Eccoci giunti all’articolo conclusivo sulla qualità del pesce fresco.
Grazie all’intervista con Fabio Rauzzino e Matteo Cacciolo dell’Orobica Pesca S.p.A., abbiamo cominciato a capire le differenze tra pesce pescato e pesce allevato, scoprendo che possono esistere allevamenti *consapevoli* (bisogna sempre chiedere che cosa hanno mangiato i pesci!) e che i metodi di cattura del pesce in mare aperto ne influenzano la qualità.
Non vi ho però detto che esistono dei metodi scientifici per decretare se un pesce sia effettivamente di qualità: non si tratta di un’indagine organolettica, bensì di parametri chimici che evidenziano la presenza di inquinanti o conservanti nel pesce fresco. L’Orobica Pesca collabora con un laboratorio accreditato dal Ministero della Salute che effettua analisi-campione per quanto riguarda SO2 (solfiti), inibenti, istamina e mercurio. Di fatto, potremmo dire che solo quest’ultimo è segno di un inquinamento del mare: fenomeni di bioaccumulo possono verificarsi qualora il pesce fosse cresciuto in un ambiente marino molto trafficato da navi. L’UE richiede rigidi controlli per quanto riguarda il mercurio, dal momento che rappresenta un concreto rischio per la nostra salute.
Per inibenti si intendono invece tutti i farmaci usati per curare il pesce di allevamento: quando gli allevamenti sono ad alta densità è facile che il pesce sviluppi patologie che lo renderebbero non commercializzabile; l’uso di farmaci permette di avere il massimo guadagno a costi minimi: l’allevatore può comunque vendere il suo pesce ai rivenditori (usare farmaci entro determinati limiti è perfettamente legale), e oltretutto quei lotti -essendo di bassa qualità- costeranno anche meno al consumatore finale, che magari pensa di aver fatto un affare comprando branzino a pochi euro/kg, ma che in realtà sta facendo del bene solo al portafogli, non certo alla salute. Pensateci quando vedete pesce pregiato a prezzo stracciato. L’Orobica Pesca, come avevo già accennato nell’articolo precedente, commercializza pesce fresco prevalentemente pescato (senza farmaci), e la sua offerta di pesce allevato è comunque proveniente da allevamenti perlopiù a bassa densità, a cui si richiede in ogni caso la sospensione di ogni farmaco una settimana prima della cattura. Tale sospensione è fondamentale: ogni farmaco ha una precisa emivita, ossia un periodo di tempo entro in quale viene completamente metabolizzato (vale anche per i medicamenti utilizzati dall’uomo). Se il pesce viene catturato prima che il farmaco sia stato smaltito del tutto ci ritroveremo la sostanza chimica nel piatto: ecco il perché della richiesta di sospensione.
Gli altri parametri chimici che ho nominato sono i solfiti e l’istamina.
L’istamina è un’ammina biogena che può causare intossicazione alimentare, con sintomi dermici (prurito, macchie rosse, orticaria), intestinali (vomito e diarrea) e neurocerebrali (vertigini e cefalea). In minima parte l’istamina è prodotta naturalmente da alcune categorie di pesce, in particolare crostacei e molluschi: persone allergiche all’istamina non possono consumarli per evitare di scatenare i sintomi; la presenza dell’istamina nel pesce è invece prevalentemente di origine batterica, vale a dire che pesce eccessivamente ricco di istamina è pesce contaminato, poco fresco e mal conservato. Cercate sempre di comprare pesce freschissimo, di conservarlo a temperature adeguatamente basse (specialmente ora che è estate andate a casa subito dopo aver acquistato pesce) e di cucinarlo entro breve tempo.
La legge impone dei limiti ben precisi entro i quali è consentita la presenza di istamina nel pesce fresco: 100 ppm (parti per milione); l’Orobica Pesca è anche più esigente: non accetta pesce che superi il valore di 4,5 ppm. Dunque, in questa pescheria si può stare assolutamente tranquilli circa la freschezza e qualità dei prodotti!
La presenza di solfiti è permessa (entro certi limiti di legge) per la conservazione del pesce fresco: essendo una molecola in grado di scatenare reazioni allergiche è obbligatorio indicarne la presenza sul cartellino del pesce (le sigle identificative sono da E220 a E228). In persone sensibili ma non propriamente allergiche i solfiti scatenano violenti mal di testa, prurito agli occhi, tosse e sindromi bronchiali.
