Un paio di settimane fa ho pubblicato sul mio profilo Instagram la fotografia di uno yogurt di cocco che ho acquistato al supermercato (questo), e mi ha colpito il commento di una ragazza: “Ma allora vai anche tu nei supermercati come le persone ‘normali’!”.

Probabilmente chi mi segue ha l’impressione che la mia alimentazione sia ineccepibile sotto ogni punto di vista: qualità, quantità, abbinamenti e fonti di approvvigionamento.
EHM.
Diciamo che faccio il possibile per predicare e razzolare bene, ma, per usare una citazione latina a me cara, nihil umano a me alieno puto: non faccio nulla che chiunque altro non faccia o non sia in grado di fare.
Ivi compreso far la spesa in normalissimi supermercati.

Qui avevo pubblicato un articolo nel quale vi spiegavo come è organizzata la mia cucina, e come gestisco la spesa per la dispensa. Cerco di comprare la maggior parte degli articoli a lunga scadenza su siti affidabili e con provenienza biologica, mentre per derrate facilmente deperibili (frutta e verdura) mi affido ad aziende agricole locali, dove mi rifornisco 1-2 volte a settimana.
Questo ovviamente non vuol dire che io non varchi mai la soglia di un supermercato! Anzi, ci trovo validissimi prodotti, a un buon prezzo e di buona provenienza.

Ho pensato che per qualcuno potesse essere utile leggere un veloce articolo riguardo cosa e come fare acquisti al supermercato, e cosa invece evitare di comprare. Spero vi interessi l’idea!

Cosa NON comprare al supermercato
Parto a dirvi cosa è bene evitare di acquistare: capendo i motivi che ci devono spingere a stare alla larga da alcune categorie di cibo, sarà più semplice dedurre quali invece valga la pena di mettere nel carrello.

Per prima cosa, consiglio a tutti di leggere il libro Siete pazzi a mangiarlo! (qui), scritto da un ingegnere che per più di una decade ha lavorato in diverse aziende agroalimentari, occupandosi di compra-vendita di materie prime provenienti da tutto il mondo. Attraverso numerosi esempi vissuti in prima persona, l’autore dimostra come sia possibile giocare sul filo del rasoio della frode alimentare, vendendo in modo perfettamente lecito articoli alimentari che nessuno di voi vorrebbe mai avere nel piatto.
Dalla lettura di questo libro, per altro scorrevole, divertente e per nulla pesante, capirete da soli quali alimenti sia bene evitare di acquistare a meno di avere la certezza della provenienza di ogni singolo ingrediente; io, comunque, vi lascio i miei consigli.

Regola n.1: evitate di acquistare alimenti con una lunga lista di ingredienti.

Maggiore è il numero di ingredienti, maggiori saranno le possibilità che uno o più di essi siano di bassissima qualità. Cercate il più possibile di acquistare prodotti intesi come materie prime pure e semplici, ossia composti da un singolo ingrediente (frutta e verdura, farine, uova, yogurt…).

Regola n.2: evitate alimenti contenenti creme; evitate alimenti frantumati, polverizzati o contenenti ingredienti in polvere.

Questa regola è ben spiegata nel libro che vi ho consigliato di leggere: più un ingrediente è reso irriconoscibile, maggiore è la probabilità che sia di bassa categoria. Ad esempio, un conto è poter acquistare un chilo di albicocche, tutt’altro discorso è quando queste albicocche sono trasformate in succo di frutta o marmellata: chi garantisce la qualità dei frutti usati, non potendoli vedere per intero?
Nell’industria alimentare, purtroppo, è la prassi: le materie prime belle vengono vendute così come sono; quelle brutte o vecchie ma ancora utilizzabili vengono trasformate in prodotti venduti a caro prezzo: evitiamo, quindi, patè, ripieni cremosi di ravioli e tortellini, zuppe pronte, sformati, primi piatti tipo canederli o polpette, marmellate, yogurt alla frutta, succhi, merendine ripiene e via dicendo.

