In terza battuta dopo il primo e secondo articolo sulla soia, veniamo oggi nel vivo dell’argomento: i rischi per la salute legati ad un consumo quotidiano di soia e derivati.
La soia, come abbiamo visto nel primo articolo, contiene una cospicua dose di sostanze cosiddette antinutrienti, ossia interferenti con la corretta digestione o il corretto assorbimento dei nutrienti. Questi antinutrienti sono presenti anche in altri legumi (come avevo spiegato in questo articolo), ma nella soia la concentrazione è maggiore. A questo si somma il fatto che la produzione industriale di prodotti derivati dalla soia non si cura -come invece dovrebbe- di un corretto trattamento della soia stessa: i lunghi tempi di ammollo e di cottura, necessari per disattivare gli antinutrienti, vengono accorciati notevolmente in virtù della produttività.
Vediamo quali sono gli antinutrienti.
Gli inibitori della tripsina rendono più difficile la scissione delle proteine a livello gastrico, determinando una maggiore difficoltà digestiva. Si inattivano in due modi: la cottura permette un’inattivazione parziale, mentre una disattivazione completa è permetta dalla fermentazione (che, come abbiamo visto, è propria di miso, natto e tempeh, e può essere condotta anche con idrolisi enzimatica a livello industriale).
Un “antinutriente” particolare è rappresentato dalle proteine della soia. Come tutti voi saprete la soia e i suoi derivati sono stati ampiamente consigliati come alternativa alle “pericolose” proteine animali, ed effettivamente è vero che i semi di soia contengano ben il 40% di proteine vegetali (contro il 15-22% di altri legumi). Tuttavia queste non sono proteine ad elevato valore biologico, ossia non forniscono tutta la gamma di aminoacidi essenziali al nostro organismo. Se questo problema può essere ovviato accostando la soia ai cereali (dove sono carenti i cereali è ricca la soia, e viceversa), non si può purtroppo far nulla per disattivare gli inibitori della tripsina, che, come detto poco fa, compromettono la digeribilità -e dunque il successivo utilizzo- delle proteine.
In altre parole: a meno che non si tratti di prodotti fermentati in modo rigoroso e non industriale (miso, natto o tempeh autoprodotti o di buone marche, come -ripeto da precedente articolo- La finestra sul cielo), il nostro corpo non è in grado di usare al 100% le proteine della soia, in quanto una parte vengono perse a causa degli antinutrienti. Questo fattore è da tenere in considerazione per il calcolo del fabbisogno proteico in diete vegetariane che contemplino l’uso di soia.
Altri antinutrienti sono le lectine, le saponine, i fitati e gli ossalati: le prime due contribuiscono a innescare o a peggiorare un quadro di aumentata permeabilità intestinale (correlata a patologie autoimmuni); gli ultimi due legano a sé minerali preziosi e li rendono indisponibili all’assorbimento (in particolare zinco -indispensabile alla maturazione sessuale in età prepubere e al mantenimento della libido nell’adulto- ferro, calcio e magnesio).
Le lectine sono contenute anche in altri legumi, così come le saponine: mentre le saponine possono essere inattivate con ammollo e cottura (come spiegato qui), sulle lectine c’è poco da fare. Persone che soffrono di patologie autoimmuni dovrebbero consumare con molta attenzione e basse frequenza legumi e soia.
Un ultimo “antinutriente” particolare sono i galattani della soia, oligosaccaridi (carboidrati) indigeribili che causano problemi di flatulenza, meteroismo, distensione addominale e disturbi intestinali, specialmente in soggetti che già soffrono di colon irritabile o sono tendenti a somatizzare a livello di intestino. Maggiore è il quantitativo di acqua che il derivato da soia che stiamo consumando contiene, maggiore sarà la concentrazione di galattani: attenzione dunque a yogurt e latte di soia se soffrite di problematiche intestinali.
L’unico modo per allontanare quasi completamente i galattani è quello di sottoporre la soia a lungo ammollo con ricambio di acqua (almeno 24 ore), lunga cottura e fermentazione: i prodotti della soia fermentati (miso, natto, tempeh) non contengono che tracce di galattani. L’altro lato della medaglia ve l’ho descritto nell’articolo di settimana scorsa: le moderne tecniche industriali per la produzione di prodotti fermentati usano una fermentazione veloce, anche solo di poche ore, che non ha effetti sull’allontanamento dei galattani. Ecco perché è bene preferire prodotti fermentati autoprodotti (dopo aver imparato le tecniche da esperti di cucina macrobiotica) o di ottime marche.
