I.F.F.Y.M.: cosa sta a significare questo acronimo?
Chi di voi bazzica su profili Instagram e Facebook dedicati al mondo del fitness forse lo sa: “If It Fits Your Macros”, che, con una traduzione a spanne, significa “Se rientra nei tuoi macronutrienti puoi mangiarlo”.

Body-building e dieta
Facciamo un passo indietro. 
La cosiddetta “dieta flessibile” dell’IIFYM nasce nel mondo delle palestre, e in particolare del body-building; chi pratica questa disciplina, o chi la conosce anche solo a grandi linee, sa che richiede una dieta estremamente rigida (e monotona), forse la più rigorosa di tutti gli sport.

Infatti, il fine del body-builder che si prepara ad una gara non è quello di vincerla con una prestazione atletica, ma con la miglior forma fisica che riesca a sfoggiare: questo richiede una preparazione attenta e calibrata al dettaglio tanto in termini di allenamento quanto sul versante della dieta.

Per gli altri sport la dieta rappresenta il carburante con cui ottenere il massimo della prestazione fisica intesa come potenza muscolare: si vince una partita di calcio o una gara di sci da fondo facendo in modo che i propri muscoli siano in grado di essere i più resistenti, potenti e forti tra tutti i gareggianti; ma non è la sola cosa che conta: un peso assai rilevante l’hanno anche la strategia di squadra, la capacità di calibrare attentamente quando fare lo sprint, come sfruttare le debolezze degli avversari, la percezione sensoriale dell’ambiente in cui si svolge la gara e via dicendo. Per vincere, in tutti gli sport, la dieta è solo uno dei tanti fattori che concorrono al successo. 
Questo non è invece vero per il body-building, in cui il minimo sbaglio dietetico può compromettere la prestazione estetica: anche solo introdurre 10 grammi in più o in meno di carboidrati o grassi al giorno può fare la differenza nel modo in cui i muscoli si riempiono di glicogeno, e di conseguenza nel modo in cui si appare allo specchio.
– 10 grammi di carboidrati, per intenderci, corrispondono a circa 15 g di riso, 70 g di mela o 20 g di pane
– 10 g di grasso sono contenuti in 1 cucchiaio di olio, 70 g di salmone fresco o 20 g di cioccolato.
Piccolezze, per chi non deve seguire una “dieta estetica”.

Dovendo sottostare a rigidi rapporti tra i macronutrienti (proteine, carboidrati, grassi), è inevitabile che la dieta del body-builder sia, come dicevo poco fa, monotona. Le scelte cadono quasi sempre su alimenti “puri”, che non abbiano troppe interferenze tra i macronutrienti per evitare difficoltà di calcolo: ad esempio, un conto è dover calcolare l’apporto proteico del magrissimo petto di pollo o merluzzo, un altro è doversi destreggiare con maiale, vitello, manzo o agnello, il cui quantitativo di grassi varia a seconda del taglio, del metodo di allevamento e dallo stadio di crescita. Stessa cosa dicasi per i carboidrati (le preferenze sono verso riso, avena e patate) e le scelte dei grassi (difficilmente viene contemplato l’olio, a meno di trovarsi nella fase di massa: i grassi, in genere, sono talmente bassi da poter derivare come macronutrienti collaterali di altro cibo, ad esempio quando si mangia filetto di manzo, salmone, mandorle o avena).
Questo è il motivo per cui è piuttosto prevedebile che la dispensa di un body builder contenga una varietà di cibo ben misera.

Dieta dimagrante “da palestra”

Purtroppo, sono innumerevoli gli esempi di diete dimagranti che hanno cercato di emulare quella del body-builder in fase di tonificazione. Molti di voi le conosceranno: piani alimentari con albumi d’uovo a colazione, bresaola e gallette come spuntino, riso e pollo a pranzo, platessa e broccoli a cena. La frutta è quasi sempre bandita (“troppi zuccheri”) e la verdura grammata (“che anche la verdura contiene carboidrati”). Suppergiù, lo schema è questo.

