Oggi parliamo di peso ideale.
Se dovessi attenermi alle tabelle dei manuali di nutrizione, alla domanda “come è possibile definire il peso ideale?” risponderei in modo molto semplice, ovvero parlandovi del BMI (o IMC).
Il BMI esprime l’indice di massa corporea e viene calcolato in questo modo:

Moltiplicate l’altezza al quadrato, e dividete il vostro peso per il valore ottenuto. Secondo convenzioni internazionali, una persona è definita normopeso quando il suo BMI è compreso tra i valori 20 e 25. Valori superiori indicano sovrappeso, valori inferiori indicano sottopeso.
Tutto qui?
Naturalmente no!


Il BMI ed altre misurazioni
Il BMI non dice assolutamente niente di voi, della vostra percentuale di grasso e di muscolo, e del vostro stato ormonale.Il BMI nasce come un indice di mortalità utile alle compagnie assicurative: diverse analisi avevano rilevato che la mortalità per qualsiasi accidente aumentava sotto valori di 20 e sopra valori di 25 di BMI, quindi se un cliente rientrava nel range di normalità aveva bassi costi da sostenere, se invece non era nella normalità aveva costi più onerosi.
Si possono fare diverse critiche al calcolo del BMI, prima tra tutte quella di non tenere in considerazione la ripartizione di muscolo e grasso all’interno del corpo. 
Se siete alti 1,70 m e pesate 80 kg risulterete avere un BMI di 27, quindi siete sovrappeso. 
Ma se andate in palestra 3-4 volte a settimana allenandovi con i pesi e ottenendo un fisico scolpito è chiaro che quegli 80 kg devono essere interpretati secondo altri parametri.
Per questo motivo in clinica e in dietetica vengono utilizzate altre misurazioni per definire quale sia un peso “ideale” per un paziente: la plicometria e la BIA, ad esempio, permettono di stimare quale sia la percentuale di grasso e di muscolo del soggetto.

Tuttavia, personalmente ritengo che tali misurazioni siano spesso poco utili per poter concretamente aiutare una persona a trovare il proprio stato di salute, per almeno due motivi:
– Una volta che abbiamo ottenuto i nostri perfetti calcoli matematici, questo ci permette di avere maggiore motivazione a intraprendere una dieta sana ed equilibrata? Risolverà la nostra conflittualità con il cibo? Il più delle volte no, anzi: non sarebbe raro cadere vittime dell’iperperfezionismo, volendo a tutti i costi ottenere un risultato matematico diverso rispetto alla condizione di partenza.
– Le misurazioni strumentali hanno poco senso se non vengono rapportate alla condizione ormonale della persona, soprattutto di una donna. Sappiamo che il grasso è un vero e proprio organo che produce ormoni, e che quindi il dimagrimento, inevitabilmente, creerà una perturbazione nell’omeostasi (equilibrio) della soggetto: per questo motivo il dimagrimento dev’essere ben calibrato di modo da non risultare pericoloso o addirittura controproducente. Se noi decidiamo di dimagrire solo per poter raggiungere determinati valori matematici nel calcolo della percentuale di grasso e muscolo, ci potremmo esporre a qualche rischio.

Queste considerazioni non tolgono alcuna validità agli esami strumentali sopra citati (BIA e plicometria). Semplicemente, spiegano perché nessuna misurazione vada avulsa dal contesto personale: se ad esempio avessi una paziente che sta tentando di uscire da un lungo periodo di bulimia o ortoressia, mi guarderei bene di parlarle di percentuali di grasso e muscolo, vincolandola ancora di più a calcoli matematici! Vorrei solo che ritrovasse armonia con il proprio corpo e nel rapporto con il cibo: il percorso alimentare sarebbe finalizzato a quello.
Altro esempio: se arrivasse da me una persona che soffre di stanchezza cronica, sonnolenza e letargia la mia priorità sarebbe quella di “pulire” la sua alimentazione, facendo in modo che attraverso il cibo ritrovi energie e voglia di fare.
Invece ben vengano la BIA e la plicometria per atleti professionisti e, in generale, sportivi che vogliano mirare ad un miglioramento della performance. Quando a fare la differenza nella vittoria sono anche pochi secondi di distacco con gli altri atleti, ecco che una valutazione attenta della ripartizione corporea tra acqua, grasso e muscolo diventa la vera arma vincente. Pensiamo ad esempio a chi corre (sia lunga distanza che sprint), a chi fa sci da fondo o ciclismo, o anche a chi orbita intorno al mondo delle palestre, dove qualche etto di ritenzione idrica può offuscare la tonicità di un muscolo sul quale si è lavorato duramente per mesi.