Nel libro che vi ho consigliato nel primo articolo, The Whole Soy Story di K.T.Daniel, vi sono diversi capitoli dedicati a ciascun antinutriente che io vi ho velocemente presentato.
Un problema ulteriore, e molto dibattuto, riguardo alla soia è quello del suo contenuto di fitoestrogeni.
I fitoestrogeni sono delle molecole strutturalmente simili agli estrogeni, ormoni presenti sia nell’uomo (in misura minore) che nella donna (nella quale regolano il ciclo mestruale, insieme al progesterone). Esistono diversi tipi di fitoestrogeni: gli isoflavoni, i cumestani, i lignani. Nella soia troviamo principalmente isoflavoni in forma glicosilata, che dovranno poi essere convertiti in forme attive dal nostro corpo: alcune persone sono più responsive di altre alla produzione di isoflavoni attivi, e ciò dipende essenzialmente dal tipo di flora batterica intestinale della persona stessa. E’ stato ad esempio dimostrato che la flora della popolazione orientale sia più adatta alla deglicosilazione degli isoflavoni, mentra la flora degli occidentali è meno capace.
Come molti di voi sapranno, proprio gli isoflavoni sono stati correlati a una protezione da certi tipi di tumore, soprattutto nella donna: si tratta di falsità? No: il consumo di soia di fatto è protettivo verso certi forme cancerose, e in periodo menopausale aiuta a contrastare spiacevoli sintomi come vampate, pelle secca, irritabilità e scarsa lucidità mentale.
Bisogna però considerare che qualsiasi sostanza presente in natura ha effetti tanto positivi quanto negativi a seconda del dosaggio, del periodo di esposizione e dei condizionamenti soggettivi che variano da persona a persona.
La dottoressa Marion Gluck -esperta di endocrinologia femminile e di cure allopatiche- nel suo libro Questione di ormoni in merito alla terapia ormonale sostitutiva della menopausa sottolinea l’importanza di compensare un aumentato apporto di estrogeni (sintetici o naturali, come appunto quelli della soia) con un pari aumento di progesterone, per evitare effetti collaterali nocivi. Il nostro corpo è un’armonia: estrogeni e progesterone lavorano in sinergia, gli uni modulando gli effetti degli altri e viceversa; non possiamo pensare che un aumento nel valore assoluto di estrogeni sia perseguibile sul lungo termine senza una compensazione di progesterone. Pensate allo Yin e allo Yang: una perfetta armonia di positivo e negativo, bianco e nero, stimolazione e freno.
Nella donna in età fertile l’uso protratto di soia interferisce con il ciclo mestruale in vario modo: se da un lato può renderlo meno doloroso e meno abbondante, dall’altro può causare ritardi nel ciclo, cicli senza ovulazione, può rendere difficoltoso il concepimento ed interferisce negativamente su patologie quali endometriosi (correlata a iperplasia endometriale) e policistosi ovarica (agisce come disregolatore endocrino). In particolare, una donna che abbia bassi livelli di progesterone dovrebbe fare attenzione a non consumare soia in eccesso: i fitoestrogeni di questo alimento amplificherebbero gli effetti collaterali della carenza progestinica, determinando anche ipofertilità. Il consumo eccessivo di soia è infatti correlato ad una diminuzione sia dell’ormone luteinizzante LH (<33%) sia dell’ormone follicolo-stimolante FHS (<53%), entrambi essenziali per l’ovulazione e dunque per il concepimento.
Per quanto riguarda la presupposta protezione offerta dalla soia nei confronti del cancro al seno, i dati sono contrastanti. Attualmente le ricerche del dott. Berrino, oncologo che lavora a stretto contatto con donne affette da tumore mammario, sembrano dimostrare che il consumo di soia all’interno di una dieta simil-macrobiotica sia in grado di diminuire il rischio di recidive di questa terribile patologia.
Nel maschio la soia contribuisce a diminuire i livelli di testosterone e la libido, favorendo la conversione del testosterone ad estrogeni. Questa reazione, chiamata aromatizzazione, è alla base di un aumento della percentuale di grasso a discapito della massa magra. Un alto livello di estrogeni nell’uomo è correlato anche a ginecomastia, diradamento dei capelli, diminuita conta spermatica, sistema immunitario più fragile.
Sconsiglio il consumo quotidiano di soia nei bambini: vista l’immaturità e la fragilità del loro apparato sessuale, in età prepubere gli isoflavoni interferirebbero con lo sviluppo sessuale sia dei maschi che delle femmine, esponendo i primi ad un ritardo della comparsa dei caratteri sessuali secondari, e le seconde ad uno squilibrio nella secrezione di ormoni sessuali (risultante in un menarca precoce).