Se mi conoscete da un po’ di tempo, sapete quanto io possa essere contraria a una dieta del genere. Essenzialmente per tre motivi:
– Non si tiene conto della qualità delle materie prime, e della sostenibilità ambientale di questa dieta.
– Esistono molte altre diete assai meno privative e parimenti efficaci sul soggetto “medio” (a meno che si abbia a che fare con blocchi del dimagrimento, dove il protocollo deve essere diverso).
– La dieta del body-builder, ripeto, è finalizzata ad una performance estetica che si accompagna inevitabilmente ad un rigido programma d’allenamento: la stessa identica dieta in un soggetto che non segue una tipologia di allenamento da body builder non promette di avere gli stessi risultati. Inoltre una dieta così monotona e senza possibilità di sgarri è fattibile solo quando la motivazione è ben alta, e l’obiettivo è ben specifico. In altre parole: un conto è seguire questa dieta per un periodo di tempo limitato e con l’idea che porti ad un obiettivo chiaramente identificabile (la gara); tutt’altro discorso è quando si intraprende questa dieta per “perdere qualche chilo” e non si capisce che anche il minimo sgarro può compromettere tutto il piano: siete davvero certi di voler fare tutti questi sacrifici, sapendo che anche due quadratini di cioccolato in più e il pranzo in famiglia della domenica rischiano di mandare all’aria tutto? Ecco, a mio modesto parere, una persona che deve “semplicemente” perdere un po’ di peso ha tante altre possibilità più sostenibili a disposizione.

La dieta flessibile
Ma torniamo all’IIFYM: cosa c’entra in tutto ciò?
Come abbiamo visto, la dieta del body builder è rigida, monotona e tutto sommato noiosa. 
Da qualche anno a questa parte è stata teorizzata la “dieta flessibile”, che permette di uscire dagli schemi sottostando ad un semplice principio: calcola i tuoi macronutrienti, varia quello che mangi a tuo piacere a patto -appunto- di rispettare i tuoi macro.
Nell’IIFYM (dieta flessibile) quello che conta sono solo i macronutrienti, almeno in linea teorica; macronutrienti che vengono stabiliti attraverso un’analisi della composizione corporea e degli obiettivi fisici: dimagrire o fare massa? Tonificare o ingrossare? Quanti sono gli allenamenti a settimana? Da quali percentuali di massa magra e grassa si parte, e a quale obiettivo si punta? 
Attraverso calcoli specifici è possibile individuare con esattezza quanti grammi di grassi, proteine e carboidrati spettano all’atleta di giorno in giorno; le modalità di distribuzione durante l’arco della settimana (o della stagione di preparazione) variano in base a diversi fattori e scelte personali: in linea molto generale, i carboidrati vengono tenuti più elevati nei giorni di allenamento e più bassi in quelli di riposo, ma puntando comunque ad un incremento complessivo di settimana in settimana. 
Anche la distribuzione dei pasti durante la giornata può subìre oscillazioni soggettive: ad esempio si possono frazionare le quantità su 4-6 pasti al giorno o si può optare per il digiuno intermittente (di cui parleremo in un successivo articolo); in genere è data estrema rilevanza soprattutto al pasto pre- e post- allenamento, per ottimizzare le riserve di glicogeno.