Nel mondo ittico i solfiti sono usati come conservante, sbiancante (su totani, calamari e baccalà) e antiossidante. Vengono aggiunti soprattutto ai crostacei, più altamente deperibili. E a proposito di crostacei, una curiosità: sapete distinguere gli scampi dai gamberi e dalle mazzancolle? Io no, così ho chiesto a Matteo e Fabio; in realtà è molto più semplice di quanto pensassi: gli scampi hanno le chele, mentre gamberi e mazzancolle ne sono privi. I gamberi hanno una colorazione omogenea, le mazzancolle invece hanno bande di colore alternate.
Passiamo ora a parlare di pesce di grossa taglia (tonno e spada). E’ ormai risaputo che il pesce grosso, vivendo a lungo, tende ad accumulare quantità di inquinanti superiori rispetto al pesce di piccole dimensioni: è per questo motivo che i pediatri sconsigliano alle mamme di servire queste varietà ittiche ai bambini, o di consumarle loro stesse qualora stessero aspettando un bimbo o allattando.
Nello scorso articolo avevo scritto che non è questo l’unico motivo (né il principale) per cui personalmente ho deciso di non consumare più tonno e spada: la scelta riguarda esclusivamente me stessa, non la impongo ai miei familiari, men che meno a voi. Per lo spada in realtà la motivazione è abbastanza semplice: oltre ad essere un pesce dalle elevate probabilità di inquinamento, ha anche un gusto che non mi piace dunque rinunciarvi non è un grosso sacrificio.
Per il tonno la motivazione è più complessa: ne avevo accennato qui. Attualmente il tonno è una delle specie ittiche mediterranee a più elevato rischio di estinzione: il tonno dei nostri mari sarebbe già stato destinato a scomparire, se negli ultimi anni non si fossero imposte rigide regolamentazioni di pesca. “Ma come?!” – vi chiederete voi – “Nei supermercati ci sono scaffali interi di tonno in scatola: come può essere in via d’estinzione?”: appunto. Come sappiamo grazie a un fastidioso tam-tam pubblicitario, quello in scatola è tonno pinna gialla, vale a dire la varietà di minor pregio in assoluto, ma che si presta bene all’inscatolamento perché molto poco sanguinolenta. Il tonno più pregiato, che fino a qualche decennio fa abbondava nel Mediterraneo, è il tonno rosso, che si presenta con carni più sode e scure rispetto al tonno pinne gialle, e che alla prova gustativa vanta un sapore nettamente migliore. La qualità di questo tonno è tanto ambita che non sono stati rari casi di sofisticazione con uso di monossido di carbonio per mantenere più rosso il colore di tonno mediocre, in modo da venderlo a prezzo più sostenuto.
Purtroppo, la pesca selvaggia ha depredato il nostro mare dal tonno rosso, tanto da farlo diventare specie protetta: ogni Paese mediterraneo ha diritto a una certa quota conferita dall’UE, che verrà poi ripartita tra i pescatori. Superare i limiti è fuorilegge. Da un decennio a questa parte i giapponesi si piazzano in mare aperto con le cosiddette ‘navi fattoria’ e seguono il pesce con metodi satellitari per poterne sfruttare al meglio la pesca. Se non consumo tonno rosso è principalmente per questo: una decisione presa per motivazioni ambientali e di ecosostenibilità, non prettamente salutistiche.
Va comunque detto che i pesci di grossi dovrebbero rispettare una taglia minima: ciò significa che non è possibile commercializzare tonni di piccola stazza perché sono quelli più giovani, con un elevato potenziale riproduttivo. L’Orobica Pesca si attiene rigidamente a queste norme, così come non scende a compromessi riguardo la freschezza dei suoi tonni: quando non è possibile approviggionarsi di tonno rosso mediterraneo si appoggia a fornitori dalle Maldive, che fanno pervenire in azienda il tonno intero e non già sezionato. Il tonno che trovate sul loro banco non è mai scongelato: al più può essere sottovuoto, metodo che garantisce la conservabilità senza bisogno di surgelamento.