Oltre a interferire con la sfera sessuale e riproduttiva, la soia ha un effetto avverso anche verso la tiroide, organo per eccellenza deputato al corretto funzionamento del metabolismo. La soia contiene infatti sostanze gozzigene che interferiscono con la sintesi di ormoni tiroirei: per questo motivo va sconsigliata a chi soffre di disturbi e sindromi che colpiscono quest’organo.
Le modalità con cui la soia interferisce con la funzionalità tiroidea sono due: da un lato gli isoflavoni sono potenti inibitori di un enzima che determina la sintesi degli ormoni tiroidei T3 e T4 (in particolare quando vi sia presenza concomitante di iodio, il cui fabbisogno risulta aumentato nei vegetariani che facciano uso di soia proprio per questo motivo). Sull’altro versante, gli isoflavoni causano anche un’aumentata concentrazione della globulina che trasporta ed inattiva gli ormoni tiroidei, causando un aumento a valle del TSH.
La quantità di isoflavoni necessari a causare la disregolazione tiroidea non è elevata: uno studio ha stimato che 33 mg al giorno siano sufficienti a determinare in soli 30 giorni la comparsa dei sintomi simil-ipotiroidei (stanchezza, intorpidimento, sonnolenza, scarsa lucidità mentale). Tale quantitativo è contenuto in circa 30 g di soia al giorno.
Tanto per darvi un’idea più precisa vi lascio una tabella con il contenuto di isoflavoni in prodotti della soia (da: The Whole Soy Story, a sua volta cita come fonte le tabelle americane di composizione degli alimenti).
Al termine di questa lunga serie di articoli sulla soia spero di aver risposto ai tanti di voi che mi hanno chiesto perché non ne consigli il consumo, quantomeno in modo quotidiano, e comunque privilegiando prodotti della soia fermentata o autoproduzione di derivati dalla soia.
Per i vegetariani esistono altre fonti proteiche a cui attingere, come i legumi, le uova e i formaggi (purché consapevoli e non industriali), senza contare le proteine vegetali di certi cereali (ad esempio grano saraceno e segale) e della frutta secca (in particolare anacardi e pinoli).
Gli intolleranti al lattosio ai quali è stato consigliato di sostituire con derivati dalla soia (latte, yogurt, burro) possono leggere questo articolo.
Bibliografia
“The whole soy story”, Kaayla T.Daniel
“Questione di ormoni”, Marion Gluck
Liener I.E. – Implications of antinutritional component in soy foods – Crit Rev Food Sci Nutr., 1994;34(1):31-67
Anderson R.L., Wolf W.J. – Compositional changes in trypsin inhibitors, phytic acid, saponins and isoflavones related to soybean processing – J Nutr., 1995, 125:581S-588S
Liener I.E. – Possible adverse effects of soybean anticarcinogens – J Nutr., 1995 Mar;125:744S-750S
Cederroth C.R., Auger J., Zimmermann C., Eustache F., Nef S. – Soy, phyto-oestrogens and male reproductive function: a review – Int J Androl., 2010 Apr;33(2):304-16
Setchell K.D., Zimmer-Nechemias L., Cai J., Heubi J.E. – Exposure of infants to phyto-oestrogens from soy-based infant formula – Lancet, 1997 Jul 5;350(9070):23-7
Doerge D.R., Chang H.C. – Inactivation of thyroid peroxidase by soy isoflavones, in vitro and in vivo – J Chromatogr B Analyt Technol Biomed Life Sci., 2002 Sep 25;777(1-2):269-79
Adgent M.A., Daniels J.L., Rogan W.J., Adair L., Edwards L.J., Westreich D., Maisonet M., Marcus M. – Early-life soy exposure and age at menarche – Paediatr Perinat Epidemiol., 2012 Mar;26(2):163-75
Bar-El D.S., Reifen R. – Soy as an endocrine disruptor: cause for caution? – J Pediatr Endocrinol Metab., 2010 Sep;23(9):855-61
Habito R.C., Montalto J., Leslie E., Ball M.J. – Effects of replacing meat with soyabean in the diet on sex hormone concentrations in healthy adult males – Br J Nutr., 2000 Oct;84(4):557-63
38 Comments
Beh, evidentemente non vale proprio la pena di consumare soia!
Mi spiace per il latte di soia perchè lo alternavo al latte di avena e al latte vaccino a colazione (ora ho solo due opzioni anzichè tre). Per tutti gli altri derivati non so, non li ho mai provati e sicuramente non inizierò proprio adesso!
