Oggi parliamo di un argomento molto estivo: la vitamina D.
Come molti di voi sapranno, la vitamina D viene prodotta dal nostro corpo attraverso l’esposizione solare, e serve per la formazione di uno scheletro sano e robusto.
Vero? 
Diciamo di sì, ma… incompleto.

Prima di tutto: la vitamina D non viene prodotta attraverso l’esposizione solare, ma viene attivata grazie ai raggi ultravioletti. 
Delle cinque forme esistenti, a livello biologico sono due quelle suscitano il nostro interesse: la vitamina D2 (di provenienza vegetale) e la vitamina D3 (sintetizzata dagli animali, uomo compreso). Entrambe le forme devono essere attivate a livello di fegato e reni per poter essere attive: pertanto, una cattiva funzionalità di questi organi può determinare sintomi riconducibili ad una carenza di vitamina D. 
L’uomo è in grado di produrre la vitamina D anche attraverso l’esposizione al sole: nella pelle abbiamo una riserva di una provitamina, chiamata deidrocolesterolo, che attraverso l’azione dei raggi UV (in particolare gli UVB) viene trasformata in un composto intermedio della vitamina D3, attivato in seguito a livello epatico e renale.

Avete letto il nome della provitamina contenuta nella pelle? Deidrocolesterolo… Si tratta di un derivato del colesterolo. Persone con insufficienti livelli di colesterolo potrebbero avere qualche problema con la vitamina D… Ed ecco che si potrebbe aprire un’altra (lunga) parentesi: siamo davvero sicuri che il colesterolo sia dannoso alla salute? La risposta è più complessa di quello che pensiate, perché non è né sì, né no, è: dipende. Ma ci tornerò con un articolo successivo. 
Per ora, limitiamoci a considerare la vitamina D.

Vitamina D, luce del sole e biodisponibilità

Citando i raggi UVB abbiamo già toccato un argomento sensibile: i raggi del sole sono importantissimi per la produzione di vitamina D, ma bisogna capire di quali raggi stiamo parlando! Gli UVB sono quelli responsabili dell’abbronzatura duratura (non quella che compare dopo qualche ora di spiaggia), non sono riconducibili ai processi di invecchiamento della pelle, e la loro quantità attiva dipende da stagione, altitudine, latitudine e ora del giorno. I raggi UVA, che poco incidono sulla vitamina D, sono invece costanti tutto l’anno, e sono quelli maggiormente dannosi per la pelle.
L’esposizione agli UVB è maggiore ad alte quote (in montagna più che al mare), e nei paesi tropicali. Diversi studi hanno dimostrato che solo i Paesi tra i 70 e i 90 gradi di latitudine possono godere dei raggi del sole utili alla produzione di vitamina D anche in inverno: gli altri Paesi del mondo cominciano ad avere una distanza dal Sole sufficiente a beneficiare degli UVB solo a partire da febbraio-marzo, fino ad agosto-settembre.
Sembra che sia questo il motivo per il quale, controintuitivamente, i popoli nel Nord, con la loro pelle chiara, assorbono maggiori quantità di vitamina D: avendo solo 3-4 mesi di UVB la Natura ha predisposto la loro pelle a fare grosse scorpacciate di vitamina D in questo breve arco di tempo. Quindi, se pensate che le persone con la pelle olivastra possono sintetizzare meglio la vitamina D e non corrono il rischio di andare in carenza, vi sbagliate molto.

L’esposizione al sole necessaria ad una corretta sintesi di vitamina D dipende da almeno quattro fattori: la vostra età, il vostro livello di grasso corporeo, l’uso di creme protettive e di indumenti, la presenza di patologie autoimmuni.

Età: con il passare degli anni diventiamo meno capaci di produrre vitamina D.

Grasso corporeo: persone sovrappeso o obese tendono ad accumulare vitamina D nel tessuto adiposo, avendone quantità minori ai fini metabolici.
Creme ed indumenti: l’uso di protezioni scherma i raggi UVB, riducendo la produzione di vitamina D. Cercate di esporvi al sole entro le 10-11 e dopo le 16-17, lasciando braccia e gambe scoperte, e usando fattori di protezione molto bassi (anche inferiori a 15): in questo modo trovate un compromesso tra la necessità di sole e i danni dei raggi UVA.
Malattie autoimmuni: lo vedremo in seguito, ma se -come me- soffrite di malattie autoimmuni, spesso non c’è sole che tenga… Lo scorso settembre la mia vitamina D era ad un livello di 20 ng/ml (insufficienza piena), nonostante per tutta l’estate fossi stata al sole in pantaloncini e t-shirt come minimo un’ora al giorno, tra corse, camminate con il cane, escursioni in montagna e nuoto in piscina (e sfoggiando pure una discreta abbronzatura, con la conferma che pelle scura e livelli di vitamina D non vanno proprio di pari passo!).