Ho ancora un paio di cose da dirvi riguardo al pesce, questa volta riguardo ai molluschi, ma rimando le ultime nozioni al prossimo articolo-ricetta: una gustosissima spaghettata di mare proposta da Matteo!
Orobica Pesca – sito internet – mail
9 Comments
Buongiorno Arianna,
grazie per questo articolo, interessante come sempre!
Volendo tirare le somme, noi nel comprare pesce dovremmo stare comunque piuttosto tranquilli, considerato che, nonostante la presenza delle sostanze da te indicate, ci sono comunque delle norme atte a garantire che queste rimangano al di sotto di determinate soglie.
Ovviamente, ciò non toglie chemeno ce ne sono e meglio è, meglio ancora se non ce ne sono affatto, e che rimane comunque fondamentale comprare con consapevolezza.
Per caso hai in programma di scrivere qualcosa anche su anisakis ed abbattimento? Mi sono imbattuta nell’argomento su qualche articolo / libro di Bressanini, ma ne ho letto in modo un po’ frammentato ed ho le idee un po’ confuse.
Ciao Beatrice! Hai detto bene: dal punto di vista legislativo siamo abbastanza ben tutelati per solfiti, inibenti e istamina. Dovrei però informarmi per sapere se esista una soglia minima anche per quanto riguarda il mercurio oppure no: onestamente, non lo so. Certo, esistono anche venditori furbetti, ma questo vale per il pesce come per qualsiasi altra cosa 🙂
Per quanto riguarda l’Anisakis, ho scelto volontariamente di non parlarne perché ormai esiste una ricca rete d’informazione su questo batterio; se però hai questa richiesta specifica, quando pubblico la ricetta e le informazioni sui molluschi metto un paragrafo anche sul pesce crudo! 🙂
A sensazione, mi parrebbe strano che per un inquinante così importante come il mercurio non ci siano soglie di sicurezza; ma non si può mai dire, specialmente in Italia.
Riguardo l’Anisakis, una cosa che mi piacerebbe capire è se il pesce deve sempre e comunque essere abbattuto oppure se ci sono eccezioni (ad esempio nel caso in cui si acquisti pesce locale). Questo anche perchè, qualora il pesce sia già stato abbattuto, ciò vuol dire che anche se lo compro c’è l’eventualità che una volta a casa io non lo possa congelare da crudo (che, lo so, non è molto sensato se si compra pesce fresco, ma è pur sempre un’eventualità).
l’anisakis muore solo se raggiunge i 100 ° o se abbattuto per almeno 24 ore.
sì, c’è un limite anche per i metalli pesanti. Non ricordo a memoria la soglia di tolleranza.
Ti traqnuillizzo anche su un’altra cosa: l’Italia è da sempre molto rigida e severa per quel che riguarda i limiti consentiti rispetto ad altri paesi: ad esempio in Spagna e in Francia i livelli di solfiti tollerati, prima che ci fosse una regolamentazione europea uguale per tutti, erano molto più alti che in Italia.
Siamo molto più bravi di quello che crediamo, noi italiani 😉
Il pesce deve sempre e comunque essere abbattuto prima di essere consumato crudo, non solo per l’Anisakis ma anche per altri patogeni che possono essere presenti: diciamo che l’Anisakis comunque, con un po’ di accortezza, si vede ad occhio nudo perché è un vermicello che si muove. Altri patogeni, no.
Non ho però capito cosa intendi per il surgelamento casalingo: se tu compri pesce che è stato abbattuto in pescheria, poi arrivata a casa puoi surgelarlo senza problemi, se in seguito lo consumerai da cotto!
@Laura: grazie mille per l’intervento di delucidazione! 🙂
Il mio dubbio era se l’abbattimento dovevo considerarlo alla stregua della surgelazione casalinga, nella misura in cui un alimento una volta scongelato non può essere ricongelato.
Quindi, perfetto, è esattamente quello che volevo sapere, grazie (anche a Laura)!
Bene, felici di avere risolto 🙂 Ricorda che abbattimento e surgelazione non sono affatto la stessa cosa 😉
Fitofarmaci?? credo ci sia un errore reiterato
Pardon, ha ragione Bruno, modifico immediatamente! Grazie per la segnalazione!