Per quanto riguarda le polveri, invece, il discorso è più complesso. Per “polveri” intendo ad esempio le spezie e gli aromi, o gli alimenti disidratati. Secondo la legge in vigore in Europa, è possibile vendere polveri che, a seguito di esami di laboratorio, abbiano riscontrato avere una certa percentuale massima di tolleranza di “ingrediente estraneo“, ossia che non siano pure al 100%: questo vuol dire che quando comprate spezie in polvere o ortaggi disidratati (ad esempio aglio, cipolla o prezzemolo per soffritti) è probabile che contengano residui di materiale estraneo, anche se non riportato in etichetta. L’ingrediente potrebbe aver subito contaminazioni durante la lavorazione: a essere ingenui, si tratta di una precauzione dell’industria, poiché è possibile che quando si polverizza un prodotto esso venga a contatto con altro materiale, tendenzialmente innocuo per la salute umana (ad esempio in uno stabilimento che prepara aglio e sedano disidratati è probabile che residui di un vegetale arrivino nell’area di preparazione dell’altro).
A non voler essere ingenui, si va a controllare il riferimento normativo UE (Legge n.283 del 30/04/62, art.5, con aggiornamento ESA 28-6-2007), che ci dice che è consentito un tenore di materiale estraneo del 2% nelle erbe e dell’1% nelle spezie. Per “materiale estraneo” si intendono corpi estranei legati alla coltivazione (fibre plastiche o tessili, pezzi di carta, terra, pezzi di legno, piume, capelli e trucioli) o materiale estraneo vegetale (steli, gusci, petali…); ma si legge anche che “larve, bruchi, vermi, lumache o insetti devono essere il più possibile assenti”, vale a dire che se ce ne sono un pochino… non è propriamente vietato. In teoria dovrebbero essere assenti escrementi e muffe: in pratica, nel libro che vi ho citato l’autore spiega come a volte si possa eludere il divieto…
Insomma, meno polveri ci mettiamo in cucina, meglio è.
Senza contare che nella grande distribuzione è molto facile vendere a caro prezzo alimenti in polvere che non varrebbero la metà di quello che li pagate: l’esempio classico è quello dello zafferano. 5 grammi di stimmi di zafferano puro italiano costano circa 20 €: al supermercato troviamo la polvere di zafferano che costa 5-7 €, sempre per 5 grammi. Siamo sicuri che sia zafferano…? E non piuttosto un mix di zafferano italiano (pregiato), zafferano iraniano (meno pregiato) e polveri simili allo zafferano, come la curcuma?
Oppure: siete in grado di distinguere una spezia esausta da una non esausta? Le spezie esauste sono spezie “vere” che tuttavia hanno perso la loro capacità aromatica: l’industria può mischiare spezie esauste e non esauste, perché visivamente sono uguali, facendovi però pagare il prezzo pieno. Ad esempio può capitare con la vaniglia in polvere, altro fiore costosissimo come lo zafferano: magari state acquistando 100 grammi di vaniglia in polvere del Madagascar a 50 euro, ma solo 10-20 grammi sono vaniglia ancora “attiva” (ossia dal potere aromatico pieno). E… come potete essere sicuri che sia vaniglia del Madagascar (la più pregiata) e non un altro tipo? Stessa cosa potremmo dire per altre spezie o erbe pregiate: il pepe nero di Kampot, il peperoncino Aji Charapita, l’origano di Sicilia…

Regola n.3: evitate alimenti di cui si faccia fatica a riconoscere la qualità delle materie prime originarie.

