Punto quarto per prevenire il cancro: gli alimenti vegetali.

Il Word Cancer Research Fund è molto chiaro: raccomanda di mangiare prevalentemente alimenti di origine vegetale.
Nello specifico i consigli sono i seguenti:
– Mangiare almeno 400 g tra frutta e verdura al giorno (non amidacei);
– Mangiare cereali non processati e legumi;
Limitare gli alimenti a base di farina, soprattutto se si tratta di farina 0 o 00 (raffinata).

Affrontiamo punto per punto ciascuna di queste voci.

Frutta e verdura: le 5 porzioni al giorno
Il WCRF raccomanda di consumare i famosi “five-a-day”, ovvero cinque porzioni di frutta e verdura ogni giorno. Impossibile? Affatto!

Chiariamo il concetto di porzione: in tanti pensano che una porzione equivalga ad una misura di frequenza, per cui cinque porzioni significhi dover mangiare frutta e verdura cinque volte al giorno. In realtà il concetto non è questo: la porzione è un’unità volumetrica/quantitativa. Cinque porzioni corrispondono a 400 g tra frutta e verdura, e andando a vedere il peso medio dei vegetali raggiungere questa quota non è affatto difficile!
– Una mela e una pera pesano mediamente 200 g;
– Un kiwi pesa 100 g;
– Tre prugnette corrispondono a 100-120 g;
– Una carota e mezza zucchina sono altri 100 g;
– Una porzione di insalata con pomodorini, finocchio e ravanelli sono circa 150 g.
Dunque, fare uno spuntino a metà pomeriggio con una porzione di frutta e aggiungere ad ogni pasto un contorno di verdura (cotta o cruda) è l’ideale per la nostra salute, e non è nemmeno difficile da fare ogni giorno!

Il WCRF raccomanda di variare il colore dei vegetali che abbiamo nel piatto: ad ogni colore corrisponde una famiglia di antiossidanti con specifici effetti sul nostro organismo. Fare un mix di colori diversi aumenta in modo esponenziale la presenza di antiossidanti nel sangue, e quindi garantisce una protezione maggiore: ad esempio se mangiassimo solo insalata verde avremmo una protezione 100, un piatto di vellutata arancione (zucca e carote) sarebbero altri 100 punti. Se però in uno stesso pasto consumassimo sia l’insalata che la vellutata, la protezione sarebbe anche superiore alla somma delle precedenti: non 200, ma 250!
(I numeri che ho messo sono puramente casuali e non corrispondono ad alcuna misurazione: è solo per esprimere in termini numerici il concetto)

La frutta e la verdura andrebbero consumate solo fresche e di stagione: i pomodori mangiati a dicembre non hanno lo stesso effetto protettivo di quelli mangiati ad agosto. Senza contare che la verdura e la frutta coltivate fuori stagione devono ricevere qualche dopante (concimante chimico o antiparassitario) per poter crescere, visto che le condizioni ambientali sono totalmente sfavorevoli rispetto a quanto sarebbe naturale. E’ vero che le zucchine ci sono tutto l’anno, così come le mele, le carote, i fagiolini: questo non significa che siano buone (e sane) per tutti i 12 mesi del calendario.

Uno sbaglio che in molti fanno, e -purtroppo- chiama in causa anche chi gestisce mense aziendali o ristorazione scolastica, è quello di considerare i tuberi amidacei alla stregua della verdura: le patate non sono verdura perché, essendo molto ricche di amido, sono considerate facenti parte del gruppo dei cereali a carboidrati complessi a cui appartengono anche pasta e pane. Le patate hanno meno fibra, meno acqua e più carboidrati rispetto alla verdura, saziano meno e hanno uno scarso effetto protettivo per l’organismo.
Quindi, tutti quelli che mangiando patate al forno o patatine fritte sono convinti di completare il pasto con un sano contorno vegetale, si stanno sbagliando…

