Come il sale, anche lo zucchero comunemente usato è un alimento che per apparire così bianco ha dovuto subire una tecnica di raffinazione e di sbiancamento. Il processo industriale prevede l’utilizzo di numerose sostanze chimiche, quali latte di calce, anidride carbonica, anidride solforosa e carbone attivo come decoloranti o stabilizzanti: ciò ha suscitato in alcuni il dubbio che nel prodotto finito potessero rimanere residui di sostanze tossiche, una perplessità da tenere in considerazione ma che non è argomento di questo post.
Parliamo invece della qualità nutrizionale dello zucchero che usiamo per dolcificare le bevande, per glassare, caramellare, addolcire e -ovviamente- cucinare dolci: che cosa contengono quei minuscoli granelli di dolcezza? Può risultare lapalissiano, ma lo zucchero contiene unicamente zucchero: saccarosio, per la precisione, formato dall’unione di glucosio e fruttosio. Lo zucchero bianco non contiene altro: nessuna vitamina o minerale, poiché il processo di raffinazione ha come conseguenza diretta l’impoverimento in termini di micronutrienti. A livello nutrizionale il saccarosio non ha alcun vantaggio ed il suo utilizzo è giustificato solo dalla soddisfazione del palato.

Un adulto sano non dovrebbe introdurre più del 10-12% della suo quota energetica quotidiana sottoforma di zuccheri semplici (per un bambino si può arrivare fino ad un massimo del 15%); se consideriamo che gli zuccheri semplici sono contenuti nei principali alimenti primari (latte, yogurt, frutta, verdura) e che non ne manca una percentuale anche in farinacei, pasta, riso ed altri cereali, capiamo che è fin troppo facile raggiungere questa quota anche astenendosi dallo zuccherare il caffè o non mangiando dolci. Se poi pensiamo a tutti gli altri alimenti che contengono zucchero e che consumiamo quasi senza accorgercene, quel 10% si gonfia a dismisura fino a causare effetti avversi sulla salute: la lattina di Coca-Cola o di birra, il ghiacciolo dopo cena, i biscotti al mattino, la fettina di torta, il cioccolatino o la caramellina, ma anche le piccole quantità di zucchero contenuto nelle salse o nei piatti pronti. Insomma: un alimento superfluo nascosto un po’ ovunque, complice anche il fatto che provoca una sorta di assuefazione su cui l’industria alimentare gioca senza freni.

Eppure ai dolci non è facile rinunciare – né sarebbe umano, a mio parere! Se rimaniamo in un’ottica di moderazione al consumo, esistono delle alternative allo zucchero bianco che apportano dolcezza in modo più naturale: pensiamo ad esempio al miele, che tuttavia è un po’ difficile da usare nella tazzina di ristretto o per la realizzazione di certe torte, mousse, gelati o simili. Così come per il sale, l’alternativa più versatile ma meno nociva dello zucchero bianco è il suo prodotto non raffinato: lo zucchero di canna integrale. Attenzione alla denominazione del prodotto: non mi sto riferendo allo zucchero di canna che potete trovare al bar nelle bustine, quello dai granelli dorati e ben definiti l’uno dall’altro. Quello si differenzia dallo zucchero bianco perché deriva dalla canna e non dalla barbabietola, ma rimane comunque un prodotto che ha subito raffinazione: non contiene altro che saccarosio.

Lo zucchero integrale, al contrario, non ha subito raffinazione: si ottiene facendo evaporare l’acqua dalla canna da zucchero, ma mantenendo comunque una certa dose di umidità. Si presenta infatti della stessa consistenza del sale integrale: leggermente umido, dai granelli non definiti singolarmente, quasi simile a melassa. Mantiene il potere dolcificante dello zucchero raffinato (di canna o di barbabietola che sia), ma vanta un retrogusto molto particolare, molto caramellato. Dal punto di vista nutrizionale non contiene solo saccarosio, ma conserva una buona quota di sali minerali e di vitamine del gruppo B.
In molti obiettano: il profilo nutrizionale si riferisce a 100 g di prodotto, e si tratta comunque sempre di pochi mg tanto di minerali quanto di vitamine; bene: se un cucchiaino corrisponde circa a 5-7 g di zucchero, le quantità di micronutrienti sono irrisorie! Contestazione ineccepibile, ma in questo caso non stiamo cercando un alimento che ci aiuti a raggiungere la dose giornaliera raccomandata di calcio piuttosto che di vitamina B6: stiamo cercando un’alternativa sana ad un alimento che innumerevoli ricerche scientifiche classificano come dannoso. Lo zucchero raffinato, infatti, per poter essere metabolizzato esige un impoverimento del corpo di sali minerali, in particolare di calcio e magnesio.
In ogni caso per lo zucchero integrale vale la stessa regola fatta per il sale integrale: non perché siano prodotti migliori ai loro equivalenti raffinati ci si deve sentire autorizzati ad abusarne. Ottimo quindi per la preparazione di torte e dolci, rimane tuttavia la raccomandazione ad usarlo con parsimonia nell’alimentazione quotidiana: pur essendo più ricco di micronutrienti, anche lo zucchero integrale determina il rapido innalzamento della glicemia e la risposta insulina conseguente; quando questi picchi sono abitudinari e ripetuti più volte durante l’arco della giornata predispongono a disturbi legati alla cosiddetta sindrome metabolica: diabete, obesità, fegato grasso.

Dove si compra?
Le marche che si occupano di commercializzare lo zucchero integrale sono poche, tutte a certificazione biologica, e la maggior parte connesse al commercio equo e solidale: questo zucchero infatti viene prodotto da cooperative sudamericane o asiatiche che vogliono rendersi indipendenti dai grandi colossi industriali del saccarosio, a sostegno della produzione locale. Il più conosciuto è probabilmente lo zucchero Mascobado, prodotto nelle Filippine: lo trovate nei negozi del commercio sostenibile, in quelli biologici, in alcune erboristerie con reparto alimentare e in alcuni ipermercati tradizionali (reparto naturale).