Settimana scorsa una ragazza molto dolce e discreta mi ha chiesto un’informazione riguardo i grassi; la sua domanda era molto interessante, così ho pensato di riproporla anche a voi:

Sostituire come fonte di grasso l’olio extravergine con semi e semini è sbagliato o ininfluente?

La risposta è meno scontata di quello che potrebbe credere.
Sappiamo che esistono forme diverse di grassi: troviamo i grassi saturi, i monoinsaturi e i polinsaturi. Tra i grassi polinsaturi troviamo due classi di acidi grassi essenziali, che il nostro corpo non è in grado di produrre: gli omega-3 e gli omega-6.
Ciascuna tipologia di grasso ha un’influenza specifica sul nostro organismo. Fino a una quindicina di anni fa quello che la Scienza sapeva era ben poco, eppure questo “poco” è stato venduto come dogma, con il risultato di aver creato confusione, terrorismo alimentare e caos sulle etichette nutrizionali.

Un tempo la suddivisione era la seguente:
> Grassi saturi = grassi animali = cattivi, perché fanno aumentare colesterolo e trigliceridi
> Grassi monoinsaturi = olio extravergine = buono, perché protegge da numerose patologie
> Grassi polinsaturi = pesce e frutta secca = buonissimi, perché sono potentemente anti-infiammatori
In realtà, le cose non stanno proprio così…

Ad esempio, esistono grassi saturi a lunga catena contenuti in alimenti vegetali (giusto per citarne uno, l’olio di palma) che sono davvero pericolosi per la salute, eppure vengono usati a piene mani dall’industria alimentare per via dei bassi costi. Anche la vegetalissima margarina, un tempo idolatrata come alternativa sana del cattivissimo burro, è stata rivalutata: si è dimostrato che un consumo continuativo di margarine porta alla formazione di placche aterosclerotiche.
D’altra parte, esistono grassi saturi a corta catena che sono benefici per l’intestino in virtù della presenza di acido butirrico (mi riferisco ad esempio ai grassi dell’olio di cocco extravergine o del burro d’alpeggio). 
E ancora: riguardo ai grassi omega (polinsaturi), si è scoperto che quello che realmente conta ai fini salutistici non è il loro valore assoluto, quanto il loro bilancio reciproco (ne avevamo parlato qui, ricordate?). Quando sia presente un eccesso di omega-6 o un difetto di omega-3, ecco che i grassi della serie omega-6 cominciano a lavorare da pro-infiammatori.

Torniamo ora alla domanda che mi è stata posta privatamente.
Se andiamo ad analizzare la composizione in termini di acidi grassi di frutta secca, semi e olio extravergine, vediamo che ci sono delle belle differenze, sia nel contenuto di grassi monoinsaturi sia nel rapporto tra gli omega. 
Quando decidiamo di “sacrificare” l’olio in nome della frutta secca o dei semini, apportiamo quotidianamente un rapporto molto sbilanciato tra gli omega, a fronte di un basso contributo dei monoinsaturi. Q
uesto potrebbe rivelarsi controproducente per la nostra salute, soprattutto se soffriamo di qualche patologia che implichi un quadro infiammatorio: colon irritabile, sovrappeso, dislipidemia, morbo di Crohn e via dicendo.
Anche donne con squilibri ormonali (amenorrea, ovaio policistico, dominanza estrogenica) non traggono vantaggio da un’alimentazione eccessivamente ricca di omega-6.

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Tenete presente che il rapporto omega-6/omega-3 *nell’intera alimentazione* è bilanciato quando il suo valore è compreso tra 1 e 3. Quando introduciamo un eccesso di omega-6 (o un difetto di omega-3) questo rapporto cresce verso valori ben superiori a 3: per ripristinare l’equilibrio dobbiamo ridurre le fonti di omega-6 e aumentare quelle di omega-3. Banalmente: meno prodotti contenti oli vegetali (basta leggere le etichette per rendersi conto che sono nascosti ovunque!), più pesce pescato in mare.

Alcune ragazze (anche mie pazienti) tendono a sostituire l’olio extravergine con la frutta secca per mettersi in pace con la coscienza: da una parte conoscono l’importanza dei grassi per garantire un equilibrio ormonale armonico e per impedire il rallentamento metabolico, ma sull’altro versante sono ancora restìe ad avere un rapporto pacifico con l’olio, per anni visto come il nemico numero uno di ogni dieta. Ecco quindi che aggiungere frutta secca o semini anziché l’olio sembra un buon compromesso.
Appunto: sembra.
Come abbiamo visto dalla tabella, il rapporto di omega dell’olio extravergine è molto meglio bilanciato, dando anche un prezioso contributo di monoinsaturi.

Chiaramente, questo non vuol dire non consumare frutta secca o semini: semplicemente, non dovete considerarli come fonte di grassi perfettamente sovrapponibili all’eccellente olio italiano. 
Alcuni alimenti riportati in tabella hanno un rapporto sbilanciato tra gli omega, ma sono fonte di calcio (come i semi di sesamo), o di aminoacidi (come i pinoli), o di altri micronutrienti preziosi per la salute. Come sempre, è l’equilibrio la chiave della salute.

Se siete normopeso, potete usare liberamente l’olio extravergine d’oliva, preferendolo a crudo piuttosto che in cottura. La quantità di frutta secca giornaliera varia invece tra i 15 e i 30 g, a seconda dei fabbisogni (a volte anche qualcosa in più).
Se invece volete perdere qualche kg, non dovete comunque avere paura dei grassi: nelle mie diete do sempre almeno 3-4 cucchiai di olio extravergine al giorno, più una piccola quantità di frutta secca.
Le quantità e gli abbinamenti vanno sempre rapportati al proprio stato di salute e alla composizione della dieta nel suo complesso.
Ecco a voi un breve schemino per individuare le fonti di grasso.

3NB. Ciascun alimento non è mai fonte *esclusiva* di un grasso, ma può avere la *prevalenza* di una categoria nella sua composizione lipidica.

Prima di concludere, una piccola precisazione visto che noto spesso confusione.
La frutta SECCA è fonte di grassi. Ne fanno parte noci, nocciole, mandorle, pinoli, pistacchi. Anche i semini possono essere considerati come frutta secca: lino, girasole, zucca, papavero, sesamo…
La frutta ESSICCATA è fonte di zuccheri. A questa categoria appartiene tutta la frutta disidratata: uvetta, fichi, albicocche, prugne, mele come chips, mango disidratato e così via.