Una delle domande che mi vengono poste più spesso nelle diete di dimagrimento riguarda la frequenza dei pasti, in altre parole: meglio mangiare poco e spesso, o fare solo tre pasti al giorno concentrando in essi i vari alimenti? 
Come sempre in dietoterapia, la risposta non può essere univoca: dipende dal metabolismo della persona, oltre che dalle sue abitudini, dal suo trend di dimagrimento e dalle sue necessità. In questo articolo non voglio dare risposte dogmatiche, quanto invece porvi delle provocazioni che facciano capire a voi stessi cosa sia meglio per sé.

Personalmente sono d’accordo nell’inserire spuntini durante la giornata qualora il rischio fosse quello di arrivare al pasto successivo con troppa fame. Quanti di voi lettori avvertono un buco allo stomaco già alle 10-11 del mattino, o tornano a casa dal lavoro alle 17-18 che già avrebbero fame a sufficienza per cenare? In questi casi è utile introdurre un break tra i pasti principali che sia sufficiente a saziare senza però appesantire, e che eviti di piluccare pane, formaggio o altri snack nell’attesa di sedersi a tavola.

A discapito di ciò, non mi trovate d’accordo quando si giustifica l’inserimento di spuntini dicendo che “permettono di mantenere alto metabolismo”: questa frase può voler dire tutto e niente.
Prendiamo le basi della Biochimica: ogni volta che mangiamo qualcosa si ha una secrezione di insulina da parte del pancreas; l’insulina è l’ormone anabolico per eccellenza, ossia promuove la crescita dei tessuti e il loro nutrimento. L’azione anabolica è ahimé diretta anche al tessuto adiposo: vale a dire che l’insulina promuove il nutrimento dell’adipe, bloccando momentaneamente la lipolisi. 
Facciamo un piccolo passo indietro: normalmente, a distanza di 1-2 ore dall’ultimo pasto, il nostro organismo usa come fonte energetica predominante i grassi di deposito. Questo significa che quando siamo a riposo o facciamo un’attività fisica blanda il nostro combustibile d’elezione sono i grassi (in misura minima, non sufficiente -da sola- a promuovere il dimagrimento): il processo si chiama lipolisi (dal greco, “scissione del grasso”). Ogni volta che mangiamo la lipolisi verrà temporaneamente bloccata dall’immissione di insulina nel sangue: i vari tessuti del nostro corpo verranno nutriti da ciò di cui ci stiamo cibando, e non più dai nostri trigliceridi di deposito.

Dunque, a rigor di logica, fare gli spuntini più che incentivare il metabolismo va a bloccare l’ossidazione dei grassi, favorendo viceversa l’utilizzo di glucosio come fonte energetica esclusiva.

Per questo motivo io di norma preferisco evitare di mettere spuntini lungo la giornata, con le dovute eccezioni e con le dovute raccomandazioni.

Prima di tutto, vale quanto ho scritto sopra: dal mio punto di vista, durante un percorso di dimagrimento è auspicabile evitare di mangiare tra un pasto e l’altro, ma se il rischio è quello di pizzicare cibo mentre si prepara pranzo o cena allora preferisco introdurre uno spuntino o consigliare di tenere a portata di mano frutta, verdura e magari 5-6 mandorle mentre si cucina. 
Secondariamente, è bene valutare quanto tempo passa tra colazione e pranzo, e tra pranzo e cena. Una persona che fa colazione alle 8 e pranza alle 12.30 non dovrebbe avere la necessità di uno spuntino già alle 10; al contrario sarebbe più indicato per una persona che fa colazione alle 7 e pranza alle 13.30. 

Prima ancora di valutare la distanza tra pasti sarebbe importante valutare l’adeguatezza dei pasti stessi: faccio uno spuntino perché non mangio a sufficienza a colazione, o perché effettivamente ne ho bisogno? A volte è meglio aumentare le quantità dei pasti piuttosto che ritrovarsi con la necessità di fare spuntini. Forse, più che di quantità sarebbe bene parlare della composizione in termini qualitativi e di macronutrienti: trovate qualche spiegazione in più qui, ma tornerò presto sull’argomento sazietà a breve-medio-lungo termine.

Non si dovrebbe poi trascurare l’attività fisica fatta o da fare: sono appena uscito da un’ora di nuoto in piscina o sono stato seduto tutta mattina? Nel pomeriggio mi aspettano incombenze che mi porteranno su e giù per la città e dunque è bene mettermi in borsa uno snack veloce e pratico? Oppure nelle prossime 3-4 ore sarò semplicemente in ufficio o sui libri?