Grazie Arianna anche per questo articolo, ora ne so veramente di più e starò alla larga da questo legume con molti più difetti che pregi.
Ha indubbiamente anche pregi: per l’opinione che me ne sono fatta io non al punto tale dal farlo diventare un “super-food” da consigliare a chiunque senza i dovuti accorgimenti 🙂
Brava come sempre!!!
Mercì! 🙂
grazie Arianna! 😉
🙂
Il discorso fatto sugli isoflavoni della soia vale anche per gli altri legumi, e per tutti quegli alimenti che contengono fitoestrogeni? O si tratta di una questione di quantità eccessive presenti nella soia? Cioè, in generale è utile introdurre fitoestrogeni nella dieta, basta non eccedere? Mangiare legumi 3/4 volte alla settimana è positivo?
La soia contiene molti più fitoestrogeni di qualsiasi altro legume; se non ci sono problematiche specifiche (es. problemi intestinali, stanchezza cronica, pressione bassa e sintomatica) non ci sono ragioni per sconsigliare il consumo di altri legumi anche 3-4 volte a settimana. Stessa cosa dicasi per i fitoestrogeni in generale: da altre fonti li escluderei sono se esistessero problemi di sorta. Altri “alimenti” estremamente ricchi di fitoestrogeni sono poco usati (almeno in larga quantità) o utilizzati come specifici integratori: salvia, igname, erba medica, semi di lino, ad esempio.
Per fortuna, non posso più vivere senza legumi!
In questi casi (problemi intestinali, stanchezza cronica e pressione bassa )tu sconsiglieresti il consumo di legumi? Come mai?
Un dubbio: ma quindi la soia verde (adzuki verdi), in realtà non è soia?
La soia verde e quella gialla *è* soia 🙂
Anche se molto interessante l’articolo mi ha creato non poca confusione su altri alimenti che consumo abitualmente……intanto consumo legumi spesso essendo quasi vegetariana (ogni tanto mangio ancora pollo e pesce), inoltre integro la mia colazione tutte le mattine con un “trito” di semi cosi’ composto: un cucchiaino di semi di LINO, uno di semi di Sesamo e uno di semi di girasole!. Altra cosa che mi sfugge: cosa ne pensi degli studi del dottor Berrino (per me un guru dell’alimentazione)?
L’alimentazione andrebbe personalizzata sulla base delle tue esigenze: senza conoscerti non so dirti ogni quanto e in che quantità inserire legumi o altri alimenti. Se sei confusa, forse ti converrebbe prendere un appuntamento con un dietista della tua zona che ti possa indirizzare verso le scelte migliori sulla base delle tue esigenze e fabbisogni.
Per quanto riguarda la domanda che mi hai fatto sul dottor Berrino: pur avendo una stima profonda nei suoi confronti e per il suo percorso lavorativo, personalmente ho un’opinione differente riguardo alcune suoi dogmi, non da ultimo la demonizzazione che fa della carne. Ne avevo in parte parlato qui.
Molto interessante, non sapevo queste cose sulla soia. A quanto pare dovrò ridurre il consumo dato che ero abituata a bere latte di soia ogni mattina a colazione e soffro di sindrome dell’ovaio Policistico. Per me è un bel problema vista la forte intolleranza al lattosio e la difficoltà nel digerire le uova.
Secondo te potrei mangiare un paio di volte a settimana albumi a colazione?
Latte e latticini sono assolutamento sconsigliati per ovaio policistico… Potresti usare pancake fatti con un uovo e una banana schiacciata + 80 ml di latte di riso o di mandorla 🙂
Soffro di policistosi ovarica ed iperplasia endometriale e leggero irsutismo, grazie alla soia sto trovando sollievo da tutto ciò grazie ai miei specialisti dunque ritengo poco veritiero questo vostro post. Donne la soia male proprio non fa, anzi il popolo orientale ne sa qualcosa!
Gentile Denise, spero che lei si renda conto che l’iperplasia endometriale sia una malattia determinata da uno scompenso ormonale tale per cui gli isoflavoni possono essere di beneficio, così come lo possono essere nel periodo perimenopausale o post tumore al seno.
La invito a leggere il libro indicato nell’articolo per avere un’idea dei concreti livelli quali-quantitativi di assunzione di soia presso la popolazione orientale e a scaricare questa brillante review che ci spiega perché le cinesi/giapponesi riescono ad avere beneficio dalla soia, mentre noi occidentali no.