Penso che questa regola possa essere un corollario della precedente: più una materia prima viene frazionata, maggiore è la probabilità che la qualità originaria non fosse eccelsa. In fondo, è una cosa che tutti noi facciamo anche a livello casalingo: abbiamo qualche mela rugosa e bruttina? Ci facciamo una torta. Ci sono avanzate delle zucchine diventate mollicce? Le usiamo per una zuppa che aromatizzeremo con erbette. Mezza pesca è troppo matura e da buttar via? Mangeremo solo l’altra metà.
Sia chiaro: quello che ci viene venduto non è pericoloso per la salute, e non rischiamo di acquistare prodotti avariati (almeno… si spera! I controlli dei NAS dovrebbero essere rigorosi, ma ogni tanto qualche scandalo c’è…); tuttavia, potremmo pagare a prezzi elevati alimenti che per qualità non varrebbero granché: quello che paghiamo è la trasformazione, non la qualità. Ossia: quando acquistiamo un minestrone pronto stiamo pagando il tempo risparmiato nella sua preparazione, ma potremmo avere la certezza pressoché matematica che gli ortaggi contenuti difficilmente avrebbero avuto mercato se venduti interi (il minestrone potrebbe contenere le famose zucchine mollicce…).
Alcuni esempi di prodotti che rientrano nella categoria di “trasformati di (molto) probabile scarsa qualità”: zuppe e minestroni pronti, verdure congelate a pezzetti, baby carote, prosciutto (o similari) a cubetti, formaggio già grattugiato, marmellate e gelatine.

Regola n.4: controllate la provenienza.

Sia per i freschi che per i confezionati, controllate sempre la provenienza: non è detto che i prodotti italiani siano migliori di prodotti esteri, ma dobbiamo ricordare che nell’agroalimentare esistono nazioni più e nazioni meno virtuose. Ad esempio, Olanda e Spagna, di media, usano maggiori quantità di prodotti chimici nelle coltivazioni: se possiamo evitare prodotti che provengono da questi stati, è meglio. Oppure, potremmo scoprire che dare per scontato che un prodotto sia italiano è pericoloso: magari la materia prima proviene dall’estero, e in Italia si fa solo la fase di lavorazione e/o impacchettamento. Oppure ancora, è bene ricordare che la qualità di materie prime provenienti dall’altro capo del mondo è molto bassa: il classico esempio è quello della frutta argentina venduta fuori stagione in Italia; quando la acquistiamo, stiamo pagando al 70% il prezzo del suo trasporto da oltreoceano, e solo per un 30% (a stare larghi) il prodotto in sé (senza contare che quasi sicuramente frutta e ortaggi provenienti dal Centro-Sud America sono stati colti quand’erano ancora ben lontani dalla maturazione, altrimenti sarebbero marciti nel trasporto: il tenore di vitamine, nutrienti e antiossidanti è scarso).

Regola n.5: fate attenzione all’imballaggio.

Avere un occhio di riguardo a tutto ciò che è packaging del prodotto vi permetterà di avere un doppio vantaggio: da un lato sceglierete il più possibile materiali che, a contatto con il cibo, non siano dannosi; dall’altro, eviterete di pagare l’imballo più che il prodotto.
Parlare della non-dannosità di un materiale a contatto con il cibo è cosa semplice: bisogna scegliere il più possibile materiali inerti (il vetro è ottimo), e cercare di evitare imballi di plastica soprattutto quando è plastica leggera, e quando è a contatto con materie prime tendenzialmente grasse. L’impresa è ardua, perché la plastica (e l’alluminio) sono ovunque: tonno e sardine inscatolate, yogurt, formaggi, affettati in busta, merendine, bevande, legumi… Però su alcuni prodotti abbiamo la possibilità di scelta: ad esempio, possiamo trovare tonno e sgombro confezionati in vetro, così come legumi, aceto, olive, cipolline, alcune marche di yogurt. Per il resto, se ci è possibile acquistare in gastronomia l’alimento non preconfezionato per poi riporre in contenitori adeguati a casa è meglio (mi riferisco ad esempio a formaggio, affettati e similari), altrimenti cerchiamo quantomeno contenitori di plastica dura.