Cereali integrali e legumi
Come ho detto più volte, per cereali integrali non si intende né il pane integrale venduto in genere dai fornai, né tantomeno i cornflakes integrali per la colazione del mattino o i biscotti integrali.
Questi prodotti sono in gran parte vittime di un vizio della legislazione italiana, che permette di definire integrale un alimento che abbia una determinata percentuale di fibra: questa quota può essere raggiunta anche con l’aggiunta esterna di crusca (ossia fibra vegetale), un processo molto meno costoso e con margini di guadagno superiori rispetto all’utilizzo esclusivo di farine integrali. La fibra aggiunta all’alimento, e non intrinsecamente contenuta in esso, non ha alcun effetto salutistico, e anzi in molti casi crea gonfiore: non di rado mi capita di sentire che “il pane integrale non lo mangio perché mi fa lievitare”. Non è una scusa o una giustificazione, ma un dato di fatto: la crusca aggiunta distende la parete addominale, causando gonfiore.
L’ufficio marketing delle grandi aziende alimentari gioca sul fraintendimento che si può creare tra ricerca scientifica e denominazione commerciale: da una parte sempre più studi dimostrano che la fibra dei cereali in chicchi (i veri integrali) sia protettiva per diversi tipi di patologie, dall’altra è possibile per legge definire “cereali integrali” anche tutta una serie di prodotti che di certo non sono oggetto delle ricerche scientifiche sopra citate (cornflakes per la colazione, cereali soffiati, barrette di cereali, biscotti e merendine con crusca aggiunta). Non fatevi ingannare: questi alimenti non sono protettivi per alcuna malattia -men che meno quelle tumorali-, e anzi rientrano nella categoria degli alimenti processati di cui è bene limitare il consumo (ne avevo parlato qui).

I cereali integrali a cui fanno riferimento le raccomandazioni del WCRF sono quelli in chicchi (farro, orzo, avena, segale) e i cosiddetti pseudo-cereali (grano saraceno, miglio, amaranto, quinoa). Alcuni di questi sono molto usati nelle ricette popolari, in associazione a un’altra categoria di alimenti protettivi per l’insorgenza dei tumori: i legumi. Pensiamo ad esempio alle zuppe d’orzo e fagioli, oppure farro e lenticchie. Negli anni si è persa l’abitudine di consumare legumi: molti di noi mangiano lenticchie solo a Capodanno con lo zampone, o sbaglio? Bisognerebbe invece usarli maggiormente nei nostri menu, almeno un paio di volte a settimana.

I legumi andrebbero sempre consumati previo ammollo in acqua di 8-12 ore e lunga cottura; l’ammollo è importante per reindratare i legumi secchi, attivando in questo modo gli enzimi che permettono la massima biodisponibilità dei minerali. Ammollarli consente anche di ridurre gli effetti delle sostanze antinutrienti (fitati e ossalati) che rendono meno assorbibili alcuni microelementi come ferro, zinco e calcio. La lunga cottura, invece, serve ad ammorbidire la buccia, che altrimenti risulterebbe poco digeribile. Evitate l’uso di legumi in lattina, perché molto ricchi di sale (ne contengono l’1%, mentre non ce n’è traccia nei legumi secchi); se volete tenerne una confezione in dispensa meglio scegliere legumi biologici e sciacquarli bene dal liquido nel quale sono conservati.

Farina e farinacei
La farina comunemente in commercio è prodotta con meccanismi di macinazione che ne rendono non disponibili i nutrienti più importanti (minerali e vitamine): questo vale tanto per la farina integrale quanto per quella bianca; la farina raffinata (di grano 0 e 00), inoltre, è completamente privata di ogni residuo fibroso, e quindi di fatto non è costituita d’altro che da carboidrati di rapidissimo assorbimento, i peggiori da un punto di vista salutistico. Quando potete, scegliete farine macinate a pietra naturale e biologiche: preservano maggiormente i nutrienti.
Il problema delle farine, comunque, è il fatto che non sono un alimento da mangiare in sé e per sé, ma sono sempre e solo un ingrediente: le ritroviamo nei prodotti da forno come crackers, grissini, torte, merendine. Si tratta di alimenti che contengono anche molto sale, zucchero, magari latte in polvere o uova liofilizzate, agenti lievitanti chimici, grassi di dubbia provenienza. Dire “limitate il consumo di farina e farinacei” significa suggerire di limitare questi altri ingredienti che di certo non fanno bene al nostro corpo.

Alimenti vegetali e protezione tumorale
Di fatto, il WCRF non ha riscontrato evidenze di grado convincente (I grado) che correlino gli alimenti vegetali o loro componenti a una protezione tumorale. Sono però moltissime le evidenze di II grado, analizziamole insieme:
– Tutte le verdure, escluse quelle amidacee (patate, manioca, tapioca), e la frutta sono protettive per tumori del cavo orale e dello stomaco; la frutta anche per quello ai polmoni
– La famiglia delle Liliaceae commestibili (aglio, cipolla, porro, asparagi) proteggono dal cancro allo stomaco, e l’aglio in particolare anche da quello al colonretto
– Cibi vegetali contenenti folati proteggono il pancreas (arance, fagioli, vegetali a foglia verde come cavoli, broccoli, crescione, spinaci)
– Alimenti che contengono carotenoidi proteggono da tumori al cavo orale e ai polmoni (carote, zucca, arance, meloni, albicocche, pomodori)
– Alimenti che contengono licopene (pomodori) e selenio (cereali integrali) sono protettivi per la prostata
– Cibi vegetali ricchi di vitamina C proteggono dal tumore all’esofago (kiwi, agrumi, fragole, mele verdi)

Esistono poi evidenze di III grado per moltissime altri alimenti vegetali e tipi di tumore: non sono meno “vere” delle precedenti solo perché di un grado inferiore, ma semplicemente sono supportate da un numero più esiguo di ricerche. Senza elencare voce per voce, è possibile genericamente dire che frutta e verdura sono alimenti protettivi per i tumori che colpiscono l’orofaringe e l’apparato gastrointestinale.

