimane saranno di più le volte che il bimbo si sporcherà viso/capelli/mani/vestiti sbagliando mira che non quelle in cui il cibo effettivamente finirà nella sua bocca. Inoltre, mettendo il cibo sul piano del seggiolone o direttamente sul tavolo, le sue splendide manine cominceranno a schiacciarlo e colpirlo, mandandolo in ogni dove. Si divertirà a buttarlo per terra, anzi, questo sarà proprio una cosa spassosissima per lui.
Ripeto: mettetevi l’anima in pace.
Inutile dirgli “no, non si fa” con tono arrabbiato, perché lui non ha la minima idea di cosa voglia dire “non si fa”, e soprattutto non sa effettivamente cosa farsene di quelle cose che gli proponete. La cosa più saggia è mantenere la calma e con dolcezza continuare a dirgli “no amore, non si butta per terra perché è una cosa che si porta alla bocca, il pavimento non mangia la tua pappa”. Quantomeno, inizia a capire i “no” e soprattutto voi gli avete dato una motivazione coerente del “perché no”.
Attrezzatevi per facilitarvi con le pulizie. Vi dico come mi sono attrezzata io:
– Tovaglia cerata sul tavolo, facilissima da pulire con una spugna
– Fogli di giornale intorno al seggiolone, si buttano via ad ogni pasto e minimizzano lo sporco sul pavimento (inizialmente avevo messo una cerata anche per terra, ma la dovevo comunque pulire… mentre i giornali si buttano)
– Bavaglini con le maniche da mettere a Mattia (li ho acquistati su Amazon, valutate se prenderli in stoffa o in cerata anch’essi)
– Lavello o lavandino in bagno sempre pronto per trasportare il pupo al termine del pasto, così da pulirlo velocemente
– Aspirabriciole per raccogliere il grosso dello sporco senza scomodare l’aspirapolvere, e vaporella per il pavimento quasi tutte le sere (più comoda del mocio, in questo caso)
Tornando indietro, avrei comprato anche l’imbottitura del seggiolone (il Tripp Trapp della Stokke) in cerata; l’ho in tessuto, e devo lavarlo spesso.
…e se soffoca?
La più grande paura di un genitore, che spinge in molti a evitare di proporre cibo solido, è che il bambino soffochi.
Per prima cosa, è importante conoscere la differenza tra i conati di vomito (gagging) e il soffocamento (chocking). Avere i conati è perfettamente normale per un bambino di pochi mesi, ed è esattamente in questo modo che imparano a gestire il cibo solido: qui potete vedere un bimbo che ha i conati, ma che non è in pericolo.
Il pericolo di soffocamento si ha quando si propone al bambino cibo che oltrepassa la masticazione, e che scivola facilmente in gola: ad esempio piselli o mais o semini di melograno, che difatti sono alimenti sconsigliati per bambini così piccoli.
Con le dovute accortezze circa le proposte di cibo adeguate alla sua età, potete avere massima fiducia in vostro figlio. E, per uno scrupolo in più, seguire un corso di disostruzione delle vie aeree negli infanti, spesso organizzati da ostetriche, ospedali ed esperte di maternage.
Vantaggi dell’autosvezzamento
Alla fine di questo consistenze articolo il succo del discorso è: con l’autosvezzamento avrete un gran caos in casa, il bambino sarà sporco, non capirà cosa è il cibo, continuerà a volere latte, potrebbe mangiare oppure no, e dovrete comunque pensare a cibo adatto a lui (ribadisco, non potete dargli esattamente quello che preparate per voi).
Quindi, in sostanza, perché scegliere l’autosvezzamento? I vantaggi sono molti, sia sul piano organizzativo (gestione dei pasti in famiglia) che sul piano psicologico-comportamentale (del bambino):
– L’autosvezzamento permette di ridurre lo stress da preparazione di omogeneizzati. Certo, dovrete comunque trovare alimenti adatti al bambino, ma senza l’ansia di dover cucinare per lui e per voi: fate una preparazione unica, salando solo la vostra porzione (almeno nei primi tempi, poi potete offrire anche a lui alimenti salati). Io offro a Mattia solo cose che anche noi mangiamo: possono bastare un paio di pezzetti di cavolfiore, un po’ del mio yogurt a merenda (a cui spesso aggiungo crema di mandorle), un pezzo della banana del mio ragazzo a colazione, crocchette di lenticchie o macinato di carne per tutti, purè di patate, pesce morbido come il merluzzo…
– Il bambino impara cosa sia il cibo fin da subito: odore, colore, gusto, consistenza… Negli omogeneizzati è tutto uguale e i sapori non sono chiaramente distinguibili: dovrà fare un passaggio in più quando si approccerà al cibo solido dopo le pappe, quindi con l’autosvezzamento si salta una tappa che sostanzialmente è superflua.
– Il bambino scopre il cibo, nel senso che gli si dà la possibilità di approcciarsi al cibo e di “incontrarlo”. Non è solo qualcosa che gli si mette in bocca, ha un sapore gradevole e riempie il pancino: mangiare diventa un momento di scoperta del mondo.
– Il bambino prosegue l’autoregolazione alimentare che, se allattato a rischiesta (seno o biberon), ha esercitato fin dalla nascita: sotto la vostra guida (a voi spetta il compito di mettere in tavola cibo sano e nutriente!) il bambino mangerà secondo le proprie necessità, a volte di più, a volte di meno, a volte chiedendo lo stesso un po’ di latte e a volte no. Con le pappe, invece, si rischia di perdere di vista l’ottica d’insieme, e di insistere che il bambino mangi la quantità da voi prestabilita, magari cercando di distrarlo pur di vederlo aprire bocca (“vola vola l’aereplano!”).