Altro discorso invece è il costo dell’imballaggio. Non ci si pensa spesso, ma anche il contenitore ha un prezzo, che a volte potrebbe superare quello del contenuto: ad esempio, avete notato che lo stesso alimento in confezione “formato famiglia” o sfuso ha un costo inferiore rispetto alle monoporzioni. Questo perché il costo del packaging per una monoporzione è superiore rispetto al formato famiglia, e ancora di più in confronto al prodotto sfuso: meglio avere un occhio di riguardo per salvare qualche banconota nel nostro portafogli!
Ma il discorso non si conclude qui… Dovete infatti considerare che dietro a certi tipi di packaging c’è un intenso marketing, cosa che a sua volta ha un costo: quando acquistate un articolo la cui azienda ha investito molto in pubblicità sui media, o che viene associato a gadget o concorsi a premi, o che è venduto in una confezione accattivante, non crediate che non subisca un ricarico proporzionale alla sua fama o bellezza! Meglio, piuttosto, scegliere prodotti con confezioni più neutre e senza pubblicità alle spalle, ma di pari qualità: non mi sto riferendo ai prodotti da discount, bensì ad alimenti validi senza avere packanging sgargiante (come merendine o prodotti per bambini) o palesemente studiato per attirare l’acquisto (…avete notato che negli ultimi anni sono sempre di più gli alimenti la cui confezione o la cui pubblicità richiami in qualche modo la natura e l’idillio bucolico di un’agricoltura all’aria aperta?).

Regola n.6: controllate il prezzo.

In certi casi, il prezzo più elevato è sinonimo di maggiore qualità del prodotto; in altri, come dimostrato nei punti precedenti, stiamo pagando il packaging o la trasformazione del prodotto, non la sua qualità. Dobbiamo imparare a farci l’occhio, per non spendere più del dovuto.
Qualche consiglio più specifico:
– E’ importante confrontare i prezzi al kg, e non quelli unitari. Ad esempio, nel mio supermercato lo yogurt greco in confezioni da 170 g costa proporzionalmente di più di quello in confezioni da 500 g (e mi riferisco alla stessa marca): vale la pena comprare un’unica confezione più grande, piuttosto che tre piccole.
– Quando dovete acquistare un prodotto “trasformato“, ancora una volta, confrontate i prezzi al kg con quelli dello stesso prodotto “intero”, e valutate se la maggiorazione valga il risparmio di tempo (e di qualità). Un esempio pratico: le olive denocciolate costano di più di quelle con il nocciolo; provate a controllare di quanto sia la differenza, e valutate se per voi valga la pena spendere di più per evitare di perdere qualche minuto a denocciolare voi stessi (…ma ricordate anche che le olive senza nocciolo sono nutrizionalmente inferiori di quelle con nocciolo, perché si deteriorano prima e possono aver bisogno di un’aggiuntina di conservante… Un po’ come denocciolare le peschenoci: marcisce prima quella intera, o quella senza nocciolo?).
Altri esempi possono essere: insalata fresca o in busta (un’insalata in busta può costare dai 10 ai 20 € al kg!); prosciutto a dadini o a fette; yogurt intero o alla frutta (o per meglio dire: con qualche cucchiaino di frutta in marmellata, non certo fresca!); verdura sfusa o minestrone pronto… Noterete che maggiori sono i passaggi industriali che il prodotto ha subìto, maggiore è il suo prezzo, ma… minore è la sua qualità nutrizionale e organolettica.
– Quando acquistate un prodotto costoso, chiedetevi che uso ne fate, e se ne valga la pena sia a livello di salute sia a livello di fruibilità. Ad esempio: vale la pena comprare un cioccolato costosissimo e di pregio, per farne una torta in cui il gusto è disperso in mezzo a molti altri? Non direi: vale invece la pena comprarlo per gustarsene un pezzettino al giorno in purezza, come veri gourmet. Allo stesso modo, non vi consiglierei di comprare un cioccolato di infima qualità per la torta: orientatevi verso un prodotto di media gamma, che costi “il giusto”.
Altro esempio: vale la pena comprare costose barrette-snack, il cui prezzo si aggira sui 1.5-2.5 € per 20-30 grammi? Anche quando fatte con ottimi ingredienti, forse, per l’uso che ne fate, vale piuttosto la pena risparmiare qualcosa e scegliere altri spuntini (frutta secca o essiccata, banane o frutta fresca, yogurt o pezzetto di Parmigiano…).
– Da ultimo, come detto più e più volte, ricordate che nel prezzo di un alimento deve rientrare anche il giusto contributo a chi ha lavorato dietro quel prodotto. I “prezzi stracciati” nascondono spesso anche lo sfruttamento di coltivatori e operatori nel settore agroalimentare; personalmente preferisco di gran lunga spendere qualche euro in più per prodotti provenienti dal commercio equo&solidale o similari, che non cercare il prezzo più basso possibile.