Biodisponibilità delle sostanze antitumorali
Piuttosto che scendere nel dettaglio di come ciascun micronutriente vegetale agisca come antitumorale, ritengo sia più interessante vedere in che modo è possibile trarrne il massimo vantaggio per la salute. Purtroppo infatti la maggior parte dei metodi di cottura riduce il contenuto totale di nutrienti nei vegetali; parlando in linea generale, la frutta e la verdura consumate crude, con buccia e di stagione sono la scelta migliore per la nostra salute.
In alcuni casi invece la cottura aumenta la biodisponibilità delle sostanze anticancro:
– I carotenoidi, protettivi per cavo orale e polmoni, esplicano la loro maggiore efficacia quando consumati con un leggero condimento a crudo di olio extravergine d’oliva: essendo composti liposolubili, sono maggiormente assorbiti a livello intestinale se associati a una piccola percentuale di grasso.
– Il licopene dei pomodori si concentra maggiormente dopo la cottura: le conserve di pomodoro hanno anche 4 volte più licopene del prodotto fresco; come i carotenoidi, è maggiormente assorbito in associazione a olio extravergine crudo.
– L’aglio, noto antitumorale fin dall’antichità, esercita la sua azione anticancro solo dopo che ne è stato attivato l’enzima allinasi: è possibile farlo schiacciando gli spicchi (aglio in camicia) e lasciandoli riposare 15-20 minuti prima di usarli in cottura.

Fibra vegetale e cancro
La fibra degli alimenti vegetali si è dimostrata essere certamente protettiva per l’insorgenza di patologie cronico-degenerative come diabete, ictus, infarto e patologie cardio-vascolari. Le evidenze che la correlano anche ad una protezione tumorale sono meno consistenti, e sembrerebbero essere circoscritte solo al cancro al colon.
Tuttavia, la fibra solubile dei legumi (ceci, fagioli, lenticchie, fave, piselli) contribuisce a regolare la secrezione di insulina a livello pancreatico; la ricerca scientifica ha dimostrato che quando l’insulina non è nella norma rimane in circolo una grande quantità di ormoni estrogeni, correlati a un maggior rischio di tumore a ovaio, seno ed endometrio. Dunque mangiare legumi con regolarità contribuisce ad una protezione indiretta dal rischio di contrarre questo tipo di tumori.

La ricetta
Prima di concludere vi lascio un’altra ricetta di Anna (Natural Menu): questa volta si tratta di una calda zuppa autunnale, adatta ai primi freddi. Tra gli ingredienti abbiamo i porri, della stessa famiglia dell’aglio, la zucca ricca di carotenoidi, il farro (un vero cereale integrale) e olio extravergine d’oliva aggiunto a crudo per ottimizzare l’assorbimento dei nutrienti liposolubili. Anna consiglia di usare farro perlato che cuoce in circa 15 minuti e conferisce maggiore cremosità alla zuppa: se però avete tempo per una cottura più prolungata usate farro decorticato, maggiormente ricco di fibra solubile e nutrienti.

Ingredienti (per 4 persone)
2 porri; 300 grammi di zucca sbucciata; 20 grammi di funghi secchi ammollati; 250 g di farro; sale (preferibilmente marino integrale); olio extravergine di oliva

Preparazione
Tagliate a rondelle il porro e fatelo stufare con un filo d’olio e una presa di sale in una pentola con coperchio; aggiungete la zucca tagliata a cubetti ed i funghi secchi preventivamente ammollati in acqua tiepida e tritati. Aggiungete gradualmente brodo vegetale caldo, fino a quando non sarà tutto ben disfatto. A questo punto frullate con un mixer ad immersione, unite il farro ed altra acqua bollente proseguendo la cottura fino a quando il farro non sarà ben cotto. Potete lasciare la zuppa più asciutta o più brodosa, dipende dai vostri gusti; a cottura ultimata potete azionare a scatti il frullatore ad immersione per rendere questo minestrone più denso. Prima di servire date un giro di olio extravergine in ciascun piatto.

Sitografia
World Cancer Research Fund