Determinare empiricamente il peso ideale

Al di là di calcoli matematici e di stima della massa magra e grassa, esistono diversi fattori di cui tenere conto quando si parla di “peso ideale”. In questo caso per ideale vado a intendere il peso corporeo nel quale si è in equilibrio: a livello salustico, ormonale e mentale.
E non solo.
Il peso corporeo ideale è anche quello che ci permette di vivere *normalmente*: senza preoccuparci troppo di quanti grammi di carboidrati/grassi/proteine siano opportuni per noi, permettendoci di assecondare la nostra fame naturale, ottimizzando le nostre prestazioni sportive, facendoci godere gli sgarri senza regalarci sempre un chilo di troppo (seguito da due giorni di restrizione).

A mio parere, e dalla mia pratica clinica, è possibile individuare alcune variabili di cui tenere conto, che influenzano il raggiungimento del peso ideale.
1. La salute.
2. L’equilibrio ormonale.
3. La storia ponderale.
4. Lo sport praticato.
5. La quotidianità.

La salute
Numerosi studi scientifici ci confermano che un peso eccessivo (non semplicemente i “tre o quattro chiletti di troppo”) è un significativo fattore di rischio per diabete, sindrome metabolica, ipertensione, problematiche cardiovascolari e alcuni tipi di tumore. 
Sul versante opposto, un peso troppo basso predispone ad osteopenia e osteoporosi, sindrome da fatica cronica e sarcopenia.
Quando pensiamo al peso ideale dobbiamo mettere al primo posto la salute: *prima* del fattore estetico c’è sempre la salute.

Prima di passare al punto successivo vorrei che focalizzaste la vostra attenzione su un dato di fatto: il dimagrimento è un fenomeno ossidativo e infiammatorio. 
Dimagrire comporta la mobilizzazione di tossine che sono accumulate nel grasso, e questo determina uno stato di allerta del nostro corpo. Per quanto un peso eccessivo sia rischioso per la salute, quando esso viene mantenuto molto a lungo nel tempo determina un riassestamento degli equilibri: il nostro organismo trova un “suo” equilibrio precario ad un peso nel quale si trova costretto a dover funzionare in modo discreto. E un po’ come quando una persona disordinata afferma di conoscere perfettamente l’ordine sotteso al suo caos: per quanto abbia una scrivania oberata di oggetti, troverà al primo colpo il foglio che stava cercando! Non si tratta sicuramente di una disposizione di oggetti funzionale, eppure è efficace (funzionalità ed efficacia non sono sinonimi).
Lo stesso accade nel nostro corpo quando abbiamo accumulato dei chili, che siano pochi o tanti: l’organismo comincia a lavorare in modo comunque efficace (cioè che gli permetta di adempiere alle sue attività vitali), pur se non funzionale (ossia, in modo più laborioso del normale).
Quando perdiamo peso questo strano equilibrio viene rotto, e ci vuole del tempo affinché il corpo ne trovi uno nuovo, con il suo “nuovo” peso (tra parentesi: per il corpo è meno dispendioso fare in modo di rimettere il peso perso e tornare al vecchio dis-funzionale equilibrio, piuttosto che cercare un equilibrio nuovo; per questo motivo dopo essere dimagriti è così facile ingrassare di nuovo). Nel frangente di tempo che passa tra il vecchio equilibrio rotto e quello nuovo da trovare, l’organismo è nel caos più totale: gli indici infiammatori aumentano, le tossine si riversano nel sangue, il metabolismo rallenta. Questi sono fattori di rischio per la salute: per assurdo, se il fine del dimagrimento è quello di stare meglio, bisogna attraversare un purgatorio nel quale gli indici infiammatori sono mossi. Chiaramente, più sono i chili da perdere, più è duraturo il periodo di caos e di anarchia.