Tenere d’occhio i prezzi di quello che comprate, senza riempire il carrello in automatico “perché ho sempre acquistato questo o quest’altro” vi aiuterà a notare parecchie cose. Ad esempio, se optate spesso per la classica bresaola in busta a risolvere pasti fugaci, vi accorgerete che potrebbe costarvi dalle 20 alle 30 euro al kg: e poi decidete di non comprare carne grassfed perché troppo costosa, quando il prezzo è assolutamente sovrapponibile (ma la qualità nettamente maggiore, e la provenienza sicura)?! Oppure, potreste accorgervi che per alcuni prodotti di cui fate largo consumo vale la pena acquistare il formato famiglia; oppure ancora, che spendere di più per certe delizie vi aiuta a centellinarne il consumo e/o ad apprezzarne di più il gusto (tra i miei “must”: cioccolato di ottima qualità o salmone selvaggio).

Cosa comprare al supermercato
Dividiamo per categoria, e vediamo cosa ci offre di valido la grande distribuzione.

Reparto frutta e verdura

Come vi ho già detto, io preferisco acquistare da piccoli produttori locali per evitare l’agricoltura industriale dove tutto è standardizzato e tutto ha lo stesso (in)sapore. Tuttavia, a volte qualcosa si salva anche nel reparto ortofrutticolo: ad esempio, potreste trovare frutta e verdura bio da acquistare quando il frigo piange; oppure, potreste notare che anche il supermercato offre alcuni prodotti di coltivazione locale: certo qualcosa di chimico sarà stato usato, ma indubbiamente meno che sulle pere provenienti dall’Argentina (o sulle mele di *un paio di note marche italiane*, vendute anche 2-3 anni dopo il raccolto e dopo essere state stoccate in grotte ad atmosfera controllata…).
Potete consultare la lista dell’EWG (Environmental Working Group) per controllare quali siano i vegetali a più elevato contenuto di residui di pesticidi: da evitare il più possibile se non biologici (o non trattati).

Yogurt e latticini

Nei supermercati tradizionali è ormai possibile trovare lo yogurt biologico e quello di capra (magari anche questo bio): sceglieteli al naturale, non alla frutta. In questo modo eviterete zuccheri inutili: uno yogurt alla frutta può contenere 15-20 g di zucchero *aggiunto* contro i 5-6 g dello yogurt bianco, quantitativo naturalmente presente nello yogurt stesso e non aggiunto. Inoltre, vi costerà meno e sarà di qualità migliore: infatti, chi vi assicura sulla qualità della frutta aggiunta in quelli aromatizzati, oltrettutto considerando che non si tratta di frutta fresca?
Di solito tendo a consigliare le marche di yogurt di montagna (ad esempio Vipiteno o Merano), dove le mucche sono state fatte pascolare almeno qualche mese l’anno. Se però trovate una marca locale di cui vi fidate, scegliete secondo il vostro istinto.
Tra gli yogurt, potreste provare anche quelli greci: più densi e più proteici, adatti soprattutto agli sportivi. Fate attenzione a non comprare “yogurt alla greca”, ma “yogurt greco colato”: la nomenclatura indica due prodotti ben diversi, di cui solo il secondo è quello genuinamente ellenico. Date comunque un’occhiata agli ingredienti: deve contenere solo latte e fermenti lattici, niente aggiunta di crema di latte (purtroppo spesso usata come addensante, ma non è altro che panna). Anche in questo caso, preferite le versioni al naturale.
Personalmente adoro lo yogurt greco Mevgal Extra: delizioso, con un poco di cacao è un ottimo dessert!

