Oggi parliamo di autosvezzamento, un articolo che molte di voi stanno aspettando da mesi e che avevo promesso di pubblicare solo quando sarei stata io stessa alle prese con il primo cibo di Mattia.
L’articolo è molto corposo, per questo l’ho suddiviso in due parti.

In Italia purtroppo regna una somma confusione su cosa sia l’autosvezzamento, forse (purtroppo) proprio a causa dei libri più noti che trattano l’argomento; sembra che per autosvezzamento si intenda semplicemente: “date massima libertà al bambino, fategli scegliere come/quando/cosa mangiare, e fategli pescare direttamente dal vostro piatto”. Magari si aggiungono giusto due indicazioni per suggerire di evitare di alcuni alimenti: niente miele per il primo anno, niente sale/zucchero/dolci/cioccolato per i primi mesi.
In realtà, l’autosvezzamento è tutt’altro paio di maniche.
Una lettura completa ed esaustiva la trovate in inglese, “Baby led weaning” – Gill Rapley & Tracey Murkett (grazie Brenda per il suggerimento). Altrimenti, scaricando il materiale scientifico che indico alla fine del prossimo articolo.

Cosa è l’autosvezzamento?

Per autosvezzamento si intende sostanzialmente dare la possibilità al bambino di sperimentare il cibo: toccarlo, annusarlo, portarlo alla bocca, masticarlo e… sputarlo, vomitarlo, buttarlo per terra.
L’età dello svezzamento si colloca intorno ai 6 mesi, quando il bambino è in piena fase orale: porta tutto alla bocca. Ma al contrario di quanto questo riflesso porterebbe a pensare, per lui l’atto del mangiare è tutt’altro che scontato: per almeno 6 mesi l’unico nutrimento che ha conosciuto è stato liquido, quindi non gli viene automatico inghiottire ciò che ha una consistenza diversa. Anzi: le consistenze non-liquide sono un pericolo per il soffocamento, quindi è normale che il bimbo sputi e vomiti quello che gli proponete.
Dovrà imparare a mangiare attraverso la ripetizione della masticazione e attraverso la proposta di diversi gusti; questi due fattori, insieme alle maggiori abilità coordinative (portare qualcosa alla bocca senza impiastricciare tutta la faccia) e alla dentizione (ergo, la capacità di triturare il cibo) permetteranno di arrivare al momento in cui il bambino mangerà esclusivamente cibo “vero”, senza più latte. L’allattamento può essere proseguito secondo il piacere di mamma e bambino, ma sarà una coccola più che un nutrimento vero e proprio, com’è invece stato nei mesi precedenti.
L’autosvezzamento puro non prevede che il bambino venga imboccato: dovrà essere lui a gestire il cibo con le mani; questo richiede la proposta di consistenze gestibili attraverso la manipolazione: una mela grattugiata, tipica dello svezzamento tradizionale, non è l’ideale nell’autosvezzamento; un broccolo cotto al vapore, invece, sì. A breve vedremo cosa sia possibile proporre al bimbo, e in che modo.

Che cosa *non è* l’autosvezzamento?

L’autosvezzamento NON è:
1) Far scegliere al bambino quello che vuole mangiare
2) Fargli rubare cibo dal piatto di mamma e papà
3) Sostituire fin da subito le poppate con il cibo

Autosvezzamento: una questione di famiglia

Senza sapere cosa sia il cibo, e senza conoscere una vasta gamma di sapori e consistenze, il bambino non può propriamente “volere” qualcosa da mangiare. Se iniziate a notare che allunga la mano verso quello che voi state mangiando non è perché lui voglia specificamente quel cibo, quanto perché è interessato a quello cui voi stessi dedicate attenzione: può essere un bicchiere di vino, una fetta di torta, un piatto di fusilli o una crema di verdure.

Ricordate in primo luogo che i bambini imitano: è quindi di importanza fondamentale che il bimbo mangi quello che voi stessi state mangiando in quel momento.

Ovviamente questo non vuol dire che il vostro pasto sarà composto esclusivamente da ciò che volete proporre a vostro figlio: magari a lui proponete della zucca, e voi la usate come contorno di un pasto più completo. 
Viceversa, ricordate che nei primi tempi dell’introduzione del cibo solido il bambino non mangerà tutto quello che mangiate voi: sarà in grado di gestire alcune consistenze e non altre, e sarà tassativo tenerlo lontano da alcuni ingredienti, almeno nei primi mesi (principalmente sale e zucchero).
Man mano che il bimbo prenderà maggiore consapevolezza di quello che è il cibo, sarà sempre più attratto da quello che voi avete nel piatto: per questo motivo è importante che l’alimentazione della famiglia sia basata su alimenti non processati, cucinati in casa con ingredienti di buona qualità.