Come ovviare il problema? Ricordandosi che è importante far sì che il dimagrimento sia ben calibrato: non è necessario che sia “lento” (esistono protocolli dietetici validi che fanno perdere molti chili in poco tempo), ma deve valutare opportunamente i rischi e i benefici della perdita di peso.
Per questo motivo è anche opportuno che il “peso ideale” sia tarato sul peso di partenza della persona: chi pesa 90 kg potrebbe tranquillamente arrivare a 60 kg, ma in più riprese e con opportuni periodi di stallo del peso che garantiscano una ripresa dell’omeostasi (ossia, dell’equilibrio). Quando questa persona arrivasse a 75 kg con una dieta adeguata e riuscisse a mantenere tale peso avrebbe una salute molto migliore che non una persona che arrivi a 75 kg partendo da 65… Il peso sarebbe lo stesso: per uno potrebbe essere un “peso ideale”, per un altro no.

L’equilibrio ormonale

Di questo ho parlato più volte, in particolar modo per la donna: vi va di leggere qui e qui? In una donna un minimo di grasso corporeo è indispensabile all’equilibrio ormonale.

Ricordate che il vostro peso ideale è quello in cui i vostri ormoni sono più efficienti. E’ il peso in cui il ciclo è regolare in modo naturale, e la fertilità non risulta compromessa.

Se pesate *troppo poco* (pur senza essere palesemente sottopeso) i vostri ormoni fanno i capricci.

La storia ponderale
Vale a dire: come si è comportato il vostro peso negli ultimi 5-10-20-30 anni? 
A volte mi capita di parlare con pazienti oltre i 40 anni che pesano 80 kg e vogliono mirare ai 58. Quando chiedo quale fosse il loro peso a 18-20 anni, mi rispondono: “già allora non ero magrissima, pesavo 63 kg”. 
Ha senso mirare ad un peso che non si era mai raggiunto (se non, magari, a suon di stenti) nemmeno ad un’età in cui il metabolismo è più alto in assoluto…?

Quando pensate al vostro peso ideale provate a fare mente locale: quanto pesavate prima di avere il primo ciclo? Quanto invece a 18 anni? E negli ultimi 5-10 anni avete avuto un incremento significativo o il peso è stato sostanzialmente stabile, con giusto 2-3 kg in più?

Chiedetevi inoltre quanto del peso accumulato sia imputabile a sedentarietà e un’alimentazione scorretta (fattori sui quali si può agire, migliorandoli) e quanto invece sia apparentemente senza spiegazione. Con il passare degli anni il peso aumenta in modo del tutto naturale: è normale che a 28-38 anni non si pesi più come a 20, dove per “normale” intendo un incremento spontaneo di circa 2-3 kg ogni decade. Se l’aumento è superiore, significa che c’è qualcosa da correggere.
Ricordate inoltre che il grasso più ostinato è quello che staziona sul nostro corpo da più tempo.
In definitiva: siate realistici con voi stessi. Non mirate a pesare meno delle vostre possibilità concrete.