Qual è il vantaggio dell’IIFYM?
Sostanzialmente, il non dover seguire una dieta privativa, ma poter mangiare di tutto nelle giuste porzioni.
E’ quello che accade prima o poi a tutte le persone che si trovano a dieta: “ma posso sostituire i ravioli o i gnocchi al primo piatto? E se faccio le polpette con macinato di carne di buona qualità e uovo, va bene comunque o meglio di no perché si mischiano proteine diverse? E se per colazione volessi provare a fare i pancake, usando gli ingredienti giusti sarebbe tanto sbagliato? Le patate sono consentite? Le castagne? Le frattaglie, che in famiglia a volte consumiamo?”. 
La risposta logica è: se rispetti determinate porzioni, tutto (o quasi) si può fare.
IIFYM è un esempio di dieta flessibile che può essere applicato da chiunque in sostanziale autonomia, e che permette di arrivare ai risultati ambiti pur variando molto quali-quantitativamente la propria alimentazione… purché rientri nei macronutrienti!
In buona sostanza, si tratta semplicemente di leggi matematiche di sostituzione: tot grammi di riso corrispondono a tot grammi di ravioli, però attenzione perché i ravioli, essendo ripieni, contengono quel po’ di proteine che è da sottrarre al secondo piatto la sera. Poi magari i ravioli si condiscono con del pesto, che, contenendo olio e pinoli, ha un contenuto maggiore di grassi che è da sottrarre da qualche altra parte durante la giornata.
Capito il meccanismo?

Noioso sì (tutti questi calcoli: ma alimentarsi non dovrebbe essere più semplice?!), eppure utile a capire concretamente cosa si intenda per “dieta = stile di vita”. Tutto, ma con moderazione.

L’IIFYM è davvero una “dieta flessibile”?
Bene, descritto in questi termini sembrerebbe che la pratica dell’IIFYM permetta di risolvere tutti i problemi di chi segue una dieta: insomma, se tutto quello che conta sono i macronutrienti, in linea teorica posso anche mangiarmi tutti i giorni un gelato purché rientri nei miei macro, giusto? Ed ecco il primo punto debole… Ma non è l’unico.
Vado ad evidenziare punto per punto quello che ritengo essere a sfavore dell’IIFYM.

Necessità di avere un calcolatore
Inevitabilmente, per attuare le sostituzioni è necessario conoscere nel dettaglio le quantità dei macronutrienti contenute nel cibo e bisogna essere in grado di usare formule matematiche di sostituzione. 
Fortunatamente, questa prima limitazione può essere aggirata scaricando una app che permetta il calcolo automatico dei macronutrienti, come ad esempio My fitness pal o Fat secrets.
Attraverso queste applicazioni per Smartphone è possibile inserire gli alimenti consumati nelle quantità prescelte, così da vedere subito quale quota di macronutrienti rimane per i pasti successivi.
Esistono tuttavia lati negativi all’uso di queste app. 
In primo luogo, è pressoché impossibile avere un riscontro certo su qualsiasi alimento “basilare”: quelli confezionati hanno un’etichetta nutrizionale che permette un consulto inequivocabile, ma quando consideriamo ad esempio una mela, una pesca o una fetta d’anguria, come possiamo essere certi del tenore zuccherino esatto? E quando si mangia un contorno di verdure miste, è davvero necessario inserire nel calcolatore 30 g di carote, 70 g di zucchine e 115 g di fagiolini?
Si rischia di rimanere vittime dei calcoli, di sprecare tempo ed energie a inserire i dati, rimanendone schiavi.
D’altro canto, molte persone, per necessità e comodità, si trovano a mangiare fuori casa diverse volte a settimana: magari pranzando in mensa, dovendo sostenere cene aziendali o colazioni di lavoro, o semplicemente perché vogliono assaggiare qualcosa di nuovo al ristorante. Per “rientrare nei macronutrienti” sarebbe imprescindibile ordinare qualcosa di estremamente semplice e “pulito”, del quale poter stimare il quantitativo: un conto è ordinare un risotto (quanto riso? E burro? E parmigiano?), un altro è chiedere petto di pollo ai ferri e patate lesse. A grandi linee, questo può anche essere sostenibile quando si è in mensa (diciamocelo: le porzioni e la varietà sono misere e prevedibili), un po’ più difficoltoso al ristorante con menu-pranzo e pressoché impossibile quando si è invitati da amici o al ristorante la sera (non so voi, ma io se spendo più di 30 euro per mangiare voglio almeno assaggiare qualcosa che non sono in grado di fare da sola…).