Infine, ultimo ma non meno importante, non è da sottovalutare l’entità dello spuntino: si tratta effettivamente di uno spezza-fame o rischia di diventare un mini-pasto? C’è una bella differenza tra mangiare un frutto o fare affidamento alle macchinette dell’ufficio, con il ricco assortimento di tramezzini, biscottini e patatine; allo stesso modo, spesso quando si torna a casa nel pomeriggio ci si può lasciar tentare dalla merenda dei bambini molto più che da un’arancia o una mela.

Troverei del tutto inutile inserire spuntini qualora ci fossero problemi di iperfagia o di alimentazione compulsiva: si tratta di disturbi del comportamento alimentare che portano la persona a perdere il controllo di quello che si sta mangiando, e che possono essere scatenati alla minima introduzione di cibo. In questo caso il percorso di guarigione deve necessariamente essere affiancato dal sostegno di una psicoterapeuta; per quello che compete a me come dietista, preferisco dare tre pasti al giorno abbondanti e vari piuttosto che introdurre spuntini che non soddisfano il paziente e anzi rischiano di dare il via a un’abbuffata. Comunque, la dieta di queste persone non è fin da subito dimagrante, anche se potrebbe esserci la necessità di un calo ponderale: prima si risolve la vera e propria causa del sovrappeso (iperfagia) e poi si passa a una dieta classica dimagrante.

Analizziamo ora il fronte opposto. Abbiamo visto che lo spuntino determina una secrezione di insulina che interrompe momentaneamente l’ossidazione dei grassi. Questo sarebbe uno svantaggio ai fini del dimagrimento, ma allarghiamo l’obiettivo e cerchiamo una panoramica anziché un focus: i vantaggi potrebbero superare gli svantaggi. 
A fronte di una sospensione della lipolisi, la persona potrebbe essere appagata dallo spuntino al punto da mangiare meno ai pasti veri e propri, tenendo poi conto che tale sospensione sarebbe comunque di breve durata se lo spuntino fosse di piccola entità (un frutto, qualche mandorla o un paio di noci, una scaglia di parmigiano). Viceversa sarebbe estremamente controproducente il continuo piluccamento: prima mangio un frutto, dopo poco un pezzetto di pane, dopo poco ancora un paio di caramelle, una fettina di formaggio mentre cucino… Complessivamente la quantità di calorie introdotte con gli snack potrebbe anche essere molto bassa (pensiamo a chi mangia una caramella dietro l’altra), ma l’effetto sulla lipolisi sarebbe quello di una continua e sospensione: si continuerebbe a interrompere l’ossidazione dei grassi, contrastando il dimagrimento.

Dunque, da quanto ho scritto è evidente che anche l’introduzione di spuntini deve essere calibrata sulle esigenze della persona.
Questo è valido anche se non ci fosse il fine del dimagrimento: non si può dire se fare gli spuntini ‘faccia bene o faccia male’ per mantenere un peso corporeo adeguato. Dipende dalla persona. Un ragazzo attivo che fa tre o quattro allenamenti di calcio a settimana, in virtù del suo accelerato metabolismo potrebbe trarre vantaggio dal mangiare poco e spesso, magari con spuntini che abbinino carboidrati (frutta) a proteine e/o grassi (noci, parmigiano, qualche fetta di crudo). Stessa cosa dicasi per persone che frequentano la sala attrezzi in palestra per aumentare la massa muscolare, o per chi ai pasti principali preferisce tenersi leggero per non avere problemi di digestione o di sonnolenza postprandiale. Porto come esempio persone che hanno un lavoro dinamico, come la maestra d’asilo che dovrà sempre essere vigile e reattiva, pronta a giocare con i bambini ma anche attenta a ogni loro mossa: durante le ore di lavoro non potrà permettersi di essere appesantita da un pasto abbondante che potrebbe darle sonnolenza e rallentarla nei movimenti; trarrà invece vantaggio da piccoli spuntini durante la mattina e il primo pomeriggio, con un pasto leggero e una cena più importante.

Adeguate sempre il piano alimentare alle vostre esigenze: a meno che l’introduzione di spuntini abbia un vero e proprio significato terapeutico (penso ad esempio all’anoressia nervosa o allo sportivo), domandatevi cosa sia meglio per voi.
Nessuno vi conosce meglio di voi stessi, anche se il percorso verso la piena consapevolezza dei propri bisogni potrebbe richiedere del tempo, qualche sbaglio, e qualche auto-sperimentazione.