Nel precedente articolo abbiamo parlato delle cause scatenanti e, soprattutto, perpetuanti l’obesità, oltre che inquadrare la patologia nel suo peculiare contesto sociale.
Ho evidenziato l’importanza di agire attraverso una terapia multifattoriale per poter curare quella che è ormai riconosciuta essere una pandemia, ma prima di analizzare quali siano le terapie possibili è il caso di domandarci… Perché curare l’obesità? I chili di troppo sono magari antiestetici, difficili da portarsi appresso e causa di turbamento psicologico, ma non hanno mai ucciso nessuno, al contrario di un infarto… giusto?
L’obesità è mortale
Beh, no: è sbagliato. L’obesità uccide: uccide lentamente, e attraverso patologie collaterali. Non si riporta mai “obesità” come causa di morte su un referto anatomo-patologico, bensì le sue complicanze. L’obesità predispone ad un netto aumento di tutti (tutti) i fattori di rischio correlabili a morte -per così dire- metabolica: ad esempio, aumenta i fattori di rischio cardiovascolare come omocisteina e grasso addominale; aumenta il rischio di steatosi, e quindi di cirrosi; aumenta il rischio di ictus e trombosi; aumenta il rischio di diabete II con tutte le sue conseguenze (il diabete può portare a necrosi dei tessuti, con conseguente amputazione di uno degli arti e rischio di setticemia; aumenta anche il rischio di cecità e di patologie renali, con conseguente possibile blocco renale); l’obesità abbatte il sistema immunitario: si è più fragili, e anche una banale infezione può fare danni irrimediabili; aumenta i problemi respiratori, con addirittura rischio di soffocamento causato da apnee notturne. L’obesità colpisce anche il sistema cerebrale, con aumentato rischio di patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson.
I dati italiani di mortalità correlati all’obesità sono purtroppo aggiornati al 2010, non ce ne sono di più recenti (non ufficiali, almeno). Gli studi dicono che l’obesità aumenta del 9% la mortalità totale di uomini e donne, a causa di tumori, diabete, malattie cardiache, disturbi dell’encefalo, malattie del sistema respiratorio e patologie dell’apparato digerente.
Parlando di numero di morti, il CSRO (Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità) stima 57mila morti all’anno per cause attribuibili all’obesità.
Cinquantasettemila morti in Italia.
I costi dell’obesità
Curare l’obesità è una necessità sociale, oltre che un dovere nei confronti del cittadino.
Il CSRO stima che l’obesità grava sul Sistema Sanitario Nazionale per circa 22 miliardi di euro, considerando sia i costi diretti che quelli indiretti, e tenendo presente anche tutti i costi delle malattie correlate all’obesità.
Questa stima, quindi, tiene conto di quanto il SSN spende nella cura dell’obesità, ma anche nella cura degli infarti causati dall’obesità, della BPCO causata dall’obesità, delle infezioni causate dall’obesità, e via dicendo. Si calcolano anche i costi legati al trasporto (pubblico su un bus, ma anche in caso di autoambulanza, che dovrà essere adattata alla persona obesa) e i costi in termini di giorni di lavoro persi (per assenteismo o per cure legate all’obesità stessa).
Sembra gretto, asettico e parziale parlare di “quanto ci costa l’obesità”, ma non dobbiamo dimenticare che, nel bene e nel male, lo Stato si muove quando i costi legati alla malattia superano quelli legati alla cura: oltre che ai fini del benessere del cittadino, lo Stato cerca di formulare programmi di prevenzione dell’obesità (in particolar modo infantile) e di finanziare strategie valide alla terapia definitiva per l’obesità per… non avere un bilancio che grava sulle sue casse.