Lo sport praticato
Numerosi studi hanno dimostrato che il dimagrimento (di qualsiasi entità) è efficace solo ed esclusivamente se alla dieta viene associata un’adeguata attività sportiva (sottolineo: adeguata!). Questo è tanto più vero quanto è maggiore il peso da perdere.
Le motivazioni sono almeno due:
– Il dimagrimento comporta (inevitabilmente) un rallentamento del metabolismo. Una persona molto sovrappeso ha già un metabolismo basso, che quindi verrebbe abbassato ulteriormente dal dimagrimento. Si arriva ad un punto in cui si può mangiare veramente poco senza ingrassare, con grande frustrazione, fame, irritabilità, e con compromissione di alcuni aspetti salutistici. Fare sport è l’unico modo per non azzerare il metabolismo durante percorsi di dimagrimento.
– Il dimagrimento comporta l’adesione ad una dieta ipocalorica: se vuoi dimagrire, devi mangiare meno di quello che bruci (poi si può discutere di come distribuire le calorie in modo efficace e di che ripartizione adottare tra carboidrati, proteine e grassi, ma il mero computo calorico deve essere in negativo). Le diete ipocaloriche sono spesso vissute come un sacrificio, una restrizione, una condanna: per quanto la dieta possa essere varia e gustosa, mancheranno sempre “le cose che gli altri possono mangiare e io no”. Come ho detto più volte sul sito, quando le concessioni sono saltuarie non determinano alcun problema sul dimagrimento. Tuttavia, quando ci si lasciano sfuggire troppi sgarri ecco che il dimagrimento viene bloccato. Lo sport aiuta sia permettendo di sgarrare con meno sensi di colpa, sia aumentando la produzione di endorfine ed altri ormoni che rafforzano i circuiti cerebrali del benessere, dell’autostima e della volontà.

Fare sport in modo efficace al dimagrimento non è né semplice né scontato. Ne avevamo parlato qui. Non sempre è possibile concludere un percorso di dimagrimento di qualsiasi entità tenendo un ritmo sportivo che sia davvero efficace: subentrano troppi fattori, tra cui la mancanza di tempo e di voglia, la difficoltà a trovare trainer competenti, lo scoraggiamento che si prova nelle fasi di stallo del peso (per quanto ci si applichi, ci saranno sempre).
Ecco dunque che lo sport risulta fondamentale a determinare il peso che possiamo raggiungere: pesiamo 80-100 kg e vogliamo arrivare a 60 in modo efficace, facendo poi in modo di mantenere il peso perso? E’ indispensabile abbinare dieta e sport.
Pesiamo 65 kg e vogliamo arrivare 56 senza patire la fame, senza diminuire il metabolismo, e senza predisporci a ingrassare solo guardando una fetta di torta? Come prima: è indispensabile abbinare dieta e sport.
Se per dimagrire usate solo la dieta, i chili che potete perdere non sono moltissimi. 
Se abbinate uno sport inadeguato (ad esempio mettersi a correre un’ora al giorno tutti i giorni), non avrete risultati soddisfacenti sul lungo termine.

La quotidianità

Il peso che vogliamo raggiungere spesso è utopistico, ossia non prende in considerazione la fattibilità del mantenere tale peso nel tempo. Voglio dire: una donna che pesa 65 kg può tranquillamente arrivare a 55 kg attraverso dieta e sport, ma riuscirà poi a mantenere quel peso? Magari ha due figli, una casa e una vita lavorativa impegnativa a cui dedicarsi: avrà *per sempre* voglia di andare in palestra 2-3 volte la settimana, camminare un’ora al giorno e abbinare in modo armonioso i pasti del “regime” con quelli della famiglia? Oppure la nostra ipotetica donna ha un sacco di amici, con cui era abituata fare aperitivi, brunch e cene insieme. In periodo di dieta ha detto no a tante occasioni, ma lo farà per sempre?

A volte risulta più efficace e meno opprimente puntare ad un “peso ideale” di qualche chiletto superiore rispetto ai nostri sogni più narcisistici, ma che non ci sia faticoso mantenere sul lungo termine.

In conclusione…

Dimagrire non è un’operazione semplice (o saremmo già tutti magri e tonici). Non basta “mangiare di meno e muoversi di più”. Dobbiamo fare i conti con tantissimi altri fattori che non dipendono semplicemente dalla nostra forza di volontà.

Prometto che l’anno prossimo pubblicherò degli articoli per aiutarvi a capire i fattori sottesi al dimagrimento, e quali possano essere le strategie alimentari vincenti.