Ciao Arianna, da circa un anno ho eliminato quasi del tutto le proteine animali sostituendole con quelle vegetali e uso molta soia. Contemporaneamente sono comparsi problemi di polimenorrea causati da basso progesterone. Potrebbe aver influito a questo punto il cambio di alimentazione?
Sì, molto probabile; ti consiglierei di farti seguire da un nutrizionista esperto di problematiche femminili 🙂
Ciao Arianna,
ma in caso di amenorrea post pillola con ovaio policistico e bassi livelli di estrogeni, si potrebbe assumere la soia?
Io lo sconsiglio…
Cè qualche studio in proposito che posso consultare?
Sì, puoi acquistare il libro che ho più volte citato: lì c’è la bibliografia completa.
ah perfetto grazie =)
Ciao, ho trovato il tuo blog per caso e o sto leggendo con molto interesse, ho anch’io la Hashimoto e sto iniziando ora un percorso alimentare. Ma la mia domanda ora riguarda questo articolo. Non voglio sembrare polemica, ma è francamente un dubbio che mi è venuto tempo fa, ma che non riesco a trovare risposta: la soia provoca tutti questi, problemi, ok, ma i popoli asiatici che praticamente vivono di soia, spaghetti, salsa, fagioli, zuppe, come il grano per noi… come fanno? Hanno sviluppato una resistenza, un adattamento? grazie.
Ciao Tina, avevo parlato di questa obiezione in uno degli articoli precedenti. I punti da tenere in considerazione sono due:
1. I popoli asiatici hanno una flora batterica intestinale differente, che permette di metabolizzare efficacemente i fitoestrogeni della soia, in particolare la daidzeina. Allo stesso modo, non digeriscono prodotti caseari al nostro pari.
2. I popoli asiatici assumono esclusivamente soia fermentata, con fermentazione NON chimica: miso, natto, tofu fermentato, a volte baccelli freschi di soia (a basso contenuto di fitoestrogeni). Noi invece assumiamo perlopiù proteine isolate della soia (bistecche di soia, spezzatino di soia, proteine della soia usate pressoché ovunque), e anche quando mangiamo prodotti fermentati, sono stati fermentati tramite idrolisi enzimatica di 1-2 giorni.
Inoltre, dire che l’alimentazione dei popoli asiatici sia basata sulla soia è fuorviante e inesatto: a guardare i quantitativi di consumo (indicati nel libro citato nel mio articolo, basati su studi epidemiologici), le grammature sono ben al di sotto delle medie dei vegetariani occidentali.
Spero di aver risposto alle tue curiosità!
Grazie mille, era una domanda che mi ronzava per la testa da un bel po’ considerando che sono una patita della cucina giapponese e con questo problema alla tiroide dovevo rinunciare ad almeno 80% delle cose che mangio normalmente, come la salsa di soia, la zuppa di miso… lo devo fare giusto? Anche se fossero fermentati a dovere.
Sarebbe opportuno rivolgerti al tuo medico o nutrizionista, il mio (medico) mi ha tassativamente proibito ogni forma di soia per il mio Hashimoto, e approfondendo l’argomento ne ho capite le motivazioni 🙂
..io uso il tamari per insaporire le verdure cotte .. è meglio evitare anche quello ?
Dipende dal tuo stato di salute e dal tipo di tamari che usi: se è quello industriale, assolutamente no!
uso il tamari bio gluten free la finestra sul cielo
Buona marca, non dovrebbe dare problemi, a meno di patologie autoimmuni o infiammatorie croniche.
Ma per lo yogurt di soya vale la stessa cosa?? io ne mangio 500g al giorno …
Sì, come ho scritto in questo articolo e nei due precedenti latte/yogurt/bistecche di soia andrebbero evitati o mangiati con molta moderazione. Tre chili e mezzo di yogurt a settimana mi sembrano un’enormità per i fitoestrogeni.
Se io soffro di stitichezza, la soia è dannosa? Sicuramente ridurrò l’utilizzo dopo quello che ho letto però mi pongo questa domanda da un po’.
No, non dovrebbe incidere a livello intestinale.
Ciao arianna molto interessante l’ articolo ionsono vegano ormai da 6 anni e assumo soya da 6 anni senza alcun problema ( stanchezza, ecc..) ripeto uso solamente soya fermentata prevalentemente TEMPEH ! 80 g x 4 volte a settimana visto che mi alleno 4-5 vilte a settimana ( CALISTENICS) , e sporadicamente salsa di soya ( tutto bio natura si) ti volevo chiedere hai una tabella di fitoestrogeni nel tempeh? poi non ho capito idrolisi enzimztica?? Il tempeh quanto viene fermentato? Grazie