Rischio di perdere la cognizione di ciò che è sano

Se, come IIFYM sostiene, “un macronutriente è un macronutriente” non dovremmo farci alcun problema nelle sostituzioni. Quindi, che io mangi un branzino pescato in mare o una scatoletta di tonno sottosale con scadenza 2020 è la stessa cosa, alla fin fine basta mantenere la stessa quantità proteica. Idem dicasi se sostituissi un piatto di riso semintegrale condito con olio extravergine e parmigiano con un muffin fatto di farina di riso, zucchero d’agave, un cucchiaino di burro d’arachidi e qualche cucchiaio di albumi pastorizzati provenienti da allevamenti intensivi, giusto? Si tratta sempre di carboidrati uniti a proteine e grassi: se rispetto le equazioni di sostituzione, che problema c’è?

Se avete un minimo di nozioni di quella che è un’alimentazione sana e naturale, capite bene che queste sostituzioni, pur apportando magari la stessa quantità di macronutrienti, non sono assolutamente equivalenti. Magari avremo alimentato allo stesso modo il nostro corpo (ammesso e non concesso che le quantità di minerali e vitamine siano le stesse…), ma non ci saremo nutriti in modo pari: da una parte avremo stimoli benefici, micronutrienti antinfiammatori ed una sazietà prolungata; dall’altra, avremo un carico potenziale di tossine ed inquinanti elevato, alimenti “morti” (la vitalità di un alimento è inversamente proporzionale alla sua scadenza) e uno stimolo alla produzione di citochine proinfiammatorie.
Quando si ragiona in termini matematici, il rischio è sempre quello di perdere la visione d’insieme.

L’alimentazione serve a portarci a condizioni di salute ottimali, prevenire patologie metaboliche e senili, donarci energie e benessere (anche mentale). 
La mera ‘dieta’, intesa come IIFYM la intende, permette di arrivare a discrete condizioni estetiche: e poi? E’ veramente questo che conta?

Reazione soggettiva ad alcuni alimenti

Al di là dell’equazione alimentazione = salute, non è poi così vero che “un macronutriente è un macronutriente”.

Ve ne sarete accorti tutti (o tutte, dal momento che il fenomeno colpisce più le donne): ci sono degli alimenti che, a parità calorica e di macronutrienti rispetto ad altri, ci possono gonfiare di più o, viceversa, donare più leggerezza.

Ad esempio, moltissime donne hanno problemi di ritenzione di liquidi e di acne quando consumano troppo spesso lo yogurt, anche qualora si tratti yogurt biologico e senza zuccheri aggiunti. Questo può essere un bel problema in una dieta come IIFYM, dove lo yogurt greco senza grassi è spesso consigliato per la sua ricchezza di proteine: 17 g per vasetto, pari a circa 80 g di petto di pollo. Eppure, mangiando yogurt greco tutti i giorni o pollo tutti i giorni l’effetto sulla circolazione linfatica può essere opposto.
Alcune di noi si gonfiano e ritengono liquidi anche in risposta ai fiocchi d’avena, all’orzo e alla quinoa. Per altre invece è il riso ad essere problematico. Quasi per tutte, l’eccesso di pasta e di glutine. 
Alcune donne possono mangiare vagonate di fragole senza problemi, altre notano immediato rossore e prurito sulla pelle; alcune berrebbero spremuta di pompelmo tutti i giorni, ad altre scatena il mal di testa; quasi tutte le donne reagiscono bene ad un incremento di grassi da olio extravergine, ma hanno ritenzione di liquidi e meteorismo se la stessa quantità di lipidi proviene dalla frutta secca.
In definitiva, così come “una caloria non è pari a una caloria”, “un macronutriente non è pari a un macronutriente”: il nostro corpo ha reazioni del tutto soggettive, dipendenti dal quadro ormonale, dalla tolleranza verso alcune componenti, da cross-reazioni allergiche, dal grado di infiammazione del corpo, dalla presenza di sindromi e patologie.
Focalizzarsi sul calcolo di macronutrienti (o sul calcolo calorico) fa completamente perdere di vista il concreto potere terapeutico che il cibo può avere.