Altri latticini che può valer la pena comprare al supermercato sono:
Latte intero biologico fresco, se siete consumatori di questo prodotto.
Parmigiano Reggiano, organoletticamente migliore rispetto al Grana Padano (leggete qui). In casa ne consumiamo spesso (è uno dei pochi formaggi che mangio anche io), di solito lo acquisto online sul sito del Consorzio Vacche Rosse e lo surgelo sottovuoto; se rimango senza, lo acquisto al supermercato in piccole quantità e mai pre-grattugiato.
Feta greca tradizionale, fatta con latte di capra e pecora (no latte vaccino): ottima per arricchire insalatone estive o per insaporire sughetti di verdure.
Ricotta fresca di provenienza locale: controllate il banco frigo, quasi tutti i supermercati hanno ricotta proveniente da aziende locali, distinguibile da quella industriale perché più solida e venduta in cestino. Come ingredienti deve contenere solo siero di latte (al limite sale): niente aggiunta di crema e niente correttori di acidità.
Per altri formaggi e derivati del latte vi consiglio di acquistare in gastronomie ben fornite, oppure direttamente dai produttori. Evitate come la peste tutti gli pseudo-formaggi da supermercato: formaggi spalmabili, formaggini, formaggio a fette, fiocchi di latte.

Carne, pesce e uova

Vi consiglierei direttamente di saltare questo punto: è molto, molto, molto difficile trovare proteine animali di buona qualità. Forse, tuttavia, qualcosa si salva:
– Per le uova è semplice: scegliete quelle biologiche. Non saranno quelle del contadino, ma sono indubbiamente un ottimo prodotto.
Pesce: a volte nel reparto pescheria del supermercato si può trovare del pesce pescato nel Tirreno o nell’Adriatico che valga la pena acquistare. Io trovo a volte dei branzini, oppure le sarde, oppure le sogliole. Nel banco-frigo, invece, potete dare un’occhiata alle offerte per il salmone selvaggio: non sono frequenti, ma a volte ci sono (specialmente verso gennaio, dopo il periodo di festività natalizie). Tra i surgelati, potete guardare se trovate dei filetti di pesce di provenienza europea da potere tenere in freezer in caso di necessità: evitate invece il pesce asiatico o africano, poichè lì la legislazione è più permissiva sull’uso di alcune sostanze sbiancanti e conservanti che non sempre vengono notificate.
Carne: ahimè, tasto dolente. Nella grande distribuzione è pressoché impossibile trovare carne di qualità, proveniente da allevamenti non intensivi. Potete magari dare un’occhiata se trovate del pollo biologico, ma temo non ci sia nulla di più che valga la pena mettere nel carrello.

Cereali, pasta e farine

Anche presso i supermercati tradizionali è possibile trovare un assortimento di prodotti biologici: vi consiglio di orientarvi verso questi, soprattutto per quanto riguarda le farine e i cereali in chicchi.
Per il riso, il mio consiglio è quello di tenervi lontani dalle grandi marche, e di orientarvi piuttosto verso aziende più piccole, con prodotti sempre italiani. La tipologia di riso dipende dall’uso che ne fate: per fare risotti vi serviranno chicchi diversi rispetto a quelli usati per fare insalate di riso.
Anche per la pasta meglio evitare le grandi marche, che usano spesso grano non italiano: magari potete trovare pasta con certificazione di grano coltivato e lavorato in Italia. Evitate la pasta (e la farina) di Kamut, che non è altro che un prodotto a marchio registrato (leggete qui). Evitate anche la pasta fintamente integrale, ossia quella prodotta con farina bianca a cui viene aggiunta in seguito crusca e fibra: leggete gli ingredienti, e assicuratevi che sia contenuta solo “semola integrale di grano duro”.
Per le farine: se riuscite a trovarle biologiche e macinate a pietra, sono indubbiamente le migliori che possiate acquistare. Probabilmente nei supermercati non troverete quelle macinate a pietra: accontentiamoci della certificazione bio! Se siete interessati a farine diverse da quelle classiche, potreste acquistare quella di ceci o di castagne, assicurandovi che la provenienza sia Italia.