– Il bambino si sente fin da subito parte della famiglia anche durante i pasti: mangia quello che mangiate voi, non ha un menu a parte.
– Il bambino guadagna fiducia in sé stesso: lo scoprirete man mano che cresce, ma i bambini adorano riuscire a fare da soli i compiti più semplici (come anche vestirsi, ad esempio). Si sentono “grandi”, si sentono, in un certo senso, al vostro pari.
– Il bambino si fida del cibo, e non è cosa da poco. Moltissimi bambini imboccati con le pappe tendono, una volta che viene introdotto il cibo solido, a passare la fase “picky fussy”, ossia a guardare con sospetto quello che non conoscono e fare i capricci perché non vogliono mangiare. Hanno paura del cibo, si sentono protetti solo con quello che hanno imparato a riconoscere durante la fase dello svezzamento (ossia pappe e omogeneizzati), quindi faranno più fatica ad approcciarsi agli alimenti di consistenze diverse. Un bambino che, invece, abbia conosciuto sempre e solo il cibo nella sua conformazione naturale, non avrà motivo di temerlo.
– Il bambino ha minor tendenza a usare il cibo come veicolo di attenzioni. Su questo punto, tuttavia, gioca moltissimo il vostro atteggiamento, autosvezzamento o svezzamento tradizionale: genitori ansiosi, che fissano muti il bambino a tavola che mangia assicurandosi che si sazi, che continuano a dire “perché non mangi? Mangia un po’, che poi la mamma è felice, dai che te l’ho preparato con amore”, ammantano il cibo di un valore emotivo eccessivo. Più il bambino cresce, più capisce che quando mangia poco ha maggiori attenzioni da parte dei genitori: sarebbe sbagliato dire che “ricatta” i genitori mangiando poco, perché il mangiar poco diventa semplicemente un modo per dire “ehi, sono qui, guardami!”. I bambini imboccati, rispetto agli autosvezzati, capiscono di avere un modo in più per avere la totale attenzione di mamma e papà: “nutrimi, ho bisogno di te”. Chiaramente, in un modo o nell’altro, entrambi le scelte di svezzamento sono da calibrare bene in funzione del significato emotivo del cibo; tendenzialmente le famiglie che scelgono l’autosvezzamento hanno un approccio più morbido verso il cibo sotto diversi aspetti (rispettare i tempi del bambino nel terminare il pasto, non arrabbiarsi se si sporca ovunque, lasciargli scegliere quanto mangiare, non avere paura del soffocamento…), ma appunto: si tratta di un dato statistico più che di un delineamento causa-effetto.
Spero di avervi dato spunti di riflessione e consigli utili qualora decidiate di iniziare l’autosvezzamento con i vostri figli!
6 Comments
Grazie grazie grazie!! sei una grande 😉 aspetto sempre con ansia i tuoi articoli..grazie a te e al piano che mi hai preparato prima che restassi incinta, ho saputo regolarmi e mangiare il giusto e bene, mettendo su pochi kg. Chissà se ci riuscirò anche durante l’ allattamento? ti auguro buone feste, un bacetto al tuo splendido cucciolo e ti abbraccio forte.
Ottimo per il piccolo… e per la grande (4 anni)? Come regolarsi con il suo fabbisogno (più proteine e niente pasta a cena, proponendole invece vellutate, patate, cous cous etc.)? Come accordarsi con i pasti fatti a scuola, quando poi intervengono influenze esterne tipo le altre mamme che ricolmano i figli di lecca lecca e merendine all’uscita non dico da scuola ma dalla classe? Ho notato che coinvolgerla nella preparazione dei cibi muta di molto il suo atteggiamento: mangia con gusto e orgoglio ciò che ha preparato…
Tutto ciò semplicemente per dirti… a quando una rubrica sull’alimentazione per l’infanzia? 🙂
Non so se potremo tutte aspettare che cresca Mattia 🙂
Grazie ancora per questo e moltissimi altri articoli, sempre sensati, pacati e molto fondati e pertinenti…. molto saggi!
Ciao Arianna, sto per iniziare lo svezzamento della mia seconda figlia, con il primo ho seguito lo svezzamento tradizionale facendo un gran disastro, praticamente pappe fino a due anni, solo a scuola ha imparato a masticare e questo ha influito anche sulla parola arrivata molto tardi. Ora non vorrei commettere gli stessi errori, premetto che ho il terrore del soffocamento, però vorrei impegnarmi con l’autosvezzamento…
Potresti per favore suggerire un menù settimanale che potrebbe andare bene per tutta la famiglia? Purtroppo non ho tanta fantasia in cucina.
Grazie mille in anticipo
Buona sera Linda, mi spiace, ma stilare un menu settimanale richiede del tempo, oltre che avere idea di quelle che sono le abitudini sue e della famiglia. Se avesse bisogno dell’assistenza di un collega che si occupi di svezzamento, può scrivermi in privato e posso vedere se nella sua zona ci siano colleghi che trattino questi percorsi. Un saluto!
Gentilissima Arianna
quello che lei presenta non è “Autosvezzamento” o meglio “Alimentazione Complementare a Richiesta” (ACR), ma il Baby Led Weaning (BLW), procedura anglosassone ben posteriore alla ACR, decisamente penalizzante per la famiglia e gravata da problemi nutrizionali (vedi letteratura). Sarebbe quindi più corretto da parte sua dire che il BLW sporca, il BLW richiede specifici alimenti adatti per il bambino, il BLW impne un aspecifica organizzazione del pasto. L’ACR è del tutto estranea a tutto ciò, e inoltre non è una “tecnica” ma un percorso formativo.
Un cordiale saluto
Lucio Piermarini