Suddivisione degli alimenti durante l’arco della giornata

Ci sarebbero altri punti deboli della cosiddetta “dieta flessibile”, ma mi limito ad evidenziare quello che per me rientra tra i limiti più forti: l’importanza di una corretta ripartizione durante l’arco della giornata.
Il cibo è in grado di influenzare gli ormoni, le funzioni intellettive e il lavoro di certi organi. Basarsi su un principio secondo cui “questo è il quantitativo giornaliero che hai a dispozione, suddividilo come vuoi” non tiene in alcun modo in considerazione questo importante dogma della nutrizione. 
Non mi sto riferendo a dicerie e false credenze dietetiche, come ad esempio “i carboidrati la sera fanno ingrassare”, ovviamente, ma a qualcosa di più.
Ad esempio, persone perennemente stressate e che faticano a dormire di notte troveranno beneficio nell’inserire una certa quota di carboidrati (come riso o patate) a cena; viceversa, chi necessita di pomeriggi di studio intenso farebbe bene a pranzare con un piatto di carne rossa poco cotta e un buon contorno di verdura cruda; donne che hanno problemi legati alla fertilità si avvantaggiano da una colazione abbondante e completa, con anche una buona quantità di proteine.

Gli esempi possono essere molti più di questa manciata, ma spero abbiate compreso il senso di quella che è una circadianità degli alimenti.

In conclusione…
In conclusione, sono molto combattuta nel dare un giudizio il più possibile obiettivo sull’IIFYM. 
Indubbiamente, quando si ha uno specifico obiettivo estetico questa filosofia alimentare è utilissima ad evitare la monotonia di pasti sempre uguali; se si riesce a conciliare il conteggio dei macronutrienti con la scelta di materie prime di alta qualità, è possibile creare pasti equilibrati, sani, buoni e utili ai propri obiettivi sul breve (preparazione fisico-estetica) e sul lungo termine (salute e longevità).

Nell’applicare IIFYM su persone che non fanno body building né allenamenti propriamente detti da fitness, il metodo proposto può risultare da un lato vantaggioso (insegna come fare le corrette sostituzioni, senza stravolgere l’equilibrio dei nutrienti), ma dall’altro svantaggioso (si rischia di diventare vittime del conteggio ossessivo). Per la classica persona che “si mette a dieta facendo un po’ di sport”, i benefici dell’IIFYM potrebbero essere di gran lunga inferiori ai sacrifici fatti: in buona sostanza, gli stessi risultati potrebbero essere raggiunti con almeno dieci tipologie differenti di dieta. 
Ribadisco infatti che il conteggio ossessivo dei macronutrienti e delle calorie, la suddivisione certosina tra giorni on e off, l’importanza del pasto pre e post workout sono accortezze che hanno un senso solo ed esclusivamente se associate ad una pratica sportiva ben precisa. Nel contesto del body building ha senso parlare di carico e scarico del glicogeno, compensazione aminoacidica, svuotamento delle riserve, equilibrio degli elettroliti e via dicendo; se praticate altri sport, o se frequentate la palestra con allenamenti a circuito o funzionali o da Crossfit, le vostre esigenze nutrizionali sono diverse, e non necessitano di un controllo al grammo per ogni macronutriente.



Il successo di un piano dietetico e di allenamento, ricordatevene sempre, è la compliance, ossia l’aderenza sul lungo termine: scegliete una frequenza e intensità di allenamento che vi permetta di divertirvi sempre, e che sia compatibile con i vostri impegni professionali e personali (c’è poco da fare… se la vostra priorità è la palestra, necessariamente tutto il resto passa in secondo piano: fidanzato, figli, casa, momenti di svago, persino la cura della vostra salute potrebbe essere secondaria ad un allenamento). Parimenti, scegliete (e fatevi aiutare nella scelta) una tipologia di dieta che sia pratica, agevole e di facile applicazione, oltre che soddisfacente.

Nel prossimo articolo vi darò qualche consiglio su come rendere ‘flessibile’ la vostra alimentazione, senza cadere vittime di calcoli ossessivi e certosini.