Sughi e condimenti

Se state cercando un buon olio extravergine, il supermercato non è un buon bacino di ricerca: difficilmente si trovano marche non commerciali, che valgano davvero il prezzo d’acquisto. L’olio extravergine si aggira su 11-15 €/litro: per quello che costa, meglio cercare un buon produttore biologico che ci offra olio nuovo (ottobre/novembre) bastante per tutto l’anno, piuttosto che spendere la stessa cifra per un olio commerciale (le cui olive, magari, non sono nemmeno italiane).
Al supermercato potete piuttosto trovare altri condimenti validi: burro di montagna (confezioni argento), aceto di vino o di mele biologico, aceto di Modena senza coloranti né conservanti, sale marino italiano (meglio ancora se integrale). Da evitare, come precedentemente detto, erbe aromatiche essiccate e spezie in polvere: meglio fidarsi della distribuzione biologica in questo caso, o comprare dai produttori (ad esempio, se acquistate olio extravergine siciliano molto probabilmente il produttore avrà anche origano essiccato da offrirvi).
Insaporitori da cucina che valga la pena prendere al supermercato sono: acciughine in vaso di vetro (sott’olio extravergine), capperi sotto sale, olive non denocciolate in salamoia, pomodorini italiani secchi o sott’olio.

Il reparto dei sughi per i primi piatti in genere è fornito di tutto e di più: sugo all’arrabbiata, alla cacciatora, panna&carciofi, pesto… A mio parere, e come spiegato prima, non si ha alcun vantaggio ad acquistarli: meglio farli in casa, risparmiando soldi e potendo verificare la qualità delle materie prime usate (consiglio: surgelate sempre una parte dei sughi che preparate!). Al supermercato cercate piuttosto della semplice passata di pomodoro, senza sale né zucchero aggiunto, con pomodori italiani e possibilmente biologici e in bottiglia di vetro. Impresa impossibile? No, sono certa che un paio di marche tra cui scegliere le trovate!

Dolci e merendine

…passiamo direttamente al prossimo punto?
Vi consiglio di evitare proprio queste scaffalature: se guardiamo la qualità nutrizionale, nulla si salva. Al limite, cercate qualche tavoletta di cioccolato fondente di buona qualità (qui e qui per riconoscerle), nulla di più.

Snack salati

Anche in questo caso, farei un salto dello scaffale. Forse, però, tra i salati qualcosa si salva: io trovo dei buoni grissini per il mio ragazzo, fatti con olio extravergine d’oliva, e dei crackers di farro, anch’essi fatti con olio extravergine. Nel banco frigo trovo anche delle piadine biologiche, confezionate a pacchetti di 3: le uso per preparare a lui una merenda prima degli allenamenti di calcio serali, o per le colazioni nel weekend. Nel reparto (orribile) delle patatine hanno fatto la loro comparsa i vegetali disidratati, tipo queste (attenzione: prezzo elevato!).

Prodotti per la prima colazione

Avete già letto i miei articoli sulla prima colazione? No? Li trovate qui, qui e qui.
Messi al bando i prodotti di una colazione ‘tradizionale’ (e sbagliata), al supermercato potreste trovare:
Fiocchi di avena al naturale (tipo questi, non crusca d’avena e non cornflakes; qui modi per usarli)
Pane di segale biologico o Wasa
Farina di castagne o di riso (per crepes e pancakes)
Uova bio
Yogurt al naturale
Frutta fresca bio o di provenienza locale
Frutta a guscio (ad esempio le noci)
Avocado

Bibite e bevande, caffè e tè

Per quanto riguarda l’acqua minerale, purtroppo, c’è da dire che la grande distribuzione ha l’enorme limite del confezionamento in plastica: senza scendere nei dettagli, che richiederebbero ben più di un articolo, l’esposizione per lunghe ore al sole dei bancali in plastica di acqua non è il massimo per la nostra salute. Se avete la possibilità di una consegna a domicilio di acqua in vetro, è sicuramente preferibile; in alternativa, fate come me: alternate l’acqua in bottiglia all’acqua di rubinetto (purché abbiate buona sicurezza che le tubature di casa vostra non siano vecchie!), e quando acquistate al supermercato date la precedenza ad acqua proveniente da fonti molto alte (sorgenti più pure), e magari in plastica oscurata (bottiglie verdi).