Come funziona l’autosvezzamento

Regola fondamentale dell’autosvezzamento: avere (tanta) pazienza. 
Vi ripeto nuovamente: vostro figlio non ha idea di cosa significhi mangiare, quindi, semplicemente, passerà un bel po’ di tempo prima che impari a mangiare. Nelle prime settimane, se non nei primi mesi, porterà alla bocca quello che gli proponete per un mero riflesso neonatale tipico della sua età (6-7 mesi): lo masticherà un po’ e lo sputacchierà tanto. 
Non arrendetevi, e continuate a proporgli diversi alimenti giorno dopo giorno. Se riesce a star seduto bene nel seggiolone, mettetelo a tavola con voi già qualche settimana prima di iniziare lo svezzamento, e, se volete, dategli in mano un cucchiaino con cui giocare: gli verrà istintivo portarlo alla bocca, e immaginate la sua sorpresa quando al posto del cucchiaino (o dentro al cucchiaino!) gli darete qualcosa che ha un gusto!
Non proponete il cibo al bambino in una sdraietta: la posizione non è ergonomica per la deglutizione.

Quando proporre cibo?
Il momento della giornata in cui proponete cibo a vostro figlio è indifferente, purché permetta di avere un clima rilassato, e purché voi, al termine del pasto, abbiate tempo di dare una veloce pulita a tavolo e pavimento (ve ne accorgerete presto: l’autosvezzamento sporca, e parecchio!).
Per nostra comodità, noi abbiamo deciso di proporre cibo a Mattia principalmente a pranzo, quando io sono più tranquilla e quando Mattia non è nervoso: la sera dopo le 18-19 lui inizia ad essere stanco, non si interessa granché al cibo, si agita e crolla dal sonno entro le 21. Tra cucinare, mangiare, controllare lui, pulire cucina e soggiorno (…e pulire Mattia!) faremmo le cose troppo di fretta e freneticamente. Pur con l’aiuto (indispensabile) del mio compagno, ci viene più comodo approcciare il cibo a pranzo: Mattia è più predisposto, noi più rilassati. Per ora la sera gli proponiamo veramente poco (e non cose che sporchino mezzo soggiorno): dopo pochi minuti lui già perde interesse, sta mal volentieri sul seggiolone e preferisce essere preso in braccio o scendere sul tappetino a giocare (…o fare slalom tra le nostre gambe e le sedie del tavolo).

L’ideale sarebbe proporre il cibo al bambino quando mangiate anche voi, per educarlo alla condivisione del momento del pasto. Non è detto che questo suggerimento sia praticabile nei primi mesi dello svezzamento: dipende dalle vostre abitudini e dai vostri orari, e dalla tranquillità con cui voi stessi volete mangiare. Fate qualche prova e vedete su che routine si assesta la vostra famiglia; tenete comunque conto che per il bambino si tratta di assaggiare, non di mangiare: potete mettergli un piccolo pezzetto di cibo a ogni pasto, vedere quando lui è più interessato e aumentare le quantità in quel momento della giornata.

Cercate di non proporre cibo al bambino quando è stanco, quando è irritato o… quando ha fame! Esatto: non dimenticate *mai* che il bambino non sa che il cibo riempie il pancino, quindi se gli proponete cibo quando lui ha appetito rischia di trovarsi frustrato e piangente perché non capisce cosa debba fare e perché voi volete che giochi (, per lui è un gioco) quando fino al giorno prima rispondevate al suo bisogno con il latte. Mettetelo nel seggiolone quando l’avete allattato da poco (non troppo poco, sennò rigurgita!) e abbiate fiducia: arriverà anche il momento in cui mangerà *per davvero* con voi, senza la poppata/il biberon, ma ci vorrà un po’ di tempo.

Quando comincerà davvero a mangiare?

L’autosvezzamento può durare un paio di mesi o un anno: dipende dal bambino e dall’approccio al cibo. Ci sono bambini che si dimostrano fin da subito interessati al cibo, e tra i 6 e i 10 mesi arrivano a mangiare solo ed esclusivamente ai pasti (magari tenendo la poppata o il biberon della sera, come coccola e come momento per tranquillizzarsi). Per altri la fase dei semplici assaggi potrebbe protrarsi più a lungo. 
Non mettete in previsione un termine dell’autosvezzamento: non potete saperlo a priori.