Le terapie dell’obesità
Come ormai ribadito fin troppe volte, perché repetita iuvant, quando si parla di “cura dell’obesità” ci si dovrebbe più precisamente riferire ad un insieme di terapie che, usate sinergicamente, aiutano il paziente su tre fronti:
1. Affrontare la situazione dal punto di vista psicologico
2. Avere un supporto medico per le complicanze dell’obesità
3. Permettere la perdita di peso
Di persona in persona verranno studiate le modalità migliori per una terapia che sia efficace a 360 gradi; considerando che normalmente si tratta di pazienti che hanno già attraversato innumerevoli tentativi di dieta, è assai probabile che lo stile alimentare in sé e per sé sia solo una cornice marginale (nel possimo articolo vedremo più nel dettaglio). Sarà di centrale importante la figura dello psicologo e quella del medico, con probabile necessità di collaborazione con altre figure professionali, come ad esempio il chinesiologo, l’osteopata e il fisioterapista.
Sarebbe auspicabile che il paziente venisse curato da un team di esperti in grado di confrontarsi tra loro, di modo da formulare il piano terapeutico più adeguato: se medico, psicologo, dietista e eventuali “professioni satellite” non comunicano l’una con l’altra, il rischio è di confondere il paziente, fargli sprecare tempo e soldi, e peggiorare la sua situazione. In Italia esistono validissimi centri che offrono un supporto completo: centri auxologici per la cura dell’obesità, o centri DCA specifici per obesità, iperfagia e binge.
Se si optasse per farsi seguire in modo meno organico, con ciascuno specialista indipendente dall’altro, è consigliabile mettere gli uni in comunicazione con gli altri; va comunque detto che la maggior parte dei professionisti che si occupano di obesità già collabora con altre figure, quindi è possibile avere sinergia pur recandosi in luoghi differenti per le visite di controllo.
Lato psicologico
Non è certo compito mio scendere nel dettaglio del percorso psicologico: questo paragrafo vuole solo dare una panoramica dell’importanza di questo lato della terapia, senza per questo sostituirmi a chi di dovere, e sottolineando che il paziente deve rivolgersi a professionisti laureati, in particolare che abbiano seguito corsi di aggiornamento specificamente indirizzati alla cura delle patologie alimentari. Non è certo utile affidarsi a “life coach” di vario genere o sedicenti sciamani.
Dal momento che gran parte delle cause dell’obesità sono riconducibili a un passato e un presente emotivo travagliato, è quasi superfluo sottolineare che, senza questo aiuto, è molto difficile mettersi sulla strada a senso unico della guarigione. Con questo intendo dire che i metodi per dimagrire sono tanti (dalla dieta allo sport alla chirurgia bariatrica), ma che nessuno di essi è risolutivo se non si mira ad agire sul rapporto disfunzionale che lega il paziente al cibo, e al suo stesso corpo.
Il percorso psicoterapico ha due fini:
– Lavorare sulle difficoltà quotidiane che si incontrano a causa dell’obesità (il disagio di trovare sedili piccoli sull’autobus, le occhiatacce della gente, il senso di isolamento, la frustrazione nel non riuscire a raccogliere una penna caduta a terra…).
– Mirare al core del problema, ossia, con immensa pazienza, dedizione e sofferenza, sbrogliare quell’intricato gomitolo di errori, situazioni, emozioni che hanno prima messo le basi e poi costruito i muri dell’obesità: il rapporto con i genitori o le ambizioni dei genitori, atti di bullismo vissuti in epoca scolare (o sull’ambiente di lavoro), lutti e vessazioni subìte, rabbia che non si riesce ad esprimere. A volte si potrebbero incontrare fratture molto più profonde con la propria identità sessuale, intellettuale e sociale.
I due obiettivi si intersecano sul rasoio di un percorso unico e coerente, che non esclude la partecipazione di terze persone (come genitori o partner).
Se necessario, lo psicologo verrà affiancato dallo psichiatra: la figura medica diventa irrinunciabile qualora emergesse la copresenza di patologia psichiatrica vera e propria (ad esempio disturbi della personalità di vario tipo, o depressione maggiore).