Sempre secondo gli studi, le popolazioni che vivono nel Nord estremo, come gli Inuit, per lunghi secoli non hanno corso rischio di carenze significative di vitamina D grazie alla loro alimentazione basata su pesci grassi e su mammiferi marini, di cui mangiavano anche gli organi interni (non storcete il naso: se foste nati in Alaska o Islanda o Canada, terre decisamente non vocate all’agricoltura, avreste avuto un appetito naturale verso tutto ciò che sareste riusciti a procacciarvi, senza osar buttar via nulla). 
La vitamina D, infatti, è una sostanza liposolubile (= che si trova accompagnata ai grassi) largamente presente in tutto ciò che è grasso animale, mentre ne abbiamo ben poche risorse a livello vegetale (anche volendo considerare fonti grasse come olio, olive e frutta secca).

Dove trovare la vitamina D nel cibo?

Olio di pesce, pesce grasso (aringa, salmone, acciughe…), fegato degli animali (la carne, anche se grassa, non contiene quantità rilevanti di vitamina D), burro, formaggi grassi, tuorlo delle uova. Sembrerebbe che anche le alghe e i funghi possano essere una discreta fonte di vitamina D.

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Il problema…

Il problema della vitamina D nel cibo è sempre il solito: se le fonti sono state inquinate, mangiandole andremo ad arricchirci di tossine, oltre che di vitamina D! Ricordo, infatti, che nel grasso animale (compresi i nostri depositi di soffice ciccetta!) si depositano le tossine; se usiamo burro e formaggio provenienti da mucche che non hanno mai visto un pascolo e che sono state allevate in modo intensivo, dobbiamo chiederci se il gioco valga la candela. Lo stesso dicasi per il pesce pescato in mari trafficati da grandi navi e petroliere, che rilasciano mercurio, cadmio e piombo.
Ancora una volta risulta imprescindibile sapersi rifornire di materie prime di ottima qualità: burro e formaggio di malga o da mucche allevate al pascolo, uova del contadino o biologiche, pesce grasso ma di provenienza più sicura (come scritto qui, evitiamo tonno e spada e optiamo per italianissime sarde, acciughe, sgombri… e non pensiate che tutto il salmone sia uguale, guardate qui la differenza tra quello di allevamento e quello selvaggio! Attenzione quando andate al sushi-bar…).

Vitamina D e rapporto con la salute
Dunque, abbiamo visto come poter sintetizzare la vitamina D dalla pelle, e come rifornircene attraverso il cibo, ma non abbiamo ancora toccato il punto più importante: perché è così importante per la salute?
Un tempo si pensava che la vitamina D avesse un ruolo esclusivamente circoscritto alla salute delle ossa, prevenendo il rachitismo, la demineralizzazione ossea e l’osteopenia. Negli ultimi 10-15 anni, invece, la comunità scientifica ha fatto scoperte sensazionali circa la vitamina D, facendola assurgere a vero e proprio ormone, tanto è significativa la sua importanza!
Vi cito i meccanismi in cui è coinvolta:
Insulino resistenza (e di conseguenza: diabete 1 e 2, PCOS, obesità, sindrome metabolica)
Fertilità

Probabile prevenzione del cancro
 e aiuto durante chemio e radio terapia
Prevenzione delle malattie cardiovascolari
Funzionalità della tiroide

Sistema immunitario e autoimmunità

Nel prossimo articolo vi presenterò alcuni dati in merito alla correlazione tra vitamina D e queste patologie.

Prima di salutarvi vi lascio uno schema con le indicazioni per interpretare il valore di vitamina D nel sangue, poiché vi è molta discrepanza tra i diversi laboratori di analisi. Inutile ricordarvi che è bene affidarvi ad un medico per provvedere all’integrazione (di cui parlerò prossimamente): alti dosaggi di vitamina D si rivelano essere tossici, ed in molte condizioni patologiche o borderline è importante controllare anche i valori di calcio e PTH prima di procedere ad integrare.

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Bibliografia
– Hagenau T, Vest R, Gissel TN, Poulsen CS, Erlandsen M, Mosekilde L, Vestergaard P – Global vitamin D levels in relation to age, gender, skin pigmentation and latitude: an ecologic meta-regression analysis – Osteoporos Int. 2009 Jan;20(1):133-40
– Edvardsen K, Brustad M, Engelsen O, Aksnes L – The solar UV radiation level needed for cutaneous production of vitamin D3 in the face. A study conducted among subjects living at a high latitude (68 degrees N) – Photochem Photobiol Sci. 2007 Jan;6(1):57-62.
– Webb AR – Who, what, where and when-influences on cutaneous vitamin D synthesis – Prog Biophys Mol Biol. 2006 Sep;92(1):17-25