Come devo bilanciare l’alimentazione di mio figlio?
Sostanzialmente, dimenticatevi (quasi) ogni informazione alimentare in vostro possesso: almeno fino ai 3-5 anni di età è impossibile andare a determinare fabbisogni quotidiani di carboidrati, grassi e proteine, e tantomeno individuare gli abbinamenti giusti ai pasti (“devo dare piatto unico con proteine presenti sia a pranzo che a cena? Quante verdure devo dare? I legumi quante volte a settimana?”).
Esistono delle Linee Guida dell’età evolutiva che individuano una media dei fabbisogni infantili, ma si tratta di indicazioni da prendere con le pinze e da interpretare in relazione ad un arco temporale di 3-6 settimane. Vale a dire: un bambino, soprattutto durante lo svezzamento, può mangiare per una settimana solo riso all’olio e quella successiva solo scaloppine e yogurt. Posto il mantenimento della sua capacità di autoregolarsi, il suo appetito virerà ora verso le proteine animali, ora verso i carboidrati, ora verso i vegetali: dipende dalla fase di crescita cognitiva e fisica nella quale si trova. Un bambino che gattona ha un fabbisogno diverso quando inizia a camminare; un bambino che sta imparando una nuova capacità cognitiva (sfogliare un libro, richiamare l’attenzione, parlare) ha un fabbisogno diverso rispetto ai giorni in cui queste capacità vengono consolidate.

Il vostro compito non è quello di diventare nutrizionisti per vostro figlio: non dovete pensare a come bilanciare il suo pasto. Dovete proporgli cibo semplice, non industrializzato e che non vada a rompere la sua capacità di autoregolazione (attenzione a sale, zucchero e additivi chimici!): ecco tutto. Proponete tutte le categorie alimentari (carne e pesce, uova, cereali, verdure e frutta, legumi), ruotando l’offerta nell’arco della settimana e cambiando la preparazione (broccolo al vapore e in crema; polpette di pesce e pesce al forno; zuppa di lenticchie e crocchette di lenticchie…).
Nei primi mesi per il bambino sarà tutto un gioco e una scoperta: a volte mangerà, a volte no; quando non mangia non è per disgusto verso un dato alimento, ma magari perché è stanco, o distratto, o svogliato: riproponetelo dopo qualche giorno. Mano mano che il piccolo cresce, soprattutto avvicinandosi all’anno di età, inizierà a farvi ben capire quello che preferisce mangiare: assecondate il suo desiderio, mantenendo sempre “pulita” la proposta e continuando a evitare gli zuccheri (anche quelli nascosti: succhi di frutta, yogurt alla frutta, biscottini…).

Ci sono solo quattro cose a cui dovete fare estrema attenzione:
1) I grassi e il colesterolo. I bambini hanno bisogno (sì, hanno bisogno) di grassi e di colesterolo: i primi come fonte energetica principale (che, per altro, li aiuterà a prevenire la sindrome metabolica, il diabete e il sovrappeso); il secondo perché fornisce materia prima per gli ormoni della crescita. Sono molto contraria alle diete vegane nei bambini non tanto per una questione proteica, quanto proprio per la mancanza di colesterolo: il nostro corpo è in grado di produrne, ma nei primi anni di vita è importante che provenga *anche* da fonti alimentari (poi, da adulti, ciascuno può fare la propria scelta). Non dovete proporre grandi quantità di grassi e di grassi animali (cui il colesterolo è associato), semplicemente non dovete farli mancare: niente prodotti light, mettete olio extravergine a ogni pasto e non attuate alcuna demonizzazione per i grassi animali da uova, burro, tagli non magri di carne, pesce (sempre se si parla di prodotti provenienti da allevamenti all’aperto, non intensivi: altrimenti, fate bene a evitarli).
2) Le verdure. Il latte di mamma dal 6°-7° mese in avanti è carente di ferro, ed è fondamentalmente questo il motivo per cui si comincia lo svezzamento a questa età: pian piano il latte diventerà più povero anche di proteine, grassi e altri minerali. La verdura non può essere l’unica proposta a vostro figlio, perché è priva di ferro (o meglio, lo contiene in una forma non biodisponibile), di proteine e di grassi; inoltre, ha una densità calorica bassa ed è ricca di fibra saziante: motivi per i quali è consigliata nelle diete di dimagrimento, non è certo da abusarne nell’alimentazione di un piccolo in costante crescita, che necessita di tante calorie!
3) La fibra. L’intestino di un bambino fino ai 3-4 anni è ancora estremamente immaturo, non in grado di metabolizzare correttamente la fibra: gli può causare aria nel pancino e fermentazione. Inoltre, la fibra sottrae all’assorbimento alcuni minerali (ferro, calcio e zinco), di cui un bimbo ha elevato fabbisogno. E’ per questo che è bene non proporre eccessive quantità di legumi, frutta, verdura e alimenti integrali.
4) Le proteine. Come vi ho spiegato nel precedente articolo, di fatto il fabbisogno proteico da alimenti dei bambini che ancora bevono latte (di mamma o biberon) è molto basso: è per questo che, almeno fino a quando non saranno completamente svezzati, potrebbero mangiare quantità molto piccole di carne, pesce e legumi. Semplicemente, raggiungono il completo fabbisogno con il latte.

Nel prossimo articolo vi parlerò del cibo che potete proporre al vostro piccolo in fase di autosvezzamento, il cibo da evitare, le precauzioni da prendere e dei vantaggi cognitivo-emotivi dell’autosvezzamento.