Altre bevande che potete acquistare al supermercato sono:
Succo di mela, come dolcificante più che come bevanda (in generale, i succhi di frutta apportano calorie ‘vuote’: sono solo zuccheri, anche se naturali, dal potere saziante inesistente).
Caffè da commercio equo & solidale.
Caffè d’orzo da fare in moka (oppure solubile senza zucchero aggiunto).
Tè biologico, meglio ancora se sfuso e non in bustina.

Prodotti per bambini

Da mamma, sto cominciando a guardarmi intorno per quando Mattia inizierà a mangiare qualcosa di diverso dal mio latte. Posto il fatto che conto di fare autosvezzamento (vi parlerò di cosa è, e di cosa non è: vale a dire, non significa che il bimbo peschi quello che desidera dal piatto di mamma e papà!), ci sono alimenti espressamente studiati per i bambini che valga la pena acquistare?
A mio parere, no. I motivi sono due:
1. Parte dei “prodotti per bambini” non sono altro che una versione mignon e più costosa di alimenti che troviamo anche per gli adulti: ad esempio i formati della pasta.
2. Purtroppo la maggior parte dei “prodotti per bambini” sono intesi dall’industria come “prodotti di cui i bambini diventeranno dipendenti” e non “prodotti che fanno bene ai nostri figli”: date un’occhiata alle etichette nutrizionali e scoprirete che sono molto ricchi di sale e/o zuccheri, oltre che contenere spesso coloranti e conservanti.

Lista della spesa essenziale
Prima di concludere, ecco una lista della spesa da poter usare quando andate al supermercato.

Frutta e verdura
Purché di stagione, preferibilmente bio e/o da aziende locali
Banane (magari bio o equo&solidali)
Avocado
Frutta secca e semi oleosi
Frutta essiccata senza solfiti

Banco frigo
Gnocchi di patate (fatti senza olio vegetale) o di zucca
Piadine biologiche
Salmone selvaggio (o al limite scozzese)
Prosciutto crudo DOP
Burro di montagna
Yogurt intero bianco
Yogurt greco bianco
Parmigiano, Feta, Mozzarella di Bufala certificata
Ricotta locale
Latte fresco intero

Condimenti e insaporitori
Aceto di mele/di vino biologico
Aceto di Modena senza coloranti o conservanti
Olive non denocciolate
Capperi sotto sale
Acciughine sotto sale in vaso di vetro

Carne, pesce, uova
Uova bio
Pesce da banco gastronomia, di mare
Pesce surgelato europeo (es.merluzzo)
Tonno o sgombro in vaso di vetro
Carne bio da banco gastronomia

Pane, panificati, legumi e cereali
Pane di segale bio o Wasa
Grissini e crackers fatti con olio extravergine
Cereali in chicchi (orzo, farro, riso)
Pasta bio o di farro
Fiocchi d’avena
Legumi secchi bio
Legumi in vaso di vetro o surgelati (es.piselli)

Dolci e dolcificanti
Cioccolato fondente
Miele
Zucchero integrale
Succo di mela (o d’uva)

Altro
Passata di pomodoro bio
Tè e caffè bio/equo&solidali
Sale marino integrale
Acqua minerale

Spero di avervi dato informazioni interessanti e consigli utili!
Buoni acquisti e… non dimenticate di portare con voi contenitori di stoffa o cartone dove riporre la spesa (o per le mamme dedite al babywearing come me, un bel carrello della spesa!).

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