Lato medico
Come abbiamo visto, l’obesità porta con sé tutta una serie di complicanze per la salute che vanno ad arricchire il bagaglio dei fattori di rischio per una ridotta aspettativa di vita: ipertensione, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, iperglicemia, insulino-resistenza sono certamente le più frequenti; non dimentichiamo tuttavia tutte le possibili conseguenze sull’apparato muscolo-scheletrico (artrite, osteopenia, fragilità ossea dovuta al peso, infiammazione delle cartilagini, menisco, ernie…), digestivo (reflusso, stipsi, IBS…) e sulla sfera ormonale.
Se è vero, com’è vero, che per la maggior parte dei problemi citati la perdita di peso di per sé permetta una sostanziale remissione dei sintomi e miglioramento del quadro metabolico, è tuttavia innegabile che le cure farmacologiche siano in molti casi irrunciabili: pena la degenerazione dei sintomi o la loro azione-ostacolo sulla perdita di peso. Ad esempio, una condizione di insulino-resistenza non compensata determina una considerevole difficoltà del corpo ad attivare la modalità “brucia grassi”, oppure la presenza di ipertensione potrebbe essere limitante ad una pratica sportiva efficace.
La speranza è che tutte le cure prese a causa dell’obesità possano essere gradualmente eliminate nel momento in cui si perde peso.
Il supporto di un medico competente è necessario anche qualora si volesse provare la cura dolce permessa da validi aiuti fitoterapici: molti principi erbali, quando ben dosati e prescritti con cognizione di causa, permettono di avere un effetto pari alla cura farmologica propriamente detta. E’ tuttavia importante sottolineare che tali rimedi non sono esenti da effetti collaterali: è per questo motivo che la presenza di un medico, pur se poi specializzato in terapie naturali, è imprescindibile. Oltretutto val la pena ricordare che è fin troppo facile imbattersi in cure officinali totalmente inutili, magari perché titolate male, o sottodosate, o perché le erbe siano state raccolte al di fuori del periodo balsamico: questo, oltre a rappresentare uno spreco di soldi, potrebbe ritardare il successo del percorso terapeutico nel suo complesso.
Molti pazienti obesi non hanno un vero e proprio medico di riferimento: fanno visite specialistiche presso diversi professionisti (endocrinologo, gastroenterologo, immunologo…), ed hanno il medico di base che si occupa di controllare che le varie terapie prescritte non siano in conflitto le une con le altre. Questo potrebbe rivelarsi un approccio dispersivo: nei centri di cura per l’obesità è invece prevista la figura del medico internista, che di occuperà di rimandare a collaboratori specifici se reputasse necessari esami di approfondimento, ma che prenderà la responsabilità di ogni aspetto della cura del paziente.
Nel paragrafo sulla Medicina dell’obesità farei anche cenno all’importanza di valutare, caso per caso, l’aiuto da parte di altre figure professionali in ambito di sanità. Ad esempio, potrebbe essere utile il supporto di un osteopata per correggere le posture sbagliate assunte a causa del peso eccessivo, che vanno a ledere l’integrità dello scheletro, oppure l’aiuto di un fisioterapista che si occupi tanto di un primo approccio al movimento (ancor prima del personal trainer) quanto di disinfiammare muscoli e articolazioni sofferenti a causa dell’obesità (o di un allenamento in cui si sia prematuramente andati oltre i propri limiti).
Nel prossimo articolo approfondirò il lato dietetico-sportivo, che mi compete nello specifico e per questo motivo avrà da parte mia una trattazione più ampia: tale focus, quindi, non è determinato da un’importanza prioritaria della dieta rispetto quanto analizzato sinora.
Parleremo di diete per l’obesità e di integrazioni vitaminiche e minerali, aggiungendo qualche informazione generica sull’attività sportiva e qualche accenno alla “soluzione ultima”, vale a dire le varie metodiche di chirurgia bariatrica.